Bozza:Diavolo di Tufara
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Il Diavolo di Tufara è la maschera zoomorfa del carnevale di Tufara, che viene celebrato il giorno di martedì grasso. Questa tradizione è stata associata ai riti pagani, legati al culto di Dioniso, divinità della vegetazione e della fertilità, connessa al ciclo della natura.
Le origini
modificaLe origini del Diavolo di Tufara non sono documentate con certezza, alcune interpretazioni lo collegano ad antichi riti propiziatori, legati al culto di Dioniso; divinità della vegetazione, della fertilità, rappresentante del ciclo della natura, In quanto, come quest'ultima moriva e si rinnovava perpetuamente, infatti nelle società precristiane venivano svolti rituali arcaici che celebravano il rinnovamento della natura e la maschera del Diavolo potrebbe derivare da queste pratiche. Con l'avvento del cristianesimo questi riti furono reinterpretati alla luce della nuova religione, pertanto Il Diavolo, da figura simbolica di riti pagani, venne trasformata a semplice maschera carnevalesca.
Le Figure del carnevale di Tufara
modificaIl gruppo è composto da sei o sette figure, poiché il numero dei folletti può variare, mentre quello delle altre figure rimane invariato secondo la tradizione.
Il Diavolo
modificaÉ La figura principale del carnevale di Tufara [1] che rappresenta la passione e la morte di Dioniso, simbolo del caos, della rigenerazione della vita e dell'ebbrezza; è vestito con pelli di capra, poiché la divinità di Dioniso si manifestava tra i vivi sotto le sembianze di un capro; una maschera dai colori cupi e un tridente.
La Morte
modificaIl diavolo è accompagnato da due personaggi vestiti di bianco, con il volto impasticciato di farina e con in mano una falce; questi simboleggerebbero la purificazione, ovvero il passaggio dal carnevale alla quaresima, e il ciclo della vita, dove il seme muore per dar vita alla pianta; la falce, inoltre, potrebbe rievocare il taglio dell'erba, un gesto simbolico che richiama l'eliminazione degli eccessi, tipici del carnevale, e la preparazione alla quaresima, periodo di purificazione e rinnovamento.
I Folletti
modificaIl cui numero può variare da tre a quattro, secondo alcune ipotesi potrebbero rappresentare gli antichi fauni o semplicemente dei monaci. Essi sono vestiti di nero, infatti, indossano antichi mantelli scuri e hanno il volto dipinto con delle croci; due di questi portano con sé delle catene e hanno il compito di trattenere il Diavolo, mentre un altro agita una campana per avvisare il suo passaggio.
Il pupazzo-simulacro
modificaIdentificato con il carnevale stesso viene accusato di aver portato eccessi e disordine durante l'anno precedente, per questo, il giorno di martedì grasso, durante un processo simbolico viene condannato a morte da una giuria.
La Giuria
modificaComposta da tre giurati, condanna a morte il pupazzo-simulacro e lo getta dalle mura della fortezza longobarda nelle mani del Diavolo.
La Madre e il Padre del Carnevale
modificaAssistono impotenti alla condanna del proprio figlio, tuttavia essi hanno una culla, contenente un neonato che secondo la tradizione simboleggia la rinascita e il rinnovamento del Carnevale. Inoltre, durante il processo fittizio, la Madre-Parca ha in mano il filo del destino, conocchia e fuso, che secondo alcuni studiosi farebbe riferimento alle moire, figure mitologiche legato al destino umano.
U'Pisciatur
modificaIl cui nome deriva dal termine dialettale tufarolo Piasciatur che indica un pitale, rappresenta gli eccessi e l'allegria del periodo carnevalesco. Il giorno di martedì grasso, i vari pitali vengono riempiti con spaghetti e vino e offerti alla popolazione, viveri che simboleggiano l'ultimo desiderio del carnevale prima della sua condanna. Tuttavia, durante il processo, saranno i giudici a mangiare il pasto negandogli la sua ultima richiesta.
La vestizione
modificaLa pantomima del Carnevale di Tufara viene svolta durante il giorno di martedì grasso, dove i cittadini del posto si riuniscono in cantine locali per dare inizio ai preparativi.[2]Una delle prime attività è la cucitura delle pelli di capra, che avviene manualmente con ago e filo; in seguito, addosso alla persona che rappresenterà la figura del Diavolo vengono apposte, una maschera, caratterizzata da colori tetri e da una lunga lingua rossa, e due corna, ottenute modellando orecchie di capra, le quali vengono adornate con due nastri rossi, infine viene utilizzata una corda per stringere l'intero vestito. [3]
Coloro che invece rappresentano la morte indossano un costume interamente bianco, decorato con alcune strisce colorate. L'abbigliamento è composto da un fez con una nappa blu, vecchi mutandoni da notte e da un camicione storicamente usato per dormire. In seguito s'impasticciano il volto, precedentemente bagnato d'acqua, con della farina, in modo da apparire completamente bianco, successivamente procedono al montaggio delle falci, costituite da un collo in legno, il quale presenta anche l'impugnatura per maneggiarlo e la lama in ferro attaccata al collo attraverso un gancio.
Infine, abbiamo i folletti, il cui costume è caratterizzato da un pantalone di velluto, una vecchia camicia e un mantello nero o blu scuro, lo stesso abbigliamento che veniva utilizzato dagli antichi contadini. Uno di questi porta con sè un tascapane utilizzato per raccogliere le offerte dei cittadini, ma anche per riporre tutti gli strumenti necessari per l'assistenza dell'intero gruppo come: ago, filo, chiavi per il montaggio delle lame. Infine si tingono il volto con delle croci nere, utilizzando il sughero o vecchi calderoni riscaldati con il fuoco.
Il rito
modificaUna volta terminata la vestizione,[4] il gruppo che accompagna il Diavolo esce da vecchie cantine, riversandosi per i vicoli del paese con movimenti suggestivi come salti ed urla, tra questi spiccano i gesti del Diavolo, che esegue salti, capriole, si rotola a terra e agita il tridente. Durante la pantomima, il gruppo, si reca nelle case del paese dove gli vengono offerti denaro e prodotti tipici locali.
In seguito, al rintocco delle campane della Chiesa madre, ha luogo l'atto finale della manifestazione: il processo simbolico, che avviene davanti alla popolazione di Tufara. Durante quest'evento, la Madre-Parca, con il filo del destino, conocchia e fuso e il Padre del carnevale, implorano invano la giuria di graziare il proprio figlio, ma nonostante i tentavi di difesa, il carnevale viene condannato a morte dalle mura della fortezza longobarda di Tufara, dopo alcuni colpi di fucile sparati a salve e gettato nelle mani del Diavolo, il quale accompagnato dalla Morte e dai Folletti lo trascina verso la parte più antica del paese dove lo scaraventa giù dalla rupe, concludendo il rito. Tuttavia, nonostante la morte del proprio figlio, la madre e il padre del Carnevale, hanno con sé una culla con all'interno un neonato, simbolo della continuità del rito.
Il Carnevale di Tufara presenta una peculiarità, cioè che non viene condannato direttamente il Diavolo, ma un fantoccio al quale si sostituisce, un capro espiatorio, sul quale la popolazione locale scarica tutte le disgrazie accadute durante l'anno trascorso come: condizioni metereologiche avverse, difficoltà economiche e discordie sociali. L'atto finale del rito sancisce così una sorta di purificazione collettiva che permette alla popolazione di liberarsi dalle negatività dell'anno precedente.
Evento Maschere e Tradizioni
modificaOgni anno a Tufara, oltre alla manifestazione del Martedì grasso, viene celebrato, in genere due settimane prima di quest'ultimo, l'evento denominato "Maschere e Tradizioni". In questa occasione vengono ospitate maschere zoomorfe simili al Diavolo, che sfilano per le vie del paese insieme al Diavolo stesso creando così un vero e proprio scambio culturale.
Scambi culturali con Maschere simili
modifica- Mamuthones e Issohadores di Mamoiada (NU)
- Mamutzones di Samugheo (OR)
- Maimulu di Gairo (NU)
- Cervo di Castelnuovo a Volturno (IS)
- Urthos e Buttudos di Fonni (NU)
- Maschere di Tricarico (MT)
- Krampus
- Thurpos di Orotelli (NU)
- Tumbarinos di Gavoi (NU)
- Maimoni e is Ingestusu di Tertenia (NU)
- Cambas de Linna di Guspini (SU)
Note
modifica- ^ Il Carnevale di Tufara, su rainews.it. URL consultato il 10 gennaio 2025.
- ^ Il Diavolo (PDF), su italiataglia.it.
- ^ Il carnevale di Tufara, su catalogo.beniculturali.it.
- ^ Italica - Carnevale: i riti apotropaici, su web.archive.org, 17 gennaio 2014. URL consultato il 12 gennaio 2025 (archiviato dall'url originale il 17 gennaio 2014).
Collegamenti esterni
modifica- Il Diavolo di Tufara su Ministero della cultura
- Il rito del Diavolo su Rete Italiana di Cultura popolare
- La maschera del Diavolo su catalogo beni culturali
- Il Diavolo su istituto centrale per il patrimonio immateriale
- Il diavolo di Tufara su associazione culturale "Antica Maschera il Diavolo"
- Il Diavolo di Tufara su Fiera letteraria1979
Filmografia
modifica- IL DIAVOLO di TUFARA, filmato RAI tratto dal programma "Le Indie di quaggiù", di Carlo Alberto Pinelli, 1978.
- Il Diavolo a Tufara, regia di Zeno Gabbi - documentario (1959)
Bibliografia
modifica- Alberto Mario Cirese, Saggi sulla cultura meridionale I - Gli studi di tradizioni popolari in Italia. Profilo storico e saggio di bibliografia, Roma, De Luca, 1955.
- Vincenzo Padiglione, "Il Diavolo di Tufara", in Sociologia della cultura popolare in Italia, a cura di Roberto Cipriani, Napoli, Liguori, 1979