Orlando Lorenzini

militare, ufficiale e generale italiano

Orlando Lorenzini (Guardistallo, 3 maggio 1890Cheren, 17 marzo 1941) è stato un generale italiano, insignito alla memoria della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Orlando Lorenzini
NascitaGuardistallo, 3 maggio 1890
MorteCheren, 17 marzo 1941
Cause della morteCaduto in combattimento
Luogo di sepolturaCimitero di Asmara
ReligioneCattolicesimo
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaFanteria
Anni di servizio1910-1941
GradoGenerale di brigata
GuerrePrima guerra mondiale
Riconquista della Libia
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Libia (1913-1921)
Conquista italiana della Somalia Britannica
Campagna dell'Africa Orientale Italiana
BattaglieBattaglia del solstizio
Battaglia di Agordat
Battaglia di Cheren
Comandante di2099ª Compagnia mitragliatrici
14º Battaglione eritreo
22º Battaglione eritreo
2ª Brigata coloniale
11ª Brigata coloniale
4ª Divisione coloniale
Decorazionivedi qui
dati tratti da Combattenti Liberazione[1]
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Biografia

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La tomba nel cimitero militare di Keren

Nacque a Guardistallo il 3 maggio 1890, figlio di Giuseppe e di Maria Giuntini.[1][2] A partire dal 1895 fu allievo del Collegio Convitto Salesiano San Quirico di Colle Salvetti) ed in seguito frequentò il liceo presso il Seminario di Volterra, per poi conseguire la licenza al Liceo Galileo Galilei di Pisa.[3]

Il 20 maggio 1910 cominciò la carriera militare come soldato di leva di seconda categoria nell'84º Reggimento fanteria "Venezia";[4] e fu nominato ufficiale di fanteria presso l'88º Reggimento fanteria "Friuli" il 4 febbraio 1912.[1] Nell'ottobre dello stesso anno partì per la Libia dove ottenne il passaggio in servizio permanente effettivo nel corso del 1913.[1] Assegnato al XIV Battaglione eritreo, nel settembre 1915 fu promosso tenente, e capitano nel dicembre dello stesso anno.[1]

Rimpatriato a domanda nei primi mesi del 1917, partecipò alle operazioni belliche sul fronte italiano distinguendosi in combattimento sul Montello nel giugno 1918, al comando della 2099ª Compagnia mitraglieri della Brigata "Udine".[1] Ritornato in Libia nell’ottobre 1919, decorato con la prima medaglia d'argento al valor militare e con la croce al merito di guerra, fu assegnato con funzioni civili presso il comando di zona di Homs.[1] Fino al 1922 fece poi parte del Corpo di occupazione italiano in Oriente, e rientrato in Libia partecipò alle operazioni di riconquista della Colonia combattendo in Cirenaica e nel Fezzan.[3] Comandò per quattro anni la 1ª Squadriglia Autoblindomitragliatrici della Tripolitania impegnata nelle attività di controguerriglia.[1] Mentre prestava servizio in questo reparto fu citato nei dispacci del luglio 1924 per aver inflitto una sconfitta ai ribelli Senussi nella zona di Jebel Auaghir, nel 1925 fu nominato Cavaliere dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia, e nel 1926 ricevette un'altra Croce al merito di guerra e fu promosso maggiore dopo una campagna di 20 mesi nel Jebel centrale.[3] Nell'estate del 1927 al comando della 1ª Squadriglia Autoblindomitragliatrici condusse con successo una campagna nel Jebel cirenaico, inseguendo e distruggendo un gruppo di ribelli libici nel mese di agosto.[3] Tra il gennaio e il febbraio 1928 si distinse in combattimento a Gifa e jalo, venendo insignito della seconda medaglia d'oro al valor militare, e nel marzo successivo dell'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia,[1] venendo nuovamente menzionato nei dispacci dal Governatore della Cirenaica.[3]

Dal 1928 al 1929 prestò servizio in Italia, dapprima al 7° Centro automobilistico e poi allo 88º Reggimento fanteria.[1] Ai primi del 1930 ritornò in Cirenaica dove assunse il comando del XIV Battaglione eritreo.[1] Nel dicembre 1931 divenne ufficiale dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia, nel giugno 1933 Commendatore dello stesso ordine, e nel settembre dello stesso anno fu insignito della terza Croce al merito di guerra.[3]

Promosso tenente colonnello nel febbraio 1934, nell'ottobre successivo partì per l'Africa Orientale dove, tra le varie missioni, si menziona una operazione segreta presso le popolazioni della Dancalia avente come fine organizzare le popolazioni ed averle alleate nel probabile conflitto con l'Impero d'Etiopia.[4] Partecipò alla guerra d'Etiopia distinguendosi nei combattimenti di Mai Endè e Azbì nel novembre 1935,[1] fu poi comandante del XXII Battaglione eritreo, e venne insignito della medaglia di bronzo al valor militare il 15 ottobre 1936.[3] Dopo la vittoria italiana e l'annessione dell'Etiopia all'Africa Orientale Italiana, assunse il comando dell'11ª Brigata Coloniale e poi della 2ª Brigata Coloniale, combattendo contro i guerriglieri etiopi.[3] Nel giugno 1937 guidò con successo una brigata coloniale in una battaglia di tre giorni contro i guerriglieri a Shewa, che gli valse la terza medaglia d'argento al valor militare.[3] Nello stesso anno fu nominato Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e l'anno successivo anche Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia, oltre a ricevere un'ulteriore Croce al merito di guerra.[3] Tra aprile e luglio 1938 guidò la sua brigata coloniale in aspri combattimenti contro i guerriglieri nel Goggiam, ottenendo una vittoria, e la sua quarta medaglia d'argento al valor militare.[3]

Nel 1939 fu promosso colonnello per merito di guerra, ricevendo un'altra croce al merito di guerra.[2] Tra l'agosto 1938 e il maggio 1940 condusse sei campagne operative di controguerriglia, che gli valsero la quinta medaglia d'argento al valor militare[3]. In questo periodo una colonna di truppe coloniali ai suoi ordini e comandata dal colonnello Gennaro Sora, commise tra il 9 e l'11 aprile 1939 il massacro di Gaia Zeret ricorrendo all'uso di armi chimiche e praticando fucilazioni di massa. All'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 maggio 1940, assunse il comando della II Brigata coloniale e nell’agosto 1940 partecipò alla conquista del Somaliland ricevendo la promozione a generale di brigata.[1]

Nel quadro della difesa dell'Eritrea contro la minaccia inglese dal Sudan venne trasferito nel 1940 a Cheren con la sua II Brigata Coloniale e nominato comandante della IV Divisione Coloniale dal Viceré d'Etiopia Amedeo di Savoia-Aosta, Comandante delle Forze Armate dell'A.O.I., con il compito di contrastare l'avanzata inglese su Agordat.[4] Successivamente alla battaglia di Agordat, durata cinque giorni con pesantissime perdite, assunse nuovamente il comando della II Brigata, già molto provata dai combattimenti, che venne trasferita presso Cheren, ultima posizione di difesa dell'Eritrea.[4] Morì alle 15:00 del 17 marzo 1941, ucciso da una scheggia di granata.[N 1] Venne sepolto nel cimitero di Asmara dopo un austero funerale celebrato il 19 marzo 1941 ed alla sua memoria concessa la medaglia d'oro al valor militare con Regio Decreto 6 febbraio 1942.[2] Le sue spoglie furono in seguito esumate in Asmara il 18 novembre 1994 e trasportate al cimitero militare di Cheren, ove ora riposano.[4]

Molte sono le citazioni ed i riferimenti pubblicati sulla sua figura e sul suo valore. Il Leone del Sahara la cui "fama, tra le truppe coloniali, era nata al tempo...delle operazioni per l'occupazione dell'Oasi di Cufra in Cirenaica".[5] I santoni della città sacra di Aksum avevano aggiunto che quando "il grande capo dalla grande barba" fosse morto in combattimento, la guerra degli italiani sarebbe finita con la loro sconfitta.[6]

Sposato con la signora Diana Barachini ebbe tre figlie, Paola, Piera e Maria. A suo nome è stata intitolata una strada a Castiglioncello (Provincia di Livorno), a Guardistallo dove è ubicata la casa costruita nel 1933, ed a Pisa.[7] Sempre a Pisa gli è stata anche intitolata una scuola elementare. A Lucca venne intitolata a Lorenzini la caserma di Piazza San Romano (già sede dei reparti di cavalleria); questa caserma è stata sede della Compagnia Genio Guastatori della Brigata paracadutisti "Folgore" fino all'inizio del XXI secolo ed oggi è smilitarizzata ed in parte utilizzata per ospitare una base della protezione civile.[7]

Onorificenze

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«Comandante di una Squadriglia Autoblindomitragliatrici da lui trasformato in un poderoso strumento di guerra per la perfetta organizzazione, per lo speciale addestramento e per lo spirito offensivo onde seppe animarle, riportò brillantissimi risultati che costituirono i più importanti fattori del successo complessivo nella campagna sul Gebel Cirenaico dell’estate 1927. – Si distingueva in modo speciale nei combattimenti contro il doorABid che attaccava e sterminava dopo un lungo e difficile inseguimento (11 e 28 agosto 1927) e nelle azioni di Abiar bu Sfeia (19 luglio 1927): Uadi el Kuf (28 luglio 1927) ez Zelag (13 settembre 1927)
— Regio Decreto 8 marzo 1928.[8]
«Figura leggendaria di combattente coloniale che già in Libia e nell’Africa Orientale italiana superando le più aspre difficoltà di terreno e di clima, aveva innumerevoli volte trascinato le sue truppe alla vittoria, era l’anima dell’epica difesa di Cheren, imponendosi all’ammirazione dello stesso nemico. Alla testa dei suoi battaglioni che infiammava con l’esempio del suo indomito valore si prodigava oltre ogni limite per contrastare il passo dell’avversario superiore per mezzi e per numero, contrattaccandolo con audacia sovrumana anche quando la situazione si era fatta disperata. Colpito mortalmente suggellava in aureola di gloria la sua nobile esistenza, tutta intessuta di memorabili episodi di fulgido eroismo. Cheren (A.O.I.), 2 febbraio – 17 marzo 1941-XIX
— Regio Decreto 6 febbraio 1942.[9]
«Comandante di una Compagnia Mitragliatrici, sebbene attaccato da tutte le parti, col suo contegno eroico e colla sua ferrea resistenza sventò la mossa aggirante del nemico e agevolò il ripiegamento di altri nostri reparti, rientrando per ultimo nella nostra linea. - Animato da nobile sentimento di cameratismo, tornava da solo sul campo della lotta, per portare in salvo un suo collega Capitano di Artiglieria rimasto ferito, che correva il rischio di essere catturato. Montello, 18 giugno 1918
«Comandante di un Gruppo Autoblindomitragliatrici, in numerosi combattimenti dava prova di felice intuito tattico e di grande perizia denotando elevate qualità di comando e dimostrando, in ogni circostanza calma e coraggio eccezionali. Gifa, 12 gennaio - Gialo, 29 febbraio 1928
— 9 maggio 1929.
«Bella figura di ufficiale, organizzatore e trascinatore di uomini, confermava in più fatti d’arme le sue doti di comandante audace e di esperto che gli hanno procurato fama nell'ambiente coloniale. Al comando di un gruppo tattico e poi di una brigata di indigeni, in tre giorni di aspra lotta riusciva, con intelligente impiego dei reparti e delle varie armi, con lo slancio e la foga che seppe infondere nei dipendenti, a battere l'avversario su posizioni ritenute inespugnabili, conseguendo risultati brillanti e tali da scuotere definitivamente la baldanza delle formazioni ribelli. Scioa, 31 maggio - 21 giugno 1937-XV
— 22 aprile 1940.
«Comandante di brigata coloniale, nel corso di importanti cicli operativi affermava costantemente elette virtù di capo, esemplare valore, alto prestigio. Sempre alla testa delle sue truppe, in circostanze particolarmente difficili ed attraverso aspri e samguinosi combattimenti, trascinava la sua unità al successo, infliggendo al nemico perdite ingenti e catturandogli numeroso materiale. Ufficiale superiore in cui vigoria d’azione ed eminenti qualità di capo animatore – costantemente dimostrate - si fondono armonicamente nella tempra del combattente saldo e valoroso. Goggiam-Ancoberino, aprile-luglio 1938-XVI
— 24 maggio 1940.
«Comandante di elevato prestigio militare e politico di un importante settore, in sei lunghi cicli di grande polizia coloniale, superando serie difficoltà logistiche e gli ostacoli naturali del terreno, affrontava alla testa delle sue truppe, che animava con esempio trascinatore, forti nuclei avversari, infliggendo loro gravi perdite in uomini, armi e quadrupedi ed obbligando i superstiti o ad arrendersi oppure a trovare scampo con la fuga verso località aspre, quasi inaccessibili, prive di ogni risorsa. Scioa, agosto 1938- maggio 1940
— 20 febbraio 1941.
«Comandante di battaglione, in aspro e lungo combattimento, sotto intenso fuoco nemico, dirigeva impavidamente il tiro del proprio reparto. Con serenità, coraggio personale e perizia occupava con il suo battaglione una posizione dominante determinando il ripiegamento dell’avversario. Mai Endè-Azbì, 15 ottobre 1936
— 2 febbraio 1919; 2 novembre 1926; 1º settembre 1933; 20 giugno 1938; 1º giugno 1939.
— Regio Decreto 3 giugno 1937.[10]
«In considerazione di speciali benemerenze.»
— 24 maggio 1940.
«Comandante di una Squadriglia Automezzi armati in un lungo ciclo di operazioni dava la sua costante ed instancabile attività in concorso all’azione di altri gruppi di manovra riscuotendo sempre, ambita ricompensa, prima l’ammirazione ed il plauso degli attori e testimoni dell’opera sua fatta di sagacia ed ardimento, e sempre quello delle superiori Autorità Militari. Rivelava eccezionali doti di combattente superando con le doti e del carattere e dell’intelletto situazioni difficili. Mirabile esempio di fermezza, serenità, di animoso Comandante. Gebel Centrale, aprile 1925 – dicembre 1926
— 13 ottobre 1927.
«Comandante di Brigata Coloniale nel corso di lunghi ed importanti cicli operativi affermava costantemente spiccata capacità tecnica, elette virtù di capo e tempra di soldato valoroso e risoluto. A.O.I., 26 gennaio 1939»
«Comandante di una salda e compatta brigata coloniale di cui attraverso lunghi cicli operativi di polizia era andato con suo ascendente personale forgiando l’impareggiabile spirito guerriero, incaricato di effettuare, con la sua brigata un ampio accerchiamento della organizzazione nemica, di cui non era ben nota l’estensione e la profondità con piena comprensione del compito, chiaro intuito delle successive situazioni, ben quadrato spirito di iniziativa, prontezza e fermezza di decisione, seguendo un lungo e faticoso itinerario, continuamente contrastato dalla natura e dal nemico, riusciva per due volte consecutive, e specialmente alla battaglia di Lafaruc a precisare, dopo numerosi e sanguinosi tentativi, l’estrema ala avversaria e a determinare l’avvolgimento, in modo da apportare efficace contributo risoluto alla conclusione vittoriosa dell’intera campagna di guerra. Somaliland, 3-19 agosto 1940-XVIII
— 20 febbraio 1941.
Encomio solenne del governatore della Cirenaica
«In un breve faticoso ciclo di operazioni contro i ribelli della zona del Gebel Auaghir, dava prova di magnifico valore infliggendo una grave sanguinosa sconfitta ai ribelli ed ottenendo, insieme con altri reparti che concorsero all'azione un successo quanto mai brillante e fecondo di risultati
— Foglio del Comando Truppe della Cirenaica del 22 luglio 1924, n. 14333.
«Ha saputo foggiare uno strumento di guerra mirabile nel quale ha trasfuso tutte le sue doti di ardimento, di prudenza, tenacia e di modestia. Bengasi, 10 aprile 1928

Annotazioni

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  1. ^ La sua morte “portò lo sgomento tra gli ascari e fu un colpo deleterio alla loro volontà di battersi, di resistere", Renato Loffredo – Cheren 31 gennaio-27 marzo 1941).
  1. ^ a b c d e f g h i j k l m Combattenti Liberazione.
  2. ^ a b c Saini Fasanotti 2010, p. 116.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l Peoplepill.
  4. ^ a b c d e Italiani in guerra.
  5. ^ Del Boca 1986, p. 421.
  6. ^ Del Boca 1986, p. 152.
  7. ^ a b Tierslivre.
  8. ^ Lorenzini Orlando, su quirinale.it. URL consultato il 9 gennaio 2012.
  9. ^ Lorenzini Orlando, su quirinale.it. URL consultato il 9 gennaio 2012.
  10. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.267 del 18 novembre 1937, pag. 21.
  11. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.103 del 1 maggio 1934, pag.2187.

Bibliografia

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  • Gian Carlo Stella e Paola Lorenzini Doveri, Trent'anni d'Africa. Vita del generale medaglia d'oro Orlando Lorenzini, Bagnacavallo, Tipo-lito Zattoni, 1996.
  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Libia. Dal fascismo a Gheddafi, Bari, Laterza, 1988.
  • Angelo Del Boca, Italiani in Africa Orientale: La conquista dell’Impero, Bari, Laterza, 1979.
  • Angelo Del Boca, Italiani in Africa Orientale: La caduta dell'Impero, Bari, Laterza, 1986, ISBN 88-420-2810-X.
  • Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), Roma, Tipografia Regionale, 1965, p. 602.
  • Renato Loffredo, Cheren, Milano, Longanesi, 1973.
  • Siro Persichelli, Orlando Lorenzini, Roma, Tipografia regionale, 1950.
  • Alberto Rovighi, Le operazioni in Africa orientale, giugno 1940-novembre 1941. Volume I: Narrazione, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, 1995.
  • Federica Saini Fasanotti, Etiopia 1936-1940. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell'Esercito Italiano, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 2010, ISBN 978-88-96260-13-5.
  • Federica Saini Fasanotti, Libia 1922–1931: le operazioni militari italiane, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 2012, ISBN 978-88-96260-28-9.
  • In particolare sulle relazioni del Generale con la sua terra d'origine (circondario di Volterra, provincia di Pisa) e sulla biografia scritta dalla figlia Paola, vedi: Lelio Lagorio, Dizionario di Volterra, vol.IV, voce "Lorenzini", Pisa-Volterra 1997-2001, e "L'eroe di Cheren e Volterra" in "Rassegna Volterrana", rivista della Accademia dei Sepolti, a.78, 2001.

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