Discussione:Parilia
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Se nessuno ha nulla in contrario apporterei alcune integrazioni alla voce sulla base delle informazioni che da' Ovidio. La festa e' particolarmente significativa in quanto risale a tempi precedenti la fondazione di Roma e contiene nel rituale e specie nell'invocazione molti elementi particolarmente interessanti per il loro valore sull' idea di sacro, interdetto, contaminazione e lustrazione/espiazione.Aldrasto (msg) 11:52, 7 dic 2009 (CET)
- Ben venga ogni ampliamento della voce. Nel caso tu fossi un "neofita" di questa enciclopedia, ti prego di prendere visione preventivamente delle pagine guida, con particolare attenzione a Wikipedia:Niente ricerche originali e Wikipedia:Cita le fonti. Buon lavoro. --Campera (msg) 12:17, 7 dic 2009 (CET)
Qui di seguito scrivo una versione ampliata della voce, come prova.
La festa aveva due forme rituali leggermente dissimili, una urbana (che si svolgeva a Roma) ed una rurale. Ovidio ci da' una descrizione di entrambe in sequenza, cominciando dal rituale della festa in Roma (Fas. IV, 721-781). Nel rito urbano si eseguiva una lustrazione sull'ara di Vesta colla partecipazione della vestale piu' anziana che vi bruciava profumi e poi vi mescolava cenere di vitello (sacrificato nelle precedenti Fordicidia), sangue di cavallo (il cavallo di destra della biga vincitrice della festa dell' equus October dell'anno precedente) e steli di fave.
Nella versione rurale descritta di seguito il pastore spruzzava d'acqua il gregge, scopava l'ovile e lo ornava di fronde. Bruciava poi fronde d'olivo, zolfo, erbe sabine e fronde di lauro stillante d'acqua con fiaccole. Offriva poi latte, miglio e pizze di miglio a Pale. Doveva quindi recitare quattro volte una preghiera (vv. 746-776) in cui si domandava venia a Pale per l'infrazione di interdetti operata dal pastore stesso o dal suo gregge e se ne chiedeva l'intervento per placare le divinita' (numi di boschi e fonti) offese per avere:
violato luoghi sacri come alberi, erba di tombe, boschi interdetti;
tagliato fronde di boschi sacri;
essersi rifugiato col gregge in templi per sfuggire il maltempo;
aver turbato laghi e fonti cogli zoccoli degli animali.
visto esseri divini (Fauno, Diana, ninfe ed ogni altro nume dei luoghi selvaggi anche ignoto) obbligandolo con cio' a fuggire.
La preghiera doveva esser recitata rivolti ad Oriente.
Poi il pastore doveva lavarsi le mani, bere latte e sapa (bevanda preparata dalla bollitura del vino) ed infine saltare tre volte tra le stoppie incendiate.
Ovidio stesso continua esponendoci le molte interpretazioni che gli antichi Romani davano del rituale. Per esempio il valore dato ad acqua e fuoco come i due elementi opposti indispensabili alla vita ed anche efficaci di per se' per la purificazione. I vuoti steli delle fave bruciati significherebbero l'anullamento delle colpe ottenuto tramite il rito.
Il valore religioso della festa e' quindi di una lustratio.
Properzio scrive anche lui delle Parilia (4, 4, 73-8). Il fatto che egli accenni alla relativa novita' dell'uso di bruciare sangue equino ha portato Dumezil a ritenere che codesto sangue non possa essere quello dell'equus October dell'anno precedente, contro l'opinione della maggior parte degli studiosi.