Affare di Leningrado

L'espressione affare di Leningrado (in russo Ленинградское дело?, Leningradskoe delo) indica una serie di processi svoltisi tra la fine degli anni quaranta e l'inizio degli anni cinquanta a carico di alcuni importanti esponenti politici sovietici, accusati di aver dato vita ad una corrente ostile al potere centrale.

Aleksandr Kuznecov e Nikolaj Voznesenskij furono tra i leader leningradesi giustiziati nell'ottobre 1950 e riabilitati nel 1954

Le accuse

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I primi attacchi ai membri del cosiddetto "gruppo di Leningrado" furono portati avanti da Georgij Malenkov e appoggiati da Stalin. Nel febbraio del 1949 un decreto del Politburo imputò loro azioni antipartitiche e antistatali, mentre Aleksej Kuznecov, organizzatore della difesa di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale e divenuto successivamente membro della Segreteria del Comitato Centrale, fu paragonato a Zinov'ev e accusato del tentativo di «trasformare l'organizzazione partitica leningradese in un caposaldo della propria frazione antileninista».

Pochi giorni dopo Malenkov si recò personalmente a Leningrado, convocò una riunione plenaria congiunta del Comitato cittadino e di quello regionale del partito e in quella sede attaccò duramente i "leningradesi", come Kuznecov, e il primo e il secondo segretario del Comitato cittadino, Popkov e Kapustin.[1] L'assemblea votò l'estromissione degli accusati dai propri ruoli e a capo del partito a Leningrado fu posto Vasilij Andrianov. Popkov, Kapustin e altri dirigenti vennero espulsi dal partito, mentre in agosto Kuznecov e Popkov vennero arrestati unitamente al Presidente del Consiglio dei ministri della RSFS Russa Rodionov e al presidente del Comitato esecutivo del Soviet cittadino di Leningrado Lazutin. Parallelamente, già dal gennaio del 1949 era iniziata un'indagine relativa all'operato del Gosplan, presieduto da Nikolaj Voznesenskij, che venne a sua volta arrestato il 27 ottobre.[2][3]

Condanne e riabilitazioni

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Nell'ottobre 1950, dopo il ripristino della pena di morte abolita nel 1947, vennero condannati alla pena capitale e giustiziati Voznesenskij, Kuznecov, Popkov, Rodionov, Lazutin e Kapustin, mentre altri dirigenti subirono condanne a pene detentive. Altri arresti e processi si svolsero fino al 1952.[4][5] Il caso fu rivisto nel 1954, dopo la morte di Stalin, e portò alla piena riabilitazione di tutti gli imputati da parte del Presidium del Comitato centrale del PCUS.[6] Della fabbricazione del caso furono accusati in primo luogo Lavrentij Berija, giustiziato nel 1953, e il suo braccio destro Viktor Abakumov, ma ne uscì discreditato anche Malenkov, il cui ruolo nella vicenda risultò determinante nel risolvere a favore di Nikita Chruščëv la lotta per il controllo del partito e del Paese nel dopo-Stalin.[7][8]

  1. ^ Bezborodov, Eliseeva, pp. 288-289.
  2. ^ Bezborodov, Eliseeva, p. 290.
  3. ^ Orlov et al., p. 422.
  4. ^ Bezborodov, Eliseeva, p. 291.
  5. ^ Boffa, pp. 104-105.
  6. ^ Postanovlenie o Leningradskom dele.
  7. ^ Boffa, pp. 189-190.
  8. ^ Bezborodov, Eliseeva, p. 296.

Bibliografia

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  • (RU) A. B. Bezborodov, N. V. Eliseeva (a cura di), Istoria Kommunističeskoj partii Sovetskogo Sojuza, Mosca, Političeskaja ėnciklopedija, 2014, pp. 671, ISBN 978-5-8243-1824-1.
  • Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione Sovietica 1945-1964, vol. 4, L'Unità, 1990 [Storia dell'Unione Sovietica, vol. 2, Mondadori, 1979].
  • (RU) A. S. Orlov, V. A. Georgiev, N. G. Georgieva e T. A. Sivochina, Istorija Rossii. Učebnik [Storia della Russia. Manuale], 4ª ed., Mosca, Prospekt, 2014, ISBN 978-5-392-11554-9.
  • (RU) Postanovlenie prezidiuma CK KPSS o «Leningradskom dele», 3 maggio 1954, N. 63, p. 53. URL consultato il 1º aprile 2018.

Collegamenti esterni

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