Guerra dei fratelli
La guerra dei fratelli fu una guerra civile avvenuta tra il 239 e il 236 a.C. all'interno dell'impero seleucide, che si combatté tra i fratelli Seleuco II Callinico e Antioco Ierace, figli di Antioco II Teo. La guerra si concluse con la creazione di uno stato indipendente in Asia Minore controllato dal ribelle Antioco.
Guerra dei fratelli | |
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Moneta raffigurante Antioco Ierace, sovrano ribelle | |
Data | 239 - 236 a.C. |
Luogo | Impero seleucide |
Esito | Vittoria di Antioco Ierace |
Modifiche territoriali | Creazione di un regno indipendente in Asia Minore |
Schieramenti | |
Comandanti | |
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Antefatti
modificaDurante la terza guerra siriaca (246-241 a.C.) il re egizio Tolomeo III conquistò buona parte dell'impero seleucide di Seleuco II; tuttavia, appena tornò in Egitto, il re siriano riuscì a riconquistare la maggior parte dei territori persi, lasciando all'Egitto solamente delle colonie costiere.[1] Durante la guerra Antioco, fratello di Seleuco II, ricevette l'amministrazione dell'Asia Minore a ovest del Tauro come ricompensa del suo aiuto al fratello.[2]
Svolgimento
modificaAntioco, però, forte della sua nuova nomina e della cattiva politica militare del fratello, si autoproclamò re a Sardi, appoggiato dalla madre Laodice I e dal generale Alessandro, loro zio (239 a.C.);[3] per questo si meritò il soprannome di Ierace (Ἱέραξ, Iérax, "falco").[4] Seleuco, allora, avanzò con le sue truppe e arrivò in Lidia, dove sconfisse l'esercito del fratello.[5] Tuttavia Antioco, essendosi alleato con il re del Ponto Mitridate II e con delle tribù di Galati, si scontrò nuovamente con Seleuco e lo sconfisse pesantemente nella battaglia di Ancyra (236 a.C.).[6] Seleuco fuggì quindi nella Cilicia orientale, perdendo così l'Asia Minore.[7]
Conseguenze
modificaAntioco diventò quindi re, ma dovette affrontare le truppe galate che erano state sue alleate nella guerra, pagandole affinché non lo attaccassero;[8] sposò poi una principessa della Bitinia, figlia di re Ziaelas, assicurandosi alleati per la stabilità del suo dominio.[9]
Note
modifica- ^ Giustino, XXVII, 1-2.
- ^ Giustino, XXVII, 2.6; Chrubasik 2016, p. 72.
- ^ FGrH 260 F32. 8; Plutarco, Moralia, 489a; Chrubasik 2016, pp. 72-73.
- ^ Giustino, XXVII, 2.7-8, 10.
- ^ FGrH 260 F32. 8; Chrubasik 2016, p. 74.
- ^ FGrH 260 F32. 8; Giustino, XXVII, 2.11; Giustino, Prologi, XXVII; Chrubasik 2016, p. 74.
- ^ Chrubasik 2016, p. 75.
- ^ Giustino, XXVII, 2.11-12; Chrubasik 2016, pp. 75-76.
- ^ Chrubasik 2016, p. 76.
Bibliografia
modifica- Fonti primarie
- (LA) Giustino, Epitoma Historiarum Philippicarum Pompeii Trogi. ((EN) Epitome of Pompeius Trogus' Philippic Histories — traduzione in inglese su attalus.org).
- (LA) Giustino, Prologi. ((EN) Justin: Epitome of Pompeius Trogus, Prologi — traduzione in inglese su tertullian.org).
- (GRC) Plutarco, Moralia. ((EN) Moralia — traduzione in inglese su attalus.org).
- Fonti storiografiche moderne
- Boris Chrubasik, Kings and Usurpers in the Seleukid Empire: The Men Who Would Be King, Oxford University Press, 2016, ISBN 9780198786924.