Due Marmitte

sottotribù dei Teton Lakota

Con il nome di Due Marmitte,[1] oppure Due Pentole,[2] o anche Due Bolliture,[3] (endonimo lakota Oóhenuŋpa[4]; inglese Two Kettles o Two Kettle Sioux) ci si riferisce alla più piccola delle sette sottodivisioni o oyate della tribù di nativi americani denominata Teton Lakota. Le prime due definizioni italiane costituiscono la traduzione letterale dell'espressione americana "Two Kettles", che fu a sua volta coniata nell'intento di rendere in inglese l'endonimo Oóhenuŋpa, composto da oóhe ("cotto mediante bollitura in pentola") e núŋpa ("due"), e quindi significante qualcosa tra "due bolliture" (donde la terza variante italiana) e "due pentole di cibo bollito"[5] Peraltro, gli studiosi italiani preferiscono spesso conservare l'endonimo lakota, variamente trascritto nel normale alfabeto latino,[6] oppure utilizzare la denominazione in inglese (con o senza la 's' finale).[7]

Il capo Miwátani Háŋska (Alto Mandan)
in abiti tradizionali

Come le altre oyate dei Lakota, anche i Due Marmitte erano divisi in bande o tiyošpaye. Diversi nomi sono stati fatti storicamente per i loro sottogruppi, ma l'etnologo James O. Dorsey, che scriveva negli ultimi decenni dell'Ottocento, ne riportava solamente due: gli Oóhenuŋpa, propriamente detti, e gli Há Waȟóta (pelle striata di grigio).[8]

 
Miwátani Háŋska (Alto Mandan)
in tenuta da wašíču ('uomo bianco')

Secondo le ricerche compiute dal futuro biografo di Cavallo Pazzo, Kingsley M. Bray,[9] gli Oóhenuŋpa emersero nella prima metà dell'Ottocento come uno dei sottogruppi dei Wáŋ Nawéǧa ('freccia spezzata coi piedi'), tiyošpaye dei Minneconjou, la più problematica e turbolenta delle tribù teton. Agli inizi degli anni quaranta[10] gli Oóhenuŋpa si resero completamente autonomi dai Minneconjou e diventarono ben presto uno dei sette fuochi del consiglio lakota, seppur il più piccolo e meno influente. Sotto la guida del loro capo principale, Matȟó Tópa (Quattro Orsi), "uomo ragionevole e moderato",[11] essi abbracciarono una strategia diversa da quella adottata dalla gran parte dei loro fratelli teton e accettarono di collaborare con i commercianti e i funzionari governativi statunitensi, stabilendosi in modo semipermanente nei pressi dei posti di scambio[12] e dedicandosi perfino a limitate attività agricole. In particolare, non furono coinvolti, se non marginalmente, nell'imperialismo bellicista dei Teton, del quale fecero all'epoca le spese tribù vicine come i Pawnee. Ferma restando la loro sostanziale marginalità, la politica accomodante da essi adottata riscosse un successo non indifferente che si tradusse nel loro notevole aumento numerico. Secondo Bray, nel quindicennio 1850-1865, il numero di tende che misurava le dimensioni della tribù, quasi triplicò, passando da 60 a circa 170.[13]

Gli "Sciocchi Soldati" - Una storia vera
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Un episodio significativo dell'atteggiamento accomodante dei Due Marmitte nei confronti dei bianchi si verificò nel 1862 al termine della fallita insurrezione soux del Minnesota. Verso la fine di ottobre, mentre molti gruppi di Santee erano in fuga nelle praterie dell'Ovest o verso il Canada, una banda di Sisseton affamati al comando di Wakhéya Ská (Tenda Bianca), si presentò al campo degli Oóhenuŋpa e Sans Arc, nella loro zona tradizionale di insediamento presso il posto di scambio di Forte Pierre sul Missouri. I Sisseton, che puntavano a trascinare i loro cugini lakota nella guerra contro il governo statunitense, avevano al seguito, come prigionieri, due donne bianche e i loro sei bambini, dei quali intendevano servirsi come 'scudi umani' nei confronti di eventuali imboscate da parte dell'esercito. A dispetto di qualche iniziale simpatia da parte degli aziani, essi non riuscirono però a smuovere i lakota, e furono soltanto riforniti in qualche modo e quindi spediti a monte, lungo il fiume.

Probabilmente su incitamento dei coniugi Galpin – Charles, il rappresentante dell'American Fur Company a Fort Pierre, e la sua influente moglie oóhenuŋpa, Waŋblí Ayútepiwiŋ (Donna Aquila Osservata) – ma tra lo scetticismo dei maggiorenti del campo, una decina di giovani locali di entrambe le tribù, recentemente riunitisi in una società guerriera (akíčhita) ispirata da una visione di tipo umanitario, si misero all'inseguimento dei Sisseton, li raggiunsero dopo una cavalcata di circa dieci giorni e, non essendo in grado di attaccarli data la sproporzione tra le forze in campo, riuscirono a convicerli a negoziare la consegna di tutti i prigionieri e a farseli affidare a prezzo di tutto ciò che avevano portato con sé, compresi tutti i cavalli meno uno. Dopodiché, a piedi, durante le prime bufere invernali, portando i bambini sulle spalle e sull'unica cavalcatura a disposizione, riuscirono a rientrare a Fort Pierre e, da lì, su un carro, a riaccompagnarli al sicuro a Fort Randall, dove stazionava l'esercito. Ma qui ricevettero un'accoglienza inaspettata: senza neanche ascoltare gli ostaggi liberati, il comandante della guarnigione li fece immediatamente arrestare tutti e rinchiudere nelle gelide celle del forte dove due di loro trovarono la morte per assideramento. Dopo alcune settimane, i giovani furono rilasciati, con l'ammonizione che il duro trattamento subìto doveva essere di lezione per ogni indiano che osasse incrociare il cammino dei bianchi. Rientrati al campo, dovettero per di più fare i conti anche con l'irrisione del resto della tribù che affibbiò al loro gruppo guerriero il nomignolo di akíčhita wačhiŋtȟuŋ šni (società degli scriteriati).[14]

Nel 1973 a Mobridge nel Dakota del Sud è stato eretto un monumento a ricordo della Fool Soldier Band: nelle motivazioni sono iscritti i nomi degli undici guerrieri lakota protagonisti dell'episodio: Martin Charger (Waánataŋ), il mezzosangue che guidava il gruppo, Kills Game, Comes Back, Four Bear, Mad Bear, Pretty Bear, Sitting Bear, Swift Bird, One Rib, Strikes Fire, Red Dog, e Charging Dog.[15]

 
Waŋblí Ayútepiwiŋ - Donna Aquila Osservata (1820-1888)[16]

Nel 1851, comunque, un altro dei capi principali dei Due Marmitte, Miwátani Háŋska (Alto Mandan),[17] era già stato tra i firmatari del primo trattato di Fort Laramie, accanto ad uno Yankton Dakota e a quattro Brulé.[18] Nel 1865, poi, la "Two-Kettle band" fu destinataria di uno dei trattati sottoscritti a Fort Sully con varie bande di Sioux e di altri indiani: con il trattato I Due Marmitte riconoscevano la giurisdizione del governo americano, si impegnavano a cessare le aggressioni contro bianchi e nativi e consentivano a stabilirsi in zone precise di territorio. Tra i firmatari figurava anche il nominativo di Matȟó Tópa, il loro già ricordato capo.[19]

Non è chiaro se i Due Marmitte parteciparono in qualche modo alla successiva guerra di Nuvola Rossa o, con ancor minore probabilità, alla guerra per le Black Hills di dieci anni dopo;[20] certo è invece che alcuni loro capi, guidati questa volta di nuovo da Miwátani Háŋska (Alto Mandan), firmarono il secondo trattato di Fort Laramie nel 1868.[21] Nel catalogo descrittivo delle foto di indiani americani preparato da W.H. Jackson e pubblicato dal Dipartimento degli Interni nel 1877, l'annotazione relativa agli «O-he-nom-pas, or Two Kettles», dopo aver dato atto che vivevano principalmente presso Fort Pierre, aggiungeva: «si dice che ben poche lagnanze siano mai state sollevate [nei loro confronti], avendo essi sempre lealmente osservato le previsioni dei loro trattati con gli Stati Uniti.»[22]

Dopo l'avvenuta stipula di quello di Laramie del 1868, vennero costituite nel territorio della Grande Riserva Sioux (che abbracciava fra l'altro tutto il territorio dell'attuale Dakota del Sud a ovest del fiume Missouri) una serie di agenzie indiane, tra cui, nel 1869, quella del fiume Cheyenne[23] alla quale furono aggregati i Due Marmitte. Secondo i registri dell'Agenzia del 1876 la tribù era ora organizzata in due bande consolidate, facenti capo l'una (Oíglapta) a Matȟó Tópa e l'altra (Šúŋka-yúte-šni) a Miwátani Háŋska.[9] Secondo l'ultimo rilevamento separato della popolazione della riserva nel 1887, la tribù contava ancora 642 persone, segno evidente che né le malattie né le guerre avevano influito più di tanto sul suo numero.[20]

Attualmente i discendenti degli Oohenonpa vivono nel Dakota del Sud, nella riserva Cheyenne River Indian Reservation (istituita nel 1889 sulle ceneri della Grande Riserva Sioux): essi compongono la Cheyenne River Lakota Oyate (tradizionalmente denominata Cheyenne River Sioux Tribe), insieme ai discendenti di Sans Arc, Minneconjou e Sioux Piedineri.

  1. ^ Il termine è usato ad esempio da Chiara Rizzo e Roberto Serrai nella loro traduzione dell'opera di Peter Cozzens, The Earth is weeping (La terra sta piangendo, Milano, Mondadori, 2018, passim, ISBN 978-8804686675).
  2. ^ Il termine è usato ad esempio da Sergio Battaglia nella sua traduzione della biografia di Toro Seduto di Stanley Vestal (Toro Seduto campione sioux, Milano, Mursia, 1984, p. 136 et al).
  3. ^ Il termine è usato, affiancato a quello americano di Two Kettle, da Roberta Rambelli nella sua traduzione della biografia di Toro Seduto di Robert Uetley (Toro Seduto. La sua vita, i suoi tempi, Milano, Mondadori, 1993, pp. 12 e 444, ISBN 88-04-39990-2).
  4. ^ New Lakota Dictionary, ad nomen, pag. 401.
  5. ^ «The name Two Kettles is an English translation of the self-designation oˀóhenųpa 'two boilings', composed of oˀóhe 'cooked (food) by boiling in a kettle' + nų́pa 'two', a reference to two kettles of cooked food» (DeMallie, Sioux, p. 758). L'ortografia lakota impiegata da DeMallie è quella di "Rood & Taylor", mentre nel corpo della presente voce si utilizza quella più recente del New Lakota Dictionary di Jan Ulrich. DeMallie elenca diverse altre forme di trascrizione del nome, a partire da "Wo hai noom pah" nel 1833.
  6. ^ "Oohenonpa", ad esempio secondo Raffaele D'Aniello (Dizionario degli Indiani d'America, Roma, Newton & Compton, 1999, p. 526, ISBN 88-8289-046-5).
  7. ^ Ad esempio, Marco Massignan, Il grande libro delle tribù indiane d'America, Xenia, Milano, 1999, p. 308, ISBN 88-7273-344-8.
  8. ^ James Owen Dorsey, Siouan Sociology. A Posthumous Paper, in Fifteenth Annual Report of the Bureau of Ethnology to the Secretary of the Smithsonian Institution 1893–1894, Washington, Government Printing Office, 1897 (una ristampa è accessibile online presso Internet Archive, p. 14). La grafia impiegata da Dorsey era rispettivamente: Oohe noⁿpa e Ma waqota (si veda anche: DeMallie, Sioux, p. 749); il dato era stato fornito nel 1884 al reverdendo H Swift da Waánataŋ, alias Martin Charger, leader della "Fool Soldiers Band" (cfr. ultra, riquadro a destra).
  9. ^ a b (EN) Kingsley M. Bray, Two Kettles, su American-Tribes.com, 8 settembre 2008. URL consultato il 24 agosto 2022.
  10. ^ In effetti, però, i Two Kettles figurano già nell'elenco delle sette tribù teton riferito da Denig al 1833 (pp. 14-15).
  11. ^ Denig, p. 28.
  12. ^ In particolare quelli di Fort Pierre e Fort George, sulla riva occidentale del Missouri, nell'attuale contea di Stanley nel Sud Dakota.
  13. ^ I dati forniti da Bray, però, non paiono corrispondere appieno a quelli che si desumono dalla Tabella 6 sulla popolazione Sioux, inserita nel citato saggio di Demallie (Sioux, p.748), dalla quale pure si rileva comunque un certo aumento numerico.
  14. ^ (EN) David L. Moore, That Dream Shall Have a Name: Native Americans Rewriting America, Lincoln, University of Nebraska Press, paragrafo "A true story" dell'introduzione ("Fool soldiers"), pp. 1-4, ISBN 978-0-8032-1108-7).
  15. ^ (EN) Fool Soldiers Band Monument presso il sito di «Find a Grave». Per una valutazione storicamente molto critica della narrazione dell'episodio da parte di un'intellettuale di origini dakota, si veda: (EN) Elizabeth Cook-Lynn, New Indians, Old Wars, Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 2007, pp. 105-107, ISBN 978-0-252-03166-3.
  16. ^ Josephine Waggoner (a cura di Emily Levine), Witness: A Hunkpapha Historian's Strong-Heart Song of the Lakotas, Lincoln, University of Nebraska Press, 2013, p. 607 ISBN 978-0-8032-4564-8. Waŋblí Ayútepiwiŋ era parente stretta di Matȟó Tópa.
  17. ^ (EN) Indian Affairs, Laws and Treaties (a cura di Charles J. Kappler), II, Treaties, Washington, Government Printing Office, 1904, p. 596.
  18. ^ (EN) Jeffrey Ostler, The Plains Sioux and U.S. Colonialism from Lewis and Clark to Wounded Knee, Cambridge, Cambridge University Press, 2004, p. 37, ISBN 0-521-60590-3.
  19. ^ Laws and Treaties (vedi sopra), p. 896.
  20. ^ a b Hodge.
  21. ^ Laws and Treaties (vedi sopra), p. 1007.
  22. ^ (EN) Department of the Interior, Descriptive catalogue of photographs of North American Indians, Washington, Government Printing Office, 1877, p. 33.
  23. ^ DeMallie, Teton, p. 796.

Bibliografia

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  • (EN) Raymond J. DeMallie (a cura di), Handbook of North American Indians: Plains (Vol. 13, Part 2), W. C. Sturtevant (curatore generale), Smithsonian Institution, Washington, D.C., 2001. ISBN 0-16-050400-7
  • (EN) Raymond J. DeMallie, “Sioux until 1850”, in id. (a cura di), Handbook of North American Indians: Plains (cit.), pp. 718–760
  • (EN) Raymond J. DeMallie, “Teton”, in id. (a cura di), Handbook of North American Indians: Plains (cit.), pp. 794–820
  • (EN) Edwin Thompson Denig, Five Indian Tribes of the Upper Missouri: Sioux, Arickaras, Assiniboines, Crees, Crows (a cura e con introduzione di John. C, Ewers), Norman, University of Oklahoma Press, 1961
  • (EN) Frederick Webb Hodge (a cura di), Handbook of American Indians North of Mexico, Washington, Government Printing Office, 1912 (quarta ristampa), voce: Oohenonpa, III, pp. 136-137 (reprint: Digital Scanning Inc., 2003)
  • (EN/LAKOTA) Jan Ullrich, New Lakota Dictionary : Lakhótiyapi-English / English-Lakhótiyapi & Incorporating the Dakota Dialects of Santee-Sisseton and Yankton-Yanktonai, Bloomington, Lakota Language Consortium, 2008. ISBN 978-0-9761082-9-0

Voci correlate

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