Hic manebimus optime
Hic manebimus optime ("Qui staremo benissimo") è una frase diventata celebre come espressione di risolutezza. È riportata da Tito Livio nella sua Storia romana (Ab Urbe condita libri, V, 55), dov'è attribuita a un centurione che, nel frangente storico del sacco di Roma (circa 390/386 a.C.), avvenuto durante le invasioni celtiche della penisola italiana, l'avrebbe pronunciata come esortazione per i propri compagni, influendo, in modo indiretto, sulla successiva decisione del Senato romano di non abbandonare la città.
Aneddoto
modificaI senatori, dopo il sacco di Roma da parte di Brenno, capo della tribù dei Galli Senoni, avvenuto nel 390 a.C. secondo la tradizione storica romana, stavano discutendo se lasciare Roma e trasferirsi a Veio oppure ricostruire la città. Mentre erano riuniti a consiglio nella Curia Ostilia, giunse la voce di un centurione che ordinava al vessillifero (signifer) di piantare le insegne. L'esortazione del militare fu interpretata come buon auspicio e il Senato romano si risolse a restare e a ricostruire la città.
Nel racconto di Tito Livio, l'aneddoto è il seguente:
«... sed rem dubiam decrevit vox opportune emissa, quod cum senatus post paulo de his rebus in curia Hostilia haberetur cohortesque ex praesidiis revertentes forte agmine forum transirent, centurio in comitio exclamavit: 'signifer, statue signum; hic manebimus optime'. Qua voce audita, et senatus accipere se omen ex curia egressus conclamavit et plebs circumfusa adprobavit.»
«...quello che risultò decisivo in quella situazione di incertezza fu una frase pronunciata al momento giusto. Mentre il Senato era in riunione nella Curia Ostilia per dibattere la questione, poco dopo le parole di Camillo, transitarono per caso nel Foro delle coorti in ordine di marcia di ritorno dal presidio e il centurione esclamò proprio nel luogo del comizio: "Pianta l'insegna qui, signifero; questo è il posto giusto per noi!". I senatori usciti dalla curia udirono la frase e dissero che la interpretarono come un presagio; la plebe, accorsa tutto intorno, approvò.»
Uso nella comunicazione politica italiana
modificaLa celebrità della frase di Livio in epoca contemporanea è dovuta in parte al fatto che nel 1870 fu ripresa da Quintino Sella a proposito di Roma capitale del Regno d'Italia. L'espressione è divenuta una frase d'autore quando, il 12 settembre 1920[1], fu ripresa e usata come motto dal poeta Gabriele D'Annunzio durante l'occupazione della città di Fiume (1919 - 1920), città divenuta autonoma dopo la prima guerra mondiale, ma rivendicata con forza dai reduci italiani. La frase, utilizzata con il significato di «siamo qui per restare», fu anche stampata con l'effigie del Vate sulla prima serie di francobolli della Reggenza Italiana del Carnaro, emessa il 12 settembre 1920.
La Quadriga dell'Unità, posta in cima al Vittoriano tra il 1924 e il 1927, reca uno scudo con su scritta la frase di Livio[2].
Eugenio Montale inserì la citazione nella poesia Al mare (o quasi):
«Hic manebimus se vi piace non proprio
ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile
alla morte (e questa piace solo ai giovani).»
Negli anni si sono registrate ulteriori riprese da parte di uomini politici italiani, in particolare da parte dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, il 16 novembre 1980 e il 14 ottobre 1984, come solenne smentita delle voci di sue dimissioni[3].
La frase, divenuta proverbiale, è entrata anche in uso in contesti più colloquiali, venendo pronunciata, a volte con intento scherzoso, per manifestare la volontà di non muoversi più da un luogo raggiunto o da una destinazione[4].
Note
modifica- ^ Antonello Capurso, Le frasi celebri nella storia d'Italia. Da Vittorio Emanuele II a Silvio Berlusconi, 2012 (p. 148).
- ^ http://www.gliscritti.it/blog/entry/761.
- ^ http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2001/06/21/Politica/BERLUSCONI-QUI-MANEBIMUS-COME-QUINTINO-SELLA-CITA-LIVIO_190500.php.
- ^ Hic manibimus optime, su sapere.it. URL consultato il 27 ottobre 2017.
Bibliografia
modifica- Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Milano, Rizzoli, 1991, ISBN 88-17-14516-5.
Voci correlate
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