John R. Bolton
John Robert Bolton (Baltimora, 20 novembre 1948) è un politico e avvocato statunitense, ex Rappresentante permanente alle Nazioni Unite.
John R. Bolton | |
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27° Consigliere per la sicurezza nazionale | |
Durata mandato | 9 aprile 2018 – 10 settembre 2019 |
Presidente | Donald Trump |
Predecessore | Herbert R. McMaster |
Successore | Robert Charles O'Brien |
25° Rappresentante permanente alle Nazioni Unite | |
Durata mandato | 1º agosto 2005 – 7 dicembre 2006 |
Presidente | George W. Bush |
Predecessore | John Danforth |
Successore | Zalmay Khalilzad |
13° Sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e gli affari di sicurezza internazionale | |
Durata mandato | 11 maggio 2001 – 31 luglio 2005 |
Presidente | George W. Bush |
Predecessore | John D. Holum |
Successore | Robert Joseph |
Dati generali | |
Partito politico | Repubblicano |
Titolo di studio | Dottore in Giurisprudenza |
Università | Yale Law School, McDonogh School e Grace Hopper College |
Firma |
È stato Consigliere per la sicurezza nazionale, nominato dal presidente Donald Trump, poi licenziato il 10 settembre 2019, benché Bolton abbia sostenuto di aver dato le dimissioni di sua iniziativa.[1]
Biografia
modificaBolton si è laureato in legge all'Università Yale[2]. Sul piano dell'attività professionale privata, è senior fellow presso l'American Enterprise Institute (AEI), consulente senior per il Freedom Capital Investment Management e consulente dello studio legale Kirkland & Ellis di Washington D.C.
Amministrazioni Reagan e Bush senior
modificaGiudicato di tendenza risolutamente conservatrice, seguace del senatore Jesse Helms[3], durante le amministrazioni di Ronald Reagan e di Bush padre, ricoprì posizioni intermedie al Dipartimento di Stato, al Dipartimento della giustizia e alla U.S. Agency for International Development.
Amministrazione Bush junior
modificaDa Sottosegretario di Stato per il controllo delle armi e la sicurezza internazionale, fu sostenitore dell'azione militare o del sostegno attivo al cambio di regime in Siria, Libia e Iran[4]; è stato anche un sostenitore della guerra in Iraq[5] e ha manifestato ostilità al ruolo multilateralista esercitato nel 2003 da Mohamed El Baradei[6].
Nel 2003 si fece promotore in prima persona di un attacco inedito all'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche dell'Aja (OPAC). Chiamò al telefono il Direttore generale, Josè M. Bustani, intimandogli di dimettersi entro 48 ore dal vertice dell'organizzazione, arrivando, secondo quanto dichiarato dal manager brasiliano, a minacciarne la sicurezza dei figli in caso di mancata sottomissione all' invito. Il Bustani era stato confermato nell'incarico solo 12 mesi prima all'unanimità, anche col pieno avallo degli Stati Uniti che avevano ufficialmente caldeggiato il rinnovo del mandato. A fronte del rifiuto avanzato da Bustani, che avrebbe comportato un'improvvisa assenza di leadership senza ragionevole preavviso, volò appositamente da Washington ad Amsterdam per incontrarlo all'Aja, reiterandogli l'indicazione di lasciare il vertice dell'organizzazione. Bustani confermò l'intenzione di restare al suo posto, come da mandato ufficiale appena rinnovatogli[7].
Bolton confermò l'atteggiamento scettico sul multilateralismo delle organizzazioni internazionali[8], che aveva già espresso in precedenza[9]. Nella prima sessione dell'Assemblea generale dopo l'assunzione del mandato, ad esempio, propose "centinaia di emendamenti dell´ultimo minuto alla dichiarazione conclusiva del vertice" sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio (il seguito degli impegni adottati al summit del Millennio delle Nazioni Unite di cinque anni prima): ciò "ha condannato l´accordo - forse in modo premeditato - ad essere meno completo e incisivo di quanto si fosse auspicato. Effettivamente, Bolton voleva addirittura cancellare ogni riferimento di sorta ai Mdg. Ciò nonostante, anche gli Stati Uniti alla fine hanno dovuto cedere a questo imperativo morale"[10].
Dopo aver guidato l'opposizione statunitense alla nascita della Corte penale internazionale[11], Bolton ha prestato servizio come ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite dall'agosto 2005: la scelta di quello che era stato giudicato "un détracteur invétéré de l’organisation mondiale"[12] fu effettuata dal presidente George W. Bush[13] in un periodo di recess del Senato, che quindi non poté condizionarne la nomina al proprio previo advice and consent.
Dopo la prima sessione dell'Assemblea generale seguita nella sua nuova funzione, Bolton sostenne che i 191 Paesi avevano concordato in termini generali una serie di riforme del funzionamento dell'ONU: per conseguirle, agitò la "minaccia di bloccare il budget preventivo biennale, 3,9 miliardi di dollari"[14].
Bolton rassegnò le dimissioni da ambasciatore nel dicembre 2006, quando l'incarico sarebbe altrimenti terminato, perché difficilmente avrebbe ottenuto la conferma dal Senato, in cui una maggioranza democratica neoeletta avrebbe assunto il controllo nel gennaio 2007[15]. Successivamente alla cessazione del mandato diplomatico, intervenne in modo assai critico nel confronti della moratoria universale della pena di morte, votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 2007[16]. "Per ironia della sorte, alle Nazioni Unite il lavoro del "falco" Bolton era stato apprezzato proprio dalle diplomazie dei paesi che inizialmente più lo avevano temuto, come gli alleati-nemici Germania e Francia, la Cina e la Russia, che gli hanno riconosciuto indubbie capacità di lavoro e di (inaspettata) mediazione"[17].
Durante l'eclissi repubblicana dalla Casa Bianca
modificaBolton è anche coinvolto in una serie di gruppi di riflessione conservatori, istituti politici e gruppi di interesse, tra cui l'Institute of East-West Dynamics, la National Rifle Association of America, la Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale, il Progetto per il nuovo secolo americano, l'Istituto per la sicurezza nazionale americana (JINSA), il Comitato per la pace e la sicurezza nel Golfo, il Consiglio per la politica nazionale e il Gatestone Institute, dove è presidente dell'organizzazione.
Nel suo successivo ruolo di commentatore di Fox News Channel[18], Bolton ha confermato la sua fama di "falco spregiudicato", dichiarando tra l'altro che «Obama ha un’ossessione ideologica con lo smantellamento del nostro deterrente nucleare, che si dimostra pericolosa»[19]; è stato anche un sostenitore del cambio di regime in Corea del Nord[20] e ha ripetutamente chiesto la risoluzione dell'accordo Iran-USA stipulato da Obama[21].
Bolton è stato anche consigliere per la politica estera del candidato presidenziale del 2012 Mitt Romney[22].
Amministrazione Trump
modificaIl 22 marzo 2018 il presidente Donald Trump ha annunciato la sua nomina a Consigliere per la sicurezza nazionale, destinato ad entrare in carica il 9 aprile successivo[23]. Il 10 settembre 2019 lo stesso Trump annuncia via Twitter di averne chiesto le dimissioni[24], prontamente ottenute.
La pubblicazione nel 2020 di The Room Where It Happened, un suo libro di memorie sul periodo svolto alla Casa Bianca con Trump è intervenuta durante le sedute di impeachment del Presidente al Senato, destando interesse per le rivelazioni che vi sono contenute[25].
Controversie
modificaNel 2020 il Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti d'America richiede un'ingiuzione per bloccare la pubblicazione del suo libro "The Room Where It Happened".[26] I suoi avvocati sostengono che si tratti di un tentativo di rallentarla da parte del presidente Donald Trump in persona, che definì il contenuto del libro "pura finzione".[27][28] Il giudice federale Royce Lamberth riterrà che "l'ingiunzione non è un rimedio appropriato" e la Corte non ne ordinerà il sequestro né la distruzione, pur stabilendo che Bolton "ha violato gli accordi di riservatezza".[29] Successivamente il Dipartimento concluderà una nuova indagine al riguardo e richiederà la confisca dei proventi del libro.[30][31]
Nel 2022, durante un'intervista alla CNN, l'intervistatore gli chiede se Trump fosse implicato nell'assalto al Campidoglio degli Stati Uniti d'America del 2021 con l'intento di portare avanti un colpo di Stato e Bolton risponde: "Da persona che ha aiutato a fare colpi di Stato, non qui ma in altri posti, so che richiedono un sacco di lavoro e non è questo ciò che ha fatto". Le sue parole hanno presto suscitato condanne ufficiali e speculazioni informali da parte di osservatori internazionali.[32][33][34][35]
Note
modifica- ^ (EN) 'Let's be clear, I resigned.' John Bolton contradicts Donald Trump on whether he was fired, su USA TODAY. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ Giuseppe Sarcina, Stati Uniti; Bolton, il super falco del Golfo ora guida la Sicurezza nazionale Corriere della Sera, 23 marzo 2018.
- ^ Jacob Heilbrunn, They Knew They Were Right: The Rise of the Neocons, pg. 230
- ^ Paul-Marie de La Gorce, La Syrie sous pression, Le Monde diplomatique 2004/7 (n°604.
- ^ Ancora nel 2018 ha giudicato "semplicistica" l'affermazione secondo cui abbattere Saddam Hussein sarebbe stato un errore: Bolton pick underscores Trump's foreign policy confusion Politico, March 22, 2018.
- ^ CESARE MARTINETTI, NOBEL A EL BARADEI PER LA PACE QUINDI ANTI-USA, La Stampa, 8 ottobre 2005: "George W. Bush ha inviato ieri i suoi complimenti al neo-premio Nobel per la pace. Eppure solo qualche mese fa John Bolton - il duro diplomatico a cui il Presidente ha ora affidato la missione di rimodellare l'Onu a misura Usa - gli aveva fatto intercettare i telefoni per silurarlo".
- ^ Anni dopo, nel 2013, all'OPAC è stato conferito il premio Nobel per la Pace per le missioni umanitarie, svolte dal 1997 al 2013 (quindi anche sotto la direzione di Bustani), in quanto, nonostante l'alto rischio, erano volte a ad eliminare le armi chimiche, ordigni di distruzione di massa.
- ^ Grin Gilles, «Les crises financières des Nations Unies», Relations internationales, 2006/4 (n° 128), p. 15-24.
- ^ «There is no United Nations. There is an international community that occasionally can be led by the only real power left in the world, and that is the United States, when it suits our interest, and when we can get others to go along [...]. When the United States leads, the United Nations will follow. When it suits our interest to do so, we will do so. When it does not suit our interests we will not»: John Bolton, Global Structures Convocation, Washington (DC), febbraio 1994, citato in Phyllis Bennis, Calling the Shots : How Washington Dominates today’s UN, New York - Northampton (MA), Olive Branch Press, 2000, p. XXIII).
- ^ Joseph Stiglitz, L'Iraq dimostra l'importanza dell'Onu - le idee, La Repubblica, 12 ottobre 2005.
- ^ "Ritirare la firma allo Statuto di Roma fu il momento più felice della mia permanenza al Dipartimento di Stato": John Bolton, Surrender Is Not an Option: Defending America at the United Nations and Abroad, Theshold 2007, citato anche da Brian Urquhart, 'One Angry Man', New York Review of Books, March 6, 2008, pp. 12–15.
- ^ Jussi M. Hanhimäki, George W. Bush et l'ONU, Relations internationales 2006/4 (n° 128).
- ^ Il «neocon» che piace al presidente, Corriere della Sera, 19 novembre 2005.
- ^ Danilo Taino, Bolton: «Riforma dell'Onu o blocchiamo il budget», Corriere della Sera, 1º dicembre 2005, secondo cui "Bolton dice che gli Stati Uniti non lo firmeranno perché sulle riforme non sono stati fatti passi avanti e dunque le previsioni non tengono conto dei cambiamenti da fare. In alternativa, propone un budget ponte di tre-quattro mesi. Il problema, ribattono il segretario generale Kofi Annan e il suo assistente Warren Sach, è che la non approvazione creerebbe «problemi veri in termini di capacità operativa dell'organizzazione»: potrebbero essere a rischio persino gli stipendi".
- ^ Ennio Caretto, «È finita l'era dei neocon Ora tocca ai democratici promuovere la democrazia», Corriere della sera, 5 dicembre 2006.
- ^ Alessandra Farkas, «Un errore, ogni Stato deve esser libero di decidere», Corriere della Sera, 19 dicembre 2007: «Alcuni sono contro, altri a favore come me, che credo fortemente nella sua efficacia preventiva e punitiva. Ma lasciate che siano gli americani a decidere, non le élite intellettuali delle capitali europee».
- ^ Alberto Flores d´Arcais, Bush perde un altro "neo-con" - Si dimette Bolton, l´ambasciatore Usa all´Onu imposto dalla Casa Bianca - Il "falco" odiato dai democratici, La Repubblica, 5 dicembre 2006.
- ^ "Nei ranghi della destra c'è stata una spettacolare rivalutazione dei "neoconservatori", tutta l'armata di George W. Bush è stata rilanciata dalla Fox News e dal Wall Street Journal (proprietà di Rupert Murdoch): da Dick Cheney e Donald Rumsfeld, a John Bolton e Bill Kristol": Federico Rampini, Sanità, petrolio e immigrazione le scommesse della destra in cerca di un nuovo leader, La Repubblica, 5 novembre 2014.
- ^ Roberto Fabbri, Putin manda i bombardieri a spaventare Obama, Il Giornale, 17 febbraio 2013.
- ^ MAURIZIO MOLINARI, La Casa Bianca faccia capire che è pronta a tutto. Bolton: 'Solo così Pechino si deciderà a intervenire su Kim, La Stampa, 24 novembre 2010.
- ^ Arturo Zampaglione, John Bolton. L'ex ambasciatore all'Onu di Bush: "Un errore l'accordo con l'Iran", La Repubblica, 28 settembre 2015.
- ^ Fino a quando non ne fu emarginato, nell'ottobre di quell'anno: "Lo conferma il "rimpasto" della sua squadra di politica estera. È furioso John Bolton, l'ex ambasciatore all'Onu di George Bush, che era rimasto l'ultimo anello di collegamento con la tradizione dei neocon (Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz). Bolton è stato però emarginato: al suo posto Romney si è preso un moderato come Robert Zoellick che fu alla guida della Banca Mondiale" (Federico Rampini, I quattro cavalieri dell'armata Romney. A meno di un mese dalle elezioni che potrebbero trasformare l'America, La Repubblica, 14 ottobre 2012).
- ^ Trump replaces National Security Adviser HR McMaster with John Bolton, BBC news, 22 marzo 2018.
- ^ Cosa significa il licenziamento di John Bolton, su ilpost.it, 11 settembre 2019. URL consultato il 12 settembre 2019.
- ^ (EN) Impeachment trial: Trump defence wraps up amid Bolton bombshell, in BBC News, 28 gennaio 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Trump Administration Sues To Block Release Of Bolton Book, su HuffPost, 16 giugno 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Peter Baker, Bolton Says Trump Impeachment Inquiry Missed Other Troubling Episodes, in The New York Times, 17 giugno 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Charlie Savage, Justice Dept. Escalates Legal Fight With Bolton Over Book, in The New York Times, 18 giugno 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ Judge declines to block release of Bolton book, in Washington Post, 20 giugno 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Katie Benner, Justice Dept. Opens Criminal Inquiry Into John Bolton’s Book, in The New York Times, 15 settembre 2020. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Michael S. Schmidt e Katie Benner, Justice Dept. Ends Criminal Inquiry and Lawsuit on John Bolton’s Book, in The New York Times, 16 giugno 2021. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ Usa, Bolton: "Abbiamo aiutato a fare colpi di Stato". Dall'Afghanistan all'Iraq, l'ingerenza americana nelle crisi internazionali, su Il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2022. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ Usa, l'ammissione di Bolton: «Ho contribuito a colpi di Stato». La Russia chiede un'indagine internazionale, su Open, 14 luglio 2022. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ L'ex consigliere di Trump John Bolton: "Ho aiutato a organizzare golpe all'estero", su Tgcom24, 14 luglio 2022. URL consultato l'11 giugno 2023.
- ^ (EN) Former national security adviser John Bolton admits to planning foreign coups, su NBC News, 13 luglio 2022. URL consultato l'11 giugno 2023.
Altri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su John R. Bolton
Collegamenti esterni
modifica- (EN) Robert Rauch, John Bolton, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Opere di John R. Bolton, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) John R. Bolton, su Goodreads.
- (EN) John R. Bolton, su IMDb, IMDb.com.
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