Happy End (gruppo musicale)

Gli Happy End (はっぴいえんど?, Happī Endo) sono stati un gruppo musicale folk rock giapponese, attivo dal 1969 al 1972 e costituito da Haruomi Hosono, Takashi Matsumoto, Eiichi Ohtaki e Shigeru Suzuki.

Happy End
Paese d'origineGiappone (bandiera) Giappone
GenereFolk rock
Folk psichedelico[1][2]
Periodo di attività musicale1969 – 1972 (escluse le reunion del 1973, 1985 e 2015)
EtichettaURC, Bellwood/King
Album pubblicati12
Studio3
Live4
Raccolte5

Il sound degli Happy End era considerato pionieristico nel Giappone del tempo ed era spesso accostato dagli ascoltatori e dalla critica all'avanguardia. La band è considerata uno dei fenomeni artistici più influenti della musica giapponese.[3] MTV descrisse la sua musica come un "rock con macchie psichedeliche ai bordi."[2]

Storia del gruppo

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Carriera

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Nell'ottobre del 1969, Haruomi Hosono e Takashi Matsumoto formarono un gruppo chiamato Blue Valentine (ヴァレンタイン・ブルー?), nato dalle ceneri dell'appena scioltasi band di rock psichedelico Apryl Fool. A marzo dell'anno successivo, Hosono, Matsumoto e Shigeru Suzuki contribuirono all'album di Kenji Endo Niyago e da quel momento cambiarono il loro nome in Happy End, divenendo il complesso di supporto di Nobuyasu Okabayashi, suonando nel suo album Miru Mae ni Tobe.[4] Un mese dopo, cominciarono a registrare la propria musica.

Nell'agosto 1970 uscì il debutto omonimo (scritto in giapponese come はっぴいえんど?), per l'etichetta sperimentale URC (Underground Record Club),[5] e rappresentò un punto di svolta nella storia della musica nipponica e fece esplodere quella che è nota come la "Controversia del rock in lingua giapponese" (日本語ロック論争?, Nihongo Rokku Ronsō). Ci furono dibattiti molto pubblicizzati tenuti tra alcune figure di spicco dell'industria del rock giapponese, in particolare gli Happy End e Yuya Uchida, ruotanti attorno all'idea che la musica rock cantata interamente in giapponese fosse sostenibile. In precedenza infatti, quasi tutta la musica di quel genere in Giappone veniva cantata in inglese. Il successo dell'album di debutto del gruppo e del loro secondo, Kazemachi Roman pubblicato un anno dopo, dimostrarono la tesi che un rock in lingua nazionale fosse possibile.[6]

Il terzo lavoro in studio, sempre omonimo (ma questa volta con il titolo scritto in alfabeto latino), segnò l'ingresso del gruppo alla King Records e fu registrato a Los Angeles con la produzione di Van Dyke Parks.[5] Sebbene Hosono descrisse a posteriori il rapporto con Parks "produttivo" le sessioni furono tediose e i componenti presto persero la loro visione idilliaca dell'America, che avevano in madrepatria.[7] Era anche evidente una barriera linguistica, che si accompagnava all'opposizione tra il personale dello studio di Los Angeles e gli Happy End, il che frustrò ulteriormente il gruppo.[8] Tutte queste impressioni confluirono nella canzone di chiusura Sayonara America, Sayonara Nippon, co-eseguita da Parks (che contribuì anche in fase di scrittura) e dal chitarrista dei Little Feat Lowell George.[9] Matsumoto spiegò: "Avevamo già rinunciato al Giappone e con [quella canzone] stavamo salutando anche l'America: non saremmo appartenuti a nessun posto."[7] Sebbene la band si fosse sciolta il 31 dicembre 1972, l'album uscì solo a febbraio 1973.[3] L'ultimo concerto si tenne il 21 settembre di quell'anno, intitolato City -Last Time Around, e poi pubblicato come Live Happy End nel 1974.

Post-Happy End

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Dopo la rottura, tutti e quattro i membri continuarono a lavorare insieme, contribuendo l'uno agli album e ai progetti solisti dell'altro. Hosono e Suzuki formarono i Tin Pan Alley con Masataka Matsutoya, prima che Hosono iniziasse il pionieristico gruppo di musica elettronica Yellow Magic Orchestra (con Ryūichi Sakamoto e Yukihiro Takahashi) e Suzuki continuasse a lavorare come chitarrista e musicista solista. Matsumoto divenne uno dei parolieri di maggior successo nel paese e Ohtaki lavorò come cantautore e artista solista, pubblicando uno degli album più venduti e acclamati dalla critica in Giappone, A Long Vacation nel 1981. Si riunirono come Happy End per un'esibizione una tantum al concerto International Youth Anniversary All Together Now ( 国際 青年 年 記念 ALL TOGETHER NOW?) il 15 giugno 1985, che venne pubblicato come album dal vivo The Happy End più tardi nello stesso anno.

Nel 2002 uscì Happy End Parade ~Tribute to Happy End~, composto da cover di differenti artisti di canzoni del gruppo. Hosono venne coinvolto nella scelta degli ospiti e nella realizzazione della cover di Kicell di Shin Shin Shin, Matsumoto si occupò della copertina e del titolo e Suzuki partecipò nella re-interpretazione di Hana Ichi Monme di Yōichi Aoyama.[10] Nel 2003, il pezzo Kaze wo Atsumete apparve nel film di Sofia Coppola Lost in Translation - L'amore tradotto.[11]

Eiichi Ohtaki morì il 30 dicembre 2013 per una dissecazione a 65 anni.[12] Per l'album di tributo del 2015 Kazemachi de Aimashō, atto a commemorare i 45 anni di carriera di Matsumoto, questi, Hosono e Suzuki registrarono un brano degli Happy End scritto ma ancora inedito, Shūu no Machi (驟雨の街?).[13] Per lo stesso anniversario venne organizzato un concerto in due giorni al Tokyo International Forum il 21 e 22 agosto 2015, che vide salire sul palco anche numerosi ospiti.[14] Matsumoto, Hosono e Suzuki aprirono entrambe le giornate con Natsu Nandesu e Hana Ichi Monme, immediatamente seguito da Haikara Hakuchi con Motoharu Sano, e le chiusero con Shūu no Machi e Kaze wo Atsumete, con un grande stuolo di artisti.[15]

Influenza culturale

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Happy End sono considerati il primo gruppo rock giapponese.[3][5] Secondo il critico Ian Martin, furono in grado di sviluppare un caratteristico stile di composizione [16] Nel 2012, Michael K. Bourdaghs scrisse: “Per Matsumoto, la lingua giapponese era soprattutto una fonte di materia prima da utilizzare nella sperimentazione. [...] Per gli Happy End, la lingua giapponese non funzionava come un ricettacolo di tradizioni o identità ma come una lingua alienata e alienante - una fonte di rumore.”[17] Il cantautore Sachiko Kanenobu aggiunse che "avevano un modo di scrivere poetico che non era mai stato parte della musica rock giapponese prima di allora".[18]

Inoltre gli Happy End sono indicati come la radice del "J-pop", che ogni membro continuò poi a frequentare anche dopo lo scioglimento,[19] e progenitori dello stile "City pop".[2][20][21]

Nel 2003, vennero posizionati da HMV Japan al quarto posto della classifica dei 100 più importanti artisti pop giapponesi di sempre on their list of the 100 most important Japanese pop acts.[3] Ohtaki e Hosono compaiono anche come solisti, rispettivamente alla nona e quarantaquattresima posizione, e ancora Hosono secondo come membro degli Yellow Magic Orchestra.[22][23] Nel settembre 2007, Rolling Stone Japan mise l'album Kazemachi Roman in vetta alla lista delle opere rock nipponiche migliori di sempre.[24] Fu anche inserito al numero 15 della classifica della Tower Records dei 54 album rock giapponesi considerati degli standard.[25]

L'influenza che gli Happy End ebbero nella cultura del loro Paese spinse a considerarli i "Beatles nipponici".[19]

Formazione

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Discografia

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Album in studio

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  • 1974 - Live Happy End (ライブ・はっぴいえんど?, Raibu Happī Endo, registrato il 21 settembre 1973)
  • 1985 - The Happy End (registrato il 15 giugno 1985)
  • 1986 - Happy End Greeeatest Live! On Stage (はっぴいえんど GREEEATEST LIVE! ON STAGE? registrato il 12 aprile 1970 e 14 aprile e 7 agosto 1971)
  • 1989 - Happy End Live On Stage (はっぴいえんど LIVE ON STAGE? registrato il 9 agosto 1970 e il 21 agosto, 14 aprile e 7 agosto 1971)

Antologie

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  • 1973 - City - Happy End Best Album (CITY/はっぴいえんどベスト・アルバム?, Shiti/Happī Endo Besuto Arubamu)
  • 1974 - Singles (シングルス?, Shingurusu)
  • 1993 - Happy End (はっぴいえんど〜HAPPY END? box set)
  • 2004 - Happy End Box (はっぴいえんどBOX?, Happī Endo Box, box set)
  • 2014 - Happy End Masterpiece (はっぴいえんどマスターピース?, Happī Endo Masutāpīsu, box set)

Singoli

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  • 1971 - "Juuni Gatsu no Ame no hi" (12月の雨の日?)
  • 1971 - "Hana Ichi Monme" (花いちもんめ?)
  • 1973 - "Sayonara America, Sayonara Nippon" (さよならアメリカさよならニッポン?)
  • 1999 - "Ashita Tenki ni Naare" (あしたてんきになあれ?)
  1. ^ (EN) Flipping through rock's baby pictures, su japantimes.co.jp, The Japan Times, 2 dicembre 2014. URL consultato il 18 aprile 2021.
  2. ^ a b c Japan's Latest (Revival) Music Buzz, New City Pop, su MTV81, 29 gennaio 2016. URL consultato il 18 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2016).
  3. ^ a b c d (JA) Top 100 Japanese pops Artists - No.4, su HMV Japan, 27 novembre 2003. URL consultato il 18 aprile 2021.
  4. ^ (JA) はっぴいえんど プロフィール, in HMV Japan. URL consultato il 18 aprile 2021.
  5. ^ a b c (EN) Happy End, su Japrocksampler. URL consultato il 18 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2011).
  6. ^ (JA) TJ MOOK 聴け! 伝説の日本ロック1969-79, Takarajima Press, 2004, p. 33, ISBN 4-7966-3862-8.
  7. ^ a b (EN) Michael K. Bourdaghs, Sayonara Amerika, Sayonara Nippon: A Geopolitical Prehistory of J-Pop, Columbia University Press, 18 ottobre 2011, pp. 176–177, ISBN 978-0-231-53026-2. URL consultato il 18 aprile 2021.
  8. ^ (EN) Philip Hayward, Widening the Horizon: Exoticism in Post-War Popular Music, John Libbey Publishing, 1999, p. 120, ISBN 978-1-86462-047-4.
  9. ^ (EN) Michalis Limnious, Versalite artist Van Dyke Parks talks about the Beats, Horatius, Sinatra, Pythagoras, Ry Cooder; and 60s, su Blues.gr, 22 maggio 2013. URL consultato il 18 aprile 2021.
  10. ^ (JA) スピッツ、くるり、ハナレグミら参加のはっぴいえんどトリビュートアルバム初配信! [collegamento interrotto], su Culture Convenience Club, 18 marzo 2015. URL consultato il 18 aprile 2021.
  11. ^ (FR) Bande originale: Lost in translation, su EcranLarge, 18 agosto 2005. URL consultato il 18 aprile 2021.
  12. ^ (JA) 大瀧詠一さん急死 65歳 「幸せな結末」などヒット曲, in Asahi Shimbun, 31 dicembre 2013. URL consultato il 18 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 23 novembre 2014).
  13. ^ (JA) 作詞活動45周年 松本隆ワールドを草野・和義・YUKIら歌う, su Oricon, 3 maggio 2015. URL consultato il 18 aprile 2021.
  14. ^ (JA) 作詞家・松本隆45周年記念2days公演決定 元はっぴいえんど3人ら豪華歌手集結, in Oricon, 14 maggio 2015. URL consultato il 18 aprile 2021.
  15. ^ (JA) 松本隆、45周年公演で細野晴臣&鈴木茂に感謝「素晴らしいメンバー」, su Oricon, 21 agosto 2015. URL consultato il 18 aprile 2021.
  16. ^ (EN) Ian F. Martin, Quit Your Band: Musical Notes From the Japanese Underground, Awai Books, 2016, p. 54, ISBN 978-1-937220-05-1.
  17. ^ (EN) Michael K. Bourdaghs, Sayonara Amerika, Sayonara Nippon: A Geopolitical Prehistory of J-pop, Columbia University Press, 2012, pp. 173–74, ISBN 978-0-231-15874-9.
  18. ^ (EN) Jedd Beaudoin, Mom's Back to Her Crazy Life: An Interview With Japanese Folk Pioneer Sachiko Kanenobu, su PopMatters, 11 luglio 2019. URL consultato il 18 aprile 2021.
  19. ^ a b (JA) 究極のビートルズ来日賞味法! ビートルズが日本に与えたもの, su Oricon, 21 giugno 2006. URL consultato il 19 aprile 2021.
  20. ^ City pop revival is literally a trend in name only, su The Japan Times, 5 luglio 2015. URL consultato il 18 aprile 2021.
  21. ^ (JA) シティーポップ勢のベスト盤!, su HMV Japan, 4 luglio 2005. URL consultato il 18 aprile 2021.
  22. ^ (JA) Top 100 Japanese pops Artists - No.9, su HMV Japan, 22 novembre 2003. URL consultato il 19 aprile 2021.
  23. ^ (JA) Top 100 Japanese pops Artists - No.44, su HMV Japan, 18 ottobre 2003. URL consultato il 19 aprile 2021.
  24. ^ (EN) Cam Lindsay, Finally! "The 100 Greatest Japanese Rock Albums of All Time" Listed, su Exclaim!, 14 novembre 2007. URL consultato il 19 aprile 2021.
  25. ^ 日本のロック・スタンダード・アルバム54(6), su Tower Records, 3 giugno 2009. URL consultato il 19 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2018).

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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