Hammarbya paludosa

specie di orchidea
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Hammarbya paludosa (L.) Kuntze, 1891 è una pianta appartenente alla famiglia delle Orchidacee, diffusa nelle aree paludose dell'emisfero settentrionale. È l'unica specie nota del genere Hammarbya.[2]

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Hammarbya paludosa
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Monocotiledoni
OrdineAsparagales
FamigliaOrchidaceae
SottofamigliaEpidendroideae
TribùMalaxideae
SottotribùMalaxidinae
GenereHammarbya
Kuntze
SpecieH. paludosa
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseLiliopsida
OrdineOrchidales
FamigliaOrchidaceae
SottofamigliaEpidendroideae
TribùMalaxideae
SottotribùMalaxidinae
GenereHammarbya
SpecieH. paludosa
Nomenclatura binomiale
Hammarbya paludosa
(L.) Kuntze, 1891
Sinonimi

Bas.:Ophrys paludosa
L.
Epipactis paludosa
(L.) F.W.Schmidt
Malaxis paludosa
(L.) Sw.
Malaxis palustris
(Huds.) Rich.
Ophrys palustris
Huds.
Orchis paludosa
(L.) Pall.
Sturmia paludosa
(L.) Rchb.

Descrizione

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Tavola botanica di M. paludosa (a sinistra)

È una pianta erbacea con fusto gracile alto da 5 a 20 cm.

L'apparato radicale è costituito da un rizoma verticale sovrastato da 2 pseudobulbi, l'inferiore immerso nel substrato e ricoperto da squame membranacee, il superiore che fuoriesce dal substrato e ricoperto da guaine fogliari.

Le foglie, da 2 a 3, lanceolate, formano una rosetta basale e recano sull'apice un piccolo bulbillo.

I fiori, giallo-verdognoli, da 10 a 30, di piccole dimensioni, sono riuniti in infiorescenze cilindriche. I sepali, ovali-lanceolati, sono lunghi circa 3 mm; i petali, più piccoli, hanno un apice acuto. Il labello, privo di sperone, lungo circa la metà dei sepali, è rivolto verso l'alto (resupinazione di 360°). Il ginostemio è conico, molto breve; le masse polliniche sono giallastre, prive di caudicola e ricoperte di una sostanza vischiosa che ne favorisce l'adesione al corpo degli insetti pronubi.

Fiorisce in luglio-agosto.

Biologia

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Hammarbya paludosa si riproduce abitualmente per via sessuale, grazie all'impollinazione operata dagli insetti pronubi.

Talora è possibile anche la riproduzione per via asessuata, con formazione di strutture, denominate bulbilli che, staccandosi dalle foglie della pianta madre, garantiscono la propagazione[3].

Distribuzione e habitat

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Ha un ampio areale che copre gran parte dell'emisfero settentrionale. In Europa è presente dalla Scandinavia alle Alpi, estendendosi a est sino ai Balcani e alla Romania. In Asia è presente dalla Siberia meridionale sino a Sachalin e al Giappone. In America la si trova dall'Alaska all'Ontario, a sud sino al Minnesota.

In Italia è presente in una sola stazione alla Torbiera di Rasun (Anterselva, Bolzano), a 1080 m di altitudine[4].

Il suo habitat tipico è rappresentato dalle torbiere, su substrati composti da muschi e sfagni; tale caratteristica consente di considerarla una pianta epifita.

Tassonomia

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Descritta da Linneo come Ophrys paludosa, è stata successivamente attribuita da Olof Swartz al genere Malaxia. Nel 1891 Otto Kuntze ne propose l'attribuzione al genere monospecifico Hammarbya, in omaggio al villaggio svedese di Hammarby, residenza estiva di Linneo[5].

Il numero cromosomico di H. paludosa è 2n=28.

Varietà

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Ne è nota una varietà con foglie più grandi ed infiorescenza più ricca denominata H. paludosa var. robusta.

Conservazione

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La Lista rossa IUCN classifica Hammarbya paludosa come specie a rischio minimo (Least Concern).[1]

L'unica stazione italiana esistente è protetta all'interno del Biotopo Torbiera di Rasun. Il "Libro rosso delle piante d'Italia" la classifica come specie in pericolo critico[6].

  1. ^ a b (EN) Maiz-Tome, L. 2017, Hammarbya paludosa, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 9 febbraio 2021.
  2. ^ (EN) Hammarbya paludosa, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 9 febbraio 2021.
  3. ^ (EN) Taylor R.L, The foliar embryos of Malaxias paludosa, in Canad. J. Bot., vol. 45, 1967, pp. 1553–1556.
  4. ^ GIROS, p. 269.
  5. ^ (EN) Harrap, Anne & Simon Harrap, Orchids of Britain & Ireland: A Field and Site Guide, 2nd ed., London, A & C Black, 2009, ISBN 978-1-4081-0571-9.
  6. ^ Conti F., Manzi A. & Pedrotti F., Libro rosso delle piante d'Italia, Roma, Ministero dell'Ambiente, WWF Italia, Società Botanica Italiana, 1992.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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