Diocesi di Teramo-Atri

diocesi della Chiesa cattolica in Italia
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La diocesi di Teramo-Atri (in latino Dioecesis Aprutina seu Teramensis-Hatriensis seu Atriensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Pescara-Penne e appartenente alla regione ecclesiastica Abruzzo-Molise. Nel 2022 contava 218.300 battezzati su 220.200 abitanti. È retta dal vescovo Lorenzo Leuzzi.

Diocesi di Teramo-Atri
Dioecesis Aprutina seu Teramensis-Hatriensis seu Atriensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Pescara-Penne
Regione ecclesiasticaAbruzzo-Molise
 
Mappa della diocesi
 
VescovoLorenzo Leuzzi
Presbiteri152, di cui 108 secolari e 44 regolari
1.436 battezzati per presbitero
Religiosi46 uomini, 116 donne
Diaconi12 permanenti
 
Abitanti220.200
Battezzati218.300 (99,1% del totale)
StatoItalia
Superficie1.480 km²
Parrocchie187 (7 vicariati)
 
ErezioneV secolo (Teramo)
1251 (Atri)
in plena unione dal 30 settembre 1986
Ritoromano
CattedraleSanta Maria Assunta (Teramo)
ConcattedraleSanta Maria Assunta (Atri)
Santi patroniSan Berardo
Santa Reparata
IndirizzoPiazza Martiri della Libertà 14, 64100 Teramo, Italia
Sito webwww.diocesiteramoatri.it
Dati dall'Annuario pontificio 2023 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
La basilica concattedrale di Atri.
La cattedra del vescovo di Teramo-Atri.
La chiesa abbaziale di Santa Maria di Propezzano.
L'antico santuario di San Gabriele dell'Addolorata a Isola del Gran Sasso d'Italia.

Patroni della diocesi sono san Berardo (per Teramo) e santa Reparata (per Atri).

Territorio

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La diocesi comprende 33 comuni della provincia di Teramo: Alba Adriatica, Atri, Bellante, Campli, Canzano, Castellalto, Castelli, Civitella del Tronto (in parte)[1], Colledara, Controguerra, Corropoli, Cortino, Crognaleto, Fano Adriano, Giulianova, Isola del Gran Sasso d'Italia, Montorio al Vomano, Morro d'Oro, Mosciano Sant'Angelo, Nereto, Notaresco, Pietracamela, Pineto, Rocca Santa Maria, Roseto degli Abruzzi, Sant'Omero, Silvi, Teramo, Torano Nuovo, Torricella Sicura, Tortoreto, Tossicia e Valle Castellana (in parte)[2].

Sede vescovile è la città di Teramo dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta, che fu ricostruita non lontano dal sito di una precedente andata distrutta con il titolo di Santa Maria Aprutiensis o Interamnensis, dal vescovo Guido II e consacrata nel 1176. Ad Atri si trova la concattedrale di Santa Maria Assunta, menzionata per la prima volta in una bolla del 1140 di papa Innocenzo II.

Nel territorio sorgono anche l'ex cattedrale di Campli, dedicata a Santa Maria in Platea, e la basilica minore del santuario di San Gabriele dell'Addolorata, a Isola del Gran Sasso d'Italia.

Parrocchie

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Teramo-Atri.

Il territorio si estende su 1.480 km² ed è suddiviso in 187 parrocchie, raggruppate in 7 foranie: Teramo, Atri, Campli, Giulianova, Isola del Gran Sasso d'Italia, Montorio al Vomano, Roseto degli Abruzzi.

L'odierna diocesi nasce nel 1986 dall'unione di due antiche sedi episcopali: Teramo, attestata a partire dalla fine del VI secolo, e Atri, diocesi eretta nel 1251.

Atri venne elevata a sede vescovile, con territorio sottratto alla diocesi di Penne, il 1º aprile 1251 dal legato pontificio il cardinale Pietro Capocci per l'appoggio dato dalla città al papato nella lotta contro gli Svevi. L'anno successivo, con la bolla Licet ea del 15 marzo 1252,[3] papa Innocenzo IV confermò questa decisione ed eresse la chiesa di Santa Maria a cattedrale della nuova diocesi, resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Contestualmente la diocesi fu unita aeque principaliter alla diocesi di Penne; tale unione durerà fino al 1949.

Per un breve periodo dal 1526 al 1539, le diocesi unite di Penne e Atri furono rese suffraganee dell'arcidiocesi di Chieti.

«Durante il periodo post-tridentino erano presenti sul territorio otto conventi (minori conventuali fondati nel XIII secolo; domenicani, celestini, agostiniani scalzi e calceati, minori osservanti, nel 1445; cappuccini, nel 1570; minimi, casa di probazione dei gesuiti, nel 1606), due monasteri (cisterciensi e clarisse, nel XIII sec.), sette confraternite (Santissimo Sacramento, Rosario, Santa Maria delle Grazie, Assunzione, Stimmate di san Francesco, Cinturiati, Suffragio), un monte di pietà e un ospedale dei pellegrini (XIII sec.) che fu dismesso e divenne sede del collegio dei gesuiti, fondato da Claudio Acquaviva.»[4]

Al vescovo Paolo Odescalchi (1568-1572) si deve l'edificazione ad Atri del palazzo vescovile e l'istituzione del seminario diocesano; questi edifici furono restaurati nell'Ottocento dal vescovo Vincenzo D'Alfonso (1847- 1880).

Tra i vescovi di Atri si possono ricordare l'umanista e dotto Giovanni Battista Valentini Cantalicio (1503-1514); Jacopo Guidi (1561-1568), che fu il redattore di alcuni decreti del concilio di Trento; Paolo Odescalchi (1568-1572), Gaspare Burgi (16571661) e Giuseppe Spinucci (1668-1695), che indissero i sinodi diocesani rispettivamente nel 1571, nel 1661 e nel 1681; Domenico Ricciardone (1818-1845), che restaurò la cattedrale arricchendola di opere pregevoli.

Il 1º luglio 1949 in forza della bolla Dioecesium circumscriptiones di papa Pio XII venne sciolta l'unione tra Atri e Penne e la diocesi di Atri fu unita aeque principaliter a quella di Teramo.

Al momento dell'unione definitiva con Teramo nel 1986, la diocesi di Atri comprendeva tre soli comuni: Atri, Pineto e Silvi.[5]

Secondo la tradizione, la diocesi di Teramo fu eretta da san Pietro, ma più probabilmente ha avuto origine tra il II e il V secolo. La più antica testimonianza storica circa la presenza di una comunità cristiana a Teramo sono i resti della basilica bizantina, eretta nel V secolo, oggi chiamata "antica cattedrale" o Sant'Anna dei Pompetti, meglio nota nelle fonti medievali come «Santa Maria Aprutiensis».[6]

La prima menzione storicamente documentata della diocesi teramana è contenuta in una lettera di Gregorio Magno del 598, che incaricava il vescovo Passivo di Fermo di visitare la diocesi di Teramo, rimasta vacante. Lo stesso papa nel 601 designava Opportuno come vescovo diocesano: è il primo vescovo noto della dioecesis Aprutina. Tuttavia in seguito non si hanno più notizie di vescovi fino a Sigismondo, che prese parte nell'844 all'incoronazione di Ludovico II ad opera di papa Sergio II.[4]

Tra i principali vescovi di Teramo si ricorda san Berardo, oggi patrono della città e della diocesi. Nel XII secolo, un conflitto sui confini diocesani con i vescovi di Ascoli Piceno fu risolta con una bolla di papa Anastasio IV del 1153, con la quale si ricorda che la giurisdizione episcopale del vescovo di Teramo si estendeva sul territorio compreso tra i fiumi Tronto e Vomano, i Monti della Laga e il mare Adriatico.[7]

Nel 1156 il vescovo Guido II ricevette dal re Guglielmo I di Sicilia pieni diritti feudali sulla città di Teramo che aveva contribuito a ricostruire ed il titolo di principe di Teramo. I vescovi persero i diritti feudali all'inizio dell'Ottocento, mentre il titolo di "principe" fu abrogato nel 1948.[4] Al vescovo Guido II si deve anche la ricostruzione della cattedrale in stile romanico.[8] A metà del XIII secolo il vescovo Matteo I, catturato durante un'incursione degli ascolani, venne poi liberato per intercessione di papa Innocenzo IV.

Tra i privilegi particolari di cui godeva il vescovo di Teramo, nelle sue qualità di signore feudale e di principe, c'era quello chiamato "messa armata". Nella prima messa che il nuovo vescovo celebrava in diocesi e nelle grandi solennità, il prelato si presentava all'altare con una spada a tracolla, sopra le vesti liturgiche, che manteneva durante tutta la celebrazione; inoltre, a fianco dell'altare venivano ostentate diverse insegne militari, tra cui dardi, lance, bandiere e armi bianche, e al momento dell'elevazione delle specie eucaristiche il vescovo sparava un colpo di pistola. Questa scenografia venne messa in atto anche al concilio di Trento, non sine admiratione Patrum, come commenta Ughelli. L'ultimo vescovo ad esercitare il diritto della "messa armata" fu Girolamo Figini Oddi nel 1639.[4]

Numerosi furono i monasteri benedettini presenti sul territorio diocesano, tra cui San Clemente al Vomano, Santa Maria a Mare, San Pietro a Campovalano, San Pietro ad Azzano, San Nicolò a Tordino, San Benedetto a Teramo, Sant'Angelo a Marano.[4]

Nel XV secolo si distinsero in particolare due vescovi: il beato Antonio Fatati (1440-1460), che, malgrado i suoi numerosi incarichi civili, riformò il capitolo della cattedrale, indisse un sinodo diocesano ed effettuò una visita pastorale; Giovanni Antonio Campano (1463-1477), umanista a cui si attribuisce il detto Cultura salvabitur orbis.

Nel 1586 Teramo cedette una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Montalto. Nel 1600 un'altra porzione di territorio fu staccata a favore della neo eretta diocesi di Campli. Inoltre dal 1530 al 1795 Santa Maria in Propezzano e Sant'Angelo in Mosciano furono erette in abbazie nullius dioecesis con giurisdizione su Morro d'Oro, Mosciano Sant'Angelo e Notaresco; questi centri vennero reintegrati a pieno titolo nel territorio diocesano dal vescovo Luigi Maria Pirelli nel 1781.

Nel 1674 il vescovo Giuseppe Armeni istituì il seminario vescovile, dopo il fallimento del primo tentativo, ad opera di Vincenzo Bugiatti da Montesanto, il cui seminario fu chiuso nel 1603 per un omicidio commesso da un seminarista.[9]

Il 27 giugno 1818, in seguito al concordato tra Santa Sede e Regno delle Due Sicilie, con la bolla De utiliori di papa Pio VII la diocesi di Teramo si ampliò, incorporando il territorio della soppressa diocesi di Campli.

Dal 4 all'8 settembre 1935 Teramo ospitò l'XI Congresso eucaristico nazionale italiano, a cui intervenne come legato pontificio il cardinale Pietro Fumasoni Biondi.

Teramo-Atri

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Il 1º luglio 1949 in forza della bolla Dioecesium circumscriptiones di papa Pio XII venne sciolta l'unione tra Atri e Penne e la diocesi di Atri fu unita aeque principaliter a Teramo: il vescovo di Teramo, Gilla Vincenzo Gremigni, divenne così responsabile delle diocesi unite di Teramo e Atri, sempre soggette alla Santa Sede. L'anno successivo Teramo inglobò nel proprio territorio 27 parrocchie della diocesi di Penne-Pescara, corrispondenti ai comuni di Castelli, Fano Adriano, Pietracamela, Isola del Gran Sasso, Tossicia e Colledara.[10]

Il 17 novembre 1965 la diocesi di Teramo cedette il comune di Monsampolo del Tronto alla diocesi di Ascoli Piceno, acquisendone in cambio le parrocchie di Macchia da Sole e di Leofara, frazioni del comune di Valle Castellana.[11]

Il 2 marzo 1982 le due diocesi entrarono a far parte della nuova provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Pescara-Penne.[12]

Il 30 settembre 1986, essendo vescovo Abele Conigli, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, le diocesi furono unite in forma piena (plena unione) assumendo il nome attuale.

Cronotassi dei vescovi

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Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi di Atri e Penne

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Arcidiocesi di Pescara-Penne.

Vescovi di Teramo

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Vescovi di Teramo e Atri

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Vescovi di Teramo-Atri

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Vescovi originari della diocesi

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Statistiche

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La diocesi nel 2022 su una popolazione di 220.200 persone contava 218.300 battezzati, corrispondenti al 99,1% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 202.002 202.230 99,9 217 179 38 930 61 231 165
1969 211.036 213.741 98,7 236 161 75 894 135 294 121
1980 223.000 225.000 99,1 229 145 84 973 1 94 288 175
1990 237.000 239.000 99,2 177 120 57 1.338 9 62 168 187
1999 240.000 248.000 96,8 193 123 70 1.243 5 74 168 207
2000 240.000 248.000 96,8 190 120 70 1.263 12 74 168 187
2001 240.000 248.000 96,8 190 120 70 1.263 12 74 168 187
2002 240.000 248.000 96,8 186 116 70 1.290 12 74 168 187
2003 240.000 248.000 96,8 186 116 70 1.290 11 74 168 187
2004 240.000 248.000 96,8 186 116 70 1.290 11 73 168 187
2010 240.000 248.000 96,8 199 121 78 1.206 11 84 177 187
2012 262.800 250.500 95,3 144 112 32 1.739 11 35 127 187
2017 223.481 223.950 99,8 168 106 62 1.330 12 64 116 187
2020 222.000 223.000 99,6 109 108 1 2.036 12 3 116 187
2022 218.300 220.200 99,1 152 108 44 1.436 12 46 116 187
  1. ^ Appartengono alla diocesi quattro parrocchie: San Lorenzo a Civitella del Tronto, San Flaviano nella frazione di Ponzano, Santa Maria delle Grazie nella frazione di Borrano e San Nicola nella frazione di Rocche. Il resto del territorio comunale appartiene alla diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto.
  2. ^ Appartengono alla diocesi solo due parrocchie: San Giovanni Battista nella frazione di Macchia da Sole e Santa Maria Assunta nella frazione di Leofara. Il resto del territorio comunale appartiene alla diocesi di Ascoli Piceno.
  3. ^ Bolla Licet ea, in Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum Romanorum pontificum Taurinensis editio, Vol. III, pp. 547–549.
  4. ^ a b c d e Dal sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
  5. ^ Nel 1848, secondo quanto riferisce D'Avino (Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie, p. 535), la diocesi comprendeva Atri, Mutignano (oggi Pineto), Silvi, e le frazioni atriane di Casoli, San Giacomo e Santa Margherita.
  6. ^ Francesco Savini, S. Maria Aprutiensis ovvero L'Antica cattedrale di Teramo. Studio storico-artistico, Roma, 1898.
  7. ^ Kehr, Italia pontificia, IV, p. 313, nº 13. De Palma, Storia ecclesiastica e civile…, vol. I, pp. 158-162.
  8. ^ Francesco Savini, Il duomo di Teramo. Storia e descrizione, Roma, 1900, pp. 10-12.
  9. ^ Francesco Savini, S. Maria Aprutiensis ovvero L'Antica cattedrale di Teramo, p. 26.
  10. ^ (LA) Congregazione concistoriale, Decreto Pars territorii, AAS 42 (1950), pp. 554-555.
  11. ^ (LA) Sacra Congregazione Concistoriale, Decreto Quo facilius, AAS 58 (1966), pp. 101-102.
  12. ^ (LA) Bolla Ad maiorem, AAS 74 (1982), pp. 533-534.
  13. ^ Nella sua opera, rimasta manoscritta, dal titolo Discorso cronologico sopra de' Vescovi della Città di Teramo, l'erudita Carlo Riccanali (1641-1716), dopo Opportuno, riporta una serie di undici vescovi, ignota a tutti gli antichi eruditi (Ughelli, D'Avino, Cappelletti, Gams): Bonifacio (620), Lucio (638), Eleuterio (658), Benedetto (682), Gisulfo (715), Deodato (744), Parmione (768), Eraclio (791), Paolo Petito (798), Giovanni I (804) e Adalberto (819). De Palma (Storia ecclesiastica e civile…, vol. I, pp. 90-91 e 95) esclude che questi vescovi siano mai realmente esistiti e due di essi in particolare sono frutto di abbagli del Riccanali: nessun vescovo italiano, eccetto i legati papali, prese parte al concilio di Costantinopoli del 680/681, al quale avrebbe preso parte il vescovo Benedetto; a Giovanni I poi Riccanali assegna un documento che in realtà appartiene al vescovo omonimo della seconda metà del IX secolo. La cronotassi del Riccanali è ripresa nella recente opera di Gabriele Orsini, La Diocesi di Teramo-Atri all'alba del terzo millennio (1999).
  14. ^ Secondo Cappelletti la lettera che Giovanni I ricevette da papa Giovanni VIII sarebbe dell'874 e non dell'879.
  15. ^ Ughelli (Italia sacra, I, col. 344, nº 4) aggiunge alla cronotassi teramana il vescovo Ruggero, che sottoscrisse nell'887 ad una donazione fatta dal vescovo Teodoro di Fermo al monastero della Santa Croce. Questo diploma è tuttavia ritenuto un falso (Kehr, Italia pontificia, IV, p. 143; De Palma, Storia ecclesiastica e civile…, vol. I, p. 98), motivo per il quale De Palma e Gams escludono Ruggero I dalla cronotassi di Teramo. Escluso questo vescovo, i medesimi autori ritengono che Giovanni I e Giovanni II siano la stessa persona.
  16. ^ Ughelli riporta documenti che attestano l'esistenza di un vescovo Giovanni nell'891, nell'894, nell'897 e nel 926. Secondo De Palma (Storia ecclesiastica e civile…, vol. I, pp. 104-105), per il quale Giovanni I e Giovanni II sono la stessa persona, quasi cinquant'anni d'episcopato (879-926) sarebbero troppi per una sola persona, per cui ipotizza che il Giovanni documentato nel 926 potrebbe essere una persona diversa.
  17. ^ a b c d e f g h i j Schwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens…, pp. 291-293.
  18. ^ Un vescovo di nome Pietro è ininterrottamente documentato dal 976 al 1036, e precisamente negli anni 976, 989, 990, 1000, 1007, 1018, 1026, 1027, 1036. De Palma, Pannella, Schwartz fanno notare che 70 anni di episcopato sono evidentemente troppi per una persona sola; si tratta perciò di vescovi omonimi, ma non è possibile stabilire quali documenti appartengano a Pietro I e quali a Pietro II.
  19. ^ Norbert Kamp, Dionisio, Dizionario biografico degli italiani, volume 40, 1991.
  20. ^ a b c d e f g h i j Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien…, vol. I, pp. 49–59.
  21. ^ Ruggero, la cui ultima attestazione storica è di dicembre 1291, morì prima del 14 febbraio 1294, giorno in cui la sede aprutina risulta vacante (De Palma, Storia ecclesiastica e civile…, vol. II, p. 41.
  22. ^ De Palma, Storia ecclesiastica e civile…, vol. II, pp. 49-50.
  23. ^ De Palma, Storia ecclesiastica e civile…, vol. II, p. 70.
  24. ^ Contestualmente nominato vescovo titolare di Amiterno.

Bibliografia

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Voci correlate

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