Felice Beato
Felice Beato, spesso chiamato Felix Beato[1] (Venezia o Corfù, 1832 o 1834 – Firenze, 29 gennaio 1909), è stato un fotografo italiano naturalizzato britannico[2].
Fu tra i primi a scattare fotografie nell'Asia orientale e uno dei primi fotografi di guerra.
È noto anche per i suoi ritratti, vedute e panorami architettonici e naturali asiatici e mediterranei. I suoi numerosi viaggi furono lo spunto per la creazione di immagini potenti di Paesi, persone ed eventi perlopiù ignoti alla maggior parte degli Europei dell'epoca. Fotografò la ribellione indiana del 1857 e la seconda guerra dell'oppio scoppiata nell'Impero cinese nei primi esempi di quelli che verranno in seguito definiti fotografi di guerra. Il lavoro del Beato fu di ispirazione per molti altri fotografi coevi ed esercitò una significativa influenza in Giappone, dove lavorò a lungo, collaborando con altri fotografi e artisti.
Origini e identità
modificaLe origini e l'identità di Felice Beato sono state oggetto di lunghe discussioni e diverse supposizioni: secondo un certificato di morte scoperto nel 2009 sarebbe nato a Venezia nel 1832, morto a Firenze il 29 gennaio 1909 e sarebbe stato celibe e suddito britannico[3]. Secondo invece le informazioni desumibili da un permesso di viaggio che Beato richiese nel 1858, sarebbe nato nel 1833 o 1834 sull'isola di Corfù, oggi territorio greco.[4] La data del 1825 indicata da alcune fonti è probabilmente dovuta ad una confusione con il fratello Antonio Beato, anch'egli fotografo. Sicuramente nei primi anni di vita di Beato la sua famiglia risiedeva sull'isola di Corfù, all'epoca protettorato britannico.[3][4] Per questi motivi Beato è stato nel tempo identificato come britannico, italiano, italo-corfiota o greco: i viaggi della sua famiglia e la situazione politica del Mar Adriatico all'inizio del XIX secolo tuttavia spiegano le tante e differenti supposizioni sorte sulla sua cittadinanza e sul luogo di nascita[5].
Le molte fotografie firmate «Felice Antonio Beato» e «Felice A. Beato» fecero pensare per un lungo periodo che ci fosse stato un altro fotografo di cognome Beato che avesse ripreso luoghi distanti come l'Egitto e il Giappone nello stesso periodo. Nel 1983 il professor Italo Zannier pubblicò un articolo in cui si dimostrava Antonio e Felice erano fratelli che alle volte lavoravano insieme[6]. La confusione dovuta a queste firme continua a causare problemi nell'identificare quale dei due sia stato l'autore di una specifica immagine.
Il Mediterraneo, la Crimea e l'India
modificaSi conosce poco dei primi passi di Felice Beato come fotografo, sebbene pare che comprò le sue prime lenti a Parigi nel 1851[7]. Probabilmente incontrò il fotografo britannico James Robertson a Malta nel 1850 e lo accompagnò a Costantinopoli nel 1851. Robertson era stato un incisore e sovraintendente della zecca ottomana dal 1843 e probabilmente aveva appreso l'arte fotografica negli anni quaranta[8][9]. I due fotografi iniziarono a collaborare formando una coppia chiamata "Robertson & Beato" nel 1853 o l'anno successivo nel 1854 quando Robertson aprì uno studio fotografico a Pera. In occasione di spedizioni fotografiche a Malta nel 1854 o 1856 e in Grecia e Gerusalemme nel 1857 si unì a loro Antonio, il fratello di Felice. Diverse delle fotografie prodotte dallo studio negli anni cinquanta sono firmate «Robertson, Beato and Co.» e si ritiene che il «and Co.» si riferisca ad Antonio[10][11].
Alla fine del 1854 o inizio 1855 James Robertson sposò la sorella di Beato, Leonilda Maria Matilda Beato, da cui ebbe tre figlie, Catherine Grace (1856-), Edith Marcon Vergence (1859-) e Helen Beatruc (1861-)[7].
Nel 1855 Felice Beato e Robertson si recarono a Balaklava in Crimea dove scattarono un reportage della Guerra di Crimea dopo la partenza di Roger Fenton. Fotografarono la caduta di Sebastopoli nel settembre 1855, producendo circa 60 immagini[8][12].
Nel febbraio 1858 Felice Beato giunse a Calcutta e iniziò a viaggiare nell'India settentrionale per documentare le conseguenze dei Moti indiani del 1857[13][14]. In questo periodo produsse le prime immagini fotografiche di cadaveri[15]. Si ritiene che per almeno una delle sue fotografie scattate nel palazzo di Sikandra Bagh a Lucknow fece riesumare i resti scheletrici dei rivoltosi indiani o che dispose i cadaveri in modo da aumentare l'impatto drammatico. Visitò anche le città di Delhi, Cawnpore, Meerut, Benares, Amritsar, Agra, Simla e Lahore[13][16]. A Beato si unì nel luglio 1858 il fratello Antonio, che più tardi, nel dicembre 1859, lasciò l'India, probabilmente per ragioni di salute. Antonio nel 1860 era in Egitto, dove aprì uno studio fotografico a Tebe (Luxor) nel 1862.[11].
Cina
modificaNel 1860 Beato lasciò la "Robertson & Beato" di cui Robertson mantenne però l'uso della denominazione fino al 1867; successivamente venne inviato dall'India in Cina dove fotografò la spedizione militare anglo-francese durante la seconda guerra dell'oppio. Giunse a Hong Kong a marzo[17] e fotografò la città e i suoi dintorni spingendosi fino a Canton[18]. Le fotografie scattate dal Beato in quell'epoca risultano tra le prime scattate in Cina[19], dove era stato preceduto nel 1859 da un altro fotografo italiano, il calotipista padovano Giacomo Caneva[20]
Durante la permanenza a Hong Kong conobbe Charles Wirgman, artista e corrispondente dell'Illustrated London News., con il quale seguì la spedizione anglo-francese nella marcia verso Nord alla baia di Dalian, quindi a Pehtang e ai Forti Taku alla bocca dell'Peiho, poi a Pechino al Palazzo d'Estate di Yiheyuan, le cui illustrazioni a firma di Wirgman e di altri pubblicate dall'Illustrated London News furono spesso ispirate a scatti del Beato[21].
Fortezze Taku
modificaLe fotografie di Beato della seconda guerra dell'oppio furono le prime a documentare una campagna militare nel suo svolgimento, mediante una sequenza di immagini datate e correlate[22]. Le sue fotografie dei Forti Taku rappresentano questo approccio su una scala ridotta e sono una ricreazione narrativa della battaglia. La sequenza di immagini mostra l'avvicinamento ai forti, l'effetto dei bombardamenti sui muri esterni e sulle fortificazioni e infine la devastazione all'interno dei forti, inclusi i cadaveri dei soldati cinesi[22]. In realtà le fotografie non furono scattate in quest'ordine, dato che Beato dovette scattare immediatamente le foto dei cadaveri, prima che fossero rimossi, solo dopo averlo fatto fu libero di riprendere le altre viste interne ed esterne dei forti. Negli album dell'epoca queste fotografie sono ordinate in modo da ricreare la sequenza della battaglia[23].
Le immagini dei cinesi morti - non fotografò mai corpi di britannici o francesi - e la sua maniera di produrle rivelano gli aspetti ideologici del suo fotogiornalismo. Il dottor David F. Rennie, membro della spedizione, annotò nelle sue memorie della campagna: «Camminai sugli spalti del lato occidentale. Questi erano fitti di cadaveri - nell'angolo nord-occidentale ne giacevano tredici in gruppo attorno a un cannone. Il signor Beato era lì grandemente eccitato, definendo il gruppo come "bello" e pregando di non interferire fino a che non avesse potuto immortalarlo con il suo apparato fotografico, cosa che portò a termine in pochi minuti…"[24]. Le fotografie che ne risultarono sono una potente rappresentazione del trionfo militare e del potere imperialista britannico, perlomeno per gli acquirenti delle sue foto: soldati britannici, amministratori coloniali, mercanti e turisti. Nel Regno Unito le immagini di Beato vennero utilizzate per giustificare la guerra dell'oppio (e altre guerre coloniali) e contribuirono a plasmare l'opinione pubblica sulle culture orientali.
Il Palazzo d'Estate
modificaAppena fuori Pechino Beato scattò fotografie del Palazzo d'Estate, Yiheyuan (letteralmente "Giardino dell'armonia coltivata"), una proprietà privata dell'imperatore della Cina che comprendeva padiglioni, templi, un grande lago artificiale e giardini. Alcune di queste fotografie, scattate tra il 6 e il 18 ottobre 1860, sono immagini uniche di palazzi che vennero saccheggiati e incendiati dalla Prima Divisione Britannica per ordine di lord Elgin come rappresaglia contro la tortura e uccisione di venti membri di un gruppo diplomatico Alleato. Tra le ultime fotografie scattate da Beato in Cina in questo periodo ci sono ritratti di Lord Elgin, arrivato a Pechino per firmare la convenzione di Pechino e del principe Kung che firmò in rappresentanza dell'imperatore Xianfeng.
Beato ritornò in Inghilterra nel novembre 1861 e durante l'inverno vendette quattrocento sue fotografie dell'India e della Cina a Henry Hering, un fotografo di ritratti commerciali londinese. Hearing li fece duplicare e li rivendette. Quando furono vendute per la prima volta furono offerte a 7 scellini per ogni foto, mentre la serie completa dell'India venne venduta a 54 sterline e quella completa della Cina a 37 sterline. Per mettere questo dato in prospettiva si tenga conto che nel 1867 il reddito procapite medio in Inghilterra nel Galles era aumentato fino a 32 sterline l'anno.
Giappone
modificaNel 1863 Beato si era spostato a Yokohama in Giappone, unendosi a Charles Wirgman, che vi era arrivato nel 1861. I due, negli anni 1864 - 1867, formarono una società chiamata "“Beato & Wirgman, Artists and Photographers". Wirgman produsse nuovamente illustrazioni derivate dalle fotografie di Beato, mentre Beato fotografò alcuni degli schizzi e altri lavori di Wirgman. Le fotografie giapponesi di Beato includono ritratti, panorami, vedute cittadine e una serie di fotografie che documentano le scene e i siti lungo la strada del Tokaido, quest'ultima serie che richiama gli ukiyo-e di Hiroshige e Hokusai. Questo fu un momento significativo per fotografare il Giappone, poiché l'accesso agli stranieri al Paese (e al suo interno) era grandemente controllato e limitato dallo shōgunato. Le immagini di Beato sono rimarchevoli non solo per la loro qualità, ma per la rarità di viste fotografiche del periodo Edo.
Mentre si trovava in Giappone Beato fu molto attivo. Nel settembre 1864 fu un fotografo ufficiale della spedizione militare a Shimonoseki. Negli anni successivi produsse diverse viste di Nagasaki e dei suoi dintorni. Dal 1866 fu spesso caricaturato (gentilmente) sul Japan Punch, fondato e curato da Wirgman. Quando nell'ottobre 1866 un incendio distrusse la maggior parte di Yokohama, Beato perse il suo studio e i suoi negativi e trascorse i due anni successivi lavorando vigorosamente per rimpiazzare il materiale. Il risultato furono due volumi di fotografie Native Types, contenenti 100 ritratti e lavori di genere e Views of Japan, contenenti 98 panorami e viste cittadine. Beato colorò a mano molte fotografie in studio, applicando con successo alla fotografia europea le raffinate tecniche giapponesi dell'acquerello e della xilografia. Dal 1869 al 1877, non più in società con Wirgman, gestì un suo proprio studio a Yokohama, chiamato "F. Beato & Co., Photographers" con un assistente chiamato H. Woolett, quattro fotografi e quattro artisti giapponesi. Probabilmente Kusakabe Kinbei fu tra gli artisti-assistenti prima di diventare fotografo in proprio. Beato collaborò con Ueno Hikoma e altri, forse insegnando la fotografia al barone Raimund von Stillfried.
Nel 1871 Beato fu il fotografo ufficiale della spedizione navale statunitense dell'ammiraglio Rodgers in Corea. Le viste riprese da Beato in questo viaggio sono tra le prime foto confermate delle foto del Paese e dei suoi abitanti.
Mentre si trovava in Giappone, Beato non limitò le sue attività alla fotografia, ma intraprese anche diverse avventure finanziarie. Tra le altre cose possedette terreni e diversi studi, fu un consulente immobiliare, possedette interessi finanziari nel Grand Hotel di Yokohama e fu commerciante di tappeti di importazione e di borsette da donna. Comparve diverse volte in tribunale, sia come difensore, sia come accusato che come testimone. Il 6 agosto 1873 venne nominato Console Generale per la Grecia in Giappone.
Nel 1877 Beato vendette la maggior parte delle sue foto alla ditta Stillfried & Andersen, che si trasferì nel suo studio. A loro volta Stillfried & Andersen le vendettero a Adolfo Farsari nel 1885. Dopo la vendita a Stillfried & Andersen, Beato apparentemente si ritirò per alcuni anni dalla fotografia concentrandosi sulle sue carriere parallele di speculatore finanziario e commerciante. Il 29 novembre 1884 Beato lasciò il Giappone, arrivando infine a Porto Said in Egitto. In un giornale giapponese venne riportato che aveva perso tutto il suo denaro alla borsa dei cambi dell'argento di Yokohama.
Ultimi anni
modificaDal 1884 al 1885 Beato fu il fotografo ufficiale della spedizione condotta dal barone (e futuro visconte) Garnet Wolseley a Khartoum in Sudan in soccorso del generale Charles George Gordon. Nessuna delle fotografie scattate da Beato in Sudan è giunta fino ai nostri giorni.
Nel 1886, ritornato per un breve periodo nel Regno Unito, Beato tenne delle lezioni sulle tecniche fotografiche alla London and Provincial Photographic Society. Ma nel 1888 era nuovamente in Asia a fotografare, questa volta in Birmania, dove dal 1896 gestì uno studio fotografico (chiamato "The Photographic Studio") così come un commercio di mobili e curiosità in Mandalay, con una sede secondiaria a Rangoon. Esempi del suo catalogo postale - contenenti foto delle mercanzie offerte scattate da Beato - sono in possesso di almeno due collezioni fotografiche. Le informazioni sui suoi ultimi anni sono vaghe quanto quelle dei suoi primi anni; Beato potrebbe aver lavorato o meno dopo il 1899, ma nel gennaio 1907 la sua compagnia "F. Beato Ltd" venne liquidata.
Trasferitosi a Firenze, vi muore nel 1909.
Beato e la fotografia
modificaLa fotografia del XIX secolo spesso mostra le limitazioni della tecnologia usata, ma Felice Beato riuscì a lavorare con successo e anche a trascendere queste limitazioni. Produsse soprattutto stampe all'albumina da lastre in vetro al collodio umido. A parte le considerazioni estetiche, i lunghi tempi di esposizione necessari per questo processo devono essere stati un ulteriore stimolo per Beato per inquadrare e posizionare accuratamente i soggetti delle sue fotografie. Oltre ai ritratti, spesso mise in posa gli abitanti locali in modo tale da far risaltare i soggetti architetturali o topografici delle sue immagini; ma a volte le persone (e altri oggetti in movimento) sono rese come una massa indistinta o scompaiono del tutto a causa dei lunghi tempi di esposizione. Questa è una caratteristica comune delle fotografie del XIX secolo.
Come altri fotografi commerciali Beato spesso produsse copie dei suoi originali. L'originale veniva rifotografato producendo un secondo negativo dal quale produrre ulteriori stampe. Gli spilli utilizzati per fermare l'originale sono alle volte visibili nelle copie. Nonostante le limitazioni di questo metodo, tra cui la perdita di dettagli e la degradazione di altri elementi fotografici, era un modo efficace ed economico per duplicare le immagini.
Beato fu un pioniere delle tecniche di colorazione a mano delle fotografie e della realizzazione di panorami. Potrebbe aver iniziato a colorare a mano le fotografie su suggerimento di Wirgman o potrebbe aver visto le fotografie colorate a mano dei suoi soci Charles Parker e William Parke Andrew[25]. Qualunque sia stata l'ispirazione i panorami colorati di Beato sono delicati e naturali e i suoi ritratti colorati, sebbene presentino tinte più forti rispetto ai panorami sono anch'essi eccellenti.[26]. Oltre alla produzione di viste a colori, Beato lavorò sulla rappresentazione di grandi soggetti, in modo da dare un'idea della loro vastità. Tutta la carriera di Beato è segnata da spettacolari panorami, che produsse scattando e unendo esposizioni contigue di uno stesso paesaggio, ricreando pertanto una vista molto larga orizzontalmente. La versione completa del panorama di Pehtang comprende nove fotografie unite insieme quasi perfettamente per una lunghezza totale di 2,5 metri.
Le firme che condivise con suo fratello non sono state l'unica difficoltà nell'attribuzione delle immagini di Felice Beato. Quando Stillfried & Andersen comprarono le fotografie di Beato seguirono la comune pratica dei fotografi commerciali del XIX secolo di rivendere le fotografie sotto il proprio nome. Questi (e altri) alterarono le immagini di Beato aggiungendo numeri, nomi e altre iscrizioni associate con la loro ditta nei negativi o nella stampa o sulla montatura. Stillfried & Andersen produssero copie colorate a mano di molte immagini non colorate da Beato. Tutti questi fattori hanno fatto erroneamente attribuire molte fotografie di Beato a Stillfried & Andersen. Fortunatamente Beato scrisse didascalie sul retro delle stampe di molte sue fotografie, con grafite o inchiostro. Quando queste fotografie sono montate le didascalie possono ancora essere viste attraverso il fronte dell'immagine ed essere lette con l'ausilio di uno specchio. Per cui oltre ad aiutare nella datazione e nell'identificazione del soggetto dell'immagine, queste didascalie forniscono un metodo per attribuire queste fotografie a Beato.
Note
modifica- ^ Felice era il suo nome originale, comunque tendeva a preferire Felix, vedi Bennett2009, History of Photography in China, 1842–1860, p. 86. Nei testi dell'epoca spesso viene indicato come "Signor Beato" e il suo cognome è stato spesso trascritto erroneamente ("Beat", "Beatto", ecc.), vedi Clark, Fraser e Osman, passim
- ^ Fondazione Luciana Matalon, Alla scoperta del Giappone. Felice Beato e la scuola fotografica di Yokohama 1860-1910, su fondazionematalon.org, giugno 2016. URL consultato il 12 giugno 2016 (archiviato il 15 giugno 2016).
- ^ a b Bennett2009, History of Photography in China, 1842–1860, p. 241.
- ^ a b Dobson, p. 31.
- ^ Corfù e altre isole Ionie fecero parte della Repubblica di Venezia fino al 1797, quando, dopo un breve periodo di occupazione francese, finirono sotto il dominio britannico per poi essere cedute nel 1864 alla Grecia. Una linea della famiglia Beato è registrata come trasferita a Corfù nel XVII secolo, dove fu una delle famiglie nobili veneziane che governarono l'isola, vedi Gray, p. 68.
- ^ Bennett1996, Early Japanese Images, p. 38.
- ^ a b Clark, Fraser e Osman, p. 90.
- ^ a b Broecker, p. 58.
- ^ Clark, Fraser e Osman, pp. 89, 90.
- ^ Pare, p. 245 che cita Vaczek e Buckland, p. 190.
- ^ a b Clark, Fraser e Osman, pp. 90-91.
- ^ Auer e Auer.
- ^ a b Harris, p. 23.
- ^ Dehejia, p. 121; Auer e Auer; Masselos 2000, 1. Gernsheim afferma che Beato e Robertson viaggiarono entrambi in India nel 1857, ma attualmente si ritiene generalmente che Beato abbia viaggiato da solo. (Gernsheim, p. 96).
- ^ Turner, p. 447.
- ^ Clark, Fraser e Osman, pp. 91-92.
- ^ Clark, Fraser e Osman, p. 92.
- ^ Clark, Fraser e Osman, pp. 92-93.
- ^ Rosenblum, p. 124.
- ^ Hannavy, p. 269.
- ^ Per una raccolta delle illustrazioni pubblicate sull'Illustrated London News vedi (JA) Kanai Madoka (a cura di), 描かれた幕末明治 イラストレイテッド・ロンドン・ニュース日本通信1853–1902, Tokyo, Yushodo, 1973.
- ^ a b Lacoste, p. 10.
- ^ Harris.
- ^ D.F. Rennie, The British Arms in North China and Japan: Peking 1860; Kagoshima 1862, London, John Murray, 1864, p. 112. citato su Griffiths.
- ^ Bennett 1996, p. 39.
- ^ Bennett cita e riassume la valutazione del collezionista Henry Rosin delle fotografie colorate a mano di Beato, vedi Bennett 1996, p. 43 e Robinson, p. 48.
Bibliografia
modifica- Antonio e Felice Beato, Venezia, Ikona Photo Gallery, 1983.
- (FR) Michèle Auer e Michel Auer, Encyclopédie internationale des photographes de 1839 à nos jours/Photographers Encyclopaedia International 1839 to the Present, Hermance, Editions Camera Obscura, 1985.
- (EN) Bachmann Eckenstein Art & Antiques, su art-antiques.ch (archiviato dall'url originale l'11 febbraio 2006).
- (EN) Melissa Banta e Susan Taylor (a cura di), A Timely Encounter: Nineteenth-Century Photographs of Japan, Cambridge, Peabody Museum Press, 1988.
- (EN) Terry Bennett, Early Japanese Images, Rutland, Charles E. Tuttle Company, 1996.
- (EN) Terry Bennett, Korea: Caught in time, Reading, Regno Unito, Garnet Publishing Limited, 1997, un estratto presente su (EN) Felice Beato and the United States Expedition to Korea of 1871, su Old Japan. URL consultato il 14 giugno 2016 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2004).
- (EN) ISBN 0-9563012-0-7 Terry Bennett, History of Photography in China, 1842–1860, London, Bernard Quaritch, 2009.
- (EN) Geoffrey Best, Mid-Victorian Britain, 1851-75, Londra, Fontana Press, 1971.
- (EN) Eve Blau e Edward Kaufman (a cura di), Architecture and Its Image: Four Centuries of Architectural Representation, Works from the Collection of the Canadian Centre for Architecture, Montréal, Centre Canadien d'Architecture/Canadian Centre for Architecture, 1989.
- (EN) William L. Broecker (a cura di), International Center of Photography Encyclopedia of Photography, New York, Pound Press, Crown Publishers, 1984.
- (EN) Anne S. K. Brown Military Collection: Photographic views of Lucknow taken after the Indian Mutiny, su brown.edu, Brown University Library. URL consultato il 15 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 17 marzo 2008).
- (EN) Collections Online, s.v. "Beato, Felice", Canadian Centre for Architecture. URL consultato il 15 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2009).
- (EN) "Panorama of Edo (now Tokyo)", PH1981:0809:001-005, su cca.qc.ca, Canadian Centre for Architecture; Collections Online. URL consultato il 15 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2009).
- John Clark, Japanese Exchanges in Art, 1850s to 1930s with Britain, continental Europe, and the USA: Papers and Research Materials, Sydney, Power Publications, 2001.
- (EN) John Clark, John Fraser e Colin Osman, A revised chronology of Felice Felix Beato (1825/34?–1908?), in Japanese Exchanges in Art, 1850s to 1930s with Britain, Continental Europe, and the USA, Papers and Research Materials, Sydney, Power Publications, 2001.
- (EN) Vidya Dehejia et al., India through the Lens: Photography 1840-1911, Washington D.C., Freer Gallery of Art and Arthur M. Sackler Gallery; Ahmedabad: Mapin Publishing; Munich, Prestel, 2000.
- (EN) John Hannavy (a cura di), Encyclopedia of Nineteenth-Century Photography, New York e Londra, Routledge, 2008, ISBN 978-0-415-97235-2.
- (EN) Sebastian Dobson, 'I been to keep up my position': Felice Beato in Japan, 1863-1877, in Nicole Coolidge Rousmaniere e Mikiko Hirayama (a cura di), Reflecting Truth: Japanese Photography in the Nineteenth Century, Amsterdam, Hotei Publishing, 2004.
- (EN) Sebastian Dobson, Yokohama Shashin, in Art & Artifice: Japanese Photographs of the Meiji Era – Selections from the Jean S. and Frederic A. Sharf Collection at the Museum of Fine Arts, Boston, Boston, MFA Publications, 2004.
- (EN) India, su geh.org, George Eastman House. URL consultato il 16 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2009).
- (EN) Helmut Gernsheim, The Rise of Photography: 1850-1880: The Age of Collodion, Londra, Thames and Hudson, 1988.
- (EN) Alan Griffiths, Felice Beato, su Luminous-Lint. URL consultato il 16 giugno 2016.
- Ezio Gray, Le terre nostre ritornano... Malta, Corsica, Nizza, Novara, De Agostini Editoriale, 1943, OCLC 22249643.
- (EN) David Harris, Of Battle and Beauty: Felice Beato's Photographs of China, Santa Barbara, Santa Barbara Museum of Art, 1999.
- Anne Lacoste, Felice Beato: A Photographer on the Eastern Road, Los Angeles, J. Paul Getty Museum, 2010, ISBN 1-60606-035-X.
- (EN) Jim Masselos e Narayani Gupta, Beato's Delhi 1857, 1997, Delhi, Ravi Dayal, 2000.
- (EN, JA) Japanese Old Photographs in Bakumatsu-Meiji Period, s.v. "F. Beato", su oldphoto.lb.nagasaki-u.ac.jp, Nagasaki University Library. URL consultato il 16 giugno 2016.
- (EN) Beato, Felice, su digitalgallery.nypl.org, The New York Public Library. URL consultato il 16 giugno 2016.
- Colin Osman, Invenzione e verità sulla vita di Felice Beato, in Claudia Gabriele Philipp (a cura di), Felice Beato: Viaggio in Giappone, 1863-1877, Milano, Federico Motta, 1991, p. 17, fig. 14.
- Bahattin Oztuncay, James Robertson: Pioneer of Photography in the Ottoman Empire, Istanbul, Eren, 1992, pp. 24-26.
- (EN) Richard Pare, Photography and Architecture: 1839-1939, Montréal e New York, Centre Canadien d'Architecture/Canadian Centre for Architecture, Callaways Editions, 1982.
- (EN) Nissan N. Perez, Focus East: Early Photography in the Near East, 1839-1885, New York, Harry N. Abrams, 1988.
- (EN) Felice Beato, su The World in a Frame: Photographs from the Great Age of Exploration, 1865-1915, Phoebe A. Hearst Museum of Anthropology. URL consultato il 16 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 18 marzo 2013).
- (EN) Ram Rahman, Camera Indica: Photography as history and memory in the 19th century, in Frontline, vol. 18, n. 15, 21 luglio - 3 agosto 2001. URL consultato il 16 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2012).
- (EN) Carsten Rasch, Felice Beato and his Photography, Hamburg, 2014.
- Bonnell D. Robinson, Transition and the Quest for Permanence: Photographer and Photographic Technology in Japan, 1854 - 1880s, in Melissa Banta e Susan Taylor (a cura di), A Timely Encounter: Nineteenth-Century Photographs of Japan, Cambridge, Peabody Museum Press, 1988.
- (EN) Naomi Rosenblum, A World History of Photography, New York, Abbeville Press, 1984.
- (EN) Jane Turner (a cura di), The Dictionary of Art, vol. 3, New York, Grove, 1996.
- (EN) Beato, Felice, su Union List of Artists Names, The J. Paul Getty Trust. URL consultato il 16 giugno 2016.
- (EN) Louis Vaczek e Gail Buckland, Travelers in Ancient Lands: A Portrait of the Middle East, 1839–1919, Boston, NYGS, 1981, ISBN 0-8212-1130-7.
- Italo Zannier, Verso oriente: Fotografie di Antonio e Felice Beato, Firenze, Alinari, 1986.
- (EN) Hodgson, Pat, Early War Photographs, a cura di New York Graphic Society, Boston, 1974.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Felice Beato
Collegamenti esterni
modifica- (EN) Felice Beato, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (FR) Pubblicazioni di Felice Beato, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 95698883 · ISNI (EN) 0000 0001 1798 1448 · CERL cnp00544208 · Europeana agent/base/402 · ULAN (EN) 500002985 · LCCN (EN) n85044155 · GND (DE) 118987186 · BNF (FR) cb12057416n (data) · J9U (EN, HE) 987007310997005171 · NDL (EN, JA) 00432633 · CONOR.SI (SL) 267435363 |
---|