Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia

Stato europeo esistito dal 1945 al 1992
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La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ) fu la forma istituzionale assunta dalla Jugoslavia dal 1945 al 1992, anno della sua dissoluzione a seguito delle guerre jugoslave: in ambito locale ci si riferisce anche come «Druga Jugoslavija» («Seconda Jugoslavia») o anche «Bivša Jugoslavija» («Ex Jugoslavia»).

Jugoslavia
Motto: (HBS) Bratstvo i Jedinstvo
Братство и Jединство
(SL) Bratstvo in Enotnost
(MK) Братство и Единство
Bratstvo i Edinstvo
(IT) Fratellanza e Unità
Jugoslavia - Localizzazione
Jugoslavia - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completoRepubblica Federativa Popolare di Jugoslavia
(1945-1963)
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
(1963-1992)
Nome ufficialeFederativna Narodna Republika Jugoslavija
Федеративна Народна Република Југославија
Federativna ljudska republika Jugoslavija
(1945-1963)
Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija
Социјалистичка Федеративна Република Југославија
Socialistična Federativna Republika Jugoslavija
(1963-1992)
Lingue ufficialiserbo-croato
macedone
sloveno
Lingue parlateserbocroato[1], sloveno[2], macedone[3], albanese[4]
InnoHej Slaveni
CapitaleBelgrado
Dipendenze Territorio Libero di Trieste (zona B) (fino al 1954)
Politica
Forma di StatoStato socialista federale
Forma di governoRepubblica presidenziale socialista a partito unico
(1945-1980)
Repubblica direttoriale socialista a partito unico
(1980-1990)

Repubblica parlamentare direttoriale federale (1990 -1992)

PresidenteMaresciallo Tito a vita, poi la Presidenza della RSFJ
Presidente del Consiglio esecutivo federaleElenco
Organi deliberativiAssemblea federale
Nascita29 novembre 1945 con Ivan Ribar
CausaSeconda guerra mondiale
Fine27 aprile 1992 con Branko Kostić
CausaGuerra civile jugoslava
Territorio e popolazione
Bacino geograficoBalcani
Massima estensione255.804 km² nel 1947-1991
Popolazione23.724.919 nel 1991
Economia
ValutaDinaro jugoslavo fino al 1965
Dinaro jugoslavo pesante
Commerci conCOMECON, CEE, USA
Varie
Prefisso tel.0038
Sigla autom.YU
Religione e società
Religioni preminentiOrtodossia, Cattolicesimo, Sunnismo
Classi socialiOperai, contadini, cittadini
Evoluzione storica
Preceduto da Jugoslavia Federale Democratica
Succeduto daJugoslavia (bandiera) Repubblica Federale di Jugoslavia[5]
Slovenia (bandiera) Slovenia
Croazia (bandiera) Croazia
Bosnia ed Erzegovina (bandiera) Bosnia ed Erzegovina
 Macedonia
Ora parte diSerbia (bandiera) Serbia
Montenegro (bandiera) Montenegro
Kosovo (bandiera) Kosovo
Slovenia (bandiera) Slovenia
Croazia (bandiera) Croazia
Bosnia ed Erzegovina (bandiera) Bosnia ed Erzegovina
Macedonia del Nord (bandiera) Macedonia del Nord

Confinava a nord con l'Austria e l'Ungheria, ad est con la Romania e la Bulgaria, a sud con l'Albania e la Grecia e ad ovest con l'Italia e il Mare Adriatico. Durante la guerra fredda fu un importante membro dei Paesi non allineati.

Nella Jugoslavia (Jugoslavija, Terra degli Slavi del sud, Југославија) antica si parlavano varie lingue: il serbo-croato (includendo con questa denominazione la lingua parlata in Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro), lo sloveno, il macedone (lingua resa ufficiale nel 1945), l'ungherese (maggioritaria in gran parte della Voivodina e lungo le zone di confine con l'Ungheria di Serbia, Croazia e Slovenia), l'albanese nel Kosovo, l'italiano (Istria, Fiume, Dalmazia), oltre ad altri dialetti albanesi, turchi, slovacchi, rumeni (Istrorumeno) e veneti.

La Jugoslavia univa diverse realtà storiche, culturali e religiose dei suoi singoli Stati federali. La Slovenia e la Croazia avevano per lungo tempo fatto parte della nazione austro-ungarica e con essa facevano parte della cultura occidentale cristiano-cattolica quindi usavano l'alfabeto latino. La Serbia, Montenegro e Macedonia invece avevano subìto fin dopo il 1389, a seguito della disfatta di Kosovo Polje contro i turchi, la dominazione turca e appartenevano all'area orientale cristiano-ortodossa quindi usavano l'alfabeto cirillico. La Bosnia aveva una situazione ancora più complessa: aveva subìto varie dominazioni che avevano fatto sì che all'interno di questo Stato si ritrovassero serbi (ortodossi), croati (cattolici), bosgnacchi (musulmani) e una piccola comunità ebraica sefardita, reduce di quegli ebrei che dopo la reconquista spagnola dovettero abbandonare la Spagna e trovarono rifugio solo in Bosnia. In questa repubblica quindi trovavano posto almeno quattro religioni (cattolica, ortodossa, musulmana ed ebraica) e quattro alfabeti (latino, cirillico, arabo ed ebraico).

La Jugoslavia non fece parte del Patto di Varsavia e attuò una forma particolare di socialismo fondato sull'autogestione dei lavoratori.

La Repubblica venne per la prima volta proclamata il 29 novembre 1943 come risultato della seconda riunione dell'AVNOJ, Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia, tenutasi a Jajce in Bosnia-Erzegovina, in piena seconda guerra mondiale. Le pressioni degli Alleati portarono nel 1944 all'accordo Tito-Šubašić con le autorità in esilio del vecchio Regno di Jugoslavia, sulla base del quale ogni decisione sulla forma di Stato venne sospesa coniando il nome transitorio e neutro di Jugoslavia Democratica Federale (Demokratska Federativna Jugoslavija, DFJ) col quale le autorità dell'AVNOJ si insediarono nella Belgrado appena liberata dai partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione insieme alle truppe dell'Armata Rossa.

Appena terminata la guerra nel 1945, vennero indette elezioni influenzate dall'effettivo potere comunista sul paese, in seguito alle quali l'Assemblea costituente proclamò formalmente la Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia (Federativna Narodna Republika Jugoslavija, FNRJ), mentre fu nel 1963 che si arrivò al nome definitivo (Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia - Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ), in corrispondenza della nuova Costituzione in senso presidenzialista ed esplicitamente socialista.

Il suo primo Capo di Stato fu Ivan Ribar mentre il Maresciallo Tito divenne Primo Ministro. Nel 1953 Tito venne eletto presidente, carica che divenne a vita con la nuova Costituzione del 1974. Tito morì il 4 maggio del 1980 e "capo di Stato collettivo" diventò la Presidenza della RSFJ composta da un rappresentante di ogni Repubblica e Provincia Autonoma (otto membri). Con la morte di Tito iniziarono a riemergere i nazionalismi, che erano stati precedentemente tenuti a bada mediante una rigorosa politica di equilibrio fra i poteri attribuiti ai popoli di Jugoslavia nonché con la repressione. Dopo che quattro delle sei Repubbliche Socialiste dichiararono l'indipendenza tra il 1991 e il 1992, la Federazione si dissolse. Il 27 aprile 1992 nacque la Repubblica Federale di Jugoslavia, formata dalle due restanti repubbliche della Serbia e del Montenegro; a causa dell'opposizione delle altre repubbliche ex-jugoslave nonché delle Nazioni Unite a riconoscere lo stato come successore della precedente Jugoslavia, nel 2003 il paese cambiò nome in Unione Statale di Serbia e Montenegro. Nel 2006 infine il Montenegro, dopo regolare referendum, proclamò la propria indipendenza e mise fine alla comunione con la Serbia. Nel 2008 il Kosovo, già una provincia autonoma della Serbia, proclamò unilateralmente la sua indipendenza, sul cui riconoscimento vi è tuttora dissenso internazionale.

L'ultimo Primo Ministro (il Presidente del Consiglio esecutivo federale) della RSFJ fu Ante Marković, di nazionalità croata come il Presidente della Presidenza Stjepe Mesić, che rimase in carica fino al dicembre 1991, giusto in tempo per vedere lo Stato jugoslavo dissolversi, nonostante egli avesse cercato di attuare, invano, una politica che frenasse le secessioni.

Eventi principali

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1946: prima costituzione.
1950: legge sull'autogestione.
1953: emendamenti costituzionali ("Legge costituzionale sui principi dell'ordinamento sociopolitico della RFPJ e sugli organi di governo federali").
1954: Milovan Đilas, uno dei quattro dirigenti del paese, viene arrestato per aver scritto una serie di articoli durissimi contro i dirigenti jugoslavi.
1956: prima riunione dei non allineati Tito-Nehru-Nasser a Brioni, residenza preferita di Tito.
1963: nuova costituzione.
1968: primi moti nel Kosovo, dove la maggioranza della popolazione (circa il 70% degli abitanti all'inizio degli anni '70) era di etnia albanese, in larga parte di fede musulmana, e rivendicava la concessione di maggiori poteri e autonomia dal governo di Belgrado, non considerando sufficienti gli statuti concessi nel 1963.
1971: "primavera croata", che si lega ai movimenti studenteschi del 1968 ma con caratteri più nazionalistici; emendamenti costituzionali maggiori.
1974: nuova costituzione, si rafforza il federalismo, potenziati e allargati i diritti degli Albanesi in Kosovo.
1980: il 4 maggio muore Tito.
1981: ancora moti nel Kosovo, volti ad ampliare ulteriormente gli statuti di autonomia già concessi nel 1974.
1986: memorandum dell'accademia delle scienze di Belgrado secondo il quale ogni territorio della Jugoslavia ove fossero presenti dei serbi doveva essere considerato Serbia. Tale documento fu un punto cardine del nazionalismo serbo che avrebbe spinto le altre repubbliche a secedere dallo stato jugoslavo.
1989: soppressione da parte del presidente serbo Milosević dell'autonomia conferita da Tito a Kosovo e Voivodina.
1989: uscita delle delegazioni slovene (Lega dei Comunisti della Slovenia) e croate (Lega dei Comunisti di Croazia) dal XIV° Congresso (straordinario) della Lega dei Comunisti di Jugoslavia in seguito alla politica aggressiva condotta da Milosević e morte del partito unico.
1989: formazione del governo federale Marković; moti e scioperi in Kosovo; formazione in Croazia dell'Unione Democratica Croata («Hrvatska demokratska zajednica», HDZ), guidata da Franjo Tuđman anche se di fatto il pluripartitismo era ancora vietato.
1991: moti nazionalisti serbi a Belgrado che spingono l'esercito federale a scendere per le strade della capitale.

Repubbliche socialiste e province autonome

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Internamente lo Stato era diviso in sei repubbliche socialiste e due province autonome che facevano parte della Repubblica Socialista di Serbia. La capitale federale era Belgrado.

Con la costituzione del 1974, in seguito alle tensioni interne, dovute al nazionalismo dei croati e dei serbi, si previde il diritto per i "popoli costitutivi" (identificati con le Repubbliche) di staccarsi dalla Federazione. Tale diritto non era previsto per le minoranze (e di conseguenza per le province autonome).

Nome Capitale Bandiera Stemma Localizzazione
1. Bosnia ed Erzegovina Saraievo    
 
2. Croazia Zagabria    
 
3. Macedonia Skopje    
 
4. Montenegro Titograd*    
 
5. Serbia**
5a. Kosovo
5b. Voivodina
Belgrado
Pristina
Novi Sad
   
 
6. Slovenia Lubiana    
 

* Dopo la fine della Jugoslavia tornò a chiamarsi Podgorizza (Podgorica).
** La Serbia includeva le provincie autonome della Voivodina e di Cossovo e Metochia.

I documenti della fondazione

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Dissoluzione

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Dissoluzione della Jugoslavia e Guerre jugoslave.

Il 25 giugno 1991 dichiararono l'indipendenza la Slovenia, guidata dal leader del Partito Comunista Sloveno Milan Kučan, e la Croazia, guidata dal presidente dell'HDZ Franjo Tudjman, seguite dopo pochi mesi (l'8 settembre 1991) dalla Macedonia.

Il 5 aprile 1992 la Bosnia ed Erzegovina dichiarò la propria indipendenza a seguito di un referendum boicottato da gran parte della popolazione serba[6].

A quel punto le due Repubbliche Socialiste rimaste, la Serbia e il Montenegro, diedero vita il 27 aprile alla Repubblica Federale di Jugoslavia, mettendo fine all'esperienza socialista.

La Slovenia e la Croazia si sono riconosciute reciprocamente il 26 giugno 1991. Nonostante l'invito dei capi di Stato della CEE a non procedere ad un riconoscimento separato, la Lituania (30 luglio 1991), l'Ucraina (11 dicembre 1991)[7] e la Lettonia (14 dicembre 1991)[8] riconoscono la Croazia. L'Islanda (per voce del suo ministro degli esteri Jón Baldvin Hannibalsson), l'Estonia (31 dicembre 1991)[8] e quindi la Città del Vaticano, l'Austria e la Germania procedono ad un riconoscimento unilaterale dei due nuovi Stati. Nel 1992 arriveranno i riconoscimenti della gran parte degli altri paesi del mondo.

Dal punto di vista del diritto internazionale, il riconoscimento della secessione venne giustificato con il principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli. Tale diritto venne applicato solo alle ex-repubbliche di Slovenia e Croazia, e non alle provincie di tali ex-repubbliche contrarie alla secessione: non ottennero mai il riconoscimento internazionale la Repubblica serba di Krajina o la Repubblica serba di Bosnia; ciò benché le frontiere interne della federazione fossero fissate da una Costituzione ormai non più in vigore.

La dissoluzione della Jugoslavia sfocerà nelle guerre jugoslave che porteranno alla morte di circa 250.000 persone e alla pulizia etnica nel paese con centinaia di migliaia di persone cacciate dalle proprie terre.

Popolazione

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Mappa etnica della Jugoslavia nel 1991

Il territorio jugoslavo era caratterizzato da una grandissima composizione etnica. Dopo la seconda guerra mondiale, il governo comunista riconobbe "nazioni" e "nazionalità": le prime includevano i popoli di origine slava costitutivi della nazione (bosgnacchi, croati, macedoni, montenegrini, serbi e sloveni), le seconde tutti gli altri gruppi etnici indistintamente fossero essi slavi (come bulgari e slovacchi) o non slavi (come albanesi, italiani e ungheresi); vi era poi un generico gruppo indicato come "jugoslavi" comprendente tutti coloro che, per una ragione o per l'altra, rifiutavano l'appartenenza a una certa nazione o nazionalità. In base alle nazioni la repubblica venne divisa in sei repubbliche federali (tra parentesi i gruppi etnici principali):

Repubblica/provincia Popolazione 1991 % Area (km²) % Densità Popolazione 2017 %
Serbia Centrale 7,582,611 24.0% 56,169 22.4% 99.4 5,108,463 23.81%
Croazia 4,784,265 20.6% 56,524 22.5% 84.6 4,154,200 19.36%
Bosnia ed Erzegovina 4,377,053 18.8% 51,129 20.4% 85.6 3,531,159c 16.46%
Macedonia 2,033,964 8.8% 25,713 10.3% 79.1 2,103,721 9.80%
Vojvodina 1,996,367 8.6% 21,506 8.6% 92.8 1,931,809 a 9.00%
Kosovo 1,956,196 8.4% 10,686 4.3% 183.1 1,920,079 8.95%
Slovenia 1,913,355 8.2% 20,246 8.1% 94.5 2,065,895 9.63%
Montenegro 615,035 2.6% 13,810 5.5% 44.5 642,550 2.99%
Jugoslavia 23,229,846 100% 250,790 100% 92.6 21,457,875 100%

a 2011 census
b Serbia proper+Vojvodina (no Kosovo)
c 2013 census

Sicurezza

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La tutela della pubblica sicurezza e dell'ordine pubblico erano affidati alla polizia federale che prendeva il nome di milicija.

Le attività di controspionaggio e di repressione del dissenso erano svolte dalla Amministrazione per la sicurezza o di stato, comunemente conosciuta con l'acronimo di UDBA, divenuta famosa per numerosi omicidi e sequestri di persona compiuti all'estero a danno degli oppositori dello Stato jugoslavo.

La particolare posizione sia geografica che politica della Jugoslavia spinse Tito a sviluppare fortemente le forze armate. La Jugoslavia era uno degli ultimi paesi della cortina di ferro, confinava con l'Italia che faceva parte della NATO. Allo stesso tempo non era ben vista dall'Unione Sovietica perché non faceva parte del Patto di Varsavia e mantenne sempre una politica distaccata dai vertici di Mosca. Nel 1948 Tito si rifiutò infatti apertamente di sottomettersi agli ordini di Stalin ritagliandosi così uno spazio di primo piano sulla scena politica internazionale. La Jugoslavia divenne così il solo Stato comunista in Europa a non sottostare al volere sovietico. Nel 1968, quando le truppe sovietiche invasero Praga e la tensione crebbe enormemente, si pensava che anche la Jugoslavia potesse essere invasa dai sovietici, così da piegarla al volere di Mosca. Tuttavia così non fu e in questo modo le forze armate della Jugoslavia divennero tra le più potenti d'Europa e del mondo, partecipando a diverse missioni internazionali per l'ONU.

Le forze armate jugoslave erano riunite nella Armata Popolare di Jugoslavia che si divideva in tre corpi:

Esisteva anche un quarto corpo chiamato Difesa territoriale: questi era una specie di milizia locale che rispondeva soprattutto alla propria repubblica federale di appartenenza. Nata nel 1968, il suo compito era quello di difendere la repubblica federale di appartenenza da attacchi esterni con tattiche di guerriglia, ereditate dal movimento di resistenza partigiana.

Economia

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Cultura

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Letteratura

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La letteratura delle lingue della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia conobbe un periodo florido caratterizzato da grandi scrittori quali Danilo Kiš, Abdulah Sidran e Izet Sarajlić. Fondamentali sono i contributi alla letteratura europea di Miroslav Krleža, Predrag Matvejević e di Ivo Andrić, insignito del Nobel per la letteratura.

Dal punto di vista musicale la Jugoslavia rappresenta un caso interessante poiché, a differenza dei paesi della cortina di ferro, limitati nell'espressività artistica dalle restrizioni sovietiche, fu l'unico paese a subire le influenze del rock; a partire dagli anni '60 si svilupparono diversi gruppi rock dando vita al cosiddetto rock jugoslavo, apprezzato anche in occidente. Tra i gruppi più famosi si ricordano Yu grupa, OKO, Divlje Jagode, Zabranjeno Pušenje, Bijelo Dugme.

  1. ^ Come serbocroato nella RS di Serbia, serbocroato/croatoserbo iecavo nella RS di Bosnia ed Erzegovina, serbocroato iecavo nella RS di Montenegro e croato o serbo (anche croato letterario) nella RS di Croazia
  2. ^ Ufficiale nella Repubblica Socialista di Slovenia.
  3. ^ Ufficiale nella Repubblica Socialista di Macedonia.
  4. ^ Diffuso nella Provincia Socialista Autonoma del Kosovo, non ufficialmente riconosciuto, ma tutelato a partire dal 1974.
  5. ^ Successore legale della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia
  6. ^ (EN) Bosnian Independence Day Divides Ethnic Communities, su balkaninsight.com. URL consultato il 25 luglio 2017.
  7. ^ Vjesnik Archiviato il 12 luglio 2009 in Internet Archive. Boris Tarasjuk: Ukrajina ne vodi ni proistočnu ni prozapadnu politiku, 29. veljače 2000.
    "Kad je 11. prosinca 1991. godine, kao prva članica Ujedinjenih naroda, Ukrajina priznala Hrvatsku..."
  8. ^ a b Vjesnik Archiviato il 13 luglio 2009 in Internet Archive. Island nije prvi priznao hrvatsku neovisnost, 27. prosinca 2001.

Bibliografia

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  • S. Bianchini, La questione jugoslava, Giunti, Firenze 1996
  • J. Krulic, Storia della Jugoslavia, Bompiani, Milano 1997
  • J. Pirjevec, Il giorno di San Vito. Jugoslavia 1918-1992. Storia di una tragedia, ERI, Roma 1993
  • Sandro e Alessandro Damiani, Jugoslavia: genesi di una mattanza annunciata, prefazione di Franco Cardini. Cooperativa Settegiorni editore, Pistoia, 1993.
  • A. Floramo, recensione di R. Petrović, Il fallito modello federale della ex Jugoslavia, «eSamizdat», 2006, IV, pp. 11–16
  • Zlata Filipović, Diario di Zlata, Rizzoli, Milano 1999

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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