Meditazioni filosofiche

Opera di Antonio Genovesi

Meditazioni filosofiche sulla religione e sulla morale del signor abate Antonio Genovesi è un'opera dell'abate e filosofo Antonio Genovesi dall'autore stesso pubblicata a Napoli nel 1758 con dedica a Marco Antonio Colonna, principe di Alliano.

Meditazioni filosofiche sulla religione e sulla morale del signor abate Antonio Genovesi
Frontespizio dell'opera edita presso Giuseppe Maria Porcelli librajo, 1781
AutoreAntonio Genovesi
1ª ed. originale1758
Generesaggio
Sottogenerefilosofia
Lingua originaleitaliano

Le meditazioni

modifica

Nell'opera Genovesi si propone di chiarire come l'esistenza, nonostante alcuni suoi aspetti negativi, sia in fondo (poiché «i mali di questa vita non son tanti»)[1] piacevole da condurre, considerando che in accordo con le convinzioni cristiane «noi non finiamo di esistere giammai».[1]

La nostra esistenza sarà felice se ispirata da principi che non siano innaturali poiché questo nostro mondo è stato creato non a caso ma dalla divina Provvidenza come mostra l'armonico e intimo legame che collega ogni cosa creata. La felicità si può conseguire tramite una vita virtuosa:

«Che la felicità, che quaggiù ci può toccare, non consiste, che in avere di quei mali, che ci affollano, la minima possibile quantità, e che non possiamo perciò conseguire che colla sola virtù, che perciò bisogna essere virtuosi per essere felici.[2]»

La pratica di queste virtù vive e reali ci è assicurata non tanto dalle nostre forze ma dall'adesione alla religione cristiana «non solamente utile, ma vera e divina».[2]

Di fronte alle ricorrenti critiche mosse dai lettori alla sua opera Genovesi si dà cura di rispondere: in particolare alle osservazioni ricevute da un suo amico filosofo. L'origine delle contestazioni che gli vengono rivolte, afferma Genovesi, risiede nell'errata considerazione del dolore. Quando infatti gli uomini vengono afflitti dai dolori tendono a dimenticare i beni e i piaceri che hanno posseduto e attaccano la divinità per le sofferenze che li travagliano:

«...ogni piccolo dolore, e ogni anche appena sensibile dispiacere, ci fa dimenticare di tutti i beni e di tutti i piaceri. E oltre a ciò non mettiamo quasi mai a conti i beni che da'dolori e da'mali procedono[3][4]»

In questo atteggiamento si rivela tutta l'ingratitudine dell'uomo nei confronti di Dio il quale ci ha fornito «doti e lumi da seguire ...così naturalmente come soprannaturalmente» di modo che coloro che «dirittamente usano della loro ragione e delle loro forze e dei divini aiuti...possono tutti, se vogliono, anche quaggiù...felicemente vivere...».[5]

Edizioni

modifica
  • Antonio Genovesi, Meditazioni filosofiche sulla religione e sulla morale del signor abate Antonio Genovesi, presso Giuseppe Maria Porcelli librajo, 1781.
  1. ^ a b Genovesi, op. cit., p. 5.
  2. ^ a b Genovesi, op. cit., proemio, p. 2.
  3. ^ Quando i dolori e i mali sono risolti si raggiunge ancora una volta un bene
  4. ^ Genovesi, op. cit, Risposte ad alcune objezioni d'un filosofo amico, p.XXXI.
  5. ^ Genovesi, op. cit., p. XXXII.
  Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Filosofia