Discussione:Applicazione parziale

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Ha un nome questa cosa?

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– Il cambusiere --Piddu (msg) 17:04, 17 apr 2008 (CEST)Rispondi

Supponiamo di avere una funzione

 
 

L'idea è quella di poter "inserire un argomento alla volta". Formalmente si tratta di definire una sorta di "funzione ridotta"   che ad ogni a associa una funzione da B a C, cioè una funzione che "aspetta" il b per poter dare di nuovo  .

Dunque:

 
 

dove la funzione   è tale che:

 

Abbiamo dunque una sorta di "operazione di riduzione", quella che ci consente di passare da f a  

Ecco, volevo appunto sapere se questa cosa "ha già un nome".

Lo chiedo perché mi piacerebbe spingermi un po' più in là, e anziché passare attraverso l'introduzione della "funzione ridotta"   osservare direttamente che la funzione f(a,b) la si può anche intendere come f(a)(b) e la differenza è "solo" che quando scriviamo f(a,b) stiamo descrivendo un elemento dell'insieme  , mentre quando scriviamo f(a)(b) stiamo descrivendo un elemento dell'insieme  , oppure, se pensiamo di fissare prima il secondo argomento, un elemento di  .

Ora, dire che la f è "sempre la stessa", è come dire che

 .

--..|DP|.. 04:07, 11 set 2007 (CEST)Rispondi

In altri termini, avrei bisogno di poter "togliere le parentesi". Cioè una   dovrebbe poter anche essere scritta come  , e valendo questa proprietà associativa alla fine si potrebbe scrivere indifferentemente  :

 

L'ultimo termine è ciò che definiamo comunemente funzione a due argomenti. Ma allora, che cos'è  ? E che cos'è quel   che indica indifferentemente sia   sia   in virtù della "proprietà associativa"?

E si potrebbe fare anche di più:

 


--..|DP|.. 06:08, 11 set 2007 (CEST)Rispondi

La funzione da B in C ottenuta fissando un a si indica di solito con  , non conosco però un nome per questa operazione. Ylebru dimmela 10:31, 11 set 2007 (CEST)Rispondi
Tutto ciò mi ricorda la programmazione funzionale e, in particolare, il currying. Salvatore Ingala (conversami) 10:38, 11 set 2007 (CEST)Rispondi
È lui, proprio così come l'avevo pensato. O meglio, non proprio. L'idea di base è quella, e quando ho visto la pagina che mi hai linkato con tutte le potenze degli insiemi ho avuto la sensazione di aver trovato ciò che cercavo. Però a me servirebbe proprio la possibilità di "togliere le parentesi". Adesso provo a spiegarmi meglio:

Quando si introduce lo spazio duale V*, prima si comincia a scrivere f(v), ma dopo un po', a forza di "isomorfismi naturali" si passa a scrivere <f,v>. Ora, è vero che "ufficialmente" <f,v> deve essere letta o come f(v) oppure come v**(f), dove v** è il biduale del vettore v che agisce sul covettore f. Però in realtà questa è solo una versione "ufficiale" che serve per "non dare scandalo ai minori", perché infatti quando scriviamo <f,v> stiamo proprio pensando ad una "operazione", nella quale si può pensare indifferentemente che f agisce su v o che v agisce su f.

Se poi passiamo ai tensori, allora la cosa è ancora più chiara. Ad esempio un tensore T(1,1) viene definito come una applicazione da V* x V a K:

T(1,1) : V* x V -> K

T: (f,v) -> T(f,v)

Tuttavia poi di fatto non è così che si ragiona, ma si scrive

fTv

e si immagina che T possa agire "a destra su v" diventando un altro vettore, oppure che possa agire "a sinistra su f" diventando un altro covettore e che alla fine ciò che si ottiene vada a "contrarsi" con quell'altro per dare uno scalare. Non solo, ma il fatto che T sia "più grosso" degli altri due alla fine non conta, e possiamo anche pensare che sia f ad agire "a destra su T" eccetera.

Per certi aspetti tutto ciò mi ricorda le macchine di Turing. Infatti è nella f(a,b) è come se la f fosse una macchina di Turing particolare, che fa sempre la stessa cosa: prende due argomenti e dà un certo risultato. Però se noi scriviamo fab allora è come se stessimo definendo una sorta di "operazione universale" che prende come variabili sia f, sia a e sia b, e poi le "esegue". Questa è appunto la macchina universale di Turing, dove anche i programmi vengono caricati in memoria assime a tutto il resto.

Ecco, nel caso dei tensori questa "operazione universale" può essere rappresentata con le matrici. Infatti se noi disponiamo le matrici di tensori, non conta chi sia ad agire su chi: c'è tutto un mondo di righe e colonne che si contraggono o si moltiplicano, e alla fine tutte le matrici sono alla pari in questa sorta di macchina universale di Turing che non sa fare altro che "riga per colonna" e non capisce altro. Certo, poi il fatto che una matriciona a più indici si vada a "contrarre" con una umile riga o con una umile colonna dal nostro punto di vista fa la differenza, ma per la nostra "macchina universale" non c'è alcuna differenza, così come il computer quando fa il boot carica in RAM quel che trova in una certa posizione, e che poi quello sia un pezzo del sistema operativo lo sappiamo solo noi.

Ora, qual è quella "operazione universale" fra i tensori che nella rappresentazione matriciale corrisponde alla "riga per colonna"? O meglio, visto che le matrici saltano fuori come componenti, come è fatta quella operazione quando ancora non siamo passati alle componenti? In altri termini, come è l'"operazione universale assoluta" per i tensori? Se sapessimo rispondere a questa domanda, sapremmo veramente dire "che cosa è un tensore", mentre tutti gli altri mille modi di introdurre il concetto sono solo immagini sullo sfondo della caverna di Platone.

Poi, fatto questo semplice lavoretto, si tratterebbe di passare dalla "operazione universale assoluta lineare" alla "operazione universale assoluta qualunque", e allora potremmo scrivere fab senza le parentesi e potremmo davvero dire "che cosa è una funzione". Tutto il resto è caverna.

--..|DP|.. 22:00, 11 set 2007 (CEST)Rispondi

dove sono gli esempi?

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Nella sezione approccio intuitivo con degli esempi si dice:

Prima ancora di fornire la definizione formale, un semplice esempio può mostrare che il significato da dare ad una applicazione parziale è piuttosto intuitivo, al di là delle complicazioni che si pongono quando si voglia formalizzare tale intuizione.

Si supponga di avere una funzione moltiplica che moltiplica due numeri interi, cioè che ad ogni coppia di interi fa corrispondere il loro prodotto:

moltiplica : \N \times \N \to \N moltiplica : (m, n) \mapsto moltiplica(m,n) = m \cdot n

ora, (moltiplica : \N \times \N \to \N moltiplica : (m, n) \mapsto moltiplica(m,n) = m \cdot n) è la premessa della supposizione e implica una conclusione, che dovrebbe essere l'esempio annunciato.

Ma la sezione si interrompe qui... se nessuno è in grado di completarla andrebbe cancellata essendo fuorviante e inutile

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