Do Anything You Say

singolo di David Bowie del 1966

Do Anything You Say è un brano musicale scritto dall'artista inglese David Bowie e pubblicato come 45 giri il 1º aprile 1966.

Do Anything You Say
singolo discografico
ArtistaDavid Bowie
Pubblicazione1º aprile 1966
Durata2:32
GenereRock
Rhythm and blues
EtichettaPye Records
ProduttoreTony Hatch
RegistrazionePye Studios, Londra, 7 marzo 1966
Formati7"
NoteLato B: Good Morning Girl
David Bowie - cronologia
Singolo successivo
(1966)

Fu il primo singolo accreditato al solo Bowie, sebbene fosse stato inciso con il gruppo The Buzz in cui militava in quel periodo.[1]

  1. Do Anything You Say (David Bowie) - 2:32
  2. Good Morning Girl (David Bowie) - 2:14

Formazione

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Il brano

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Si tratta di una composizione in puro stile Rhythm & Blues, con armonie articolate secondo lo schema "domanda-risposta" che richiamano Tired of Waiting for You dei Kinks e soprattutto Anyway, Anyhow, Anywhere degli Who.[1] Ancora una volta dopo You've Got a Habit of Leaving dell'anno precedente, la band londinese esercitò una notevole influenza sulle composizioni di Bowie che con questo brano tornò a uno degli argomenti standard dei testi R&B, un ragazzo che piange nel vedere altre coppie mano nella mano dopo che la sua fidanzata lo ha lasciato e che decide di fare di tutto per farla ritornare.

Il lato B

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Brano dalle sfumature jazz che include anche un ritornello cantato da Bowie in stile scat, Good Morning Girl accenna a Georgie Fame e a I Need Love dei Dave Clark Five,[2][3] mentre il titolo è un riferimento allo standard Good Morning, School Girl composto da Sonny Boy Williamson I nel 1937, di cui gli Yardbirds avevano già pubblicato una cover.[4] La canzone rimase nel repertorio live dei Buzz durante tutto il 1966.

Registrazione

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Il demo di Do Anything You Say venne registrato ai Regent Sound Studios di Londra il 22 febbraio 1966,[1][5] mentre la versione definitiva venne incisa il 7 marzo negli studi della Pye Records.

Uscita e accoglienza

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Il 45 giri uscì il 1º aprile 1966, preceduto da un'esibizione promozionale al Target Club di High Wycombe durante la quale David venne intervistato da Earl Richmond di Radio London.[1][6]

Appena un giorno dopo la pubblicazione, Melody Maker riportò una recensione della cantante Dusty Springfield: «Non ho la più pallida idea di chi sia, ma riesco a vedere lo sforzo che è stato fatto per questo disco. È piacevole, il sound è un po' caotico».[1]

Anche se David e i Buzz continuarono a proporre Do Anything You Say in diversi spettacoli e concerti, incluso il Bowie Showboat che avrebbe preso il via a breve, in termini di vendite il singolo si rivelò l'ennesimo insuccesso.[1]

Pubblicazioni successive

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Sulla scia della crescente popolarità di David Bowie, nel 1972 la Pye Records ripubblicò Do Anything You Say nel Regno Unito e in Giappone, stavolta con I Dig Everything come lato B.

Do Anything You Say è presente nell'EP For the Collector Early David Bowie (1972) ed entrambe le tracce del singolo si trovano nel box set I Dig Everything: The 1966 Pye Singles (1999), nell'EP Don't Be Fooled by the Name (1981, uscito in Italia come Early Bowie) e nelle raccolte David Bowie: The Collection (1985), David Bowie 1966 (1987) e Early On (1964-1966) (1991).

Do Anything You Say e Good Morning Girl sono state oggetto di cover, rispettivamente, da parte dei The Great Imposters nell'album tributo Dollars in Drag: A Tribute to David Bowie (1977) e dei Brian Jonestown Massacre nella raccolta di artisti vari Pure Spun Sugar (1998).

  1. ^ a b c d e f Do Anything You Say, su exploringdavidbowie.wordpress.com, www.exploringdavidbowie.wordpress.com. URL consultato il 7 luglio 2016.
  2. ^ Good Morning Girl, su bowiesongs.wordpress.com, www. bowiesongs.wordpress.com. URL consultato il 7 luglio 2016.
  3. ^ Perone (2007), pp. 2-3.
  4. ^ Good Morning Girl, su exploringdavidbowie.wordpress.com, www.exploringdavidbowie.wordpress.com. URL consultato il 7 luglio 2016.
  5. ^ Pegg (2002), pp. 62-63.
  6. ^ Do Anything You Say, su bowiesongs.wordpress.com, www. bowiesongs.wordpress.com. URL consultato il 7 luglio 2016.

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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