Elefante di Cremona
L'elefante di Cremona (Asia, prima del 1228 - Parma, gennaio 1248) fu un esemplare di elefante donato nel 1228 a Federico II di Svevia da parte del sultano ayyubide al-Malik al-Kamil.[1] Usato principalmente per le manifestazioni trionfali del sovrano, l'elefante è citato da numerosi cronachisti e testimoni dell'epoca ed è noto per aver trainato il Carroccio dopo la grande vittoria delle armate di Federico II nella battaglia di Cortenuova del 1237.[2][3][4] Rimasto a lungo nell'immaginario popolare collettivo,[5] l'animale venne ucciso durante alcuni scontri occorsi nelle settimane immediatamente precedenti alla Battaglia di Parma.[6]
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Storia
modificaNato molto probabilmente allo stato selvaggio, le prime notizie di questo esemplare di Elephas maximus o elefante asiatico[7] risalgono a quando fu donato all'Imperatore dei Romani Federico II dal sultano di Damasco al-Malik al-Kamil.[2] L'avvenimento sarebbe occorso durante le trattative tra i due sovrani a Gerusalemme nell'ambito della Sesta crociata, con la mediazione dell'arcivescovo di Palermo Berardo di Castagna. L'elefante venne utilizzato nei cortei che seguivano l'imperatore nei suoi viaggi nelle varie località del suo Impero, insieme ad altri animali esotici come dromedari, leopardi, orsi polari, leoni e linci.[1] Federico era solito mostrarsi ai suoi sudditi con questo serraglio per risolvere problemi e tensioni locali; il suo arrivo in pompa magna incuteva timore nei suoi sudditi che vedevano in queste creature il segno tangibile della sua potenza.[8]
Dalle testimonianze del passaggio di questi animali esotici contenute in cronache dell'epoca, si intuisce che la creatura che destò più stupore fu l'elefante, citato maggiormente rispetto agli altri animali.[2] In una stele ritrovata nel XX secolo a Rimini[1] si legge la descrizione di una sosta nella città da parte di Federico, proveniente da Viterbo, mentre si stava recando a Ravenna per una dieta:[1]
«Anno Domini MCCXXXI Temporibus Gregorii pape et Federici imperatoris, indicione IIII, tempore quo dominus imperator Fridericus venit Ariminum et secum duxit elephantos, camelos et alia animalia monstruosa, hoc opus factum et completum fuit»
«Nell'anno del Signore 1231, sotto il papato di Gregorio e l'impero di Federico, nella quarta indizione, al tempo in cui l'imperatore Federico venne a Rimini e condusse con sé elefanti, cammelli e altri mirabili animali, quest'opera fu fatta e completata»
Salimbene de Adam afferma di aver visto due volte l'elefante, nel 1235 a Parma e a Cremona nel settembre 1236, dove sarebbe stata costruita una struttura di legno sulla schiena dell'elefante, in cui erano alloggiati guerrieri saraceni con stendardi e stemmi.[2] Questo evento è ripreso anche da Matteo Paris, in una miniatura presente nella sua Chronica Majora, in cui sono rappresentati alcuni musicisti posizionati sulla struttura dorsale e un uomo intento a manovrare l'animale. L'immagine si rifà al racconto riferito all'autore del testo da Riccardo di Cornovaglia, presente in Italia come ospite dell'imperatore.[2][4] Oltre ad una presenza certa del pachiderma a Ratisbona nel 1235,[9] Pier delle Vigne menziona in due sue lettere l’animale, sostenendo che dopo la Battaglia di Cortenuova Federico II decise di far sfilare l’elefante per le strade di Cremona, trainando il Carroccio, con la già citata costruzione lignea sulla schiena, e facendo trascinare incatenato all'asta della bandiera del carro il podestà di Milano Pietro Tiepolo, figlio del doge di Venezia.[2][10] Anche qui, l'animale trasportò sulla schiena un'impalcatura in cui presero posto dei trombettieri, intenti ad annunciare il trionfo dell'imperatore, esaltando lo Svevo come nuovo Divus Caesar Augustus.[10] Probabilmente da queste due apparizioni deriva l'appellativo dato all'animale: "elefante di Cremona".[11] L'animale viene citato anche da Brunetto Latini nel suo Tesoretto: qui l'autore riporta le testimonianze dei cremonesi riguardo al passaggio nella città lombarda dell'elefante. Viene presentata una versione popolare sull'origine dell'elefante, che sarebbe stato donato dal Prete Gianni all'imperatore Federico in un suo viaggio in India;[12] viene inoltre raccontato che il pachiderma, utilizzando la sua proboscide, avrebbe scagliato un asino carico di merci contro una casa.[13]
Nel 1239 Federico si spostò a Padova per un lungo soggiorno invernale presso il convento di Santa Giustina: i frati si assunsero l'onere, non indifferente, di dover mantenere, oltre al sovrano e al suo seguito, anche l'elefante e gli altri animali; stessa cosa accadde nel 1245 ai monaci veronesi di San Zeno. È poi noto che nel 1247 il serraglio imperiale venne ammirato a Siena e, nei primi giorni del 1248, l'elefante venne mostrato per l'ultima volta alla popolazione a Parma.[9] Il "liofante" sarebbe qui morto, durante l'assedio della città, nell'accampamento di Victoria: alcuni soldati ribelli emiliani, approfittando della temporanea assenza di Federico, impegnato in una battuta di caccia, rasero al suolo l'insediamento, uccidendo alcuni degli animali del serraglio.[6] Come riportato negli Annales Placentini Gibellini, il pachiderma sarebbe deceduto e, conseguentemente, sepolto nel primo mese del 1248.[1][2] L'elefante di Cremona fu il primo esemplare di questa specie appartenuto ad un sovrano europeo dai tempi di Carlo Magno e del suo Abu l-Abbas.[14]
Presenza
modificaLe citazioni scritte o epigrafiche del corteo imperiale sono collocabili geograficamente una zona comprendente l'Italia settentrionale e la Germania: non possediamo alcuna descrizione né riferimento del passaggio dell'elefante nelle città del Regno di Sicilia. La motivazione può essere ricondotta ad una maggiore conoscenza di tali creature nel Meridione, dove lo sfoggio di esotismo non avrebbe sortito il medesimo effetto catalizzatore: queste creature, mai viste dalle popolazioni a cavallo delle Alpi, in Puglia, Sicilia e Campania erano in qualche modo conosciute, godendo queste regioni una lunga tradizione di commerci e scambi culturali con le altre sponde del Mediterraneo. Ne può essere un esempio la presenza di elefanti stilofori realistici in alcune chiese del Sud Italia già prima dell'esistenza dell'elefante di Cremona, come nella Basilica di San Nicola a Bari o nella Cattedrale di Trani.[5] Un altro fatto significativo di ciò risale al 1239, quando a Catania la statua di un elefante chiamata U Liotru divenne ufficialmente il simbolo della città.[15]
Note
modifica- ^ a b c d e 10 novembre 1231 – E venne a Rimini l’Imperatore con elefanti, cammelli e mirabili animali, su chiamamicitta.it, 10 novembre 2024. URL consultato il 24 gennaio 2025 (archiviato il 10 novembre 2024).
- ^ a b c d e f g Alessandro De Troia, L’elefante di Federico II, su stupormundi.it, 2017. URL consultato il 24 gennaio 2025 (archiviato il 17 gennaio 2024).
- ^ Francesca Roversi Monaco, CORTENUOVA, Battaglia di, su Enciclopedia federiciana, treccani.it, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005. URL consultato il 24 gennaio 2025.
- ^ a b Calò, p. 87.
- ^ a b Calò, pp. 90-91.
- ^ a b Calò, p. 101.
- ^ (EN) Dan Koehl, The Cremona elephant, su elephant.se, 18 ottobre 2020. URL consultato il 24 gennaio 2025 (archiviato il 2 dicembre 2023).
- ^ Calò, p. 88.
- ^ a b Calò, p. 90.
- ^ a b Hope Maxwell, «Uno elefante grandissimo con lo castello di sopra»: il trionfo aragonese del 1423, in Archivio Storico Italiano, vol. 150, n. 3, luglio-settembre 1992, p. 859. URL consultato il 2 febbraio 2025.
- ^ (DE) Stephan Oettermann, Die Schaulust am Elefanten. Eine Elephantographia Curiosa, Francoforte sul Meno, Syndikat, 1982, p. 99, ISBN 3-8108-0203-4.
- ^ (EN) William S. Heckscher, Bernini's Elephant and Obelisk, in The Art Bulletin, vol. 29, n. 3, settembre 1947, p. 164. URL consultato il 2 febbraio 2025.
- ^ Dell’elefante f.57r, su moleiro.com. URL consultato il 2 febbraio 2025 (archiviato il 19 settembre 2024).
- ^ Calò, p. 98.
- ^ La vera storia del 'Liotru': ecco come divenne il simbolo di Catania, in CataniaToday, 18 giugno 2016. URL consultato il 25 gennaio 2024 (archiviato il 2 luglio 2022).
Bibliografia
modifica- Francesco Calò, Federico II e l'elefante: un simbolo cristologico per l'anticristo Svevo, in II Ciclo di Studi Medievali, Atti del Convegno (Firenze, 27-28 Maggio 2017), Arcore, 2017, pp. 86-111. URL consultato il 24 gennaio 2025 (archiviato il 24 gennaio 2025).