Federico Formisano

Federico Formisano (Milano, 31 maggio 1903 – ...) è stato un militare e funzionario italiano, commissario prefettizio e poi podestà di Padova negli anni della Repubblica di Salò.

Federico Formisano

Podestà di Padova
Durata mandato10 dicembre 1944 –
1945
PredecessoreSecondo Polazzo (commissario prefettizio)
SuccessoreGiuseppe Schiavon

Dati generali
Partito politicoPFR
Titolo di studioLaurea in ingegneria
ProfessioneIngegnere

Biografia

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Figlio di Michele e Elvira Gravier, ingegnere, partecipò alla guerra d'Etiopia come tenente di complemento del 7º Gruppo battaglioni indigeni, quindi alla campagna di Russia come capitano di complemento del 79º Reggimento fanteria "Roma".

Tornato in Patria, fu commissario prefettizio a Lendinara. Il 24 giugno 1944 passò a Padova, dove sostituì il moderato Secondo Polazzo che aveva condannato l'eccidio di Ponte di Brenta in cui erano morti due partigiani. Dal 10 dicembre ebbe il titolo di podestà[1][2].

Rispetto al predecessore, Formisano si dimostrò sempre fedele al regime e agli occupanti nazisti e lo dimostrò sin dal giorno dell'insediamento con un manifesto in cui salutava, oltre che la cittadinanza, i comandi italiani e tedeschi[3].

A ulteriore conferma di questa linea, il 13 settembre pubblicò una precisazione alla "mobilitazione totalitaria del lavoro" del giorno prima, con cui il comune metteva a disposizione dei tedeschi gli uomini abili al lavoro: Formisano aggiungeva che i cittadini dovevano presentarsi alla chiamata, «onde evitare provvedimenti gravi ed incresciosi che le Autorità sarebbero costrette a prendere» e concludendo con la frase «chi non sente il dovere oggi sappia che non potrà vantare i diritti domani»[2][3].

La sua fedeltà nei confronti del regime e dei nazisti emerge particolarmente dalla delibera del 6 dicembre 1944, con cui stanziava 60 000 lire per trasferire 270 salme di defunti italiani da un cimitero utilizzato anche dai tedeschi, cedendo alle insistenze di questi ultimi che chiedevano ulteriori spazi per i propri morti[1][2]. È tuttavia probabile che, a causa dell'evolversi degli eventi bellici, la decisione non sia stata portata a compimento[2].

Dopo la guerra fu processato per collaborazionismo dalla Corte d'assise straordinaria di Padova. Tra i fatti contestatigli, vi furono proprio le minacce contenute nella chiamata alla mobilitazione del lavoro; Formisano tentò di difendersi sostenendo che la bozza dell'ordinanza da lui compilata era stata corretta a sua insaputa, ma fu comunque condannato a sei anni e otto mesi di reclusione (n. 90, 19 settembre 1945). La sentenza venne in seguito annullata dalla Cassazione e rinviata alla Corte d'assise di Venezia (8 aprile 1946)[3].

Onorificenze

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«Comandante di plotone di rincalzo, guidava il proprio reparto in linea con capacità e slancio, attraverso zona intensamente battuta. Iniziato il ripiegamento, si offriva di rimanere in retroguardia, assolvendo brillantemente il compito assegnatoli. — Addis Abeba, 22 luglio 1936»
— 19 maggio 1938
«Comandante di una compagnia in una colonna in fase di ripiegamento, più volte attaccato da soverchianti forze nemiche, le conteneva sempre, causando loro gravi perdite. Durante un'aspra azione, rimasto senza munizioni, alla testa dei suoi uomini, si lanciava al contrassalto all'arma bianca, fugando l'avversario e catturando armi e prigionieri. Confermava le sue qualità di valoroso e di trascinatore, dimostrate durante cinque mesi al comando di una compagnia in linea. — Fronte del Don - Tscherkoyo, 19 dicembre 1942 - 17 gennaio 1943»
— 28 giugno 1945
«Comandante di compagnia fucilieri avanzata, stroncava l'impeto di forze nemiche preponderanti. Con azione immediata e decisa, alla testa dei suoi uomini contrassaltava poi l'avversario e lo ricacciava infliggendogli fortissime perdite — Quota 114 - Riva destra del Don (fronte russo), 28 agosto 1942»
— 19 maggio 1950
«Durante ripiegamento in zona accerchiata da forze nemiche, per quanto ferito, assumeva il comando di un reparto di formazione e lo portava all'assalto. Sulla posizione fortemente contrastata contribuiva alla cattura di prigionieri, armi e munizioni. — Malga Garbusowskj (Russia), 21-23 gennaio 1943»
— 10 febbraio 1953
  1. ^ a b Giuliano Lenci, Giorgio Segato (a cura di), Padova nel 1943. Dalla crisi del regime fascista alla Resistenza, Padova, Il Poligrafo, 1996, p. 116, ISBN 978-88-7115-053-6.
  2. ^ a b c d Giuliano Lenci (a cura di), Padova al muro. La storia contemporanea nei manifesti del Comune di Padova 1901-1945, Padova, Il Poligrafo, 1998, pp. 176-181.
  3. ^ a b c Gabriele Coltro, I crimini di Salò. Venti mesi di delitti della Repubblica Sociale nelle sentenze della Corte d'assise straordinaria di Padova, Firenze, goWare, 2020, ISBN 978-88-3363-434-0.