Bozza:Antonino Marchese
Marchese Antonino (Palermo 11/03/1957- Napoli, carcere di Secondigliano 12/12/2022)[1]
Criminale italiano legato a cosa nostra ed in particolare ai corleonesi capeggiati da Totò Riina. Condannato all' ergastolo nel maxi processo di Palermo, per numerosi omicidi, non si è mai pentito ed è rimasto in carcere per oltre quarant' anni, molti dei quali trascorsi in regime di carcere duro di cui l' art. 41bis. Quando si pentì il fratello Giuseppe, egli negò ogni accusa rivoltagli da quest' ultimo definendolo un pazzo ed un "tragediatore", chiese più volte un confronto con lo stesso ma gli venne sempre negato dai giudici.[2]
BIOGRAFIA
modificaProveniva da una famiglia completamente mafiosa poiché anche il padre, Vincenzo, era legato alla cosca di corso dei mille; inoltre suo zio Filippo Marchese detto Milinciana, fedelissimo di Riina, era tristemente famoso per la camera della morte situata in piazza Sant’ Erasmo a Palermo dove attirava, strangolava e poi scioglieva nell’ acido i suoi rivali. Il fratello minore Giuseppe, detto Pino, ne seguì le orme entrando a far parte di cosa nostra a soli 17 anni e diventando uno spietato killer, divenuto collaboratore di giustizia, è stato il primo pentito dell’ ala corleonese a “saltare il fosso”. La sorella Vincenza sposò Leoluca Bagarella, potentissimo boss corleonese e cognato di Totò Riina in quanto fratello della moglie Ninetta; la cerimonia nuziale si tenne a Villa Igea, storico hotel di lusso in stile liberty nei pressi della borgata marinara dell’Acquasanta. Sua moglie Agata di Filippo, sposata nel carcere di Trapani, era sorella di Emanuele e Pasquale anche loro mafiosi ed in seguito divenuti collaboratori di giustizia.
PRIMO ARRESTO
modificaMolto importante per conoscere la sua carriera criminale è l’episodio relativo al ‘’covo’’ di via Pecori Giraldi.
Il 7 luglio 1979 venne riportata al commissariato Scalo di Palermo una pistola Taunus Brasil calibro 38 con matricola illeggibile, da un tale Angelo Cipolla il quale riferiva di averla rinvenuta in via Rosario Gerbasi dove sua moglie aveva visto fuggire due giovani intimoriti dalle grida di un bambino che indicava l’arma giacente a terra. Agenti del commissariato si recarono subito sul posto nella speranza di poter individuare i due giovani intenti nella ricerca della pistola, cosa che poi accadde. I due giovani erano appunto Antonino Marchese ed Antonino Gioè i quali furono subito bloccati e condotti in commissariato.
Effettuata una perquisizione, il Marchese risultava in possesso di una bolletta ENEL relativa ad un appartamento appunto in via Pecori Giraldi, gli inquirenti immediatamente recatisi nell’ abitazione trovarono: numerose pistole, munizionamento, fotografie di varie persone che frequentavano quel luogo ed otto sacchetti di sostanza bianca dal peso di 0,500 kg successivamente appurato trattasi di eroina cloridrato. Tra le varie fotografie ritrovate ve ne erano alcune che facevano notare che quel luogo era frequentato da Leoluca Bagarella, boss di Corleone allora latitante. Boris Giuliano, allora capo della squadra mobile di Palermo, il quale condusse le indagini, denunciava in stato di arresto il Marchese ed il Gioè. Giuliano sarà poi ammazzato proprio dal Bagarella, pochi giorni dopo questa perquisizione, il 21 Luglio 1979, nel bar sotto casa, con 7 colpi di pistola alle spalle.
OMICIDIO PUCCIO
modificaNel carcere dell' Ucciardone, nella mattinata dell' 11 maggio 1989, venne ucciso Vincenzo Puccio, mafioso palermitano, all' epoca capo mandamento di Ciaculli. Il Puccio era detenuto in cella insieme ai fratelli Giuseppe e Antonino Marchese e Di Gaetano Giovanni ( mafioso di corso dei mille detto "parrinieddu"), egli aveva più volte esternato la sua volontà, una volta uscito di prigione, di voler fare una sorta di rivolta interna a Cosa Nostra, perchè a suo dire alcune cose non andavano nel verso giusto e vi era troppo potere dei corleonesi. I fratelli Marchese subito riferirono, tramite colloqui e pizzini a Salvatore Riina, allora capo indiscusso di cosa nostra dell' intento del Puccio. Il Riina, decise allora per l' eliminazione del Puccio, l' ordine arrivò ai Marchese tramite un loro cugino, Drago Giovanni ( mafioso di Ciacculli, divenuto anch' egli collaboratore di giustizia). Il Puccio venne preso a colpi di bistecchiera in ghisa, da Marchese Antonino; saltatogli addosso, lo colpì fino a fracassargli la testa. In un primo momento si voleva far credere che il tutto avvenne per via di una lite e che l' assassino fosse Giuseppe Marchese il quale si autoaccusò dell' omicidio nella speranza che gli inquirenti credessero alla sua versione. Nello stesso giorno però vi fu un altro omicidio, quello di Pietro Puccio, fratello di Vincenzo, che avvenne nel cimitero dei Rotoli a Palermo. I killer non riuscirono a rapirlo per poi farlo scomparire con il metodo della lupara bianca e rimasero a terra il cadavere. Visto questi fatti, i giudici non potettero più credere alla storia della lite in cella, ed infatti i fratelli marchese vennero condannati all' ergastolo per quest' omicidio. Successivamente una volta che Giuseppe Marchese e Giovanni Drago divennero collaboratori di giustizia, vi fu un nuovo processo, a Salvatore Riina in qualità di mandante dell' omicidio, dove si appurarono i motivi dell' omicidio ed il reale esecutore materiale, per l' appunto il Marchese Antonino. Riina venne condannato all' ergastolo.
- ^ San Giuliano, Antonino Paternò Castello Marchese di, su Brill’s Digital Library of World War I. URL consultato il 5 dicembre 2024.
- ^ 5/12/2024.