Conclave del 1769
Il conclave del 1769 venne convocato a seguito della morte del papa Clemente XIII e si concluse con l'elezione del papa Clemente XIV.
| |||
---|---|---|---|
![]() | |||
Durata | Dal 15 febbraio al 19 maggio 1769 | ||
Luogo | Palazzo Apostolico, Roma | ||
Partecipanti | 46 (11 assenti) | ||
Decano | Carlo Alberto Guidobono Cavalchini | ||
Vice Decano | Federico Marcello Lante Montefeltro della Rovere | ||
Camerlengo | Carlo Rezzonico | ||
Protodiacono | Alessandro Albani | ||
Segretario del conclave | Muzio Gallo | ||
Eletto | Clemente XIV (Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli) | ||
Svolgimento
modificaL'elezione del nuovo papa rappresentò l'occasione per esercitare pressioni sull'abolizione, de facto e de iure, della Compagnia di Gesù in tutti gli Stati cattolici. I regni di Francia, Spagna e Portogallo, retti dalla famiglia Borbone, avevano già espulso i Gesuiti dai propri territori.
Il conclave si riunì il 15 febbraio 1769. Gli ambasciatori di Francia (d'Aubeterre) e di Spagna (Azpuru) ed i cardinali de Bernis (Francia) e Orsini (Napoli) condussero la campagna anti-gesuitica dentro il conclave.
Il Sacro Collegio, composto da quarantasette cardinali, era diviso tra cardinali “di Corte” (fedeli ai regnanti dei rispettivi Paesi) e “Zelanti” (che affermavano il primato dello Spirito Santo nella scelta del futuro pontefice). Questi ultimi, favorevoli ai Gesuiti, erano in maggioranza. "È facile prevedere quali difficoltà incontreranno i nostri negoziati in un palcoscenico in cui più di tre quarti degli attori sono contro di noi"[1]. Così scrisse Bernis a Choiseul, il ministro di Luigi XV. Scopo manifesto delle loro pressioni era quello di ottenere il voto di un numero di Zelanti sufficiente a raggiungere il quorum. Il cardinale più gradito alle potenze europee era Antonino Sersale, ma i suoi legami troppo stretti con i Borbone lo avevano reso inviso agli Zelanti.
D'Aubeterre, ispirato da Azpuru, invitò de Bernis a insistere affinché l'elezione del futuro papa fosse condizionata dalla promessa, scritta, di sopprimere i Gesuiti. Tutti i cardinali ritenuti papabili avrebbero dovuto impegnarsi a favore della soppressione della Compagnia. Tuttavia i cardinali rifiutarono tale proposta. In un memorandum indirizzato a Choiseul, datato 12 aprile 1769, de Bernis affermò: "Per richiedere dal futuro Papa una promessa, messa per iscritto o resa davanti a testimoni, volta alla soppressione dei Gesuiti, sarebbe stata una flagrante violazione del Diritto canonico e quindi una macchia sull'onore delle Corone"[1]. Il Re di Spagna Carlo III fece sapere che era disposto a farsi carico di tale responsabilità. D'Aubeterre, conterraneo del de Bernis, affermò che la simonia e il diritto canonico nulla possono contro la ragione, che richiede l'abolizione della Compagnia di Gesù per la pace nel mondo. In marzo l'imperatore – neutrale sulla questione dei Gesuiti – Giuseppe II d'Asburgo-Lorena si recò a Roma accompagnato dal fratello Leopoldo I di Toscana (suo successore al trono). Giunti nell'Urbe il 15 marzo, essi visitarono i cardinali e conferirono con loro nonostante la clausura del conclave.
Dopo la partenza di Giuseppe II, all'inizio di aprile, ripresero le pressioni sul collegio cardinalizio. Il cardinale de Bernis minacciò il blocco di Roma e la provocazione di insurrezioni popolari per superare la resistenza degli Zelanti. I re di Francia e Spagna, in virtù del loro diritto di veto, esclusero ben ventisette dei quarantasette cardinali. Dato che altri nove o dieci non erano papabili, a causa della loro età o per altre ragioni, rimasero in lizza soltanto quattro o cinque cardinali.
Il Sacro Collegio, come il de Bernis temeva, protestò sia per le interferenze che stava subendo, sia per il fatto di non essere libero di eleggere il pontefice. Ma d'Aubeterre era implacabile. Voleva intimorire i cardinali. "Un papa eletto contro i desideri dei re [borbonici]", scrisse, "non sarà riconosciuto". E ancora: "Penso che un papa di quel temperamento, senza scrupoli, decidendo in fretta senza chiedere pareri preventivi e consultando solo i propri interessi, potrebbe essere accettabile dai regnanti"[1]. Gli ambasciatori tornarono alla carica: minacciarono di lasciare Roma, a meno che il conclave non si fosse arreso al loro volere. L'arrivo di due cardinali spagnoli, Francisco de Solis e Buenaventura de la Cerda, aggiunse nuove forze al partito dei cardinali “di Corte”.
De Solis insisté sull'impegnare il futuro papa con una dichiarazione scritta sulla soppressione dei Gesuiti, ma l'idea di violare così platealmente la norma non convinse de Bernis. Solis, quindi, sostenuto dentro il conclave dal cardinale Vincenzo Malvezzi e, all'esterno, dagli ambasciatori di Francia e Spagna, prese la questione nelle proprie mani. Cominciò a sondare il cardinale Ganganelli sulla possibilità di sottoscrivere la promessa richiesta dai re borbonici come condizione indispensabile per la sua elezione. Ganganelli era l'unico frate del Sacro Collegio. Apparteneva ai Francescani conventuali. Era, in un certo senso, l'unico che potesse essere votato anche dagli Zelanti. Resosi conto di essere diventato l'ago della bilancia, Ganganelli si sforzò di soddisfare sia gli Zelanti che i cardinali “di Corte”, senza impegnarsi con nessuno.
In ogni caso firmò un documento che soddisfaceva Solis. Jacques Crétineau-Joly, lo storico dei Gesuiti, ne ha pubblicato il testo. Il futuro papa dichiarò che "riconosceva nel sovrano pontefice il diritto di sciogliere, in buona coscienza, la Compagnia di Gesù, a condizione di rispettare il diritto canonico; inoltre che fosse auspicabile che il papa facesse tutto quello che fosse in suo potere per soddisfare i desideri delle Corone"[1]. Il testo originale di tale dichiarazione è andato perduto, ma la sua esistenza sembra accertata sia dagli eventi successivi, sia dalla testimonianza del de Bernis contenuta in due lettere spedite a Choiseul (28 luglio e 20 novembre 1769).
Ganganelli assicurò quindi i voti dei cardinali “di Corte”; gli Zelanti lo considerarono neutrale o addirittura favorevole ai Gesuiti; D'Aubeterre era sempre stato a suo favore, considerandolo "un teologo saggio e moderato"; infine, Choiseul annotò vicino al suo nome "molto buono" nell'elenco dei papabili.
De Bernis, desideroso di avere la sua parte nella vittoria dei sovrani, sollecitò i cardinali ad arrivare al dunque. Il 18 maggio 1769 Ganganelli fu eletto con quarantasei voti su quarantasette (il quarantasettesimo fu il suo, che diede al cardinale Rezzonico, Camerlengo del Collegio cardinalizio). Il neoeletto prese il nome pontificale di Clemente XIV.
Lista dei partecipanti
modificaPresenti in conclave
modificaAssenti in conclave
modificaNote
modifica- ^ a b c d (EN) Pope Clement XIV, su newadvent.org. URL consultato il 26 maggio 2017.
- ^ Ricevette la titolo cardinalizio di San Silvestro in Capite solo il 26 giugno 1769.
- ^ Ricevette la titolo cardinalizio di San Sisto solo il 26 giugno 1769.
- ^ a b c d e Non si recò mai a Roma per ricevere il titolo cardinalizio.