Fraschetta
Con il termine popolare fraschetta[1] si è soliti indicare un particolare tipo di locale adibito alla mescita del vino novello, eventualmente accompagnata da semplici cibi salati.
Fraschetta, osteria e trattoria
modificaNel campo della ristorazione la fraschetta, la cui diffusione è principalmente circoscritta alla zona dei Castelli Romani, nel Lazio, è dedicata alla produzione di uve da vino e si riferisce di solito a un locale più semplice per i servizi offerti rispetto all'osteria che di solito ha un gestore, l'oste, adibito a condurla per un lungo periodo.
La fraschetta, infatti, poteva nascere anche per iniziativa di un piccolo produttore che offriva per un limitato periodo di tempo il proprio vino, segnalandolo con una "frasca" – da qui il nome fraschetta – appesa all'esterno del locale per gli eventuali avventori.
Differente da queste due tipologie è la trattoria che è un esercizio pubblico, prevalentemente di tipo popolare, diffuso in tutta Italia, destinato alla vendita e alla consumazione dei pasti in loco.[2]
Le fraschette del passato
modificaStoria
modificaLe fraschette hanno un'origine molto antica, sicuramente medioevale, ma che in altre forme addirittura risalgono all'antica Roma, quando i contadini delle campagne romane in viaggio verso la capitale per vendere i propri prodotti necessitavano di punti occasionali di ristoro durante il tragitto.
Nel Lazio alcuni riportano la denominazione «fraschetta» all'antico borgo di Frascata (l'odierna Frascati), chiamato così poiché in epoca medioevale i boscaioli dell'allora Tusculum erano soliti costruire e vivere in capanne di frasche, probabilmente per costruire ripari di fortuna dopo la distruzione di Tusculum (Tuscolo) nel 1191.[3]
Più probabilmente l'origine del nome è invece da riferirsi all'usanza medievale, diffusa in varie zone d'Italia, di apporre una frasca (spesso di alloro) ben carica di foglie sopra l'ingresso delle case nelle quali era possibile (come avviene con le moderne insegne) consumare a pagamento del vino nuovo, potendo consumarsi anche del cibo portato dall'avventore; in questo modo i vinai dell'epoca si garantivano una fonte di profitto aggiuntiva, oltre ai normali traffici commerciali dell'epoca, per rifarsi delle spese della vendemmia. Dallo stesso uso deriva ad esempio anche la parola friulana «frascjis», che ancora oggi indica in alcune zone del Friuli le aziende vitivinicole a gestione familiare dove è allestito anche uno spazio, spesso in un porticato, dove è possibile bere e consumare salumi e formaggi, in modo simile alla fraschette laziali.
Un'usanza simile, nella zona di Trieste e nelle zone slovene confinanti, è costituita dall'osmiza.
Caratteristiche e peculiarità
modificaL'arredamento di questi locali era all'insegna della semplicità: Le botti di vino dominavano l'ambiente, solitamente disposte su un lato, mentre a beneficio dei clienti vi erano panche come sedili e tavolacci arrabattati, sparsi nella stanza. Come scarni ornamenti lungo le pareti dei locali solitamente erano esposte delle attrezzature tipiche per la realizzazione del vino. Infine in fondo al locale, su un livello interrato generalmente si trovava la cantina, dove i gestori conservavano il vino.
Ciò che differenziava le fraschette dalle normali osterie, era il fatto che questi posti fossero sprovvisti di cucina, e non veniva offerto nulla, eccezion fatta per il vino, del pane ed eventualmente di uova sode che servivano a preparare il palato alla degustazione del nettare di Bacco. Per tutto il resto bisognava recarvisi muniti di cibi propri, spesso raccolti in fagotti di canapa: di qui il nomignolo dapprima neutro, poi bonariamente ironico di "fagottari" per coloro che in un locale pubblico usavano consumare cibi portati da casa.[4] Si trattava quindi di punti di vendita e di degustazione diretta del vino prodotto in quell'annata.
Ben presto però si sparse l'abitudine da parte degli abitanti più intraprendenti, di approntare dei banchi vendita in prossimità delle fraschette con generi alimentari di vario tipo in modo tale da fornire il companatico agli avventori delle fraschette. Tra questi, un prodotto particolarmente diffuso, di tradizione trimillenaria, era rappresentato dalla porchetta,[5] il cui connubio con questi locali ha reso, col trascorrere dei secoli, inscindibile questo legame.
Le fraschette moderne
modificaSolo in epoca moderna all'interno delle fraschette stesse è possibile acquistare generi alimentari e quindi effettuare un pasto completo. Con questa evoluzione si è persa certamente la componente originale che avevano questi luoghi nel passato e si è data origine alla loro commercializzazione, anche se in alcuni casi è ancora possibile giovare dell'ospitalità di questi locali alla vecchia maniera.
Ad ogni modo le fraschette ancora oggi sono rivendite di antica origine dove ancora si può degustare il vino “sciolto”, venduto in caraffe di varie dimensioni. Tradizionalmente ogni caraffa aveva un suo nome: quella da 2 litri "Boccale" o "Barzilai", dal nome di un uomo politico romano di fine 800 uso a offrire vino in grandi quantità ai suoi elettori; quella da un litro "Mezzo Boccale" o "Tubbo"; quella da mezzo litro "Fojetta" e quella da un quarto, naturalmente, "Quartino". Di particolare tipicità e di rilevante diffusione è la "Romanella", un vino rosso leggermente frizzante e beverino.[6]
Il menù tipico
modificaOltre alla porchetta e al vino, gli altri prodotti tipici offerti dalle moderne fraschette provengono dall'enogastronomia del Lazio e sono principalmente costituiti da salumi, formaggi freschi e stagionati e antipasti vari, quali olive, sott'olii e sott'aceti.
Questi antipasti, in genere, sono serviti in quantità talmente abbondanti che difficilmente si riesce a ordinare un primo piatto (qualora disponibile) e ancor più raramente si riesce ad arrivare a un secondo piatto, una portata peraltro molto scarsamente diffusa nelle fraschette.
Tutte queste portate evidentemente si rifanno alla tradizione della cucina romana, pertanto è praticamente d'obbligo da parte del fraschettaro proporre primi piatti classici quali ad esempio: pasta alla carbonara, all'amatriciana, o all'arrabbiata.
Spesso (ma sempre più raramente) prive di una cucina, attualmente le fraschette sono tra gli esercizi più frequentati dagli abitanti della capitale (Roma) e dei suoi dintorni. I suoi avventori sono costituiti prevalentemente da giovani, i quali le affollano soprattutto nei fine settimana.
Le fraschette ad Ariccia
modificaIl punto nevralgico del "fenomeno" fraschette in chiave commerciale e moderna è rappresentato dalla cittadina di Ariccia, nel cui centro storico sono presenti alcune strade e una piazza dominate esclusivamente da questo tipo di locali. Particolarmente forte qui è l'abbinamento con la porchetta, la cui produzione in questi luoghi vanta una tradizione millenaria risalente a epoche pre-romaniche e in particolare alla popolazione dei Prisci Latini.[7]
Note
modifica- ^ Il lemma «fraschetta», che si ritrova usato nella letteratura italiana sin dal XIII-XIV secolo, viene solitamente riferito a una donna leggera e vanitosa che si distingue per i facili costumi e per la mutevolezza capricciosa dei suoi affetti, cfr. Fraschetta, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato l'8 aprile 2019.
- ^ Battisti, Alessio.
- ^ Frascati - Dalle origini al periodo romano, su tibursuperbum.it.
- ^ Valeria Costantini, Nell'estate della crisi, tornano i «fagottari». Frigobar, tovaglie e frittate in spiaggia, su roma.corriere.it, 23 giugno 2012.
- ^ Guaiti, p. 20.
- ^ Stefano Campidelli, Bere a Roma... ai tempi del papa tosto, su ilkim.it, 11 maggio 2015. URL consultato il 22 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 22 maggio 2018).
- ^ Carsetti.
Bibliografia
modifica- Carlo Battisti, Giovanni Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1950–57.
- Daniela Guaiti, Lazio, collana La grande cucina regionale italiana, Milano, Gribaudo, 2010, ISBN 978-88-7906-836-9.
- Petra Carsetti, La cucina delle Marche in oltre 450 ricette, Roma, Newton Compton Editori, 2015, ISBN 978-88-541-8167-0.