Genocidio nella Striscia di Gaza

presunto genocidio contro la popolazione palestinese commesso durante la guerra Israele-Hamas
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Il genocidio nella Striscia di Gaza è l'accusa mossa da diversi governi delle Nazioni Unite e da organizzazioni non governative nei confronti dello Stato di Israele, colpevole di aver commesso e di continuare a compiere uno sterminio nei confronti del popolo palestinese confinato nel territorio di Gaza, durante l'attuale guerra Israele-Hamas, ennesima ostilità facente parte del conflitto arabo-israeliano. Si tratta quindi di un argomento controverso e tutt'ora considerato divisivo per quanto riguarda la geopolitica internazionale. Il governo di Israele nega infatti qualsiasi ipotesi di genocidio, affermando di stare intraprendendo un conflitto armato al solo scopo di neutralizzare i terroristi colpevoli dell'attacco a Israele del 7 ottobre 2023 e di voler sfruttare i civili palestinesi con l'intento di farsi scudo[1].

Genocidio nella Striscia di Gaza
Edifici di Gaza devastati dai bombardamenti
TipoStrage di massa
StatoPalestina (bandiera) Palestina
ResponsabiliForze di difesa israeliane
Governo di Israele
MotivazioneAttacco di Hamas a Israele del 2023
Conseguenze
Morti43.799
Mappa di localizzazione
Mappa della Striscia di Gaza che mostra le città principali e gli stati confinanti

Antefatti

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Al vertice al Camp David tra Bill Clinton e Arafat, scatenò nuove rivolte di massa in Palestina, caratterizzate stavolta dalla presenza di numerosi attacchi kamikaze. Nel 2006 il conflitto interno tra l'OLP e Hamas, ha visto quest'ultimo prendere il potere nella Striscia di Gaza, mentre la fazione politica fedele all'OLP ha mantenuto il controllo in Cisgiordania. Ciò si tradusse in un peggioramento della situazione per l'exclave di Gaza, giacché le autorità di Tel Aviv emanarono un embargo nei confronti del suo territorio, decretandone il tracollo economico.[2] Gli aanni seguenti furono caratterizzati dall'Operazione piombo fuso, una campagna militare israeliana volta a liberare Gaza dalla presenza di Hamas. Ciò avrebbe tuttavia causato un elevato numero di vittime civili e il devastamento delle infrastrutture locali, aprendo la strada a quello che fu poi il Conflitto Israele-Striscia di Gaza del 2014 e alla Marcia del Ritorno indetta da Hamas a partire dal 2016, costata la vita a molti civili palestinesi. Netanyahu ha difatti adottato misure severe nei confronti di Hamas. Sotto la sua leadership, Israele ha implementato una strategia di contenimento, combinata con attacchi militari mirati contro i leader terroristici e le infrastrutture di lancio di razzi. Netanyahu ha anche cercato di isolare Hamas politicamente e finanziariamente dalla comunità internazionale, trovando talvolta supporto da quei paesi musulmani che considerano Hamas un avversario in quanto vicino al governo iraniano, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Con due di questi paesi nel 2020 Israele ha ratificato una serie di trattati di normalizzazione, rinominati Accordi di Abramo. Questi accordi hanno lo scopo di stabilizzare la sicurezza dei paesi coinvolti e promuovere legami economici proficui.[3]

Presunto genocidio

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Un'ambulanza della Mezzaluna Rossa di Khan Yunis dopo essere stata gravemente danneggiata da un attacco aereo militare israeliano

Il 7 ottobre 2023 un attacco significativo è stato lanciato da Hamas contro Israele, segnando un'escalation notevole nel conflitto israelo-palestinese. Hamas ha effettuato un attacco coordinato che ha coinvolto razzi, infiltrazioni di combattenti attraverso il confine e raid in diverse località israeliane, causando centinaia di vittime e rapimenti tra i civili e le forze di sicurezza israeliane.[4]

In risposta a questo violento attacco, Israele ha avviato operazioni militari su vasta scala nella Striscia di Gaza, intensificando i bombardamenti e affrontando attacchi rappresaglie da parte delle forze di Hamas. Questa fatti hanno portato a un alto bilancio di morti e feriti, sia tra gli israeliani che tra i palestinesi. Ci sono stati infatti scambi di fuoco diretti tra Hamas e le forze israeliane. Hamas ha lanciato razzi verso il territorio israeliano, mentre Israele ha risposto con attacchi aerei mirati contro obiettivi militari strategici a Gaza. Questo ciclo di violenza ha causato ulteriori vittime e distruzioni. Nel dettaglio le prime ripercussioni sulla questione palestinese hanno incluso un aumento della tensione nelle relazioni geopolitiche globali. La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per la violenza e il potenziale di una crisi umanitaria. In molte parti del mondo, ci sono state manifestazioni di solidarietà con i palestinesi, così come proteste in sostegno di Israele. L'attacco ha anche suscitato dibattiti su come gestire la questione della sicurezza e dei diritti umani nella regione, con richieste di una revisione delle politiche nei confronti di Israele e di Hamas. La popolazione di Gaza continua a manifestare contro le condizioni di vita difficili, aggravate dal blocco israeliano e dalla crisi socio-economica. Le manifestazioni intensificatesi, stanno tutt'ora portando a scontri con le forze di sicurezza. Da ambo le parti la violenza è aumentata in risposta a provocazioni, come attacchi a luoghi sacri. Gli attacchi sui civili sia a Gaza che in Israele, hanno contribuito a un clima di paura e incertezza. Ad alimentare il conflitto gioca un ruolo fondamentale il coinvolgimento degli Hezbollah, gruppo militante islamista libanese che come Hamas è impegnato nella resistenza contro Israele. La principale differenza tra le due fazioni risiede nel fatto che gli Hezbollah siano prevalentemente sciiti, mentre Hamas è sunnita. Altro caso che ha messo a repentaglio la pace in Medioriente, è stata la crisi Iran-Israele del 2024, innescata dal bombardamento di un complesso consolare iraniano a Damasco, in cui sono rimasti uccisi alcuni funzionari della Repubblica islamica. Il governo di Netanyahu ha mantenuto una posizione rigorosa nei confronti di Hamas, giustificando le operazioni militari come una legittima forma di difesa necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani e negando qualunque accusa di genocidio, pulizia etnica e attacchi deliberati a strutture sanitarie.[5][6]

Infatti i civili israeliani, specialmente quelli che vivono nei pressi della Striscia di Gaza, esprimono paura e insoddisfazione per l'insicurezza causata dagli attacchi missilistici. Molti risultano assuefatti dall’uso della forza come unico metodo di risoluzione e supportano le azioni del governo per garantire la sicurezza, ma ci sono anche voci critiche che chiedono un approccio più diplomatico e meno militarista. Infatti la società israeliana è ormai stanca e divisa, la sua economia è in crisi e decine di migliaia di cittadini stanno lasciando il paese in cerca di un'esistenza più tranquilla. Nella Striscia di Gaza, la maggioranza dei civili palestinesi vive in condizioni critiche e precarie, con tassi di disoccupazione elevati, carenza di elettricità, acqua potabile e generi alimentari. Molti cittadini sono frustrati dalla leadership di Hamas, incapace di trovare una soluzione efficace per garantire stabilità e migliori condizioni di vita. Alcuni sostengono la resistenza armata contro Israele, altri chiedono vie politiche diplomatiche per risolvere la crisi e fermare quello che ritengono essere un vero e proprio genocidio ai danni della popolazione palestinese.[7]

Negli ultimi anni numerose organizzazioni internazionali, come Amnesty International e Human Rights Watch, hanno denunciato gravi violazioni dei diritti umani sia da parte di Israele che dei gruppi armati palestinesi. Le violazioni includerebbero bombardamenti e attacchi aerei sui civili, oltre al blocco nel rifornimento di beni fondamentali, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria. Anche Hamas è stata accusata di perpetrate violazioni, comprese esecuzioni sommarie e uso di scudi umani. tuttavia è bene ricordare che la parola "genocidio" è utilizzata in modo controverso nel contesto della Striscia di Gaza. Alcuni attivisti e osservatori sostengono che le azioni israeliane, in particolare i bombardamenti indiscriminati e il blocco che contribuisce alla crisi umanitaria, possono essere considerate come atti di genocidio o quantomeno di pulizia etnica. Al contrario, altri avvertono che usare questo termine in modo improprio può minare la serietà delle questioni legate al fenomeno. In ogni caso la maggior parte degli organi internazionali e dei governi concordano su quanto sia fondamentale intervenire per promuovere un dialogo autentico e cercare soluzioni sostenibili per la pace e la giustizia, ribadendo che le violazioni dei diritti umani debbano essere affrontate con urgenza, lavorando verso una risoluzione del conflitto che tenga conto dei diritti e delle aspirazioni di entrambe le parti.[8]

Azioni giudiziarie

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Organi internazionali

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L'ONU ha spesso espresso preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e le perdite civili presso la Striscia di Gaza, i rapporti dell'alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno menzionato potenziali crimini di guerra, ma l'uso del termine "genocidio" è più delicato e meno frequentemente utilizzato senza una precisa indagine e documentazione.

Il 29 dicembre 2023 il governo del Sudafrica ha formalmente accusato Israele presso la Corte penale internazionale di genocidio del popolo palestinese, richiedendo alla CPI un intervento immediato per fermare "la distruzione di una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese" in violazione della convenzione sul genocidio. Il ministero degli Esteri israeliano ha immediatamente accusato il Sudafrica di collaborare con i terroristi, replicando che l'IDF ha messo in atto ogni ragionevole sforzo per limitare le morti di civili durante l'azione militare contro il gruppo di Hamas e gli altri gruppi armati.[9] In seguito, il 2 di gennaio del 2024, i media israeliani riportano la decisione del governo israeliano di non opporsi al procedimento e di presentarsi di fronte alla Corte internazionale di giustizia, così da confutare "questa assurda accusa che equivale a una diffamazione di sangue".[10]

Nel maggio 2024, il procuratore capo della CPI Karim Khan ha chiesto un mandato di arresto per il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu[11] e il Ministro della difesa Yoav Gallant, accusandoli di sterminio, utilizzo della fame come metodo di guerra, negazione di aiuti umanitari e stragi contro i civili[12][13][14], azioni che costituiscono crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Tali mandati di arresto contro Netanyahu e Gallant (nel frattempo non più ministro) sono stati poi effettivamente emessi il 21 novembre 2024[15][16][17].

Reazioni dei Paesi

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  •   Turchia: ha accusato Israele di genocidio in diverse occasioni.
  •   Iran: ha utilizzato il termine "genocidio" per descrivere le azioni israeliane contro i palestinesi.
  •   Sudafrica: ha depositato un atto d'accusa verso Israele alla Corte Penale Internazionale, che ha avviato un processo contro lo Stato Ebraico
  •   Stati Uniti: supportano Israele e tendono a rimanere scettici riguardo alle accuse di genocidio, sostenendo che le azioni israeliane sono in risposta a minacce di sicurezza.
  •   Arabia Saudita: ha sollevato preoccupazioni per le violenze, cercando di mantenere relazioni diplomatiche sia con Israele che con i palestinesi.
  •   Unione europea: pur sollevando preoccupazioni per la violenza, hanno generalmente evitato di usare il termine "genocidio", adottando una posizione di mediazione ed esprimendo preoccupazione per entrambe le parti. Chiede tregua e negoziati di pace, senza però utilizzare esplicitamente il termine "genocidio".
  •   Cina,   India e   Russia: a loro volta coinvolti in dispute internazionali, questi stati hanno preferito non esprimersi direttamente poiché consapevoli che prendere posizione in un caso così delicato reca pochi vantaggi e potrebbe turbare irreversibilmente le loro relazioni nella regione.
  •   Brasile: ha intimato esplicitamente Israele a cessare immediatamente tutti gli atti e le misure che potrebbero costituire genocidio.
  1. ^ La controversa questione delle accuse a Israele, su affarinternazionali.it.
  2. ^ Sviluppo di Hamas nella questione palestinese, su wired.it.
  3. ^ Sviluppo del conflitto e accordi geopolitici, su affarinternazionali.it.
  4. ^ Violenze del 7 ottobre 2023, su lab.repubblica.it.
  5. ^ Attacchi alle strutture sanitarie, su savethechildren.it.
  6. ^ Accusa di genocidio, su legrandcontinent.eu.
  7. ^ Escalation dopo il 7 ottobre, su ilmanifesto.it.
  8. ^ Denunce da parte delle ONG, su ilbolive.unipd.it.
  9. ^ Il Sudafrica ha accusato Israele di genocidio davanti alla Corte internazionale di giustizia, su ilpost.it. URL consultato il 3 gennaio 2024.
  10. ^ Gaza: media, Israele si presenterà a Corte internazionale Aia, su ansa.it. URL consultato il 3 gennaio 2024.
  11. ^ (ENFRARHE) Statement of ICC Prosecutor Karim A.A. Khan KC: Applications for arrest warrants in the situation in the State of Palestine, su icc-cpi.int.
  12. ^ Redazione di Rainews, Cpi chiede mandato di arresto per Netanyahu e leader Hamas: "Nessuno può agire impunemente", su RaiNews, 20 maggio 2024. URL consultato il 22 maggio 2024.
  13. ^ "Crimini di guerra". L'Aja chiede l'arresto per Netanyahu e tre capi di Hamas, su ilGiornale.it, 20 maggio 2024. URL consultato il 22 maggio 2024.
  14. ^ (EN) ICC statement on arrest warrants of Israeli and Hamas leaders, su bbc.com. URL consultato il 29 agosto 2024.
  15. ^ (EN) Situation in the State of Palestine: ICC Pre-Trial Chamber I rejects the State of Israel’s challenges to jurisdiction and issues warrants of arrest for Benjamin Netanyahu and Yoav Gallant, su Corte penale internazionale, 21 novembre 2024. URL consultato il 21 novembre 2024.
  16. ^ La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d'arresto contro Benjamin Netanyahu, su Il Post, 21 novembre 2024. URL consultato il 21 novembre 2024.
  17. ^ (EN) Andrew Roth e Julian Borger, ICC issues arrest warrant for Benjamin Netanyahu for alleged Gaza war crimes, in The Guardian, 21 novembre 2024. URL consultato il 21 novembre 2024.

Voci correlate

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