Amphicoelias

genere di animali della famiglia Diplodocidae

Amphicoelias (Cope, 1878; che significa "biconcavo", dal greco αμφι, amphi: "su entrambi i lati", e κοιλος, koilos: "vuoto, concavo") è un genere estinto di dinosauri sauropodi, comprendente probabilmente i più grandi animali terrestri mai esistiti (anche se non i più pesanti). Visse nel Giurassico superiore (Titoniano, tra 150,8 e 145,5 milioni di anni fa). I suoi resti fossili sono stati ritrovati in Nordamerica. Di questo genere furono originariamente descritte due specie: A. altus e A. fragillimus[1] ma nel 2018 l'Amphicoelias fragillimus è stato inserito nel nuovo genere Maraapunisaurus[2].

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Amphicoelias
Intervallo geologico
Giurassico superiore
Stato di conservazione
Fossile
Periodo di fossilizzazione: Giurassico
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumDeuterostomia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
InfraphylumGnathostomata
SuperclasseTetrapoda
ClasseReptilia
SottoclasseDiapsida
InfraclasseArchosauromorpha
SuperordineDinosauria
OrdineSaurischia
SottordineSauropodomorpha
InfraordineSauropoda
FamigliaDiplodocidae
GenereAmphicoelias
Cope, 1878
Specie
  • Amphicoelias altus
    Cope, 1878

Storia della scoperta

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Illustrazione raffigurante i fossili di A. fragillimus, 1884

I resti dell'Amphicoelias fragillimus furono raccolti da Oramel Lucas, un collezionista di fossili impiegato da E. D. Cope, poco dopo essere stato assunto da questi nel 1877. Lucas scoprì una vertebra (con parte dell'arco neurale e della spina dorsale) delle nuove specie di sauropodi a Garden Park, a nord di Cañon City, Colorado, vicino a una cava che restituiva fossili di Camarasaurus. La vertebra era in cattive condizioni, ma straordinariamente grande, misurando 1,5 m in altezza e promettendo una misura fino a 2,7 m se completa[3]. Lucas spedì l'esemplare a Cope nella primavera o all'inizio dell'estate del 1878 e Cope lo pubblicò come esemplare olotipo di una nuova specie (numero di catalogo AMNH 5777), A. fragillimus, quell'agosto[4]. Il nome deriva dal latino fragillimus ("molto fragile"), che si riferisce alla delicatezza dell'osso dovuta alla sottilissima lamina dell'arco vertebrale (le pareti del corpo vertebrale). Come rivelato nei quaderni di Cope, che registrò il ritrovamento in base al rapporto di Lucas sui siti di scavo nel 1879, l'esemplare proveniva da una collina a sud della cava del Camarasaurus, ora nota come Cope's Nipple. Nonostante Cope avesse originariamente scritto che il sito apparteneva alla formazione Dakota (medio Cretacico), la presenza di dinosauri come il Camarasaurus nelle stesse rocce indica che i resti appartengono più probabilmente alla formazione Morrison, che colloca l'età del sito a 150 milioni di anni fa nel tardo periodo Giurassico, in particolare nel Titoniano[5].

Le gigantesche ossa attribuite a A. fragillimus sono state spesso ignorate nei resoconti relativi a dinosauri più grandi, in parte perché, secondo varie successive verifiche, non è nota la posizione della vertebra e del femore successivamente scoperto da Lucas e tutti i tentativi di localizzarli sono falliti[4][6]. Nel 2006 il paleontologo statunitense Kenneth Carpenter ha presentato un plausibile scenario per spiegare la scomparsa dei campioni di A. fragillimus. Come annota lo stesso Cope nella sua descrizione, il materiale osseo dell'arco neurale era molto fragile e le tecniche per indurire e preservare le ossa fossili non erano ancora state inventate (fu infatti il paleontologo Othniel Charles Marsh, il rivale di Cope, il primo a utilizzare sostanze chimiche a tale scopo nei primi anni 1880). Carpenter ha osservato che le ossa fossili estratte dalla cava dell'A. fragillimus sarebbero state conservate in mudstone (termine inglese che indica un tipo di argillite, una roccia sedimentaria a grana fine i cui costituenti originali erano argille o fanghi) profondamente alterata, che tende a sgretolarsi facilmente e a frammentarsi in piccoli cubetti irregolari. Pertanto, le ossa potrebbero essersi sgretolate ed essere state scartate da qualcuno al Museo Americano di storia naturale (forse anche dallo stesso Cope) subito dopo averle illustrate nella raccolta per il suo articolo. Carpenter ha suggerito che questo potrebbe spiegare anche perché Cope disegnò la vertebra da una sola vista, piuttosto che da più angolazioni come faceva normalmente per le sue altre scoperte[3].

Nel 1994 fu fatto un tentativo di localizzare la cava originale dove erano stati rivenuti l'A. fragillimus e altre specie, usando un radar che penetrasse nel terreno cercando di rilevare ossa fossili ancora sepolte. Questo tentativo fallì perché le ossa fossili di mudstone avevano la stessa densità della roccia circostante, rendendo impossibile la loro differenziazione. Uno studio della topografia locale dimostrò anche che gli strati rocciosi di origine fossile erano gravemente erosi, e probabilmente il processo era già in atto quando Lucas fece la sua scoperta di A. fragillimus, indicando infatti che la maggior parte dello scheletro era scomparsa al momento del recupero della vertebra e del femore[3].

Le proporzioni gigantesche di A. fragillimus sono state a lungo oggetto di discussione tra i paleontologi. Carpenter sostiene che ci sono tutte le ragioni per prendere Cope in parola, osservando come fosse in gioco la sua reputazione di paleontologo. La scoperta avvenne durante la guerra delle ossa e il rivale di Cope, O.C. Marsh, che era "sempre pronto a umiliare" Cope, non mise mai in discussione le affermazioni di questi. Marsh era noto per aver impiegato spie per monitorare le scoperte di Cope e potrebbe persino aver avuto conferma dell'enorme dimensione delle ossa di Amphicoelias fragillimus[3]. Anche i paleontologi Henry Fairfield Osborn e C.C. Mook nel 1921, oltre a John S. McIntosh nel 1998, accettarono senza riserve i dati di Cope nelle recensioni da loro pubblicate[4][6]. Altri paleontologi sono stati più critici. In un'analisi delle prove e delle circostanze che circondano la pubblicazione e l'interpretazione di A. fragillimus, Woodruff e Foster (2015) hanno concluso che le sue dimensioni sono state sopravvalutate e che i paleontologi moderni hanno accettato l'interpretazione di Cope senza il dovuto scetticismo. Notano che non sono stati scoperti fossili di sauropodi relativamente giganteschi nella formazione Morrison o altrove, che i paleontologi del XIX secolo - incluso lo stesso Cope - non hanno prestato la dovuta attenzione alle dimensioni di A. fragillimus (anche quando potevano essere giustificate dalla regola di Cope riguardo all'aumento di dimensioni corporee degli animali nel corso del tempo evolutivo) e che errori tipografici nelle sue misurazioni - come aver riportato le misure vertebrali in metri piuttosto che in millimetri - minano la loro affidabilità. I due studiosi hanno concluso che il gigantesco A. fragillimus è una creatura "altamente improbabile" basata su una discutibile interpretazione del rapporto di Cope[7].

Descrizione

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Illustrazione di scheletro di Amphicoelias altus. Pubblicata su The Californian.

L'Amphicoelias altus, il tipo nomenclaturale descritto da E. D. Cope nel 1878, è basato su uno scheletro incompleto consistente in due vertebre, un pube (l'osso del bacino) e un femore[8]. Nella stessa pubblicazione Cope nominò anche una seconda specie, l'A. fragillimus. Tuttavia tutti i ricercatori successivi considerarono l'A. fragillimus come sinonimo di A. altus[3] ma già a partire dal 1881 era stato riconosciuto che l'A. altus non poteva essere distinto dall'altro genere, in quanto le caratteristiche descritte da Cope erano state male interpretate e diffuse[9].

Nel 1921 Henry Fairfield Osborn e C.C. Mook attribuirono altre ossa fossili a A. altus, una scapola, un coracoide, un'ulna e un dente. Osborn e Mook, che studiarono l'esemplare, trovarono notevoli somiglianze tra l'Amphicoelias e il Diplodocus, anche se il primo possedeva un femore insolitamente snello e gli arti anteriori proporzionalmente più lunghi di quelli del Diplodocus.

La dentizione dell'Amphicoelias è del tipo omodonte. I suoi denti avevano la forma di lunghe aste cilindriche sottili, erano distanziati e sporgevano verso la parte anteriore della bocca. Il femore di Amphicoelias è insolitamente lungo, snello e rotondo in sezione trasversale; mentre questa rotondità si pensava fosse un'altra caratteristica distintiva di Amphicoelias, da allora è stata trovata in alcuni esemplari di Diplodocus[3]. Anche la taglia dei due animali doveva essere molto simile (circa 28 metri di lunghezza per l'Amphicoelias altus, circa 27 per il Diplodocus)[10]. Mentre la maggior parte degli scienziati ha utilizzato questi dettagli per distinguere l'Amphicoelias e il Diplodocus come generi separati, almeno uno ha suggerito che l'Amphicoelias è probabilmente il sinonimo senior del Diplodocus[11].

Dimensioni

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Possibili dimensioni di Maraapunisaurus fragillimus (in arancione) e A. altus (in verde) confrontate a quelle di un essere umano, basate sulla descrizione forse fuorviante di Cope dei campioni fossili di M. fragillimus.

Proporre una stima della dimensione completa dell'A. fragillimus richiede di dimensionare le ossa delle specie più note di diplodocidi (una famiglia di sauropodi estremamente lunghi e snelli) assumendo che le loro proporzioni relative siano simili. Nel suo articolo originale Cope lo fece speculando sulle dimensioni di un ipotetico femore di A. fragillimus. Egli fece notare come in altri dinosauri sauropodi, in particolare l'A. altus e il Camarasaurus supremus, i femori erano sempre due volte più alti della più alta vertebra dorsale, per cui stimò la dimensione di un femore di A. fragillimus in 3,6 metri di altezza[12].

Nel 1994, usando un Diplodocus come riferimento, Gregory S. Paul ha stimato una lunghezza del femore di un A. fragillimus in una forbice da 3,1 a 4 metri[10]. Una nuova stima del 2006 da parte di Ken Carpenter, utilizzando anch'egli un Diplodocus come scala di guida, ha trovato un'altezza del femore tra i 4,3 e i 4,6 metri[3]. Partendo dal femore Carpenter ha continuato a stimare la dimensione completa di un A. fragillimus, avvertendo però che le proporzioni relative nei diplodocidi potrebbero variare da specie a specie. Assumendo le stesse proporzioni del noto Diplodocus, Carpenter ha suggerito una lunghezza totale stimata di 58 metri, che ha fatto osservare rientrerebbe nell'intervallo presentato da Paul nel 1994 compreso tra 40 e 60 metri.

Carpenter ha sottolineato che anche le stime di lunghezza più prudenti in difetto per l'A. fragillimus sono superiori a quelle di altri sauropodi giganti, come il diplodocide Supersaurus vivianae (32,5 metri), il brachiosauride Sauroposeidon proteles (34 metri) e il titanosauro Argentinosaurus (30 metri). Carpenter si è spinto fino a presentare proporzioni più speculative e specifiche per l'A. fragillimus (sempre basandosi su una scala graduata relativa al Diplodocus), compresa una lunghezza del collo di 16,75 metri, una lunghezza del corpo di 9,25 metri e una lunghezza della coda di 32. Il paleontologo ha stimato l'altezza totale degli arti anteriori a 5,75 metri e quella degli arti posteriori a 7,5, con un'altezza complessiva (nel punto più alto sul posteriore) di 9,25 metri[3]. Per confronto, la balenottera azzurra, che è in media la creatura vivente più lunga, raggiunge i 29,9 metri di lunghezza verificati scientificamente[13], anche se le più lunghe mai misurate dai cacciatori di balene erano due femmine di 33,6 e 33,3 metri rispettivamente[14].

 
Illustrazione d'epoca di Amphicoelias, 1892

Nonostante la forma del corpo del'A. fragillimus fosse relativamente sottile, le sue enormi dimensioni lo rendevano ancora molto massiccio. Il peso dei sauropodi è però molto più difficile da determinare rispetto alla lunghezza, poiché le equazioni necessarie sono più complesse e sono soggette a maggiori margini di errore anche rispetto a variazioni minori delle proporzioni globali dell'animale. Carpenter si servì di una stima di Paul del 1994 sulla massa di un Diplodocus carnegii di 11,5 tonnellate per ipotizzare che l'A. fragillimus potesse pesare fino a 122,4 tonnellate[3]. Per confronto la balenottera azzurra più pesante mai registrata pesava 173 tonnellate[13] mentre il dinosauro più pesante noto per i suoi fossili ragionevolmente ben conservati, l'Argentinosaurus, doveva pesare tra le 80 e le 100 tonnellate; sebbene le stime di queste dimensioni possano essere oggetto di discussione, l'A. fragillimus potrebbe nonostante tutto essere più leggero del Bruhathkayosaurus, che è stato stimato pesare anche 220 tonnellate[15].

Appartenendo ad una famiglia di sauropodi lunghi ma leggeri, i diplodocidi, rispetto alle enormi dimensioni, l'Amphicoelias fragillimus doveva quindi essere relativamente "leggero". Altre stime hanno poi diminuito (anche se di poco) la sua lunghezza complessiva: il risultato è un Amphicoelias lungo 50 metri. Alcuni studiosi pensano che l'Amphicoelias fragillimus fosse ancora più piccolo, e cioè 45 metri di lunghezza. Tuttavia, poiché gli unici resti fossili sono andati perduti, l'unica evidenza scientifica per queste stime è sopravvissuta nei documenti dell'epoca ed analisi più recenti di questi, alla luce delle nuove conoscenze nel campo, hanno suggerito che le enormi dimensioni ipotizzate per questo animale fossero una sovrastima biologicamente poco plausibile[7].

Classificazione e specie

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Edward Drinker Cope descrisse i suoi ritrovamenti in due numeri del 1878 dell'American Naturalist e li attribuì al nuovo genus Amphicoelias. Egli lo collocò in un'unica famiglia, Amphicoeliidae, sebbene questo sia oggi considerato un nomen oblitum (nome dimenticato)[16]. Il genere è solitamente assegnato alla famiglia Diplodocidae, sebbene alcune analisi moderne lo abbiano collocato alla base del più vasto gruppo Diplodocoidea o considerato come un diplodocide incertae sedis (di posizionamento incerto)[17]. La prima specie nominata nel genere, Amphicoelias altus (esemplare olotipo AMHD 5764) fu scoperta da Cope nel 1877 e sebbene sia rappresentata solo da uno scheletro parziale, ci sono sufficienti caratteristiche diagnostiche per definirne provvisoriamente il genere. L'A. altus è noto da resti fossili migliori, ma è più piccolo dell'A. fragillimus. Nel 1878 Cope nominò anche una seconda specie: Amphicoelias latus[8]. La terza specie di Amphicoelias fu denominata Amphicoelias fragillimus; è nota solo da un singolo e incompleto arco neurale (la parte di una vertebra con spine e processi) alto 1,5 metri, l'ultimo o il penultimo nella serie di vertebre posteriori, D (dorsale) 10 o D9. Basandosi solamente su un'illustrazione pubblicata nel 1878, questa vertebra avrebbe dovuto misurare circa 2,7 metri nell'animale in vita. Tuttavia, è stato sostenuto che la barra graduata utilizzata nella descrizione pubblicata conteneva un errore tipografico e che la vertebra fossile misurasse in realtà solo 1,38 metri in altezza. Oltre a questa vertebra, le note sul campo di Cope contengono un riferimento a un "immensa estremità distale di un femore", situata a poche decine di metri di distanza dalla gigantesca vertebra. È probabile che questo osso della gamba, non ulteriormente descritto, appartenesse allo stesso individuo di cui era stata trovata la spina neurale[3].

 
Tre scheletri assegnati in modo ufficioso a A. brontodiplodocus nel 2010, ora classificati come diplodocidi al Lee Kong Chian Natural History Museum, Singapore.

Nel 2010 fu reso disponibile, ma non pubblicato ufficialmente, un articolo in cui Henry Galiano e Raimund Albersdorfer si riferivano alle nuove specie di A. brontodiplodocus come Amphicoelias, basandosi su diversi esemplari completi trovati nella Cava di Dana di Big Horn Basin, Wyoming e conservati in una collezione privata. Il nome specifico si riferiva alla loro ipotesi, basata su questi campioni, che quasi tutte le specie di diplodocida della Formazione Morrison rappresentavano o diversi stadi di crescita o un dimorfismo sessuale tra i membri dello stesso genere "Amphicoelias"[18]; questa analisi è stata però accolta con scetticismo[19] e la pubblicazione stessa è stata smentita dal suo autore principale, spiegando che si era trattato "ovviamente di un manoscritto redatto completo di refusi, etc., e non di un documento finale, in effetti non è stata tentata alcuna stampa o distribuzione"[19].

Nel 1921 Osborn e Mook hanno sinonimizzato le tre specie, includendo l'A. latus tra i Camarasaurus supremus e suggerendo anche che l'A. fragillimus sarebbe solo un individuo molto grande di C. grandis, una posizione con la quale la maggior parte degli studi successivi, tra cui McIntosh (1998), Foster (2007) e Woodruff e Foster (2015) ha concordato[4][6]. Carpenter nel 2006 ha espresso il suo disaccordo sulla sinonimia di A. altus e A. fragillimus e, citando numerose differenze nella costruzione della vertebra, notate anche da Cope, ha suggerito che queste differenze sarebbero sufficienti a giustificare una specie separata o anche un genere separato per l'A. fragillimus. Tuttavia ha continuato avvertendo che la validità di A. fragillimus come specie separata è quasi impossibile da determinare senza il campione originale da studiare[3]. Sebbene l'Amphicoelias latus non sia chiaramente un Amphicoelias, probabilmente è sinonimo di Camarasaurus grandis piuttosto che di C. supremus, perché fu trovato più in basso nella formazione Morrison e le facce articolate profondamente concave sulle vertebre caudali sono più coerenti con C. grandis[20].

Nel 2007 John Foster ha suggerito che le differenze solitamente citate per differenziare l'Amphicoelias altus dal più noto Diplodocus non sono significative e potrebbero essere dovute a variazioni individuali. Foster sostiene che l'Amphicoelias è probabilmente il sinonimo senior del Diplodocus e che, se ulteriori ricerche lo confermeranno, il nome familiare Diplodocus dovrebbe essere abbandonato a favore di Amphicoelias, come nel caso del Brontosaurus e del suo sinonimo principale Apatosaurus[11]. Nel 2015, Woodruff e Foster hanno ribadito questa conclusione, affermando che esiste una sola specie di "Amphicoelias" e che potrebbe essere indicata sia come "Diplodocus" che come "Diplodocus altus". I due studiosi hanno quindi considerato il nome Amphicoelias un nomen oblitum[7][16]. È stato anche ipotizzato che l'Amphicoelias dovrebbe essere considerato un apatosaurino, e quindi dovrebbe essere collocato nella sottofamiglia degli Apatosaurinae.

Il seguente cladogramma dei Diplodocidae dovuto a Tschopp, Mateus e Benson (2015), mostra invece l'A. altus all'esterno dei Diplodocinae[21]:


 Diplodocidae 

Amphicoelias altus

 Apatosaurinae 

specie senza nome

Apatosaurus ajax

Apatosaurus louisae

Brontosaurus excelsus

Brontosaurus yahnahpin

Brontosaurus parvus

 Diplodocinae 

specie senza nome

Tornieria africana

Supersaurus lourinhanensis

Supersaurus vivianae

Leinkupal laticauda

Galeamopus hayi

Diplodocus carnegii

Diplodocus hallorum

Kaatedocus siberi

Barosaurus lentus

Nel 2018 Carpenter ha infine considerato l'Amphicoelias fragillimus un rebbachisauride inserendolo nel genere Maraapunisaurus[2].

Paleoecologia

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Modello di ipotetica ricostruzione dell'Amphicoelias in un parco tematico in Polonia.

Nella sua rivalutazione del 2006, Carpenter ha esaminato la paleobiologia dei sauropodi giganti, tra cui l'Amphicoelias, e ha affrontato la questione del perché questo gruppo abbia raggiunto dimensioni così grandi. Lo scienziato ha sottolineato che le dimensioni gigantesche furono raggiunte all'inizio dell'evoluzione dei sauropodi, con specie di dimensioni molto grandi presenti già nel tardo periodo Triassico, concludendo che qualsiasi pressione evolutiva avesse dato luogo a grandi dimensioni, questa era presente fin dalle prime origini del gruppo. Carpenter ha citato diversi studi sui mammiferi erbivori giganti, come l'elefante e il rinoceronte, che hanno dimostrato che una taglia maggiore negli animali che mangiano le piante porta ad una maggiore efficienza nella digestione del cibo. Poiché gli animali più grandi hanno un apparato digerente più lungo, il cibo viene mantenuto in digestione per periodi significativamente più lunghi, consentendo agli animali di grandi dimensioni di sopravvivere anche con fonti di cibo di qualità inferiore. Ciò è particolarmente vero per gli animali con un gran numero di "camere di fermentazione" lungo l'intestino che permettono ai microrganismi di accumularsi e di fermentare il materiale vegetale, favorendo la digestione. Durante la loro storia evolutiva, i dinosauri sauropodi sono stati trovati principalmente in ambienti semi-aridi, stagionalmente secchi, con un corrispondente calo stagionale della qualità del cibo durante la stagione secca. L'ambiente dell'Amphicoelias era essenzialmente una savana, simile agli ambienti aridi in cui vivono i moderni erbivori giganti, sostenendo l'idea che il cibo di scarsa qualità in un ambiente arido promuove l'evoluzione dei grandi erbivori. Carpenter ha sostenuto che altri vantaggi delle grandi dimensioni, come la relativa immunità dai predatori, il dispendio energetico inferiore e una maggiore durata della vita, sono probabilmente vantaggi secondari[3].

L'ambiente oggi testimoniato dalla formazione Morrison in cui visse l'Amphicoelias sarebbe assomigliato a una moderna savana anche se, poiché le piante erbacee non sarebbero apparse fino al Cretacico superiore, erano probabilmente le felci le piante dominanti e quindi la principale fonte di cibo per l'Amphicoelias. Sebbene Engelmann et al. (2004) abbiano respinto le felci come fonte di cibo dei sauropodi a causa del loro contenuto calorico relativamente basso[22], Carpenter ha sostenuto che il sistema digerente sauropode, ben adattato per assimilare alimenti di bassa qualità, consentiva il consumo di felci come parte preponderante della dieta sauropode[3]. Carpenter ha anche notato che la presenza occasionale di grandi ceppi pietrificati indica la presenza di alberi ad alto fusto di altezza compresa tra i 20 e i 30 m, che sembrerebbero in conflitto con il contesto della savana. Tuttavia, gli alberi sono rari e, poiché gli alberi ad alto fusto richiedono più acqua di quanto l'ambiente della savana potrebbe generalmente fornire, probabilmente esistevano in tratti ristretti o come "gallerie di foreste" lungo fiumi e calanchi dove l'acqua poteva accumularsi. Carpenter ha ipotizzato che giganteschi erbivori come l'Amphicoelias potessero aver usato l'ombra delle "gallerie di foreste" per mantenersi freschi durante il giorno, e provveduto alla maggior parte della loro alimentazione in aperta savana di notte[3].

  1. ^ (EN) Amphicoelias, in Fossilworks. URL consultato il 10 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2014).
  2. ^ a b Carpenter, Kenneth, Maraapunisaurus fragillimus, N.G. (formerly Amphicoelias fragillimus), a basal Rebbachisaurid from the Morrison Formation (Upper Jurassic) of Colorado, in: Geology of the Intermountain West, vol. 5, 2018, pp. 227–244.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Carpenter, K. (2006). Biggest of the big: a critical re-evaluation of the mega-sauropod "Amphicoelias fragillimus". In: Foster, J.R. and Lucas, S.G., eds., 2006, Paleontology and Geology of the Upper Jurassic Morrison Formation. New Mexico Museum of Natural History and Science Bulletin, 36: 131–138.
  4. ^ a b c d (EN) McIntosh, J.S. (1998). New information about the Cope collection of sauropods from Garden Park (Colorado). In: Carpenter, K., Chure, D. and Kirkland, J.I., eds., The Morrison Formation: an interdisciplinary study: Modern Geology, 23: 481–506.
  5. ^ (EN) Turner, C.E., and Peterson, F. (1999). Biostratigraphy of dinosaurs in the Upper Jurassic Morrison Formation of the Western Interior, U.S.A. In: Gillette, D., ed., Vertebrate Paleontology in Utah: Utah Geological Survey Miscellaneous Publication, 99(1): 77–114.
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  7. ^ a b c (EN) Cary Woodruff e John R. Foster, The fragile legacy of Amphicoelias fragillimus (Dinosauria: Sauropoda; Morrison Formation - Latest Jurassic), in PeerJ PrePrints, 2015, DOI:10.7287/peerj.preprints.838v1.
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  9. ^ (EN) O.C. Marhs, Principal Characters of American Jurassic Dinosauria: Part IV (PDF), in American Journal of Science, vol. 21, 1881, p. 417–423.
  10. ^ a b (EN) Paul, G.S. (1994). Big sauropods — really, really big sauropods. The Dinosaur Report, The Dinosaur Society, Fall, p. 12–13
  11. ^ a b (EN) Foster, J. (2007). Jurassic West: The Dinosaurs of the Morrison Formation and Their World. Indiana University Press.
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  13. ^ a b (EN) Assessment and Update Status Report on the Blue Whale Balaenoptera musculus (PDF), su sararegistry.gc.ca, Committee on the Status of Endangered Wildlife in Canada, 2002. URL consultato il 24 giugno 2018.
  14. ^ (EN) R. Sears, Calambokidis J., Update COSEWIC status report on the blue whale Balaenoptera musculus in Canada., Committee on the Status of Endangered Wildlife in Canada, Ottawa., 2002, p. 32.
  15. ^ (EN) M. Wedel, SV-POW showdown: sauropods vs whales, su svpow.wordpress.com, 20 maggio 2008. URL consultato il 23 maggio 2008.
  16. ^ a b Termine tecnico, utilizzato nella nomenclatura zoologica, per un particolare tipo di nome scientifico caduto in disuso.
  17. ^ (EN) Wilson, J.A., and Smith, M. (1996). New remains of "Amphicoelias" Cope (Dinosauria: Sauropoda) from the Upper Jurassic of Montana and diplodocoid phylogeny. Journal of Vertebrate Paleontology, 16(3 Suppl.): 73A.
  18. ^ Galiano, H. and Albersdorfer, R. A new basal diplodocid species, "Amphicoelias brontodiplodocus", from the Morrison Formation, Big Horn Basin, Wyoming, with taxonomic reevaluation of "Diplodocus", "Apatosaurus", and other genera. (PDF) (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2011). Dinosauria International, LLC. 44pp. Published online 2010.
  19. ^ a b Mike Taylor, The elephant in the living room: "Amphicoelias brontodiplodocus", in Sauropod Vertebra Picture of the Week.
  20. ^ (EN) Carpenter, K., 1998, Vertebrate biostratigraphy of the Morrison Formation near Canon City, Colorado: In: The Upper Jurassic Morrison Formation: An Interdisciplinary Study. Edited by Carpenter K., Chure D. J., and Kirkland J. I., Modern Geology, v. 23, part 2, p. 407-426.
  21. ^ (EN) E. Tschopp, O. V. Mateus e R. B. J. Benson, A specimen-level phylogenetic analysis and taxonomic revision of Diplodocidae (Dinosauria, Sauropoda), in PeerJ, vol. 3, 2015, pp. e857, DOI:10.7717/peerj.857, PMC 4393826, PMID 25870766.
  22. ^ (EN) Engelmann, G.F., Chure, D.J., and Fiorillo, A.R. (2004). The implications of a dry climate for the paleoecology of the fauna of the Upper Jurassic Morrison Formation. In: Turner, C.E., Peterson, F., and Dunagan, S.P., eds., Reconstruction of the extinct ecosystem of the Upper Jurassic Morrison Formation. Sedimentary Geology, 167: 297–308.

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