Himnusz

inno nazionale dell'Ungheria

Himnusz (Inno) – il canto che inizia con le parole Isten, áldd meg a magyart ascolta (it. Dio, benedici gli Ungheresi) — è l'inno nazionale dell'Ungheria. Fu adottato nel 1867 e la prima strofa fu cantata alle cerimonie ufficiali. Il testo risale al 1823 ed è opera di Ferenc Kölcsey (1790-1836), mentre la musica è stata composta nel 1844 da Ferenc Erkel (1810–1893), il primo importante compositore della scuola musicale ungherese.[1][2][3]

Himnusz
inno nazionale ungherese
Dati generali
Nazione Ungheria (bandiera) Ungheria
Adozione 1844 de facto
1989 de iure
Lingue ungherese
Componimento poetico
Autore Ferenc Kölcsey
Epoca 1823
Composizione musicale
Autore Ference Erkel
Epoca 1844
Audio
(info file)

Nel 1844 il risorgere del movimento nazionalista ungherese nell'aspirazione di indipendenza dall'Impero austriaco vide l'adesione di Ferenc Erkel, che compose questa solenne melodia. Il canto si diffuse fra gli ungheresi e con la rivoluzione del 1848 divenne popolare fra gli insorti. Ma con la sconfitta dei rivoluzionari, propiziata dall'intervento delle truppe russe, l'Ungheria ritornò sottomessa all'Impero e questa musica venne proibita.[3]

Grazie al favore verso gli ungheresi dimostrato dall'imperatrice Elisabetta di Baviera, la posizione del marito Francesco Giuseppe si ammorbidì; Elisabetta riuscì pure a guadagnare a posizioni moderate e federaliste il rivoluzionario conte Gyula Andrássy, che ritornò dall'esilio e sposò la causa federalista. La spinta decisiva arrivò dall'estromissione dell'Austria dalla Confederazione germanica dopo la sconfitta del 1866 nella guerra con la Prussia. Si arrivò così al Compromesso del 1867 che trasformò l'Impero austriaco in Impero austro-ungarico. In Cisleitania (parte austriaca dell'Impero) rimase in vigore la bandiera austriaca e l'Inno imperiale di Haydn, in Transleitania (parte ungherese) poté sventolare la bandiera ungherese.[3]

Riguardo all'inno nazionale, il nuovo governo ungherese non accettò Himnusz, ma bandì un concorso per un nuovo inno. Vinse un'opera di Johann Strauss junior, che per motivi patriottici (la nazionalità del compositore) e musicali (l'inno non era una composizione veramente tale) non fu poi accettata; si arrivò anzi all'annullamento del concorso. Strauss junior sfruttò comunque la sua opera inserendola nell'operetta Lo zingaro barone.[3]

Il governo ungherese ebbe un ripensamento, si rese conto dell'errore e decise, come del resto giusto storicamente, anche in ricordo del passato patriottico, di adottare ufficialmente Himnusz, che da allora venne eseguito nella parte ungherese dell'Impero. Soltanto in certe occasioni solenni poteva capitare che venissero eseguiti, sia in Austria che in Ungheria, i due inni assieme.[3]

L'inno di Erkel, per il suo carattere religioso, costituisce il primo caso al mondo di inno di questo tipo, un genere assai poco diffuso fra le nazioni del mondo. Costituisce un fatto curioso che questo Inno non è mai stato toccato da alcuno: né dai rivoluzionari bolscevichi di Béla Kun, né dal regime autoritario di Horthy, né dai nazionalisti delle Croci Frecciate, e nemmeno dalla dittatura comunista.[3]

Altre composizioni

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In Ungheria vi sono pure altre composizioni patriottiche, che comunque non hanno mai scalfito la salda popolarità dell'Inno.

La poesia e canzone intitolata Szózat, che inizia con le parole Hazádnak rendületlenül légy híve óh magyar (Alla tua Patria sii sempre fedele, o ungherese) nella Costituzione ungherese gode di un riconoscimento legale e sociale simile a quello di Himnusz. Il canto è opera del poeta Mihály Vörösmarty e la musica di Béni Egressy. Il celebre pianista e compositore Franz Liszt ha composto il poema sinfonico Szózat und Hymnus, dove entrambi i canti sono riuniti, e che è d'uso essere eseguito come Ouverture al dramma "Aldozat" ("Sacrificio") composto dallo stesso poeta.[3]

Un riconoscimento è dato anche a Rákóczi-induló (Marcia di Rákóczi), un brano senza parole originato durante la insurrezione sotto Ferenc Rákóczi contro l'Austria degli anni 1703-11, che è meglio conosciuto nell'orchestrazione di Hector Berlioz contenuta nel suo lavoro La Damnation de Faust, spesso suonata nelle occasioni militari. Altro importante canto patriottico ungherese è Nemzeti dal (Canto Nazionale), composto da Sándor Petőfi e che ispirò la Rivoluzione Ungherese del 1848. Quest'ultimo brano è tradizionalmente intonato il 15 marzo di ogni anno, al fine di commemorare i suddetti moti rivoluzionari.[3]

Curiosità

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Da segnalare che allo scoccare della mezzanotte del giorno di San Silvestro, la televisione ungherese manda in onda l'inno nazionale e nelle case la gente si alza in piedi ed intona l'inno stesso.

Di particolare curiosità è l'intonazione dell'inno ungherese al termine della celebrazione liturgica della Santa Pasqua 2006 nelle Chiese cattoliche d'Ungheria (fonte: Elöszallas 16/04/2006)

Himnusz (info file)
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Versione strumentale

La prima strofa è ufficialmente cantata durante le cerimonie.

Testo ungherese originale
(Ferenc Kölcsey, 1823)
Traduzione poetica
(Paolo Agostini, 2001)

Isten, áldd meg a magyart
Jó kedvvel, bőséggel,
Nyújts feléje védő kart,
Ha küzd ellenséggel;
Bal sors akit régen tép,
Hozz rá víg esztendőt,
Megbűnhődte már e nép
A múltat s jövendőt!

Őseinket felhozád
Kárpát szent bércére,
Általad nyert szép hazát
Bendegúznak vére.
S merre zúgnak habjai
Tiszának, Dunának,
Árpád hős magzatjai
Felvirágozának.

Értünk Kunság mezein
Ért kalászt lengettél,
Tokaj szőlővesszein
Nektárt csepegtettél.
Zászlónk gyakran plántálád
Vad török sáncára,
S nyögte Mátyás bús hadát
Bécsnek büszke vára.

Hajh, de bűneink miatt
Gyúlt harag kebledben,
S elsújtád villámidat
Dörgő fellegedben,
Most rabló mongol nyilát
Zúgattad felettünk,
Majd töröktől rabigát
Vállainkra vettünk.

Hányszor zengett ajkain
Ozmán vad népének
Vert hadunk csonthalmain
Győzedelmi ének!
Hányszor támadt tenfiad
Szép hazám, kebledre,
S lettél magzatod miatt
Magzatod hamvvedre!

Bújt az üldözött, s felé
Kard nyúlt barlangjában,
Szerte nézett s nem lelé
Honját a hazában,
Bércre hág és völgybe száll,
Bú s kétség mellette,
Vérözön lábainál,
S lángtenger fölette.

Vár állott, most kőhalom,
Kedv s öröm röpkedtek,
Halálhörgés, siralom
Zajlik már helyettek.
S ah, szabadság nem virúl
A holtnak véréből,
Kínzó rabság könnye hull
Árvánk hő szeméből!

Szánd meg Isten a magyart
Kit vészek hányának,
Nyújts feléje védő kart
Tengerén kínjának.
Bal sors akit régen tép,
Hozz rá víg esztendőt,
Megbűnhődte már e nép
A múltat s jövendőt![3][4][5]

Benedici Iddio il Magiar,
Con dovizie e buon umor,
Su di lui stendi Tua man,
se combatte l'invasor.
Sorte avversa chi subì
Goda alfin anni miglior
Già il Magiar espiò
Della storia amaro duol.

Conducesti al sacro suol
De'Carpazi il nostro stuol,
Grazie a Te patria trovò
La nazion di Bendegúz.
Dove l'onde scorrono
Di Danubio e Tibisco,
Prosperano i prodi figli
Del condottiero Árpád.

Di Cumania sui terren
Mèssi ricche fai fiorir,
Dolce nettare Tu dai
alle viti di Tokaj.
Nostro labaro espugnò
le trincee degl'Ottoman
Anche Vienna subì onta
Da sire Mattia.

Per peccati nostri pur,
D'ira il cuore Tuo bruciò;
E Tua folgore scoccò
Dalle Tue tonanti nubi.
Prìa il Mongolo invasor
Coi suoi dardi ci saettò
Poi dei vili Turchi il giogo
Le spalle ci gravò.

Quante volte risuonò
Il peana d'Ottoman
Sopra pile d'ossa
Di nostre vinte schiere!
Quante volte i figli tuoi
Contro a te si rivoltar',
E tu, patria, urna fosti
Per le ceneri lor.

Il braccato si celò
Ma la spada lo stanò
Pur cercando non trovò
un rifugio in patria sua.
Monti e valli attraversò
Sempre in preda al timor,
Ai suoi piedi solo sangue
Mentre il cielo brucia.
 
Dove un dì v'era un manier,
Ruderi sono oggidì,
là dov'era gaietà
Or vi son lamenti sol'.
Mai sbocciò la libertà
Dal sangue de' morti, ahimè.
Lacrime di schiavitù
Versaro gli orfani ognor.

Di noi Iddio abbi pietà
Ai perigli in preda ognor,
Sopra noi stendi Tua man
Su di un mare di dolor,
Sorte avversa chi subì
Goda alfin anni miglior
Già il Magiar espiò
Della storia amaro duol.

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