La Gefim (GEstioni Finanziarie ed IMmobiliari) è una società per azioni italiana che opera nel settore immobiliare. La sua attività principale consiste nella promozione di operazioni di sviluppo immobiliare in Piemonte (in particolare nella città di Torino), Lombardia e Liguria.

Gefim S.p.A.
StatoItalia (bandiera) Italia
Forma societariasocietà per azioni
Fondazione6 dicembre 1978[1] a Torino
Sede principaleTorino
Persone chiave
  • Pier Paolo Ponchia presidente
  • Nicoletta Ponchia amministratore delegato
  • Carlo Alberto Cerutti
    direttore commerciale
  • Stefano Ponchia responsabile finanziario
Settoreimmobiliare
Fatturato60 milioni di €[2] (2004)
Dipendenti30[2] (2004)
Sito webwww.gefim.it

La prima generazione: 1880-1930

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La trasformazione dell'attività di famiglia in impresa immobiliare e di costruzioni si verificò alla fine dell'Ottocento («la famiglia di architetti Ponchia e la loro Gefim che, sin dal 1880, compra terreno da rivendere»[3]), quando il futuro cavalier Paolo Ponchia lasciò il paese natale di Montanaro per trasferirsi a Torino. Non si sa con esattezza quando la ditta individuale Impresa Costruzioni Immobiliari Ponchia venne fondata, ma era sicuramente operante a Torino fin dai primi anni del Novecento («i Ponchia, famiglia che sotto la Mole è nota dai primi del 900 per le importanti attività nel settore del real estate e soprattutto dello sviluppo immobiliare»[4]) e già allora con attività diversificate («all'epoca si faceva un po' di tutto, non c'erano compiti prestabiliti come oggi»), compresi lo smantellamento di vecchi edifici e il recupero dei materiali.[2]

La seconda generazione: 1930-1955

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Subentrati alla guida dell'impresa i tre figli del fondatore, Domenico, Luigi e Bernardo Ponchia, l'azienda andò specializzandosi nei settori della demolizione e del recupero dei materiali. Nello stesso periodo la ditta Ponchia partecipò attivamente ai grandi lavori di trasformazione urbana e residenziale della città dell'era fascista e, dopo i pesanti bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale, a quelli della rinascita postbellica resa più complessa dal notevole afflusso di immigrati meridionali.[5]

 
Immagine del quartiere torinese di Santa Rita
negli anni sessanta.

La terza generazione: 1955-1990

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Guidata da Pier Paolo Ponchia, figlio di Luigi, nei decenni successivi l'impresa tornò all'originaria attività costruttiva (con la realizzazione ad esempio del primo palazzetto dello sport torinese nel 1958).

Le proporzioni dell'impegno finanziario connesso a tali operazioni immobiliari costrinse anche gli operatori del settore ad ampliare le proprie disponibilità economiche dando vita a forme di collaborazione con altri costruttori. Così, dalla fusione delle diverse società della famiglia Ponchia, alla fine del 1978[1] nacque l'attuale Gefim S.p.A. Fra i primi interventi della Gefim si può ricordare l'urbanizzazione di una parte dell'ex tenuta reale della Mandria a Fiano.[senza fonte]

La quarta generazione: 1990-2010

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Pur restando la direzione della Gefim nelle mani di Pier Paolo Ponchia, negli anni novanta sono entrati in azienda i figli Stefano, Andrea e Nicoletta. La Gefim ha iniziato un programma di partenariato o joint venture con alcune società del mondo immobiliare e finanziario, tra le quali Fintecna Immobiliare, Beni Stabili, Ersel e Rreef gruppo Deutsche Bank.

  1. ^ a b Data ufficiale risultante dall'iscrizione alla Camera di commercio di Torino. A livello informale e nell'attività pratica, però, la società era già operante da alcuni anni.
  2. ^ a b c Christian Benna, "Dal palasport a corso Marconi. Gefim, un secolo nel mattone", su la Repubblica del 7 luglio 2005, p. 18.
  3. ^ Gaetano Farina, "Torino stritolata da debiti e cemento", su Affaritaliani.it Archiviato il 18 febbraio 2012 in Internet Archive. del 9 dicembre 2011.
  4. ^ Carlo Festa, "Inpartner in attesa sui dossier Ipi e Zunino", su Il Sole 24 ORE, "Casa 24 plus", del 10 febbraio 2008.
  5. ^ "La storia", sulla brochure promozionale GEFIM Gestioni Finanziarie ed Immobiliari Archiviato il 14 gennaio 2016 in Internet Archive., pp. 3-5.

Collegamenti esterni

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