Discussione:Piero Jahier
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Non si potrebbe inserire la trascrizione fonetica del cognome? Mi son sempre chiesto se pronunciarlo alla francese o come. Leggo che era protestante e piemontese, un valdese dunque?
Jahier era di famiglia valdese, il padre era un pastore protestante.
Se devo essere sincera anch'io lo pronuncio alla francese ma penso che sia corretto pronunciarlo con i fonemi dell'italiano, anche perchè stando alla regola italiana la j consonantica dei nomi propri (pensa ad Jugoslavia) o di certi cognomi (pensa ad Ojetti) si pronuncia come una normale i.
- Regola:SI PRONUNCIA COME UNA G PALATALE SOLO IN PAROLE DI ORIGINE INGLESE (pensa a Jeep o a Jet).
Allora:
- si pronuncia con i fonemi dell'italiano:
- la semiconsonante palatale di /j/ Iaier /'Jahier'/ pertanto la j viene considerata una vocale da pronunciare con posizione accostata (come la consonante /i/) , la h come sai non rappresenta un suono ma solamente un segno grafico e pertanto non si fa sentire, la /e/ si pronuncia come una palatale aperta (zèro).
Spero che sia così, se non fosse non prendertela cone me. Ciao--Paola 17:58, Nov 7, 2004 (UTC)
Il cognome Jahier è di origine francese, quindi penso sia corretto pronunciarlo alla francese [ʒai’e:], non all'italiana. Riferimenti esterni: http://www.geneanet.org/genealogie/fr/jahier.html http://www.nom-famille.com/nom-jahier.html --Angelo.Muratore (msg) 09:24, 3 lug 2010 (CEST)
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Deposito momentaneo
modificaPiero Jahier
Criticano sempre [Con me e con gli alpini]
Criticano sempre perché mi accompagno con gli inferiori. Ma non mi accompagno con gli inferiori; mi accompagno coi miei uguali. Tu credi di esser più istruito perché hai fatto le scuole; e che il soldato popolo ti sia inferiore. Credi che la saviezza dipenda dall’alfabeto. E la nobiltà dal sartore. Ma io tutte queste cose non le credO. Tu, cos’è stata fin qui la tua vita? Sei nato, ài empito pelle, vuotato pelle, fregato pelle. Eppoi tuo zio Capo Divisione ti ha impiegato. E da allora ài empito più pelle, vuotato più pelle, fregato meglio pelle. E se mi parli, non mi sai parlar altro che di questo empir pelle e vuotar pelle e fregar pelle che ti è stata la vita. E allora io mi accompagno col mio trombettiere contadino, invece. Che à un anima tanto ricca che trabocca in poesia, quando mi racconta il combattimento contro la miseria ch’è stata la sua delle vite. Viaggi e battaglie di un contadino italiano contro la miseria. E mi porta le notti sul piroscafo quando dormiva sopra la caldaia, e i piattini gli facevan la musica per compagnia; e mi fa vedere la barchetta di salvamento, nel naufragio, che quando faceva cocuzzolo l’acqua, saliva come un uccellino. Vado con lui dove lavorava, tra i neri che vogliono bene ai gentili italiani, perché li fanno passare sui marciapiedi e no camminare come i cavalli nel mezzo di strada; quando accettava anche i lavori sforzati: sott’acqua dieci ore, e scendeva a cercar la collina di sabbia per far passare lo stima, e portava con sé la bocca della macchina fino alla collina e poi trincava tre volte, a segno che la bocca doveva mangiare. E si è francato 5500 lire in tre anni, cibato onesto. Ma mai perdeva il colpo di lavorare, né il colpo di mangiare. Neanche la festa, che spendevano i paesani. Lui trovava una scusa per restar tutto solo; — nel luogo straniero. E si era fatto una casetta al paese – casanova – per poter prendere moglie; che nessuno ridesse quando ha preso moglie “che non ho luogo dove portarla, io”. Invece la guerra è venuta; e la casa appena coperta si è chiusa, e la moglie è tornata a suo padre. Ma quando va al borgo, per sussidio, lei passa alla casa nuova tra le spine, e nel comò ripone – di frodo – qualche cinque lire per il suo uomo. Perché non vuole che torni oltremare dopo. Se scamperà questa guerra cattiva. L’ ha portato alla casa serrata, per la licenza invernale; e gli ha aperto il tiretto e mostrato la sorpresa. Mi ride come un angelo e lacrima a raccontarmi la moglie brava. Le serba fede sempre; non ha toccato altra donna mai. Ma se scampa, nella Merica ritorna listesso per finire; siccome ci vuol la terra intorno alla casa; lui è un uomo. E ha della mitraglia nel corpo, sai. Ah! Che mi accompagno con questo inferiore. Quando son stato con lui mi sento consolato. E credo nella patria. E prego per lui che torni alla sua donna – e alla patria – che allievi i suoi figlioli a sé - E alla patria. Ma tu, che sei superiore, va pure al tuo destino. E stanne pure lontano. Se ti ubbidisce è perché stai lontano. Il suo rispetto è donato sulla fede che la gerarchia sia giustizia, che sia merito, che sia premio. Forse crederà che tu l’abbia guadagnato. Guai se perdesse questa fede! Guai se ti conoscesse davvero! TU PER SERVIRE LA PATRIA, devi stargli lontano. Lontano come quand’era sott’acqua a cercar la collina di sabbia; e tu sul Corso a impolverar gli scarpini.
(il brano manca di citazione precisa ed è troppo lungo per essere riportato, devo provvedere) --Paola 23:43, 14 lug 2007 (CEST)
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