Nanga

scuola pittorica giapponese
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Nanga (南画|, letteralmente "pittura meridionale", in riferimento alla Scuola Meridionale cinese), conosciuta anche con il nome di Bunjinga (文人画|, traducibile come "pittura letterata"), fu una scuola pittorica giapponese che fiorì nel tardo periodo Edo tra artisti che, risentendo della forte influenza della cultura tradizionale cinese, consideravano la propria produzione pittorica quale espressione artistica di un intellettuale, o meglio ancora di un letterato, piuttosto che quella d'un semplice artista visivo.

Pesca in primavera di Ike no Taiga.

Etimologia del termine

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Il nome nanga è l’abbreviazione di nanshūga, e fa riferimento alla scuola pittorica cinese denominata Scuola meridionale (nanzhonghua in cinese).

Ideali estetici

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La scuola nanga considerava la pittura, la calligrafia e la poesia espressioni artistiche complementari che si dovessero integrare per raggiungere un’espressione artistica perfetta e capace di grande comunicazione. I dipinti dei pittori nanga erano quindi spesso accompagnati da testi poetici o pensieri e riflessioni suggeriti dal dipinto, redatti accuratamente in calligrafie ricercate e grafiche. L’idea era che un intellettuale o letterato dovesse essere maestro di tutte le arti tradizionali: pittura, calligrafia e poesia. I pittori nanga o letterati intendevano esprimere il ritmo, l’essenza e lo spirito della natura piuttosto che rappresentare in modo realistico gli elementi naturali. Nello stesso tempo era compito dell’artista mostrare una sorta di distacco dalla pittura come se, in quanto intellettuale, fosse al di sopra di un forte coinvolgimento nel proprio lavoro. Sebbene ciascun artista nanga affermasse la propria unicità di pensiero e indipendenza intellettuale, nell’insieme condividevano una grande ammirazione per la cultura cinese tradizionale. I loro dipinti, solitamente monocromi ad inchiostro di china nero, talvolta con leggere coloriture ad acquarello, ritraevano spesso paesaggi cinesi o alla maniera dei pittori letterati cinesi.

 
Monte Penglai (La montagna degli immortali) Tomioka Tessai Acquarello su seta – 1924 – Adachi Museum of Art (Yasugi)

Nonostante la politica isolazionistica sakoku attuata dai governi durante il periodo Edo, in Giappone furono mantenuti dei contatti con la Cina, seppure assai limitati. Quel poco che poteva essere introdotto in Giappone dalle culture straniere era importato dagli Olandesi attraverso l’unico porto ammesso agli stranieri oppure era introdotto direttamente da cinesi immigrati in Giappone. L’arte Bunjinga o nanga quindi si sviluppò in parte su stimolo di un limitato apporto di manuali e di opere originali dalla Cina e in parte come razione oppositiva alle principali scuole artistiche contemporanee, quali la Scuola Kanō e la Scuola Tosa. Tra i testi che influirono sulla formazione dei pittori nanga in Giappone ci fu la diffusione del volume “Manuale del giardino grande come un granello di senape” che descrive in dettaglio le tecniche pittoriche in uso in Cina e che fu pubblicato in Giappone ed ebbe grande diffusione. Il maestro Kuwayama Gyokushū (1746–1799) fu il teorico sulla pittura nanga giapponese. Nei suoi 3 volumi Gyokushū gashu (Raccolta di saggi di Gyokushū, 1790), Gaen higen (Un modesto commentario sulla pittura, 1795) e Kaiji higen (Parole semplici in materia di pittura, 1799) invitava I pittori letterati del Giappone a condividere la teoria e gli ideali artistici e culturali di Dong Qichang ( 1555–1636. Secondo lo studioso Meccarelli, Kuwayama può essere considerato l’equivalente giapponese del maestro e teorico cinese Dong Qichang .[1]

A differenza degli artisti letterati cinesi che erano per lo più accademici e aspiravano a completare la loro formazione diventando pittori, i letterati giapponesi non erano membri accademici, piuttosto erano principalmente dei pittori professionisti che aspiravano ad un riconoscimento accademico. Alcuni pittori si distinsero anche in altre tecniche artistiche quali la ceramica, la silografia e l’incisione di sigilli.

Soggetti e stile

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I dipinti Nanga or bunjinga ritraevano essenzialmente soggetti della tradizione cinese, e in particolare paesaggi, uccelli e fiori. Nei paesaggi predominano le rappresentazioni di montagne, picchi rocciosi e cascate; tra i fiori erano diffusi i “quattro nobili”: susino, crisantemo, bambù e orchidea. Poesie o altri testi erano elementi importanti del dipinto ed erano aggiunti talvolta con la collaborazione di altri artisti. A differenza di scuole che si rifacevano direttamente allo stile del proprio fondatore, i pittori nanga non ebbero uno stile così unitario. Pertanto ciascun artista mostrava elementi stilistici e creativi propri e diversificati dai propri maestri e anche dai propri contemporanei. Alla fine del periodo Edo con l’apertura alla cultura occidentale, molti pittori bunjin incominciarono ad assorbire elementi formali o tecnici dall’arte europea, quali un maggiore rigore e realismo nella definizione dello spazio , ma non mutarono mai i soggetti che rimasero sempre quelli della pittura tradizionale cinese.

Critica

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La critica contemporanea non sempre accolse favorevolmente la pittura nanga. Ernest Fenollosa e Okakura Kakuzō, i primi tra coloro che hanno contribuito alla diffusione dell’arte giapponese in occidente, avevano una posizione critica nei confronti della pittura nanga considerata banale e di maniera. Anche l’idea dell’integrazione tra pittura e calligrafia era vista dai moderni pittori nihonga una tecnica espressiva superata. Al contrario, successivamente, soprattutto ad inizio novecento, quindi in una fase avanzata del periodo Meiji, numerosi artisti giapponesi guardavano con favore ai pittori nanga dei quali apprezzarono e condivisero la rivendicazione dell’individualità dell’artista e la relativa libertà nell’uso delle tecniche pittoriche in favore di una grande libertà creativa.

Artisti di rilievo

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Fiori di ciliegio alla sera - Matsubayashi Keigetsu – 1951

Tra i pittori nanga si distinsero Yosa Buson (1716-1783), considerato anche un importante poeta di haiku che si cimentò in particolare nella pittura di paesaggio e Ike no Taiga (1723–1776) che sperimentò e combinò liberamente diverse tecniche pittoriche, derivate anche da altre scuole, per realizzare dipinti vivaci e talvolta umoristici.

 
Ginepro Sargent in stile bunjin

Influssi culturali

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Uno stile particolare di bonsai è chiamato bunjin, bunjingi or "letterato" in quanto tende a realizzare forme che ricordano gli alberi ritratti nei dipinti nanga. Esemplari arborei di questo stile hanno spesso forma slanciata e poche ramificazioni, il tronco è alto e sottile e sormontato da un fogliame assai ridotto

  1. ^ During the Qing period, the canons of classical Chinese painting mainly derived from the criteria set out by Dong Qichang , Mo Shilong (1537?–1587), and Chen Jiru (1558–1639). See Marco, Meccarelli. 2015. "Chinese Painters in Nagasaki: Style and Artistic Contaminatio during the Tokugawa Period (1603-1868)" Ming Qing Studies 2015, pp. 175–236.

Bibliografia

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