Falconet (trovatore)
Falconet (fl. XIII secolo) è il probabile nome di due trovatori o meglio joglars che scrissero in lingua occitana.
- I - Falconet
Una tenzone composta insieme a un certo Taurel, sembra fornire la prova che questo Falconet frequentasse la corte di Bonifacio III, marchese del Monferrato.[1]
Taurel a Falconet:
«Falconet, de Guillalmona
vos vei enamorat;
e 'l marquis de Montferat
fai pechat que non la us dona.[1]»
«Falconet, di Guillemona
io vi vedo innamorato:
e il marchese di Monferrato
a non darvela fa male.»
- II - Falconet
Identificabile forse con uno dei due joglars chiamati Falcon che scambia versi in una tenso ingiuriosa con Gui de Cavaillon (l'altro Falcon compone un partimen con Guiraut Riquier). In effetti, quest'altro Falconet lo troviamo insieme a Fabre (o Faure) in Provenza a comporre una tenso, collocabile cronologicamente tra il 1204 e il 1218, dove viene nominato Gui de Cavaillon. Sin tratta di una satira che prende di mira diversi signori, loro contemporanei, tanto mordace nell'espressione quanto singolare per la forma, nella quale si nota più arditezza che merito letterario. I due trovatori immaginano di giocarsi signori, quasi fosse una partita a dadi o carte, soppesandoli e attribuendo loro un valore in moneta in base alle loro possibili elargizioni.[1]
Faure inizia il gioco:
«En Falconet, be m platz car es vengutz,
que loncx temps a no fi ab vos tenso;
e partrai vos un joc qu'er luenh sauputz,
e ja no cug que m'en digatz de no;
A cada joc metam un croy baro.[1]»
«Signor Falconet, mi piace siate venuto,
da ch'è molto non facemmo una tenzone;
e un gioco che molto impreso resterà
non penso che voi mi diciate no:
Ad ogni posta in gioco un cattivo barone»
Falconet risponde:
«Faure del joc vos dey esser tengutz,
car d'aital joc say a tot homme pro,
per qu'ieu no soy del jogar esperdutz;
e joguera us En Gui de Cavalho,
si no fos pros, et agra 'n ben razo.[1]»
«Faure, del gioco devo essevi grato;
ché di tale gioco so io tutto uom di merito,
perché non son vero un giocatore matto,
e mi gioco il signor Gui de Cavaillon,
se non è audace, e ne avrei ben ragione.»
I poeti mettono in palio il signore di Berre, della casata dei Baux, uomo senza fede, gonfio d'orgoglio e ricco di beni male acquisiti, Guglielmo di Sabran che si è lasciato spogliare della contea di Forcalquier; Guglielmo di Baux, signore di Courtéson, e suo zio Raimondo di Mévoillon.[1]
«En Falconet, mas lo joc es cregut,
Ye 'l doblaray del sehor de cuy fo
say Forcalquier don es coms abatutz;
e meti 'us el sehor de Cortezo,
ab son onel' En R. de Meolho;
ab aquestz tres m'es semblans que us vensa;
...............................
Car anc non vim, segon ma conoissansa
tan malvat frug de tan bona semensa.[1]»
«Signor Falconet, dato che la posta è aumentata,
io la raddoppio con il signore conte,
che fu di Forcalquier, decaduto;
e metto anche il signor di Courteson,
con suo zio R. de Mevoillon;
E con questi tre spero ben di vincere;
...............................
Perché giammai nacque, per quanto mi ricordi,
un frutto cattivo da così buona semenza.»
Non conosciamo il luogo di nascita, né l'epoca della morte degli autori di questa tenso, ma dalla scelta dei baroni posti in gioco, è facile dedurne che abitassero nei pressi della Durance, e che Faure, in modo particolare, fosse nato nella contea di Forcalquier. Questa tenso venne composta dopo il trattato di pace concluso a Aix nel mese di maggio del 1204, a causa del quale Guillaume de Sabran perse la contea di Forcalquier, e d'altra parte, avrebbe dovuto precedere la morte di Guglielmo IV, principe d'Orange, che cadde vittima delle guerre di religione nel 1218.[1]
Note
modificaBibliografia
modifica- (FR) Alfred Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours, 1934, p. 365. URL consultato il 15 febbraio 2013.