Giovanni Antonio Marzano

nobile italiano

Giovanni Antonio Marzano (1399Sessa Aurunca, 1453) è stato un nobile italiano, principe di Rossano, duca di Sessa, conte di Alife, Montalto e Squillace, signore di Baia, Latino, Roccaromana e Sant'Angelo, e grande ammiraglio del Regno di Napoli.

Giovanni Antonio Marzano
Principe di Rossano
Stemma
Stemma
In carica14191453
PredecessoreGiacomo Marzano
SuccessoreMarino Marzano
TrattamentoPrincipe
Altri titoliDuca di Sessa
Conte di Alife, Montalto e Squillace
Signore di Baia, Latino, Roccaromana e Sant'Angelo
Grande Ammiraglio del Regno di Napoli
Nascita1399
MorteSessa Aurunca, 1453
Luogo di sepolturaChiesa di San Francesco, Sessa Aurunca
DinastiaMarzano
PadreGiacomo Marzano
MadreCaterina Sanseverino
ConiugiCovella Ruffo
Maria Francesca Orsini
FigliMarino
Altobello
ReligioneCattolicesimo

Biografia

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Giovanni Antonio Marzano era il figlio di Giacomo Marzano, duca di Sessa, e Caterina Sanseverino.

Verso la fine del XIV secolo la famiglia Marzano si inimicò il re del Regno di Napoli Ladislao d'Angiò-Durazzo poiché aveva sposato il progetto di conquista del Regno del suo acerrimo nemico Luigi II d'Angiò-Valois. Quando Giacomo morì, nel 1402, il figlio fu affidato al fratello Goffredo, conte di Alife. Quest'ultimo, preoccupato per la vendetta di Ladislao, rafforzò le difese del ducato di Sessa e dei feudi di Rocca Mondragone e Teano.[1]

Il sovrano napoletano fu tuttavia meno invasivo di quanto si potesse credere: fece imprigionare in un primo momento la madre e le sorelle di Giovanni Antonio, le quali vennero rilasciate poco dopo grazie alla sorella Margherita che divenne l'amante del re.

Nel 1414 Ladislao morì e sua sorella Giovanna II d'Angiò-Durazzo le successe al trono. Era molto più lungimirante del fratello e riconobbe la necessità di avere come alleata la famiglia Marzano. Pertanto restituì a Giovanni Antonio tutte le terre del ducato di Sessa che suo fratello Ladislao aveva requisito e lo nominò grande ammiraglio del Regno di Napoli, consentendogli di prendere parte alle riunioni della Corona e dandogli incarichi di grande importanza per la difesa delle coste marittime del Regno.

Ma la regina, sospettosa di tradimenti, decise in un primo momento di far giurare a Giovanni Antonio di non aizzare contro di lei nessun nobile del reame. In seguito, nel 1419, per sigillare meglio il giuramento, riuscì a far sposare Giovanni Antonio con sua cugina Covella Ruffo. Ma il matrimonio fu infelice: da quel momento la vita del Marzano fu tormentata dalla moglie che, avida di potere e difficile da gestire, divenne ben presto la sua più acerrima nemica. Tale situazione non giovò alla crescita del loro unico figlio, Marino Marzano, che divenne col tempo ingestibile come la madre e, dopo la morte del padre, fece cadere in declino tutta la famiglia Marzano.

La regina nel 1422 adottò come suo erede al trono Alfonso V d'Aragona, che tuttavia ben presto le si ribellò. Giovanni Antonio, dal suo canto, volle schierarsi dalla parte di quest'ultimo ed aiutarlo nell'assedio di Napoli del 1423. Da quel momento in avanti i rapporti tra il Marzano e il futuro sovrano di Napoli divennero fraterni.[2]

Nel 1435, quando la regina Giovanna morì, Giovanni Antonio sostenne l'ascesa di Alfonso contro il rivale Renato d'Angiò-Valois, liberando Capua con l'aiuto del governatore Giovanni di Caramanico. Alfonso riconfermò le cariche del Marzano rendendolo uno dei nobili più potenti di tutto il Regno. Il 7 maggio 1435 Alfonso arrivò a Scauri e fu ospitato da Giovanni Antonio nel ducato di Sessa.[3]

Nel 1435 partecipò alla fallimentare battaglia navale di Ponza, venendo catturato e fatto prigioniero insieme ad Alfonso. Il 15 settembre furono condotti a Milano e liberati dal duca Filippo Maria Visconti.

Il 2 giugno 1442 Alfonso conquistò col suo esercito Napoli e Renato, vistosi perduto, fuggì verso Genova. Giovanni Antonio Marzano assistette alla sua incoronazione e prese parte al parlamento indetto da Alfonso. Il legame tra i due si rafforzò sempre più, tant'è che nel 1444 la figlia naturale del re, Eleonora, sposò Marino Marzano.[4][5]

Nel 1445 sua moglie Covella Ruffo morì e due anni dopo, nel 1447, Giovanni Antonio si risposò con Maria Francesca Orsini, figlia di Giovanni, conte di Manoppello, da cui ebbe Altobello, al quale donò alcuni feudi, tra cui Baia, Latino e Roccaromana.[6]

Giovanni Antonio Marzano morì a Sessa Aurunca nel 1453 e fu sepolto nella Chiesa di San Francesco.

Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Goffredo Marzano Tommaso Marzano  
 
Giovanna di Capua  
Roberto Marzano  
Giovanna Ruffo Giovanni Ruffo  
 
Francesca di Licinardo  
Giacomo Marzano  
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Giovanni Antonio Marzano  
Enrico Sanseverino Tommaso Sanseverino  
 
Isuarda d'Agaldo  
Ruggero Sanseverino  
Ilaria dell'Oria Ruggero dell'Oria  
 
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Caterina Sanseverino  
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Marchesa del Balzo  
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Discendenza

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Giovanni Antonio Marzano si sposò nel 1419 con Covella Ruffo, cugina della regina Giovanna II d'Angiò-Durazzo, dalla quale ebbe Marino, anch'egli, come il padre, principe di Rossano, duca di Sessa, conte di Alife, Montalto e Squillace, e grande ammiraglio del Regno di Napoli, il quale sposò nel 1444 Eleonora d'Aragona, figlia naturale del re Alfonso V d'Aragona, avuta dalla sua amante Gueraldona Carlino. Rimasto vedovo, si risposò nel 1447 con Maria Francesca Orsini, figlia di Giovanni, conte di Manoppello, da cui ebbe Altobello, signore di Baia, Latino e Roccaromana, andato in sposo prima ad una dama della famiglia Di Sangro, il cui nome è ignoto, e poi a Laura di Capua.

  1. ^ Paolo di Lello Petrone, La Mesticanza, in Rerum Italicarum scriptores, vol. 24.
  2. ^ Giovanni Antonio Marzano abbandona gli Angioini per Alfonso d'Aragona, su altaterradilavoro.com.
  3. ^ Pietro Gentile, Lo Stato napoletano sotto Alfonso I d'Aragona, in Archivio storico per le province napoletane, vol. 23, 1937, pp. 13-16.
  4. ^ Erasmo Ricca, La nobiltà del Regno delle Due Sicilie, vol. 5, Napoli, 1879, pp. 57-66.
  5. ^ Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Milano, 1833.
  6. ^ Giovan Battista di Crollalanza, Giornale araldico-genealogico-diplomatico, vol. 2, Pisa, 1875, p. 123.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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