Luisa di Stolberg-Gedern
La principessa Luisa di Stolberg-Gedern, nome completo Louise Maximilienne Caroline Emmanuelle di Stolberg-Gedern (Mons, 20 settembre 1752 – Firenze, 29 gennaio 1824), più nota nella storia della letteratura con il titolo di contessa d'Albany, è stata un'intellettuale di origine tedesca attiva nei salotti romani, fiorentini e parigini. Fu moglie di Carlo Edoardo Stuart, conte d'Albany, pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, dal 1772 al 1788, nonché amante e in seguito convivente di Vittorio Alfieri dal 1777 al 1803.
Luisa di Stolberg-Gedern | |
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La Contessa d'Albany nel dipinto di François-Xavier Fabre[1] (1793) | |
Contessa d'Albany Consorte del pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, Scozia e Irlanda | |
Predecessore | Maria Clementina Sobieska |
Successore | Maria Teresa d'Austria-Este |
Nascita | Mons, Hainaut, Paesi Bassi austriaci (oggi Belgio), 20 settembre 1752 |
Morte | Firenze, Granducato di Toscana (oggi Italia), 29 gennaio 1824 |
Luogo di sepoltura | Basilica di Santa Croce, Firenze |
Padre | Principe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern |
Madre | Principessa Elisabetta di Hornes |
Consorte | Carlo Edoardo Stuart |
Religione | Cattolicesimo |
«Un dolce foco negli occhi nerissimi accoppiato (che raro addiviene) a candidissima pelle e biondi capelli davano alla di lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere colpito o conquisto.»
Biografia
modificaInfanzia
modificaLuisa nacque a Mons nell'Hainaut, nei Paesi Bassi austriaci (attuale Belgio), come figlia maggiore del principe Gustavo Adolfo di Stolberg-Gedern, principe di Stolberg-Gedern, e di sua moglie, la principessa Elisabetta di Hornes, figlia di Massimiliano Emanuele, principe di Hornes. Sua madre vantava una discendenza dal clan Bruce e una remota parentela col re di Scozia Robert Bruce. Quando aveva appena quattro anni rimase orfana del padre ucciso nella battaglia di Leuthen. All'età di sette anni fu inviata per essere istruita presso la scuola annessa alla collegiata di Santa Waudru a Mons che dava riparo e protezione alle giovani donne appartenenti alla nobiltà che avevano mezzi finanziari insufficienti per vivere non sposate nel mondo. Nel 1766 l'imperatrice Maria Teresa dispose che una delle prebende delle canonichesse nobili della collegiata fosse data a Luisa che[2], pur essendo una canonichessa, non era obbligata a soggiornare permanentemente nel convento ma poteva liberamente frequentare la società.[3]
Matrimonio
modificaNel 1771 la sorella minore di Luisa (anche ella canonichessa a St. Waudru) sposò Carlos FitzJames Stuart, IV duca di Berwick, marchese di Giamaica, unico figlio di James FiztJames Stuart, III duca di Berwick (uno dei numerosi discendenti in linea illegittima da re Giacomo II d'Inghilterra e VII di Scozia). Lo zio del duca di Berwick, il duca de Fitz-James, cominciò le trattative con la madre di Luisa per un matrimonio tra lei e Carlo Edoardo Stuart, il pretendente giacobita ai troni inglese e scozzese. Sebbene re Luigi XV di Francia avesse già riconosciuto la successione del casato di Hannover, egli sperava anche che la linea legittima maschile Stuart non si estinguesse e così fosse una minaccia continua per gli hannoveriani. Carlo Edoardo aveva solo una figlia illegittima, più grande solo di un anno di Luisa, Charlotte Stuart d'Albany, avuta dell'amante Clementina Walkinshaw che aveva abbandonato il principe a causa dei suoi problemi con l'alcol.
Le trattative furono delicate dal momento che la famiglia di Luisa non aveva denaro proprio e si affidò totalmente alla buona volontà dell'imperatrice Maria Teresa (che era stata precedentemente alleata agli hannoveriani). Il 28 marzo 1772 Luisa sposò per procura Carlo Edoardo Stuart a Parigi.
La coppia si incontrò per la prima volta il 14 aprile 1772 quando rinnovarono i loro voti nuziali di persona con una cerimonia che fu celebrata presso la Cappella di famiglia di Palazzo Compagnoni Marefoschi di Macerata, alla presenza dei Conti Compagnoni.[4]. Luisa fu d'ora in avanti riconosciuta dai giacobiti come regina Luisa d'Inghilterra, Scozia, Francia, e Irlanda.
Carlo Edoardo e Luisa trascorsero i primi due anni della loro vita coniugale a Roma. Nonostante la differenza delle loro età (lui aveva 52 anni, lei 20), la coppia fu in un primo momento felice insieme. Ma c'erano diverse ombre nel loro rapporto. Non c'era alcun segnale che Luisa concepisse un figlio. Carlo Edoardo era stato incoraggiato nella convinzione che, se si fosse sposato, il papa lo avrebbe riconosciuto come re d'Inghilterra e Scozia e la Francia avrebbe fornito fondi per un'altra insurrezione giacobita. A Luisa era stato praticamente promesso che sarebbe stata trattata come una regina. Invece Carlo Edorado trovò le sue speranze di un figlio e di un riconoscimento diplomatico deluse, mentre Luisa si trovò sposata con un vecchio principe senza prospettive.
La relazione con Alfieri
modifica«La mia unica donna » « La vita della mia vita » «...la dolce metà di me stesso » «La persona che ho sovra ogni altra cosa venerata ed amata»
Nel 1777 Carlo Edoardo Stuart, non sopportando il successo romano della moglie e il suo comportamento noncurante della sua reputazione, decide di trasferirsi a Firenze anche con l'intento di sottrarre la contessa all'influenza del proprio fratello, il cardinale di York, suo buon amico.
A Firenze avviene l'incontro con Vittorio Alfieri, giovane ventottenne, affascinato dalla nobile dama, intellettuale cosmopolita. Il loro amore è un vero e proprio colpo di fulmine e dal momento dell'incontro sarà un susseguirsi di difficoltà e stratagemmi per potersi amare.
Carlo Edoardo Stuart diviene sempre più violento nei confronti della contessa[6] che dapprima si nascose in un convento, poi chiese ospitalità al cardinale di York a Roma e alla fine, con l'aiuto del re di Svezia Gustavo III, riuscì ad ottenere la separazione legale.
«La donna mia (come piú volte accennai) vivevasi angustiatissima; e tanto poi crebbero quei dispiaceri domestici, e le continue vessazioni del marito si terminarono finalmente in una sí violenta scena baccanale nella notte di Sant'Andrea, ch'ella per non soccombere sotto sí orribili trattamenti fu alla per fine costretta di cercare un modo per sottrarsi a sí fatta tirannia, e salvare la salute e la vita. Ed ecco allora, che io di bel nuovo dovei (contro la natura mia) raggirare presso i potenti di quel governo, per indurli a favorire la liberazione di quell'innocente vittima da un giogo sí barbaro e indegno. Io, assai ben conscio a me stesso che in codesto fatto operai più pel bene d'altri che non per il mio; conscio ch'io mai non diedi consiglio estremo alla mia donna, se non quando i mali suoi divennero estremi davvero, perché questa è sempre stata la massima ch'io ho voluta praticare negli affari altrui, e non mai ne' miei propri; e conscio finalmente ch'era cosa oramai del tutto impossibile di procedere altrimenti, non mi abbassai allora, né mi abbasserò mai, a purgarmi delle stolide e maligne imputazioni che mi si fecero in codesta occorrenza. Mi basti il dire, che io salvai la donna mia dalla tirannide d'un irragionevole e sempre ubriaco padrone, senza che pure vi fosse in nessunissimo modo compromessa la di lei onestà, né leso nella minima parte il decoro di tutti. Il che certamente a chiunque ha saputo o viste dappresso le circostanze particolari della prigionia durissima in cui ella di continuo ad oncia ad oncia moriva, non parrà essere stata cosa facile a ben condursi, e riuscirla, come pure riuscì a buon esito.»
Scoperta la relazione, il cardinale di York fece di tutto per tenerli lontani, fino a che non si trasferirono a Parigi. Con la morte del Pretendente nel 1788, la contessa, ormai libera, vive apertamente la sua relazione con l'Alfieri, pur scegliendo di non sposarsi. Secondo quanto riferito da Alfieri, nonostante tutto Luisa fu sinceramente addolorata per la morte del marito.[7] A Parigi dal 1786 al 1791, diviene noto ed apprezzato il circolo culturale della contessa nella casa di Rue de Bourgogne, frequentato ad esempio da Filippo Mazzei, André Chénier e suo fratello Marie-Joseph, Ippolito Pindemonte, Jacques-Louis David, Pierre de Beaumarchais, Jacques Necker e sua figlia Madame de Staël, Giuseppina di Beauharnais (la futura moglie di Napoleone), Malesherbes, Madame de Genlis, Honoré de Mirabeau, La Harpe e Marmontel.[8] La presenza di una sala del trono ricordava agli ospiti l'alto rango della padrona di casa.
Il poeta dedicherà apertamente a lei la tragedia Mirra del 1786[9] che inizia con un sonetto in cui si legge[10]:
"Alla nobil donna la signora contessa LUISA STOLBERG D'ALBANIA."
Vergognando talor che ancor si taccia,
donna, per me l’almo tuo nome in fronte
di queste ormai già troppe, e a te ben conte
tragedie, ond’io di folle avrommi taccia;
or vo’ qual d’esse meno a te dispiaccia
di te fregiar: benché di tutte il fonte
tu sola fossi; e il viver mio non conte,
se non dal dí che al viver tuo si allaccia.
Della figlia di Ciniro infelice
l'orrendo a un tempo ed innocente amore,
sempre da' tuoi begli occhi il pianto elíce:
prova emmi questa, che al mio dubbio core
tacitamente imperíosa dice;
ch'io di MIRRA consacri a te il dolore.
La Rivoluzione costringe i due amanti a fuggire dalla Francia, dove lei era stata dichiarata passibile d'arresto poco prima dei massacri di settembre, e a tornare a Firenze dove alloggiarono in uno dei due Palazzi Gianfigliazzi. Qui la contessa assunse il ruolo di musa ispiratrice del grande poeta e letterato italiano trasformando il suo appartamento nel luogo di incontro dei rappresentanti della migliore cultura europea.
Rimase a Firenze dopo la morte di Alfieri nel 1803. Il salotto sarà frequentato da Madame de Staël, Ugo Foscolo, Lamartine, Chateaubriand e Melchiorre Cesarotti. Tra il 1809 e il 1810 risiedette nuovamente a Parigi in quanto Napoleone, che pure le aveva in passato restituito la rendita vitalizia, scontento dei frequentatori della sua casa che considerava oppositori, l'aveva chiamata a risiedere in Francia[11]; Bonaparte, al tempo impegnato contro l'Inghilterra, intendeva inoltre appurare se Carlo Edoardo e Luisa non avessero avuto eredi legittimi che egli potesse utilizzare come minaccia verso gli Hannover.[12]
Ad offuscare però la vita della contessa furono gli ambienti aristocratici, che prima avevano mostrato indulgenza per l'aperta convivenza con il grande poeta italiano, ma poi si abbandonarono alle maldicenze quando presso la coppia di amanti si aggiunse un pittore francese, François-Xavier Fabre, che divenne l'amico del cuore della contessa sino al 1803, l'anno della morte di Alfieri, che lasciò alla donna il proprio patrimonio personale. Le malignità sul comportamento libero della nobildonna sembrarono trovare conferma nel 1824, quando, alla morte della contessa, il pittore francese ne divenne erede universale.
Aveva lasciato scritto l'Alfieri: «Invece di trovare in essa, come in tutte le volgari donne, un ostacolo alla gloria letteraria, un disturbo alle utili occupazioni, ed un rimpicciolimento direi di pensieri, ci ritrovavo e sprone e conforto ed esempio ad ogni bella cosa.»[13]
In effetti la contessa meritò la lode del poeta poiché si deve a lei la pubblicazione postuma delle opere (compreso il manoscritto della Vita scritta da esso che l'Alfieri morente aveva affidato a lei, lasciandole la scelta se conservarlo, bruciarlo o pubblicarlo) ma soprattutto l'autorizzazione ottenuta di seppellire le spoglie del poeta in Santa Croce nel monumento funebre neoclassico che lei stessa commissionò a Canova.[14]
Nella stessa basilica fiorentina fu innalzato il monumento funebre della nobildonna, lì sepolta, opera di gusto neorinascimentale realizzata da Luigi Giovannozzi ed Emilio Santarelli su disegno di Charles Percier.
Ascendenza
modificaNote
modifica- ^ Sul retro del dipinto Alfieri riportò un sonetto e scrisse una dedica:
«Di quanti ha pregi la mia Donna eccelsi / (cui più il conoscer che il narrar mi è dato) / quello per cui da me stesso io svelsi / e il cor d’alta bontà si ben dotato. / Questa in mille virtù da prima io scelsi, / e più assai che beltade hammi allacciato: / questa dopo anni ed anni ancor riscelsi / per vera base al mio viver beato, / Non che i suoi brevi sdegni ella non senta; / Né che pur tarda ed impossibil sia: / Ma vie men sempre al perdonare è lenta. / Nel suo petto non entra invidia ria; / I benefizi al doppio ognor rammenta; / Le offese, in un coll’offensore oblia. Firenze, 18 agosto 1794. Compie quest’oggi il second’anno appunto / che agli schiavi cannibali assassini / io lei sottrassi; e diemmi Apollo il punto. V.A.»
- ^ Per le canonichesse il godimento di una prebenda era consentito sino a quando non si sposassero
- ^ ALBANY, Louise-Maximiliane-Caroline-Emmanuel, princesse de Stolberg, comtesse D', in Biographie nationale de Belgique, Brussels, H. Thiry-Van Buggenhoudt, 1866.
- ^ Associazione "Bichi Reina Leopardi Dittajuti" - CICCOLINI - COMPAGNONI MAREFOSCHI
- ^ «Davanti alla contessa giace il volume degli Essais di Montaigne; la mano sinistra di Alfieri è appoggiata sul libro della Ragione Felice, Canto terzo, poema dell'abate Caluso. Il poeta e la compagna non posano più, come nei ritratti in pendant degli Uffizi, per donare la propria immagine alla posterità, ma davanti a un amico, Fabre, e per un amico, l'abate Valperga di Caluso: un ritratto di famiglia, prossimo alle conversation pieces all'inglese». La contessa d'Albany ha in mano un foglio con la dedica al Caluso composta da Alfieri: «Poiché il destino ci vuole pur divisi / De' duo cui stai sculto perenne in petto / Abbiti almen, Tommaso egregio, i visi» ( I ritratti di Luisa, la Contessa d’Albany Una lunga storia d’amore con Vittorio Alfieri.
- ^ Douglas, Hugh (1975). Charles Edward Stuart. London: Hale. ISBN 978-0709148159, p. 258-260
- ^ Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso, Epoca IV, capitolo XVIII
- ^ Anne de Lacretelle, La Comtesse d’Albany. Une égérie européenne
- ^ dedica Mirra, su it.m.wikisource.org.
- ^ Mirra (PDF), su 178.32.143.54. URL consultato il 28 agosto 2016 (archiviato dall'url originale il 17 settembre 2016).
- ^ Albany, Luisa principessa di Stolberg contessa d'
- ^ Douglas, Hugh (2003). Bonnie Prince Charlie in love. London: Sutton Publishing. ISBN 978-0750932752, p. 249
- ^ Vittorio Alfieri, "Vita scritta da esso"
- ^ Ennio Francia, Delphine de Sabran Custine (Marquise de), Jeanne Françoise Julie Adélaïde Bernard Récamier a Canova. Lettere inedite, Ed. di Storia e Letteratura, 1972 p.75
Bibliografia
modifica- Luisa Stolberg d'Albany, Lettere inedite di Luigia Stolberg contessa D'Albany a Ugo Foscolo e dell'abate Luigi di Breme alla contessa D'Albany, a cura di Antonia Traversi-Camillo, Molino, 1887
- Luisa Stolberg d'Albany, Lettres inédites de la Comtesse d'Albany à ses amis de Sienne publiées par Léon-G. Pélissier (1797-1802), a cura di Roberta Turchi, Società Editrice Fiorentina, 2011
- Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso, 1806
- Vittorio Alfieri, Lettere edite e inedite di Vittorio Alfieri, 1890
- Carlo Pellegrini, La contessa d'Albany e il salotto del Lungarno, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1951
- Arrigo Cajumi, La contessa di Albany, in Colori e veleni, pp.111-116. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1956.
- Anne de Lacretelle, La comtesse d'Albany. Une égérie européenne, Monaco, Editions du Rocher, 2008 ISBN 978-2-268-06564-9
Altri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luisa di Stolberg-Gedern
Collegamenti esterni
modifica- Albany, Luisa contéssa d'-, su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Louise Maximilienne Caroline, countess of Albany, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Opere di Luisa di Stolberg-Gedern, su Open Library, Internet Archive.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 44425936 · ISNI (EN) 0000 0001 0893 3516 · SBN SBLV216244 · BAV 495/21544 · CERL cnp01355857 · ULAN (EN) 500083179 · LCCN (EN) no2004053794 · GND (DE) 116275316 · BNE (ES) XX1783487 (data) · BNF (FR) cb128077055 (data) · J9U (EN, HE) 987007290109105171 |
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