Art déco

stile nelle arti visive
(Reindirizzamento da Déco)
Disambiguazione – "Decò" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Decò (disambigua).

L'Art Deco, decò o déco (nome derivato per estrema sintesi dalla dicitura Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne, tenutasi a Parigi nel 1925 e perciò detto anche stile 1925), è stato un fenomeno del gusto che interessò sostanzialmente il periodo fra il 1919 e il 1930 in Europa, mentre in America, in particolare negli Stati Uniti, si prolungò fino al 1940: riguardò le arti decorative, le arti visive, l'architettura e la moda.[1]

Porta d'ingresso della boutique Siégel all'Esposizione internationale delle arti decorative e industriali moderne di Parigi, 1925

L'Expo parigina del 1925 vide trionfare, fra i molti espositori stranieri, la speciale raffinatezza francese in varie categorie merceologiche, dall'ebanisteria agli accessori di moda: Parigi restava il centro internazionale del buon gusto anche negli anni critici seguiti alla prima guerra mondiale. Ma l'Art déco non nasceva con l'Esposizione, che fu semmai una sorta di rutilante rassegna di un fenomeno nella fase della sua tarda maturità, scaturito nella stessa Parigi intorno al 1910 per opera di Paul Poiret, stilista dai molteplici interessi, rivolti alla completa riforma estetica dell'ambiente esistenziale moderno. Oltreoceano, gli Stati Uniti d'America aderirono più lentamente al déco, raccogliendone in un certo senso il testimone verso gli anni trenta, con il caratteristico gusto per un modellato aerodinamico del cosiddetto Streamlining Modern, di cui furono artefici principalmente i designer Raymond Loewy, Henry Dreyfuss e Walter Dorwin Teague.

Caratteristiche

modifica

Parigi rimase in ogni caso il centro maggiore del design Art déco, con il mobilio di Jacques-Émile Ruhlmann che rinnovava i fasti dell'ebanisteria parigina fra rococò e stile Impero, con l'azienda di Süe et Mare, con i pannelli e i mobili modernistici di Eileen Gray, con il ferro battuto di Edgar Brandt e gli oggetti in metallo e le lacche di Jean Dunand, con i lavori in vetro di René Lalique e Maurice Marinot, con gli orologi e la gioielleria di Cartier, con i manifesti di Cassandre e Sepo.

 
Fermalibro Art déco per lo scultore René van Dievoet, 1934.

Il termine "Art Deco" non ebbe un ampio uso fino a che quel gusto non fu rivalutato negli anni sessanta.

 
Il Chrysler Building di New York, uno degli edifici-simbolo dell'Art Deco.

Varie e disparate le principali fonti di tale stile eclettico:

Oltre a queste influenze l'Art déco è caratterizzata dall'uso di materiali come l'alluminio, l'acciaio inossidabile, lacca, legno intarsiato, pelle di squalo o di zebra. L'uso massiccio di forme a zigzag o a scacchi, e curve vaste (diverse da quelle sinuose dell'Art Nouveau), motivi a 'V' e a raggi solari. Alcuni di questi motivi erano usati per opere molto diverse fra loro, come ad esempio i motivi a forma di raggi solari: furono utilizzati per delle scarpe da donna, griglie per termosifoni, l'auditorium del Radio City Music Hall e la guglia del Chrysler Building. L'Art déco fu uno stile sintetico, e al tempo stesso volumetricamente, aerodinamico, turgido e opulento, probabilmente in reazione all'austerità imposta dagli anni della prima guerra mondiale e della conseguente crisi economica.
Fu peraltro uno stile molto popolare per gli interni dei cinematografi, e dei transatlantici come l'Île de France e il Normandie.

 
Edifici in corso Sempione a Roma.

Alcuni storici considerano l'art deco come una forma popolare e alternativa del modernismo [senza fonte], oppure del Movimento Moderno, in architettura. Di fatto, il razionalismo italiano utilizzò alcuni elementi di questa espressione artistica frammisti a strutture razionali, soprattutto nelle nuove città costruite durante il regime fascista - in Italia e ancor di più nelle colonie (Dodecaneso, Libia, Eritrea, Etiopia) - dove riagganci alla tradizione locale e un certo gusto dell'esotico ne furono il filo conduttore. Come esempi più significativi potremmo citare diversi palazzi di Rodi, che ne portano i segni più evidenti, mentre in città di nuova fondazione ma essenzialmente razionaliste, come Portolago, nell'isola greca di Lero, o Sabaudia in Italia se ne leggono solo accenni in alcuni edifici.

L'art deco cominciò a perdere lentamente campo in Occidente una volta raggiunta la produzione di massa. Cominciò a essere derisa perché si riteneva che fosse kitsch e che presentasse un'immagine falsa del lusso. Alla fine questo stile fu stroncato dall'austerità della seconda guerra mondiale. In stati coloniali, come l'India, divenne il punto di partenza del modernismo e continuò a essere usato fino agli anni sessanta.

Vi fu un nuovo interesse per l'Art Deco negli anni ottanta, grazie al design grafico di quel periodo, dove la sua associazione ai film noir e alla moda degli anni trenta portò al suo uso nella pubblicità per la moda e la gioielleria.

L'“Art Déco Historic Districts” a Miami Beach, in Florida, è il luogo con la più alta concentrazione al mondo di architettura Art déco. Dalla Ocean Drive alla Collins Avenue, da Lincoln Rd. a Espanola Way, si possono ammirare hotel, appartamenti e altri edifici in questo stile costruiti tra 1923 e 1943.[2] In particolar modo, il frequente utilizzo di elementi tropicali all'interno delle decorazioni (come fenicotteri, palme e fiori), dei motivi nautici e delle tonalità pastello (come il giallo, il celeste, il lilla e il rosa) ha comunemente ribattezzato questo movimento, nel caso di Miami, Tropical Art Déco.

Principali esponenti

modifica
 
Rilievo di basalto che mostra lo stemma della Polonia in stile Art déco, l'edificio modernista del Ministero dei Trasporti a Varsavia, 1931.
 
Esempio di elemento decorativo Art Deco.
 
Una lampada Art Deco.
 
La sala della Cheli, prioria del Vittoriale degli italiani.
 
Arnaldo Dell'Ira - Lampada "a grattacielo", 1929.
 
Il monumento ai caduti di Casale Monferrato di Leonardo Bistolfi.
 
Una Chrysler Airflow del 1934.

Esempi di realizzazioni

modifica
  1. ^ Edigeo (a cura di), Enciclopedia dell'arte Zanichelli, Bologna, Zanichelli, 2004, ISBN 88-08-22390-6.
  2. ^ (EN) Miami Beach Architectural District, su nps.gov, sul National Register of Historic Places. URL consultato il 9 luglio 2023.

Bibliografia

modifica

Altri progetti

modifica

Collegamenti esterni

modifica
Controllo di autoritàThesaurus BNCF 2073 · LCCN (ENsh85007994 · BNE (ESXX529283 (data) · BNF (FRcb11938045c (data) · J9U (ENHE987007295780105171