Edward Sheriff Curtis

esploratore, etnologo e fotografo statunitense
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«Secondo l'uso degli indiani il mio nome sarebbe quello di "Uomo che non ebbe mai tempo per giocare"»

Edward Sheriff Curtis (Whitewater, 16 febbraio 1868Los Angeles, 19 ottobre 1952) è stato un esploratore, etnologo e fotografo statunitense. Ha legato il suo nome allo studio dell'epopea del Far West e dei nativi americani, dei quali è stato un profondo conoscitore e studioso.

Edward Sheriff Curtis - autoritratto

Mise la sua macchina fotografica al servizio di quello che si rivelerà lo scopo primario della sua esistenza: fotografare - tanto in senso etimologico quanto filosofico - i volti e le situazioni che segnavano la forzata decadenza dei nativi americani appartenenti alle ottanta tribù ancora esistenti fra la fine dell'Ottocento e gli albori del XX secolo.

Il suo scopo essenziale fu quello di documentare nella maniera più ampia, servendosi non solo della fotografia, gli usi e i costumi in via di estinzione del popolo degli indiani d'America.

Biografia

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Nacque da Johnson Asahel Curtis (1840 - 1887), predicatore e veterano della guerra di secessione americana, e da Ellen Sheriff (1844 - 1912), originari rispettivamente dell'Ohio e della Pennsylvania. Gli avi materni provenivano dall'Inghilterra mentre quelli del padre risiedevano in Canada. Ebbe un'infanzia tranquilla, trascorsa in buona parte ad accompagnare lungo i fiumi il padre che raggiungeva in canoa le località nelle quali si recava a tenere i suoi sermoni.

Cantore degli indiani d'America

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Nel 1907, in occasione della pubblicazione della sua prima raccolta fotografica, Curtis scrisse una lunga introduzione nella quale esplicitava il proprio intendimento di perseguire una dettagliata raccolta - attraverso singole schede - di ogni tipo di testimonianza possibile di capi tribù (incluso diecimila registrazioni effettuate con un proto-registratore a cilindri di cera delle circa lingue diverse e delle musiche adottate da quel popolo, ma anche descrizione di cibi, decorazioni, attività di ricreazione e cerimonia, usi funebri, ecc.) che accompagnasse in maniera adeguata il suo progetto.

L'inventario ragionato che aveva in mente doveva fissare nel tempo un fenomeno che di lì a poco sarebbe di fatto scomparso e che riguardava l'intero popolo dei nativi americani stimato solo un secolo prima, in piena età dei lumi, in oltre un milione di persone, ma che sarebbe sceso di lì a poco a meno di quarantamila. La sua opera The North American Indian fu pubblicata in oltre un ventennio, completandosi nel 1930: constava di venti volumi e portfolio rilegati a mano in pelle, con copia lettere a torchio: in tutto 1.500 fotografie, frutto della selezione di circa cinquantamila scatti, e 4.000 pagine di testo.

Oltre 2.200 immagini in fotoincisione furono stampate su acqueforti secondo la tecnica della photogravure e con l'uso, a seconda della dimensione, di tre diversi tipi di carta: Van Gelder (costituita da fibre vegetali), Vellum (composta con l'uso di riso giapponese) e Tissue (di seta giapponese lavorata a mano). È stato calcolato che il pioniere-fotografo abbia stampato 272 set completi di quello che può essere considerato il suo unicum. Di tali copie, 220 sono quelle conservate presso istituzioni pubbliche e private, sia d'Europa che statunitensi[1].

L'apprendistato

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Nel 1874 la sua famiglia si trasferì a Le Sueur County (Minnesota), dove il padre Johnson Asahel aprì un negozio di drogheria. Fu in questa città che Curtis costruì la sua prima macchina fotografica.

Nel 1885, all'età di diciassette anni, ebbe inizio nella cittadina di St. Paul il suo apprendistato da fotografo. Due anni dopo la sua famiglia si trasferì a Seattle, nello stato di Washington, e qui il giovane fotografo poté fabbricarsi una nuova macchina fotografica ed entrare in società - dietro la corresponsione di 150 dollari - nello studio di Rasmus Rothi. Ma il sodalizio durò poco: sei mesi dopo Curtis lasciò Rothi per andare a lavorare nello studio di Thomas Guptill sotto l'insegna "Curtis and Guptill, Photographers and Photoengravers".

Nel 1892 Curtis sposò Clara J. Phillips (1874-1932), originaria della Pennsylvania ma i cui genitori provenivano dal Canada. La coppia ebbe quattro figli: Harold, Elizabeth detta Beth, Florence e Katherine detta Billy.

Le prime spedizioni

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Nel 1895 Curtis realizzò il suo primo ritratto di una nativa americana degli Stati Uniti: Princess Angeline (1800-1896), conosciuta anche come Kickisomlo, figlia di Capo Sealth di Seattle. Tre anni dopo si uni ad una spedizione scientifica condotta sul Monte Rainier.

Nel 1896 la famiglia cambiò abitazione, pur restando a Seattle. Insieme a loro vivevano la madre Ellen, la sorella Eva, il fratello Asahel, le sorelle di Clara, Susie e Nellie, e il fratello William. Fu in quel periodo che Curtis conobbe George Bird Grinnell, esperto della cultura dei nativi americani. Grinnell apprezzava la sua opera e lo invitò a compiere (anno 1900) una spedizione in Montana per riprendere indiani di diverse tribù, fra cui quella dei Piedi neri, che si radunava per compiere il rito della Danza del Sole.

Nel 1906 il finanziere-filantropo newyorkese John Pierpont Morgan, proprietario della Morgan Library, dietro l'opzione di controllo di parte degli originali, offrì a Curtis 75.000 dollari per produrre un'opera che, al suo compimento, doveva rivelarsi monumentale: la serie The North American Indian. Articolata in venti volumi doveva contenere 2.500 fotografie sugli indiani del nord America. Il primo volume dell'opera - venduto su prenotazione - venne pubblicato l'anno successivo; l'ultimo ventitré anni dopo, nel 1930.

Declino in stile hollywoodiano

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In the Land of the Head Hunters (1914)

Dopo l'uscita del volume Indian Days of the Long Ago, nel 1916 Clara Philipps chiese ed ottenne il divorzio dal marito, sempre più impegnato nelle sue spedizioni nelle zone più settentrionali del globo terrestre, fino all'Alaska, ed in quelle che ormai erano le riserve degli indiani d'America del Nord. Ottenne - nel patto di divorzio - la custodia dello studio fotografico di Seattle e la proprietà dei negativi originali della sua prima camera fotografica. Ma Curtis, adirato per la richiesta dell'ormai ex-consorte, ormai in procinto di trasferirsi nella vicina Charleston, si recò allo studio e distrusse per ritorsione ogni materiale.

Intorno al 1922 Curtis si trasferì assieme alla figlia Beth a Los Angeles e nella nascente mecca cinematografica allestita sulla collina di Hollywood aprì un nuovo studio fotografico. Per procurarsi denaro lavorò come assistente cameraman per Cecil B. DeMille, per il quale avrebbe collaborato alle riprese del film (I dieci comandamenti).

Sempre per far fronte alle crescenti difficoltà finanziarie che si era trovato a fronteggiare, a ottobre del 1924 vendette all'American Museum of Natural History i diritti del suo film di carattere etnografico che aveva girato nel 1914 sulla vita degli indiani del nord-ovest. Intitolato In the Land of the Head-Hunters (Nella terra dei cacciatori di teste) il film gli fruttò 1.500 dollari contro un costo di oltre ventimila.

È il 1927 quando, di ritorno dall'Alaska a Seattle, sempre in compagnia della figlia Beth, viene arrestato per non aver corrisposto alla ex-consorte gli alimenti relativi agli ultimi sette anni. Gli ex coniugi - che non si vedevano dal tempo del loro divorzio - si riuniscono, tuttavia, ancora una volta assieme a tutti i loro figli, per le festività del Natale nella casa di Florence, a Medford (Oregon).

L'opera editoriale

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Una pagina dedicata a Curtis dal Seattle Sunday Times

L'anno successivo, in condizioni finanziarie ormai disperate, è costretto a cedere a J.P. Morgan junior (erede e nuovo proprietario della Morgan Library) i diritti del suo progetto, il cui ultimo volume fu pubblicato nel 1930.

Cinque anni ancora e i diritti del materiale non ancora pubblicato passano nuovamente di mano dalla Morgan alla Charles E. Lauriat Company di Boston per mille dollari oltre ad una percentuale sulle royalties. Tale materiale comprendeva: diciannove bozze complete della The North American Indian, migliaia di stampe individuali su carta, prove di stampa, negativi e altri provini. Molto di questo materiale è rimasto dimenticato nei magazzini della Lauriat fino al 1972.

Curtis morì il 21 ottobre 1952 all'età di 84 anni a causa di un infarto mentre si trovava nella casa della figlia Beth a Los Angeles. Non fece in tempo a vedere pubblicata la sua autobiografia. Fu sepolto al Forest Lawn Memorial Park di Hollywood Hills e il New York Times pubblicò il seguente necrologio:

«Edward S. Curtis, esperto mondiale di storia degli indiani nordamericani, è morto a 84 anni nella casa della figlia, Mrs Bess Magnuson. Dedicò la sua vita alla compilazione di una storia degli indiani [d'America]. Le sue ricerche furono condotte sotto il patrocinio del defunto finanziere John Pierpont Morgan. La presentazione della sua monumentale opera editoriale è opera del presidente Theodore Roosevelt. Mr. Curtis era famoso per la sua attività di fotografo.»

Personaggio per molti versi misconosciuto, aveva legato - forse inconsapevolmente - il proprio nome alla leggenda. In un'era in cui i viaggi sul territorio nordamericano comportavano rischi e incertezze, non si fece intimorire dalla possibilità di organizzarne in grande quantità e con uno scopo ben preciso.

Al termine della sua ricerca storico-documentaristico-fotografica - che coincideva con il crepuscolo di una epopea, l'epopea del vecchio ovest e del popolo nativo americano - Curtis avrebbe percorso quasi 65.000 chilometri, utilizzando per i suoi spostamenti lungo terreni impervi e veloci corsi d'acqua ogni mezzo possibile, dal treno, alla canoa, alle marce a piedi o con ogni mezzo avesse avuto a disposizione.

L'archivio Curtis alla Library of Congress

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La The Prints and Photographs Division Curtis collection consistente in oltre 2.400 prove di stampa - essenzialmente virate seppia - derivate da Curtis dai negativi originali in formato 5" x 7" (eccetto un centinaio in 11" x 14") furono acquisite, scaduti i trent'anni dei termini del diritto d'autore, dalla Library of Congress. Due terzi di esse non furono mai pubblicate sui volumi del The North American Indian ed offrono quindi una prospettiva differente, oltre che inedita, sul lavoro di Curtis intorno alle culture indigene.

 
Guerriero Piedi neri

Molti degli originali di laboratorio, immagazzinati e poi dimenticati negli scantinati della Pierpont Morgan Library, sono andati dispersi durante gli anni della seconda guerra mondiale. Molti altri sono andati distrutti se non, addirittura, svenduti come carta da macero.

Il "Charles Lauriat archive"

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Le ricerche di uno studio di Santa Fe (Nuovo Messico), Karl Kernberger, hanno portato nel 1970 alla scoperta nei magazzini del Charles E. Lauriat rare bookstore di Boston una collezione di circa 285.000 originali di vario genere, tutti opera di Curtis.

Kernberger ha dato così vita assieme a Jack Loeffler e David Podwa ad un comitato per il recupero delle opere di Curtis appartenute a Charles Emelius Lauriat (1874-1937). La collezione è stata poi però contesa ed acquisita da un altro investitore di Santa Fe, Mark Zaplin, il quale, a propria volta, l'ha ceduta al gruppo californiano guidato da Kenneth Zerbe, che ne è l'attuale proprietario.

Galleria d'immagini

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Bibliografia

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  • Edward S. Curtis (a cura di Christopher Cardoz, traduzione di C.M. Mazzoni) I grandi guerrieri, 2004, ISBN 88-89032-19-7
  • New York Times, 16 aprile 1911; Lives 22 years with Indians
  • New York Times, 28 marzo 1915; Review: In the Land of the Head-Hunters
  • Barbara A. Davis, Edward S. Curtis: The Life and Times of a Shadow Catcher (San Francisco, 1985)
  • Laurie Lawlor, Shadow Catcher: The Life and Work of Edward S. Curtis (New York, 1994)
  • Anne Makepeace, Edward S. Curtis: Coming to Light
  • Victor Boesen e Florence Curtis Graybill, Edward S. Curtis: Photographer of the North American Indian (New York, 1977)
  • Florence Curtis Graybill e Victor Boesen, Edward Sheriff Curtis: Visions of a Vanishing Race (New York, 1976)
  • Mick Gidley, Edward S. Curtis and the North American Indian, Incorporated (Cambridge University Press, 1998)

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