Motore aeronautico

motore progettato per essere impiegato come produttore dell'energia necessaria a muovere un aeromobile
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Un motore aeronautico è un motore progettato per essere impiegato come produttore dell'energia necessaria a muovere un aeromobile.

Le origini

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Nella primissima fase della storia aeronautica anche la tecnologia dei motori era ai suoi esordi. Quello che sarebbe diventato il principale tipo di motore endotermico negli anni a venire venne perfezionato nel 1860 dall'ingegnere tedesco Nikolaus August Otto. Tuttavia bisogna aspettare un ventennio per la produzione delle prime autovetture ed un altro ventennio per la nascita dell'aeronautica moderna.

I fratelli Wright riuscirono ad effettuare il loro celebre primo volo il 17 dicembre 1903, ma il loro Wright Flyer era spinto da un motore a 4 cilindri da 12 cavalli (9 kW) non troppo dissimile da quelli automobilistici.

Gli sviluppi dell'aeronautica

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Un BMW IVa a 6 cilindri in linea raffreddato ad acqua. Si notino i cilindri incamiciati nella struttura dove scorre il liquido di raffreddamento.
 
Un Bristol Mercury radiale a singola stella esposto al Bristol Industrial Museum, Bristol, Inghilterra. Si noti l'alettatura sulla superficie di ogni cilindro, che lo identifica chiaramente come motore raffreddato ad aria.
 
Un Wright R-2600 radiale a doppia stella. Si notino le due file di cilindri sfalsate per una maggiore equilibratura del motore.

Nella prima parte della propria storia operativa, l'evoluzione dei motori aeronautici seguì l'evoluzione tecnica dei motori a pistoni impiegati per scopi automobilistici. La principale differenza stava nelle elevate dimensioni rispetto a questi ultimi, sia per riuscire ad erogare la potenza necessaria a far sollevare il velivolo da terra e mantenerlo in volo, e sia per una particolare architettura che per motivi di ingombro venne praticamente ignorata nel campo delle due e quattro ruote, il motore rotativo ed il motore radiale.

Questi erano i primi motori utilizzati in questo campo, e il loro vantaggio stava nella modularità del progetto, ovvero nell'intercambiabilità delle principali componenti meccaniche, riducendo costi e tempi di progettazione e realizzazione. Era tipico che da un motore se ne ricavasse una serie, per poter equipaggiare la gamma di produzione di unità in fasce determinate in base alla potenza erogata. Nell'Impero tedesco tali classi avevano una nomenclatura ufficiale basata sulla numerazione romana, ad esempio i Mercedes D.III o BMW IV utilizzati su velivoli della prima guerra mondiale. Quest'ultima diede una sferzata alla ricerca aeronautica, indirizzando i progettisti verso l'uso di materiali più leggeri e nel contempo ricercando doti di sempre maggiore affidabilità e potenza erogata. Da qui lo sviluppo tecnologico si fece sempre più veloce e nel giro di pochi anni i motori realizzati permisero di aumentare le dimensioni e la capacità di carico dei velivoli, inaugurando l'aviazione commerciale.

In questo periodo nacque la rivalità tra motori radiali e motori in linea, in quanto i primi, all'aumentare della potenza aumentavano anche le dimensioni frontali a scapito dell'aerodinamicità di tutto il velivolo. I secondi invece permettevano di contenere l'ingombro e nel contempo aumentarono anche la loro efficienza adottando il raffreddamento a liquido, tecnicamente meno complesso da realizzare che nei motori radiali. Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale si assistette ad una diversificazione di linee di pensiero. Se in Europa le aziende producevano sia motori di un tipo che dell'altro, negli Stati Uniti d'America la produzione e l'orientamento venne influenzato dalla specifica richiesta della U.S. Navy per l'utilizzo del motore radiale, considerato più affidabile anche in caso fosse stato colpito da fuoco nemico. Se infatti un colpo avesse messo fuori uso uno dei cilindri, il motore non avrebbe smesso del tutto di funzionare permettendo una possibile manovra di emergenza da parte del pilota, con evidenti vantaggi umani ed economici.

Della stessa linea anche l'aviazione giapponese che, a parte qualche esempio di motore "tradizionale" prodotto su licenza, rimase legata a questa configurazione. Fu in questo periodo che, per rincorrere l'esigenza di poter disporre di sempre maggior potenza, vennero realizzati i primi motori radiali a doppia stella, raddoppiando il numero dei cilindri posizionati su due file, ottenendo motori dagli ingombri frontali comparabili a quelli a singola stella. Parallelamente i motori concorrenti in linea si trasformarono inizialmente in motori progettati per funzionare con i cilindri rivolti verso il basso, per consentire di abbassare l'asse dell'elica e di conseguenza aumentare la visibilità anteriore nei monomotori. Parallelamente si progettarono le più complesse architetture a V, a W e ad H, ottenute accoppiando due o più motori in linea.

Nella seconda parte del periodo si cominciò a dotare i motori aeronautici di compressori, in grado di aumentare la pressione di alimentazione e di mantenerla costante al variare della quota, e di riduttori di velocità, per poter essere meno vincolati alla velocità di rotazione del motore, prima obbligata dal mantenimento delle caratteristiche di velocità dell'elica.

Il secondo conflitto mondiale

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra mondiale.
 
Un Pratt & Whitney R-4360 Wasp Major esposto presso il National Museum of the USAF, Dayton, Ohio. Stati Uniti. Si notino le 4 stelle che fanno assumere al motore una curiosa configurazione a pannocchia

Un altro triste esempio di come la guerra possa essere determinante per lo sviluppo tecnologico è lo sforzo compiuto dagli ingegneri per sviluppare motori sempre più potenti per equipaggiare velivoli da combattimento. Durante la seconda guerra mondiale i progettisti migliorarono ulteriormente le prestazioni dei motori, aggiungendo compressori a più stadi, impianti di raffreddamento a liquido pressurizzati, turbocompressori per usufruire di tutta la potenza disponibile dal sistema e sistemi di iniezione, come il tedesco MW 50, che permettevano anche l'utilizzo di carburanti ad alto rendimento.

Vennero realizzati i più grandi motori radiali, come lo statunitense Pratt & Whitney R-4360, detentore del primato, con i suoi 28 cilindri disposti su quattro stelle di sette cilindri ognuna: il motore a pistoni più grande mai prodotto in serie.

Ma si stava per approssimare una nuova fase, che avrebbe rapidamente relegato a ruoli minori la tecnologia fino ad allora utilizzata. Il problema da superare, infatti, era connesso alla limitata velocità di punta a cui poteva arrivare la propulsione ad elica (circa 700 km/h, all'epoca). Due ingegneri, il tedesco Hans von Ohain ed il britannico Frank Whittle, avevano messo a punto i motori che, nelle ultime fasi della guerra, resero evidenti i progressi ed i possibili sviluppi dei loro motori a getto.

La teoria del motore a getto, in particolare l'esoreattore a getto, era stata studiata e sperimentata già agli inizi dell'era aviatoria da fisici ed ingegneri, quali René Lorin, Boris Sergeevič Stečkin, Henri Coandă e Giovanni Battista Caproni. Primitivi esempi di propulsione a getto possono essere il Coandă-1910, il Campini-Caproni C.C.2, il Tsu-11 ed il MiG-13, aeroplani dotati di un motoreattore, ovvero di un motore a getto con compressore azionato da un motore a pistoni.

Dal dopoguerra ai giorni nostri

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Le convenzioni nella nomenclatura

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Motori tedeschi

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Epoca imperiale

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Un Daimler D.IIIa montato sul Fokker D.VII esposto al Deutsches Museum Flugwerft Schleißheim

Nei primi anni di produzione dei motori aeronautici, quando questi vennero utilizzati a scopo militare si vide la necessità di identificarne rapidamente le caratteristiche con alcune convenzioni. Questo tipo di categorizzazione si riscontra per la prima volta nella nomenclatura attuata nei primi anni del ventesimo secolo nell'Impero tedesco, convenzione introdotta dall'Idflieg che resistette, anche se distorta nell'applicazione, fino all'avvento del Reichsluftfahrtministerium dell'epoca nazista.

Questa si basava su una serie di classi diversificate per potenza espresse in numerazione romana progressiva e su un prefisso che ne identificava il costruttore. Se la sigla del costruttore appariva anche dopo la coda identificava la produzione su licenza.

Classe di potenza
  • Gruppe 0, al di sotto di 80 PS (nel sistema di misura tedesco il PS corrispondeva al cavallo vapore usato in altre nazioni).
  • Gruppe I, 80 - 100 PS
  • Gruppe II, 101 - 149 PS
  • Gruppe III, 150 - 199 PS
  • Gruppe IV, 200 - 299 PS
  • Gruppe V, 300 - 399 PS
  • Gruppe VI, 400 - 499 PS
  • Gruppe VII, oltre 500 PS
Suffisso identificativo

In base a queste convenzioni, un motore da 150 PS prodotto dalla Argus Motoren GmbH avrebbe avuto la denominazione Argus As.III, mentre se lo stesso motore veniva realizzato su licenza dalle aziende Gülder, MAN, Opel e Stoewer assumeva di conseguenza la denominazione As.III Gün, As.III Man, As.III O e As.III St.

La presenza di una "a" alla sigla, vedi il BMW IIIa, determinava un motore successivamente realizzato dalla stessa casa costruttrice ma, pur se appartenente alla stessa classe di potenza, poteva risultare di impostazione tecnica completamente differente.

Le classi oltre la settima (VII) non erano previste e se risultano nella nomenclatura tedesca successiva è solo per un uso improprio della convenzione, passata da divisione per classe di potenza a semplice numero progressivo di progetto.

Epoca nazista

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Un radiale BMW 132

Dopo il 1933, con l'ampliamento dei ministeri iniziato dal regime nazista, venne istituito il Reichsluftfahrtministerium (RLM), il Ministero dell'Aria del Reich, che aveva il compito di coordinare e supervisionare tutte le attività legate all'aeronautica civile e militare nella Germania dell'epoca. Fu questo ministero ad assegnare una nuova nomenclatura per identificare i motori aeronautici in produzione, imponendo la nuova denominazione all'azienda produttrice, e quelli di produzione futura.

Questo metodo si basava su un codice numerico a tre cifre che identificava un blocco assegnato all'azienda costruttrice, con le ultime due riferite al progetto in numero progressivo.

  • 090-099 - varie aziende minori
  • 100-199 - Bayerische Motorenwerke GmbH (BMW); successivamente le venne assegnato il blocco 800
  • 200-299 - Junkers Flugzeug- und Motorenwerke A.G.
  • 300-399 - BMW-Flugmotorenwerke Brandenburg GmbH (BMW-Bramo)
  • 400-499 - Argus-Motoren GmbH
  • 500-599 - Heinkel Hirth Motoren GmbH
  • 600-699 - Daimler-Benz A.G.
  • 700-799 - Klöckner-Humboldt-Deutz A.G.
  • 800-899 - Bayerische Motorenwerke GmbH (BMW)

A questa catalogazione sfuggivano i nuovi motori a reazione (esoreattori o endoreattori che fossero) che, a partire dal 1939, erano contraddistinti dal prefisso 109- seguito da un numero progressivo a tre cifre assegnato dal RLM. Dal numero 109-011 in poi, invece, la cifra finale identificava la casa costruttrice (ad esempio 1 per la Heinkel, 2 per la Junkers, 4 per l'Argus e 8 per la BMW).[1][2]

  1. ^ Aircraft engine projects examined at BMW factories-Appendix II, Nomenclature (PDF), su cdvandt.org, p. 18. URL consultato il 10 gennaio 2017.
  2. ^ (EN) Roger Ford, Germany's Secret Weapons in World War II[collegamento interrotto], p. 11, ISBN 0-7603-0847-0.

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