Cesare Maria De Vecchi

primo conte di Val Cismon, generale e politico italiano

Cesare Maria Luigi De Vecchi, conte di Val Cismon (all’anagrafe originariamente come Devecchi[1]; Casale Monferrato, 14 novembre 1884Roma, 23 giugno 1959) è stato un generale, politico e diplomatico italiano. È stato quadrumviro della marcia su Roma e Ministro dell'educazione nazionale, esponente di punta dell'ala "moderata", cattolica e monarchica del regime, e per questo interlocutore preferito del fascismo col Vaticano e Casa Savoia.

Cesare Maria De Vecchi

Ministro dell'educazione nazionale
Durata mandato24 gennaio 1935 - 15 novembre 1936
PredecessoreFrancesco Ercole
SuccessoreGiuseppe Bottai

Sottosegretario di Stato al Ministero del Tesoro
con delega all'Assistenza militare e alle pensioni di guerra
Durata mandato31 ottobre 1922 - 31 dicembre 1922

Sottosegretario di Stato al Ministero delle finanze
con delega all'Assistenza militare e alle pensioni di guerra
Durata mandato1º gennaio 1923 - 8 marzo 1923

Sottosegretario di Stato al Ministero delle finanze
Durata mandato8 marzo 1923 - 3 maggio 1923

Governatore generale della Somalia Italiana
Durata mandato8 dicembre 1923 - 1º giugno 1928
PredecessoreCarlo Ricci
SuccessoreGuido Corni

Governatore della Colonia delle Isole Italiane dell'Egeo
Durata mandato2 dicembre 1936 - 9 dicembre 1940
PredecessoreMario Lago
SuccessoreEttore Bastico

Senatore del Regno d'Italia
LegislaturaXXVII
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaXXVI
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza, lettere e filosofia
UniversitàAccademia navale e Università degli Studi di Torino
ProfessioneMilitare e politico
Cesare Maria De Vecchi
NascitaCasale Monferrato, 14 novembre 1884
MorteRoma, 23 giugno 1959
Cause della mortemorte naturale
ReligioneCattolicesimo
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armata Regio Esercito
MVSN
ArmaFanteria
Anni di servizio1914-1943
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerrePrima guerra mondiale
Rivoluzione fascista
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano
Marcia su Roma
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Biografia

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Nato il 14 novembre 1884 da Luigi, di professione notaio e Teodolinda Buzzoni, benestante, si laurea in giurisprudenza nel 1906 e in Lettere e Filosofia nel 1908, fu pubblicista e avvocato di successo a Torino: partecipò alla vita culturale della città assumendo per due volte la carica di segretario della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino. Schierato sul fronte interventista, prese parte a tutta la prima guerra mondiale fin dal primo giorno, essendo già sotto le armi come sottotenente, arrivando al grado di capitano di artiglieria nel 9 raggruppamento bombarde[2]. Al suo ritorno dal fronte, nel settembre 1919 aderì al fascio di combattimento di Torino[3], di cui rappresentò la corrente monarchica[4] e moderata.[5]. Nelle Elezioni politiche del 1919 fu candidato nel Collegio di Torino per il Partito Monarchico Liberale, alleanza tra liberali di destra (PLDI), nazionalisti e liberali indipendenti senza essere eletto.

Parlamentare e quadrumviro

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Presidente degli ex-combattenti torinesi, il 15 maggio 1921 venne eletto deputato alla Camera nel collegio di Torino nel Blocco della vittoria; monarchico, aderì al gruppo fascista di cui fu nominato vicesegretario senior, essendone presidente Mussolini e vicesegretario junior Costanzo Ciano.

Comandante delle squadre d'azione torinesi[6], guidò numerose spedizioni punitive in varie province piemontesi e in Valle d'Aosta. Il 6 marzo 1921 rimase ferito grevemente in uno scontro a fuoco vicino a Casale Monferrato. Nel luglio 1922, prendendo come pretesto uno scontro a fuoco dov'era stato ucciso un fascista, De Vecchi lanciò una serie di operazioni squadristiche in tutta la provincia di Novara volte ad annientare le rimanenti organizzazioni social-comuniste. Tra il 9 ed il 25 luglio, vari centri del novarese, compreso il capoluogo, furono così investiti dalla violenza fascista che si manifestò in omicidi, ferimenti, distruzioni e saccheggi. De Vecchi, a capo di un Comitato segreto d'azione composto di sei dirigenti fascisti del luogo, mantenne una linea oltranzista, rifiutando ogni tentativo di mediazione. Al termine delle operazioni si contarono 8 morti e 25 feriti tra gli antifascisti più una cinquantina di sedi di istituzioni popolari distrutte e quaranta amministrazioni comunali assaltate. I fascisti lamentarono invece 3 morti e oltre 15 feriti.

Durante la marcia su Roma fu uno dei quadrumviri, anche se aveva chiesto un rinvio di un mese ed era stato sostenitore di un governo Salandra con la partecipazione dei fascisti.

 
Cesare Maria De Vecchi, primo da destra durante la marcia su Roma.

Secondo Cesare Rossi, ebbe un ruolo decisivo nella strage di Torino, per la quale Mussolini tentò nei suoi confronti "provvedimenti di punizione. Dovette in seguito rinunciare a questi suoi propositi perché De Vecchi - deputato e sottosegretario e quindi coperto dall'immunità - ebbe modo e tempo di minacciare resistenze fasciste e di far muovere in sua difesa alcuni personaggi di Casa Reale sempre molto teneri per il De Vecchi, considerato gran paladino della Monarchia contro qualunque velleità repubblicana di Mussolini"[7].

Nel dicembre 1922, nel I governo Mussolini fu Sottosegretario all'Assistenza militare e Pensioni di guerra e poi nel marzo 1923 al Tesoro[8].

Nel gennaio 1923 divenne membro del Gran consiglio del fascismo[9] e fu comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale dal 1º febbraio 1923, fino al 10 luglio 1925.

Dal 21 maggio 1923 al maggio 1928 fu governatore della Somalia italiana, una carica che lo allontanò dalla scena politica nazionale. Nel 1925 dal re ottenne il titolo di conte di Val Cismon (in ricordo del combattimento da lui sostenuto insieme con quattro suoi bombardieri al Ponte di Corlo nella Val Cismon nell'ottobre del 1918). Nel 1925 fu nominato dal re senatore del Regno[10], dopo un primo tentativo andato a vuoto nel 1924[11].

 
Stemma di Cesare Maria De Vecchi

Giunto in Somalia italiana, De Vecchi, trovò soltanto una parte del paese sotto il controllo del governo coloniale italiano, e provvide a portare sotto il controllo diretto anche i territori dei sultanati di Migiurtinia e di Obbia che erano fino ad allora protettorati, nonché a sopprimere rivolte come quella di El Hagi. Il giudizio sul suo operato in Somalia è controverso; da un lato riorganizzò e consolidò la colonia e raggiunse tutti i suoi obiettivi, dall'altro "portò [in Somalia] i metodi terroristici dello squadrismo fascista".[12] Dal giugno del 1929 fu il primo ambasciatore presso il Vaticano dopo i Patti Lateranensi, carica che mantenne fino al gennaio del 1935.

Ebbe anche importanti incarichi: commissario agli archivi di Stato (1934-1935), e soprattutto ministro dell'educazione nazionale (24 gennaio 1935-15 novembre 1936), dove incominciò a fascistizzare la scuola e soppresse il Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Durante la sua carriera politica ricoprì anche l'incarico di membro della commissione per l'esame dei Patti Lateranensi (16 maggio 1929), membro della commissione per il giudizio dell'Alta Corte di Giustizia (27 dicembre 1929-19 gennaio 1934), (1º maggio 1934-24 gennaio 1935. Decaduto), membro della commissione consultiva per la determinazione degli enti che possono proporre candidati alle elezioni politiche (7 dicembre 1932), membro della commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (22 marzo 1933-19 gennaio 1934), membro della commissione per l'esame del disegno di legge "Costituzione e funzioni delle Corporazioni" (8 gennaio 1934), presidente della commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (30 aprile 1934-24 gennaio 1935. Decaduto), membro della commissione per il regolamento interno (1º maggio 1934-24 gennaio 1935. Decaduto), membro della commissione delle Forze Armate (17 aprile 1939-5 agosto 1943).

Fu anche presidente della giunta centrale per gli studi storici e della "Società Nazionale per la Storia del Risorgimento" (agosto 1933): in questa veste fu il fautore di un'ipotesi storica che fa incominciare il Risorgimento con l'assedio di Torino del 1706 e dà particolare importanza a Casa Savoia in questo movimento politico (approccio che fu poi etichettato "sabaudismo-fascismo")[13].

La facoltà di lettere e filosofia dell'università di Torino gli conferì la libera docenza in storia del Risorgimento italiano. Fu anche socio nazionale dell'Accademia dei Lincei (6 maggio 1935-4 gennaio 1946), nonché presidente della Cassa di risparmio di Torino.

Governatore del Dodecaneso

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L'arrivo di De Vecchi a Rodi.

Nel 1936 si recò in visita a Rodi, per assistere ad alcune inaugurazioni, al suo ritornò avanzò a Mussolini la richiesta di assumere il governatorato dell'Egeo. Il Duce approvò la richiesta e De Vecchi divenne il 22 novembre "Governatore del Possedimento Italiano delle Isole dell'Egeo", fino al 27 novembre 1940. La motivazione di questo nuovo incarico fuori dall'Italia fu determinata dagli scontri che De Vecchi ebbe con Starace e Farinacci e quindi dall'inimicizia del partito nei suoi confronti, ma anche, come annotò Galeazzo Ciano, dalla necessità di "allontanare l'uomo dall'Italia pur affidandogli una carica prestigiosa".

Quale governatore del Dodecaneso De Vecchi perseguitò la popolazione locale (avendo così l'effetto di ravvivare l'irredentismo greco nelle isole), applicò con livore le leggi razziali, soppresse le autonomie religiose, ripristinò usi violenti tipici dello squadrismo e si distinse per arroganza e stravaganza.[12][14]

Il 15 agosto 1940, ben prima della dichiarazione ufficiale italiana di guerra alla Grecia (28 ottobre 1940), il sommergibile italiano Delfino silurò presso l'isola di Tino un vecchio incrociatore leggero greco, l'Elli, che partecipava in rappresentanza del Governo greco a una festività. Ebbe numerosi attriti con gli stati maggiori e anche con Badoglio, allora capo di stato maggiore generale, a causa degli scarsi rifornimenti che venivano mandati alle isole.

 
Truppe italiane schierate per l'arrivo del nuovo governatore De Vecchi.

La seconda guerra mondiale

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Nel dicembre del 1940 al suo rientro in Italia, De Vecchi non ebbe più alcun incarico ufficiale sino al luglio del 1943 e rimase solo membro del Gran Consiglio come lo era dalla sua fondazione. Nel corso della seconda guerra mondiale fu promosso generale di brigata. Il 24 luglio del 1943, convocato per la seduta del "Gran Consiglio del Fascismo", votò in favore dell'ordine del giorno Grandi, che esautorava Benito Mussolini dal suo ruolo di capo del governo e comandante delle Forze Armate.

Promosso generale di divisione[15], il 1º agosto il governo Badoglio gli assegnò il comando della 215ª Divisione costiera in Toscana e De Vecchi pose il comando a Massa Marittima[16]. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, nel corso della Battaglia di Piombino, autorizzò l'ingresso nel porto di Piombino alle forze tedesche, contro il parere del comandante di Marina Piombino, e vietò ogni atto di resistenza a queste ultime. Ciononostante unità della Regia Marina e del Regio Esercito sostenute dalla popolazione locale, agendo d'iniziativa, impedirono lo sbarco tedesco, catturando oltre 300 soldati della Wehrmacht. Il giorno seguente De Vecchi ordinò di liberarli e restituire loro le armi, dopo di che firmò la resa della sua Divisione ai tedeschi, consegnando così la città di Piombino ai tedeschi[12][17][18][19][20]. Il 13 settembre, grazie ad un lasciapassare fornitogli dal maresciallo Albert Kesselring, fuggì verso il nord Italia riparando in Piemonte.

Per aver votato l'Ordine del Giorno Grandi il 25 luglio, dopo la liberazione di Benito Mussolini dopo la costituzione della RSI, De Vecchi fu condannato a morte in contumacia nel processo di Verona, ma fu nascosto dai salesiani in una chiesa di Torino.[12]

Nel dopoguerra

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Ricercato alla fine della guerra dalle autorità italiane, De Vecchi rimase nascosto presso i salesiani che nel dicembre 1946 lo trasferirono a Roma. Procuratosi un passaporto paraguaiano, si trasferì nel giugno 1947 in Argentina.

Ritornò in Italia solo nel giugno 1949, dopo che la Cassazione aveva cancellato senza rinvio la sentenza della corte d'appello di Roma II Sezione Speciale con la quale era stato condannato a 5 anni di reclusione, per aver promosso e diretto la marcia su Roma, con le attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art .7, lett. b) del DLL 27-7-44, n. 159, che furono condonati. Nel dicembre di quell'anno ebbe un attacco di emorragia cerebrale, che lo rese afasico ed emiplegico. Rimase così fino alla morte, sopravvenuta nel 1959[16].

Riconoscimenti e medaglie

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De Vecchi al matrimonio della figlia Pia col tenente Roberto Ventura, 1939.

A De Vecchi furono conferite tre medaglie d'argento e due di bronzo al valor militare sul campo. Ottenne anche una medaglia di bronzo al valore civile, con motivazione del 27 ottobre 1922[21].

Fu inoltre Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia 11 giugno 1922, Grande cordone dell'Ordine della Corona d'Italia 18 novembre 1923, Commendatore dell'Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro 17 dicembre 1922, Grande cordone dell'Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro 24 giugno 1929, Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, medaglia di bronzo al valor Civile, Grande ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia, e dal Vaticano nel 1935 il collare dell'Ordine dello Sperone d'oro.

  • Relazione sul progetto di bilancio della Somalia italiana per l'esercizio finanziario 1925-1926, Mogadiscio 1924
  • Orizzonti d'Impero. Cinque anni in Somalia, Milano 1935
  • La bonifica fascista della cultura, Milano 1937
  • La politica sociale verso gli indigeni e modi di collaborazione con essi, Rodi 1938
  • Amedeo di Savoia, Viceré d'Etiopia, 1942
  • Il quadrumviro scomodo. Il vero Mussolini nelle memorie del più monarchico dei fascisti (a cura di Luigi Romersa), Milano 1983

Nella cultura di massa

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Onorificenze

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Onorificenze italiane

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Onorificenze non italiane

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«Ministro dell'Educazione Nazionale»
— 7 marzo 1935
«Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede»
— 7 gennaio 1932

Medaglia

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Croce di anzianità di servizio nella Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale
  1. ^ La forma originaria del cognome era "Devecchi", poi mutata in "De Vecchi", con l'aggiunta del predicato "di Val Cismon", coi regi decreti 3 e 19 luglio 1925.
    Cfr. il Fascicolo personale del sen. De Vecchi di Val Cismon
  2. ^ De Vecchi Cesare Maria, su decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org.
  3. ^ Mario Missori, Gerarchie e statuti del PNF, Bonacci, 1986, p. 200.
  4. ^ "Sull'appoggio dato al fascismo da alcuni membri della famiglia reale e in generale sui rapporti tra fascismo e monarchia si sarebbero potuti citare molti fatti, episodi, particolari (qui si ricorda soltanto un invito a pranzo di De Vecchi e De Bono da parte della regina Margherita"): Paolo Alatri, RECENSIONI: GUIDO DORSO: Mussolini aila conquista del potere; ID.: Dittatura, classe politica e classe dirigente, Belfagor: rassegna di varia umanità: IV, 5, 1949, p. 605 (Firenze: L.S. Olschki, 1949).
  5. ^ Raffaello Uboldi, La presa del potere di Benito Mussolini, Mondadori, 2009, ISBN 978-88-04-58601-2.
  6. ^ In polemica con l'esponente sansepolcrista locale, Mario Gioda che, pur essendo tra i promotori del Fascio di combattimento torinese, verrà alla fine accantonato da Cesare Maria De Vecchi, morendo poi a Torino il 28 settembre 1924.
  7. ^ Per Cesare Rossi quello, con l'assassinio di Giuseppe Di Vagno, fu uno dei soli due precedenti di delitti squadristici compiuti all'insaputa di Mussolini: cfr. Mauro Canali, Documenti inediti sul delitto Matteotti. Il memoriale Rossi del 1927 e il carteggio Modigliani-Salvemini, in «Storia contemporanea», n. 4, agosto 1994, p. 581.
  8. ^ Cesare Maria De Vecchi Di Val Cismon / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico
  9. ^ Missori, cit. pagina 24
  10. ^ Sito Senato
  11. ^ Archivio centrale dello Stato, fondo Ministero dell’interno, Ufficio cifra in partenza, telegramma n. 12480 B. Mussolini a governatore Somalia 7 giugno 1924 ore 12,30.
  12. ^ a b c d Cesare Maria De Vecchi - Dizionario Biografico Treccani
  13. ^ (FR) «Tout à fait différente était la position de Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon, président de la Société nationale pour l’histoire du Risorgimento à partir de 1933 et de la Commission centrale des études historiques en 1935, qui donnait une version strictement étatiste de ce mouvement, vu comme l’œuvre dynastique des Savoie et de la force de l’État, tandis que Alberto Maria Ghisalberti, secrétaire de rédaction de la Rassegna storica del Risorgimento et secrétaire général de la Société présidée par de Vecchi, plus proche de Volpe dans son interprétation, repoussait cette vision du Risorgimento comme simple réalisation d’un État unitaire imposé d’en haut»: Anna Maria Rao, Lumières et révolution dans l’historiographie italienne, Annales historiques de la Révolution française, 334 | 2003, 83-104.
  14. ^ Cesare Maria De Vecchi, su dodecaneso.org. URL consultato il 23 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2012).
  15. ^ Regio Esercito - 215ª Divisione Costiera
  16. ^ a b Treccani, cit.
  17. ^ Piombino città di eroi
  18. ^ Il Tirreno, su ricerca.gelocal.it. URL consultato il 19 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2020).
  19. ^ 8 settembre 1943, la breve illusione di pace.
  20. ^ 55° della battaglia di Piombino
  21. ^ DE VECCHI, Cesare Maria in Dizionario Biografico – Treccani
  22. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.94 del 26 aprile 1926, pag.1704.

Bibliografia

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  • Enzo Santarelli,Cesare Maria De Vecchi in Treccani, Dizionario Biografico degli italiani.
  • Ruggero Fanizza, De Vecchi, Bastico, Campioni, ultimi governatori dell'Egeo. Uomini, fatti e commenti negli anni di pace e durante la guerra, sino all'armistizio con gli anglo-americani, Stabilimento Tipografico Valbonesi, Forli' 1947.
  • Aldo Cazzullo, Mussolini il capobanda: perché dovremmo vergognarci del fascismo, Milano, Mondadori, 2022.

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