Paul Vaessen

calciatore inglese (1961-2001)

Paul Leon Vaessen (Gillingham, 16 ottobre 1961Bristol, 8 agosto 2001) è stato un calciatore inglese, attaccante dell'Arsenal, formazione in cui militò fino alla prematura fine della sua attività agonistica nel 1982.

Paul Vaessen
Vaessen (n. 13) realizza il goal dell'1-0 dell'Arsenal a Torino contro la Juventus durante la semifinale di Coppa delle Coppe 1979-80
NazionalitàInghilterra (bandiera) Inghilterra
Calcio
RuoloAttaccante
Termine carriera1982
Carriera
Giovanili
1978-79Arsenal
Squadre di club1
1979-82Arsenal32 (6)
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
Statistiche aggiornate al 3 giugno 2014

Ricordato per il goal con il quale la sua squadra eliminò la Juventus in semifinale di Coppa delle Coppe 1979-80, trascorse i vent'anni successivi alla fine della carriera tra consumo di stupefacenti e lavori saltuari, e morì nel 2001 a 39 anni per overdose di eroina. Solo mesi dopo la sua morte la sua figura fu ricollegata al suo passato da calciatore.

Biografia

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Figlio di Leon, ex giocatore del Millwall, Paul Vaessen entrò nelle giovanili dell'Arsenal nel 1978 a 16 anni[1]; debuttò in Prima Divisione nell'ultima giornata del campionato 1978-79 contro il Chelsea[2].

Giocatore robusto ma tendente alla pinguedine[1], iniziò come riserva nel torneo successivo collezionando alcune presenze in campionato e marcando il suo primo goal a White Hart Lane contro il Tottenham ad aprile 1980[2] in un incontro che l'Arsenal vinse 2-1. Pochi giorni dopo la squadra affrontò il ritorno delle semifinali della Coppa delle Coppe contro la Juventus cui, avendo pareggiato 1-1 ad Highbury[3], poteva bastare anche un pari senza reti per raggiungere la finale.

Prima di allora nessuna formazione britannica aveva mai vinto a Torino contro i bianconeri in una competizione UEFA[4], e fino all'88' di gioco la situazione sembrava favorevole agli italiani, che stavano portando l'incontro sullo 0-0; a quel punto l'ala dell'Arsenal Graham Rix entrò dal fronte sinistro d'attacco nell'area della Juventus ed effettuò un cross che scavalcò Dino Zoff e andò a finire dalle parti di Vaessen, da poco subentrato a David Price[5] (singolarmente anch'egli prematuramente ritiratosi per infortunio e divenuto tassista a Croydon[6]), che colpì di testa nella porta vuota[1][5], dando all'Arsenal il goal della vittoria e della qualificazione alla finale, che tuttavia Vaessen non disputò (l'Arsenal perse ai rigori contro gli spagnoli del Valencia).

Fu impiegato come riserva anche nella stagione 1980-81 ma, in un incontro del precampionato successivo, si ruppe i legamenti del ginocchio durante un contrasto[7]; nonostante diverse operazioni non riuscì a riprendere la funzionalità dell'articolazione[1][7] e nell'estate del 1982 dovette forzosamente ritirarsi dall'attività[1].

Rimasto senza una fonte di guadagno, e bisognoso di far fronte al dolore causatogli dal ginocchio infortunato, tornò ad assumere marijuana della quale era occasionale fumatore già a 13 anni[1] prima di smettere per dedicarsi al calcio; dalla marijuana passò poi alle droghe pesanti, mentre nel frattempo esercitò vari mestieri tra i quali quello di portalettere[1]. Passò anche attraverso un divorzio e un tentativo di rapina, per la quale ricevette tre mesi di carcere e la sospensione condizionale della pena a patto che si trasferisse da suo fratello a Bristol[1]; l'avvocato che lo difese addusse a motivo del comportamento criminale di Vaessen il disorientamento dovuto alla fine prematura della sua carriera e alla perdita di qualsiasi prospettiva di successo[1]. Anche un tentativo di disintossicazione con il metadone fu infruttuoso, e l'8 agosto 2001 il suo corpo senza vita fu trovato nel bagno della casa di Bristol che divideva con suo fratello[1]. Un quotidiano cittadino riportò solo la sua morte e la circostanza che si trattasse di una persona in trattamento con il metadone, senza alcuna menzione del suo passato sportivo[1].

Ancora tre mesi dopo il decesso un quotidiano sportivo britannico parlò dell'impresa di Vaessen a Torino senza menzionare la circostanza che fosse morto[1]. Fu solo cinque mesi più tardi che un altro quotidiano, l'Observer, redasse il suo necrologio[1].

Venuto a conoscenza della morte di Vaessen, Tony Adams ‒ egli stesso ex giocatore dell'Arsenal, fondatore nel 2000 di Sporting Chance Clinic, un'organizzazione di sostegno e recupero degli sportivi con problemi di alcolismo e tossicodipendenza nei quali anch'egli incorse ‒ dichiarò che l'ispirazione a creare la sua fondazione gli giunse proprio dal fatto che, una volta terminata prematuramente la carriera, un ex giocatore veniva lasciato solo davanti ai suoi problemi e non aveva la possibilità di chiedere un sostegno psicologico per far fronte all'improvviso cambio di prospettive nella vita[1] ed espresse l'auspicio che altri casi simili non dovessero ripetersi proprio grazie all'esistenza di organizzazioni come la sua[8].

Alla vicenda del giocatore il giornalista inglese Stewart Taylor, esperto di fatti dell'Arsenal, dedicò un libro uscito nel 2014, Stuck in a Moment: The Ballad of Paul Vaessen.

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Kevin Mitchell e Jamie Jackson, The Terrible Death of a Forgotten Hero, in The Observer, 17 marzo 2002. URL consultato il 3 giugno 2014.
  2. ^ a b Weaver, pag. 98.
  3. ^ Angelo Caroli, Zoff e Furino scudi bianconeri, in Stampa Sera, 10 aprile 1980. URL consultato il 3 giugno 2014.
  4. ^ (EN) Neal Collins, Not All Fairy Tales End Happily Ever After, in Mail & Guardian, Johannesburg, 31 marzo 2006. URL consultato il 3 giugno 2014.
  5. ^ a b Bruno Perucca, L'Arsenal castiga (1-0) la Juventus all'87', in La Stampa, 24 aprile 1980, p. 27. URL consultato il 4 giugno 2014.
  6. ^ (EN) Five-minute final: Where are they now?, in BBC, 19 maggio 2005. URL consultato il 4 giugno 2014.
  7. ^ a b (EN) Gavin Mortimer, Arsenal, Europe and the tragedy of Paul Vaessen, in The Week, 16 agosto 2011. URL consultato il 3 giugno 2014 (archiviato dall'url originale il 3 giugno 2014).
  8. ^ Spurling, pag. 77.

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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