Bis dat, qui cito dat

locuzione latina
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Bis dat qui cito dat è un proverbio latino che tradotto letteralmente significa: «Dà due volte chi dà presto».

Il soccorrere con sollecitudine il povero o l'amico in difficoltà raddoppia il beneficio. Per questo motivo Erasmo propone una seconda versione del detto, tratta da Publilio Siro: «Beneficium inopi bis dat, qui dat celeriter», e cita un altro frammento di Siro, che sottolinea come il dono debba essere concesso spontaneamente: «Bis est gratum, quod opus est, ultro si offeras».[1]

Il proverbio era già noto in ambiente greco. Nell'Antologia Palatina sono conservati i versi: «I benefici più dolci sono i più rapidi: se tardano, / diventano senza significato e sgraditi».[2] Poiché in greco χάρις significa tanto «dono» che «grazia», la sentenza citata da Ausonio «Ἁ χάρις ἁ βραδύπους ἄχαρις χάρις», cioè «un dono in ritardo è un dono sgradito», contiene una triplice ripetizione della parola che egli, nella sua traduzione latina, moltiplica a effetto: «Gratia quae tarda est, ingrata est, gratia. Namque / cum fieri properat, gratia grata magis».[3]

La necessità di aiutare sollecitamente gli amici in difficoltà è espressa da Euripide per bocca di Ettore nel Reso: «Odio aiutare in ritardo gli amici».[4] e anche da Seneca: «È sgradito il dono che è rimasto a lungo nelle mani di chi lo dà».[5]

  1. ^ Erasmo da Rotterdam Adagia, I, 8, 91.
  2. ^ Antologia Palatina, 10, 30: «Ὠκεἶαι χάριτες γλυκερώτεραι' ἥν δὲ βραδύνῃ, / Πᾶσα χάρις κενεή, μηδὲ λέγοιτο χάρις».
  3. ^ Ausonio, Epigrammi, 85: «Il dono che viene dato tardi è un dono sgradito. Perciò, se viene dato presto, il dono è più gradito». Una seconda traduzione di Ausonio - Epigrammi, 86 - è «Si bene quid facias, facias cito. Nam cito factum / gratum erit, ingratum gratia tarda facit».
  4. ^ Euripide, Reso, 373: «Μισὦ φίλοισιν ὕστερον βοηδρομεἶν».
  5. ^ Seneca, De beneficiis, II, 1: «Ingratum est beneficium, quod diu inter manus dantis haesit».

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