Bozza:Nino La Civita
Nino La Civita (Sulmona, 2 marzo 1910 – 25 gennaio 1972) è stato un pittore italiano del XX secolo.
Si forma alla scuola di Arte Sacra di Roma e seguendo il suo professore in India ottiene commissioni importanti come dipinti per il fratello del poeta Tagore, affrescare un'intera chiesa e il manifesto di indipendenza indiana di Gandhi. La sua arte, ancora poco conosciuta, ha varcato paesi, "fotografando" usi e costumi di civiltà lontane e unendole con la grande arte italiana.
"Il genio di Nino La Civita ha trapiantato in terra d'India un lembo d'Italia" [1]
Infanzia
modificaNino nasce a Sulmona, provincia dell’Aquila in Abruzzo, il giorno 2 marzo 1910 da Ercole La Civita e Pugliello Lucia. Il padre Ercole fu un abile e conosciuto sarto di Sulmona e la madre fu una donna di elevati sentimenti e profonda vita religiosa. Fin da piccolo è incline e attirato alla pittura e al padre, che avrebbe voluto insegnargli l’arte dell'ago e forbici, rispondeva che lui avrebbe voluto imparare a “pittare”. Nino ebbe cinque fratelli: Giulio, Nina, Giovanni, Attilio e Gilda.
Studi
modificaStudia alla scuola di arte di Sulmona con il professor Di Benedetto, sempre a Sulmona assieme al Prof. Giuseppe Bellei è allievo del Prof. Alfonso Rossetti. Successivamente presso la Scuola di Arte Sacra di Roma si perfeziona con il Professor Conti. “In questi anni dipinse soprattutto opere religiose e realizzò copie di dipinti della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Inoltre, padroneggiò le tecniche della grafica, della pittura murale e dell'affresco” [2]. Studia successivamente con il Professor Ballerini e con quest’ultimo parte poco più che venticinquenne, nel 1937, alla volta dell’India, accompagnando il professore per lavoro presso questa terra lontana, tanto mistica e sconosciuta.
“...In un certo senso la svolta della sua vita artistica ed umana.” [3]
Primi lavori in India
modificaNel 1938-1940 Nino Lavorò come affreschista presso la cattedrale di Allahabad chiamato dal Monsignor Poli. La struttura della cattedrale era stata completata nell’anno 1879 e fu abbellita sempre più negli anni successivi ed in varie occasioni dal susseguirsi di Monsignori che volevano donare splendore alla chiesa; per ultimo il Monsignor Poli che eresse il monumento di S.Francesco in fronte alla cattedrale in marmo italiano, importò tre statue di santi dall’Italia e chiamò Nino ed Ena Nello come artisti per terminare gli affreschi all’interno della cattedrale.
In una lettera datata 15 giugno 1938 Angelo Poli scrive riguardo al lavoro di Nino: “Egli lavorò per circa sette mesi in compagnia del Prof. Ena Nello di Roma, ma quando quest’ultimo fece ritorno in Italia per i mesi estivi, Signor Nino La Civita si unì alla Ditta Bertelli and Co. Di Calcutta, e poi nel mese di ottobre 1937 riprese i lavori da solo, ed in meno di otto mesi li condusse a termine con piena soddisfazione di tutti. Dotato di una tenace e perseverante volontà, egli continuò a lavorare alacremente anche nei mesi di maggio e giugno quando il termometro era giunto ai 114 gradi (Celsius) di calore all’ombra.”
In India poi La Civita entrò in contatto con Maharaja indiani come i Raja di Kasmanda ed ebbe varie commissioni tra cui lavorò presso il palazzo di Tagore, fratello del celebre Poeta. In una cartolina del 18 febbraio 1940 inviata alla sorella Nina, l’artista scrive: “…questa fotografia che ho fatto con la mia camera, è il lavoro fatto da me l’anno scorso alla villa del Maharaja Tagore…”
Nei campi di concentramento
modificaIl primo settembre 1939 la Germania di Hitler invadeva la Polonia, era l'inizio della seconda guerra mondiale. In quel periodo Nino si trovava in Calcutta, 11 Kyd Street in piena attività artistica, non poteva immaginare che il giorno 2 giugno del 1940 l'esercito inglese l'avrebbe incarcerato, e con lui molti altri Italiani. Gli furono confiscati tutti i beni che possedeva all’interno della sua abitazione tra i quali 14 quadri a pastello con ritratti di "tipi dell'Himalaya" e 18 paesaggi, tutte opere mai più restituite.
Fu internato n. 2607 nel campo di internamento centrale britannico, ala 3 presso il Fort William di Calcutta. Qui Nino continuò a dipingere, fare schizzi e studiare un po’ di Hindi, anche se “...La monotonia della vita del campo rende molto pigri...” come scrisse alla sorella in una lettera del 18 maggio 1942.
Successivamente venne trasferito presso altri campi di concentramento indiani, per ultimo a Dehradun (Prem Nagar) dove conobbe Padre Luca.
“…nella sua intensa attività pittorica seppe unire due importanti caratteristiche psicologiche: un profondo richiamo spirituale ed una limpida capacità di osservazione…” [3]
L'incontro con Padre Luca
modificaIn questo incontro troviamo la svolta artistica del pittore, da questo incontro nasceranno progetti, idee, commissioni e momenti di felicità artistica che porteranno La Civita a consacrarsi come Maestro dell’arte in India. Padre Luca Vannucci (1882-1976) fu un missionario cappuccino toscano che giunse in india nel 1910 per la prima volta e vi ritornò successivamente stabilendosi a Delhi tra il 1919 ed il 1940. Fu cappellano dell’esercito britannico e tra le varie imprese fece costruire la cattedrale del sacro cuore a Dehli raccogliendo fondi da numerosi benefattori e soprattutto grazie all’appoggio economico di Lady Willingdon, moglie del vicerè indiano di allora.
Anch'esso fu internato nello stesso campo di concentramento a Dehradun, dove secondo i dati c’erano circa 300 detenuti italiani e qui conobbe Nino La Civita. Grazie all’appoggio britannico il missionario venne rilasciato dopo 6 mesi di carcere e divenne parroco della chiesa di S.Francesco in Dehradun.
Si racconta che quando Padre Luca conobbe Nino, sempre lo vedeva dipingere, con costanza e su ogni cosa che gli capitasse sotto mano, fogli, carta straccia, perfino sui muri con dei sassi raccolti qua e la. Dopo essere stato liberato, il missionario, ricordandosi di questo amico artista pensò di chiamarlo per poter affrescare la chiesa dove egli officiava e di donargli, non solo la libertà fisica, ma anche una libertà psicologica e spirituale, così che Nino potesse esprimersi a pieno e finalmente esprimere la sua vocazione.
Per fare questo Padre Luca diede al governo indiano 5000 rupie come garanzia per ottenere il permesso di rimanere con lui ed affrescare la chiesa di Dehradun.
Gli affreschi di S.Francesco
modifica“…Gli affreschi nella chiesa di San Francesco a DehraDun sono stati il più grande risultato di Nino La Civita. Dipinti durante gli anni 1946 e 1947, ogni affresco è datato e firmato. Quello sulla parete frontale è firmato "N. La Civita 1947" mentre quelli sulle pareti laterali sono firmati con le sue iniziali (N.L.C.) e datati 1946 o 1947. Sono grandi e ben adattati alla struttura preesistente della chiesa; i colori sono brillanti, freschi e vividi.
Gli affreschi raffigurano gli episodi più importanti della vita di San Francesco e si estendendono sulla parte superiore di entrambe le pareti laterali della navata principale, divisa in tre pannelli da tre finestre. Ogni pannello presenta una scena. Sotto ogni finestra, un testo in caratteri latini descrive la scena. Sulla parete sinistra della chiesa sono raffigurati i seguenti episodi: La conferma dell'Ordine francescano, La rinuncia ai beni terreni e Francesco con gli uccelli. Sulla parete destra sono raffigurati: Il miracolo delle stimmate, La morte di San Francesco e Il saluto alla Madonna. La prima scena, sulla parete sinistra in alto, raffigura San Francesco ricevuto da Papa Onorio III nella Cattedrale di San Giovanni in Laterano al momento della sanzione dell'Ordine francescano da parte del Papa. La seconda raffigura il giovane Francesco che, avendo rinunciato a tutti i suoi beni spogliandosi in pubblico, è protetto dal Vescovo di Perugia. Il padre di Francesco, infuriato, è raffigurato con un'altra persona che lo trattiene.
Il terzo affresco si riferisce probabilmente a un episodio dei Fioretti, dove si racconta che, un giorno, mentre Francesco viaggiava con alcuni compagni, si trovavano per caso sulla strada dove gli uccelli riempivano gli alberi su entrambi i lati. Francesco disse ai suoi compagni di viaggio di aspettarlo mentre andava a predicare alle sue sorelle gli uccelli. Gli uccelli lo circondarono, incuriositi dal potere della sua voce, e nessuno di loro volò via. Sulla parete destra, vediamo San Francesco inginocchiato a braccia aperte, che riceve il segno divino da un'apparizione del Cristo crocifisso, seguita dalla morte di San Francesco, assistito dai suoi compagni e dagli angeli; e poi il saluto di San Francesco da parte della Vergine Maria, dalla cui divina ispirazione San Francesco fondò l'Ordine. Sotto gli affreschi, tra gli archi, sono raffigurati i quattro Evangelisti: Santi Giovanni, Matteo, Marco e Luca. Ognuno è inserito in una cornice ottagonale, presentato con il suo simbolo (rispettivamente un'aquila, un angelo, un leone e un bue) e circondato da una decorazione classica di motivi floreali. Sulla parete frontale, sopra l'altare, un affresco presenta la Gloria dei Santi Francescani.
Il ciclo di affreschi è splendidamente concepito. Si concentra sulla vita di San Francesco, con particolare enfasi sulle somiglianze tra il modo in cui ha vissuto la sua vita e la vita di Gesù Cristo. La vita di Francesco è presentata come un parallelo alla vita di Cristo. Come autorizzato da San Bonaventura, il biografo ufficiale di San Francesco che ha favorito un approccio tematico agli eventi della sua vita, la composizione dell'affresco non segue un rigido ordine cronologico, ma crea un meraviglioso parallelismo tra la vita umana e quella celeste. Sul lato sinistro sono raffigurati momenti secolari della vita di San Francesco; a destra, momenti spirituali del suo incontro con il Divino. In questo senso vediamo che il Riconoscimento dell'Ordine dei Francescani da parte del Papa a Roma si confronta con il Saluto della Madonna; Francesco nudo, che si libera dei suoi vestiti, si confronta con Francesco morente, che abbandona ogni attaccamento alla vita materiale; Francesco in comunione con le creature della terra si confronta con Francesco che riceve le stimmate, l'esempio ultimo della vita di Cristo.
Nel 1952 l'arcivescovo di Agra, E. Vanni, ammirò gli affreschi per "il loro concetto pittorico, la luminosità dei colori e la vivacità dell'espressione: il genio di Nino La Civita ha trapiantato un pezzo di India in Italia". Riconobbe che La Civita dovette lavorare in condizioni difficili, spesso senza gli strumenti più basilari per dipingere.
Oltre al valore storico-artistico degli affreschi, essi sono anche la testimonianza di un'amicizia e collaborazione tra un parroco e un artista, due italiani che erano in India negli anni '40. È importante anche riflettere sulle difficili condizioni in cui furono realizzati, sul contesto storico del campo di internamento di Dehra Dun e sul mondo intero di quel tempo…” [2]
Un articolo del 2014 sul The Times of India cita l'allora parroco Valerian Pinto: "La gente viene qui in cerca di questi dipinti, sono leggendari. Ciò che è notevole è che l'artista abbia creato tanta bellezza in un periodo di tale turbolenza".
Viaggio verso nord ed indipendenza indiana
modificaDopo aver terminato gli affreschi di S.Francesco, Nino proseguì a Nord dell'India il suo cammino alla volta di Mussoorie. Un piccolo paese arroccato a 2000mt di altezza con scorci sulle catene dell’Himalaya. Un paese così vero e spirituale che venne utilizzato dal giovane Dalhai Lama come prima sede Tibetana in India dopo l’esilio, stabilendo il primo tempio buddhista proprio a Mussoorie. Qui, tra monti innevati e ispirazioni senza tempo Nino vi restò qualche periodo dipingendo scorci dell’ Himalaya, della valle del Gange, di volti e persone locali con grandi attenzioni agli abiti, alla serenità e pace del luogo, alla magia dei colori.
In occasione dell’indipendenza indiana e della celebrazione ufficiale della Repubblica indiana, Nino ebbe l’incarico di dipingere un’opera grafica: “Indian Republic 26 jenuary 1950”. Il volto del Mahatma come simbolo di indipendenza spicca nel centro, circondato da 4 figure simboliche ai lati. Un dipinto semplice, quasi abbozzato, che con tratti eleganti rappresenta a pieno lo spirito di Gandhi che sorridente tiene le mani giunte in segno di preghiera e gratitudine.
Rientro in Italia e morte
modificaNei primi anni 50, rientrato in Italia, fù insegnante di Disegno dal Vero presso l'Istituto d'Arte pubblico Gentile Mazara di Sulmona, oggi liceo artistico Mazara.
Nel 1969 si sposò con Isidra Penci (Sirtori, 21 dicembre 1926 - Lecco, 24 dicembre 2013), laureata in lettere, pittrice anch’essa per diletto ed insegnante di lettere. Si stabilirono assieme a vivere a Sulmona, viaggiando di tanto in tanto verso il paese natale di Isidra, una cittadina circondata da monti e lago, di ispirazione per Nino che vi dipinse qualche scorcio.
Si spense il 25 gennaio 1972 a 62 anni di età.
"La lezione del pittore di Sulmona è proprio in questa sua capacità di trasfigurare senza sconvolgere, di far intuire senza squarciare, di rasserenare senza idealizzare, di narrare il segreto della vita senza descriverlo." Gianfranco Ravasi [4]
Esposizioni
modifica- 3^ Mostra Sindacale d'Arte Regionale d'Abruzzo e Molise, Pescaara 1936
- Mostra dell'Accademia Annuale di Calcutta 1950
- XVI^ Mostra Mercato Nazionale e Internazionale dell'Artigianato, Firenze 1952
- XVI^ Mostra Mercato Nazionale e Internazionale dell'Artigianato, Firenze 1953
- XVI^ Mostra Mercato Nazionale e Internazionale dell'Artigianato, Firenze 1954
- L'Arte nella Vita del Mezzogiorno d'Italia, Roma 1953
- Mostra d'Oltremare, Napoli 1953
- III^ Mostra d'Arte d'abruzzo e Molise, l'Aquila 1954
- Mostra Nazionale Selettiva, Milano 1959
- Mostra d'Artigianato, L'Aquila
- Mostra Regionale Arti Figurative Abruzzo e Molise
- Mostra Selettiva Nazionale Artigianato d'Arte "Angelicum", Milano
- Mostra del Pittori Abruzzesi e Molisani, Roccaraso, Agosto 1960
- Mostra di Incisioni, presso la casa di Raffaello Urbino, sezione di calcografia, 1968.
Postume
modifica- Mostra Retrospettiva, Palazzo Mazara, Sulmona, 1996
- Mostra: "Nino La Civita: un pittore in India" Presso la Torre Viscontea di Lecco, 1997
- Mostra "Una retrospettiva del Maestro Nino La Civita", Sala Olimpia Milano-Brera, 2007
Bibliografia
modifica- Cirillo Pisi, messaggero cappuccino: La cattedrale di Allahbad (india)
- Kamayani Sharma, scroll.it, art World: How did an Italian prisoner of war end up painting these beautiful frescoes in a Dehradun church?
Note
modifica- ^ Arcivescovo di Agra E.Vanni, documento che attesta gli affreschi di Nino La Civita nella chiesa di St.Francesco di Dehradun, 5/9/1952
- ^ a b Luca Zordan, Being Italian in British India in 1940: Father Luca and the artist Nino La Civita., in MARG.
- ^ a b Teodosio Martucci, Un luminoso oriente e la realtà poetica lombarda, in Artecultura, 6 giugno 2007.
- ^ Monsignor Gianfranco Ravasi, Con occhi puri, prefazione al libretto della mostra retrospettiva del 1996 a Sulmona..