L'hindutva (hindi: हिन्दुत्व) è un'ideologia politica di stampo nazionalista, nativista e islamofobica sviluppata da Vinayak Damodar Savarkar e proposta nel suo libro del 1923 dal titolo: Hindutva: Who is a Hindu?. Secondo quanto teorizzato dall'autore, l'India e la sua cultura non sarebbero altro che una manifestazione dell'induismo, massima espressione del sentimento nazionale. È difatti considerato il movimento di estrema destra su cui si basa il nazionalismo indù e da cui prendono spunto il Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano) e le forze paramilitari del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Organizzazione volontaria nazionale).[1]

Stemma dell'Hindutva

Finalità

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Questa ideologia politica sostiene apertamente la supremazia del popolo indù e mira a trasformare la Costituzione indiana per abrogare la condizione di Stato laico e istituire l'induismo di Stato. Rifiuta inoltre la diversità come valore sociale, cercando invece una forma estrema di omologazione. La già citata milizia della RSS si occupa di promuoverne gli ideali in tutta l'India e nei paesi principalmente interessati dalla diaspora indiana come Stati Uniti e Canada. Spesso i sostenitori di tale ideologia ricorrono a metodi violenti pur di raggiungere gli scopi prefissati. Le vittime prese di mira sono principalmente gli islamici, che costituiscono il 14% della popolazione indiana (gli induisti sono l'83%) e rappresentano perciò la minoranza religiosa più diffusa nel Paese. Gli atti violenti contro i musulmani sarebbero infatti di molto più frequenti, da quando nel 2014 il Partito del Popolo Indiano è salito al potere vincendo le elezioni parlamentari. I fautori dell'hindutva non si astengono tuttavia dal discriminare altre minoranze quali cristiani e paria (fuori casta). I sostenitori dell'hindutva hanno inoltre lottato sin dal principio per la protezione della mucca, animale sacro per la tradizione induista. La sua consumazione è considerata un tabù inviolabile per i fedeli, ma è ampiamente praticata dai seguaci di altri culti. Il movimento hindutva perciò assume tutt'oggi la forma di vigilantismo, controllando che le minoranze rispettino le mucche. Altro punto cardine del loro programma politico consiste nell'incoraggiare il Ghar Wapsi,[2] cioè il programma di conversione religiosa dai culti minoritari alla fede induista, promosso tra l'altro anche dal Vishva Hindu Parishad (Consiglio Mondiale degli Induisti). Tuttavia è doveroso menzionare che non tutti i seguaci dell'induismo appoggiano l'ideologia hindutva, anzi molti di loro rifiutano posizioni estremiste e sono disponibili al dialogo religioso con chi professa altri culti.[3]

Nel Raj Britannico

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Vinayak Damodar Savarkar

Savarkar gettò le fondamenta della sua ideologia basandosi sugli ideali dell'etnonazionalismo e del nazionalismo religioso, ispirandosi in parte al fascismo, che l'anno precedente alla pubblicazione del suo principale manoscritto aveva preso potere in Italia. Infatti in quegli anni sia i funzionari italiani che quelli tedeschi crearono relazioni con i propugnatori dell'hindutva, i quali erano desiderosi di lasciarsi alle spalle il passato coloniale britannico, preferendo il nazionalsocialismo rispetto all'individualismo inglese. Contemporaneamente Mahatma Gandhi e altri membri del Congresso Nazionale Indiano, stabilivano contatti con il Movimento Khalifat di ispirazione panislamista, cercando collaborazione per sostenere il Movimento d'indipendenza indiano. Al contrario Savarkar considerava la presenza musulmana in India come una minaccia e intendeva perseguire nel progetto indipendentista senza coinvolgere gli islamici. Egli affermava che l'identità popolare indiana dovesse basarsi su quella comune discendenza etnica e culturale, che legava indissolubilmente la religione induista alla terra dell'India. Pur essendo un fervente induista, Savarkar riconosceva che l'appartenenza a culti quali sikh, giainismo, buddhismo fosse strettamente correlata alla storia e alla tradizione indiana, quindi tollerabile se non addirittura accettabile, in quanto tali dottrine spirituali erano da lui considerate varianti dell'induismo. Invece gruppi religiosi come cristiani e musulmani, professando fedi monoteiste e abramitiche, erano ritenuti enormi pericoli per la stabilità nazionale, in quanto praticanti religioni la cui origine geografica è ben lontana dal subcontinente indiano, quindi estranea al tessuto socio-culturale del Paese e non rappresentative del popolo che lo abita. Savarkar divenne ben presto capo del partito Hindu Mahasabha, formazione politica il cui programma prevedeva di conseguire l'indipendenza dal Raj Britannico proseguendo con la creazione di uno Stato induista. Fu nel 1925 che l'attivista Keshav Baliram Hedgewar fondò la milizia RSS, la quale si impegnò da subito nel dare impulso all'ideologia hindutva con ogni mezzo a sua disposizione.[4]

Dopo l'indipendenza

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In seguito al conseguimento dell'indipendenza nazionale nel 1947, il movimento hindutva sostenne immediatamente la politica dell'Akhand Bharat, ovvero il progetto della Grande India unita, secondo il quale le nazioni e i territori confinanti debbano confluire in un unico ente politico rappresentato dalla Repubblica dell'India con un governo a trazione induista. Tuttavia il Parlamento del Regno Unito, nel riconoscere l'indipendenza della sua colonia, con la promulgazione dell'Indian Independence Act optò per la spartizione tra India e Pakistan, quest'ultimo a sua volta suddiviso con il Bangladesh. Tale provvedimento creò di fatto due entità statali distinte, una a maggioranza induista e l'altra a maggioranza musulmana. I nazionalisti indù incolparono Mahatma Gandhi e il Congresso Nazionale Indiano accusandoli di aver contribuito alla scissione del Paese. Questo fu il movente che mosse Nathuram Godse (sostenitore dell'hindutva e miliziano della RSS) ad assassinare Gandhi il 30 gennaio 1948. Il governo indiano rispose mettendo al bando le truppe RSS, tuttavia le indagini successive assolsero i vertici della milizia da ogni convolgimento nell'assassinio e il divieto fu revocato. I fautori dell'hindutva nei primi anni '50 fondarono la formazione politica del Bharatiya Jana Sangh, mentre nel 1966 il movimento fu in lutto per la morte di Savarkar. Undici anni più tardi il partito raggiunse il suo primo storico traguardo, acquisendo il potere nella Camera Bassa del Parlamento dell'India, come parte di una coalizione di maggioranza guidata da Atal Bihari Vajpayee. Soltanto tre anni dopo il Bharatiya Jana Sangh confluì nell'attuale Bharatiya Janata Party che negli ultimi decenni ha giocato un ruolo chiave, favorendo le ingerenze induiste nella politica nazionale. Come anticipato, il ritorno al potere del partito nel 2014 coincide con l'inclinarsi dei rapporti tra le due fedi predominanti del Paese. Nel 2018 il governo in carica prese un provvedimento controverso che ancora infiamma il dibattito con il mondo islamico, ovvero la decisione di sostituire toponimi del periodo Moghul con nomi hindi, l'esempio più eclatante è costituito dalla città di Allahabad rinominata Prayagraj. L'anno seguente ha invece destato scalpore la decisione di revocare lo status di territorio semi-autonomo al Jammu e Kashmir, regione un tempo prettamente induista ma a maggioranza musulmana ormai da secoli. Attualmente il Partito del Popolo Indiano è senza dubbio padrone assoluto della scena politica nazionale, l'ideologia hindutva continua perciò a influenzare fortemente la società indiana. Infatti sia il primo ministro (Narendra Modi) che la presidente (Droupadi Murmu) sono entrambi membri del Bharatiya Janata Party.[5]

  1. ^ Ideologia hindutva, su confronti.net.
  2. ^ Il Ghar Wapsi, su epw.in.
  3. ^ Programma politico, su hindutvaharassmentfieldmanual.org.
  4. ^ Le origini dell'hindutva, su isdglobal.org.
  5. ^ Hindutva dal dopoguerra a oggi, su britannica.com.

Bibliografia

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  • Hindutva (1997), M.G. Chitkara.
  • Fascinating Hindutva: Saffron Politics and Dalit Mobilisation (2009), Badri Narayan.
  • Hindutva: Exploring the Idea of Hindu Nationalism (2011), Jyotirmaya Sharma.
  • Cultural Entrenchment of Hindutva (2020), Daniela Berti, Nicolas Jaoul, Pralay Kanungo.
  • Hindutva as Political Monotheism (2020), Anustup Basu.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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