Pietre d'inciampo nella provincia di Brescia

lista di un progetto Wikimedia

.La lista delle pietre d'inciampo nella provincia di Brescia contiene l'elenco delle pietre d'inciampo poste nella provincia di Brescia. Esse commemorano il destino delle vittime della Shoah e di altre vittime dei nazisti. Le pietre d'inciampo (in tedesco Stolpersteine) sono una iniziativa dell'artista tedesco Gunter Demnig che ha già posato più di 100.000 pietre in tutta Europa.

Vicolo dell’Inganno a Brescia con la pietra d'inciampo per Ubaldo Migliorati, assassinato nel Campo di concentramento di Buchenwald

La prima pietra venne collocata a Brescia il 23 novembre 2012 e fu dedicata a Roberto Carrara; le collocazioni complessive a Brescia e provincia, al 27 gennaio 2020, risultano cinquantaquattro.[1] Al 2025 64 le pietre d'inciampo posate in provincia di Brescia.[2]

Provincia di Brescia

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
12 gennaio 2015 Via Cavour, 17

45°37′18.74″N 9°57′33.97″E
 
QUI ABITAVA
ATTILIO EMILIO MENA
NATO 1911
INTERNATO MILITARE
DEPORTATO DA PESCHIERA
20.9.1943
MORTO 22.5.1945
DACHAU
Mena, Attilio Emilio Attilio Emilio Mena (Adro, 30 novembre 1911 - Dachau, 22 maggio 1945), carpentiere, figlio di Giovanni e Marietta Tedeschi, famiglia contadina. Arruolato nel 1940 nella sanità del 78º Reggimento fanteria "Lupi di Toscana", inviato in Albania, prende parte alla campagna italiana di Grecia. Nel novembre del 1942 è inviato nella Francia meridionale. Secondo una ricostruzione biografica, qui è arrestato per un reato comune, condannato dal Tribunale militare di guerra della IV° Armata, trasferito nel carcere militare di Torino, e dal 2 febbraio del 1943 in quello di Gaeta e in seguito rinchiuso nella Fortezza di Peschiera del Garda. Altra ricostruzione fa risalire il suo arresto al rifiuto, successivamente all'armistizio dell'8 settembre 1943, di arruolarsi con i nazifascisti. Concordi le versioni che lo vedono deportato, il 20 settembre 1943, nel Reich destinato a campo di concentramento di Dachau, matricola 54421, classificato "Schutzhäftling" (Schutz)- deportato per motivi di sicurezza- e impiegato al lavoro coatto. È ancora vivo alla liberazione del campo, 29 aprile 1945, ma il grave suo stato di prostrazione fisica, nonostante le cure dell'ospedale americano nel campo, ne provoca la morte il 22 maggio 1945.[3][4]

Brescia

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La città di Brescia ospita 21 pietre d'inciampo al 2025.

Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
23 novembre 1912 Contrada del Carmine, 39

45°32′36.18″N 10°12′58.32″E
 
QUI ABITAVA
ROBERTO CARRARA
NATO 1915
ARRESTATO COME POLITICO
30.9.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 11.12.1944
Carrara, Roberto Roberto Carrara (Verona, 20 novembre 1915 - Mauthausen, ???), falegname, coniugato con Vittoria Pertica, tre figli. Richiamato alle armi nel luglio del 1940, arruolato in Fanteria nel "77º Reggimento", dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 ritornato a Brescia e col cognato Domenico Pertica si unisce a un nucleo di ribelli formatosi nella zona del monte Guglielmo. In seguito a delazione è arrestato nel settembre 1944 e internato a Bolzano prima della deportazione, il 14 dicembre 1944, nel Terzo Reich con destinazione Mauthausen, dove risulta al 25 aprile 1945, ma è incerta la data di morte.[5]
 
QUI ABITAVA
DOMENICO PERTICA
NATO 1923
ARRESTATO COME POLITICO
30.9.1944
DEPORTATO
GUSEN
ASSASSINATO 21.4.1945
Pertica, Domenico Domenico Pertica (Brescia, 6 gennaio 1923 - Gusen, 21 aprile 1945), operaio, figlio di Cesare e Rachele Grioni, tre fratelli. Dopo l’dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 col cognato Roberto Carrara si unisce a un nucleo di ribelli che si era formato nella zona del monte Guglielmo. In seguito a delazione è arrestato nel settembre 1944 e internato a Bolzano prima della deportazione, il 14 dicembre 1944, nel Terzo Reich con destinazione Mauthausen. Muore nel sottocampo di Gusen, 21 aprile 1945. [6]
Piazza della Vittoria, 11

45°32′18.58″N 10°13′08.08″E
 
QUI ABITAVA
GUIDO
DALLA VOLTA
NATO 1894
ARRESTATO 1.12.1943
DEPORTATO
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 15.11.1944
Dalla Volta, Guido Guido Dalla Volta (Mantova, 19 luglio 1894 - Auschwitz, 15 novembre 1944), figlio di Adolfo e Virginia Medici, coniugato con Emma Viterbi. Ebreo, è arrestato insieme al figlio Alberto il 3 dicembre 1943. Detenuti entrambi nel carcere di Brescia, quindi trasferiti al campo di transito di Fossoli prima della deportazione, il 22 febbraio 1944, nel Terzo Reich con destinazione Auschwitz. Matricola 174487, assassinato al campo il 15 novembre 1944.[7]
 
QUI ABITAVA
ALBERTO
DALLA VOLTA
NATO 1922
ARRESTATO 1.12.1943
DEPORTATO
AUSCHWITZ
ASSASSINATO
IN LUOGO IGNOTO
DOPO 18.1.1945
Dalla Volta, Alberto Alberto Dalla Volta (Mantova, 21 dicembre 1922 - ???, 1945), figlio di Guido Dalla Volta e Emma Viterbi, una sorella. Ebreo, è arrestato insieme al padre il 3 dicembre 1943. Detenuti entrambi nel carcere di Brescia, quindi trasferiti al campo di transito di Fossoli prima della deportazione, il 22 febbraio 1944, nel Terzo Reich con destinazione Auschwitz. È legato da un profondo rapporto di amicizia con Primo Levi che lo cita nel suo Se questo è un uomo. Muore nel gennaio 1945 in località sconosciuta durante una delle marce della morte dopo l'evacuazione del campo di concentramento di Auschwitz.[8][9]
Via delle Battaglie, 16

45°32′28.88″N 10°12′58.87″E
 
QUI ABITAVA
ANGELO COTTINELLI
NATO 1909
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 25.6.1944
NEUMARKT
Cottinelli, Angelo Angelo Cottinelli (Brescia, 28 agosto 1909 - Neumarkt, 25 giugno 1944) soldato d'Artiglieria è arrestato alla proclamazione del'armistizio dell'8 settembre 1943 e deportato nel Terzo Reich, internato nello "Stalag XIII D"[10], muore a Neumarkt il 25 giugno 1944.[11]
Via delle Battaglie, 50

45°32′36.33″N 10°13′03.23″E
 
QUI ABITAVA
ANDREA TREBESCHI
NATO 1897
ARRESTATO COME POLITICO
6.1.1944
DEPORTATO
DACHAU
MAUTHAUSEN
GUSEN
ASSASSINATO 24.1.1945
Trebeschi, Andrea Andrea Trebeschi (Brescia, 3 settembre 1897 - Gusen, 24 gennaio 1945), combattente nella Grande Guerra, coniugato con Vittoria De Toni, quattro figli. Attivista cattolico, laurea in Giurisprudenza, aderisce al Partito Popolare Italiano, riferimento per i giovani antifascisti bresciani. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 entra nella Resistenza bresciana. Arrestato una prima volta nel dicembre 1943, quindi definitivamente il 6 gennaio 1944. Dal carcere di Canton Mombello di Brescia è trasferito a Verona a cui segue la deportazione nel Terzo Reich con destinazione Dachau prima e quindi Mauthausen, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12]. Il 1º gennaio 1945 è trasferito al sottocampo di Gusen, dove muore il 24 gennaio 1945.[13]
Via Fratelli Ugoni, 6

45°32′27.12″N 10°12′36.66″E
 
QUI ABITAVA
SEVERINO FRATUS
NATO 1891
ARRESTATO COME POLITICO
2.3.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 8.4.1945
Fratus, Severino Severino Fratus (Brescia, 7 agosto 1891 - Mauthausen, 8 maggio 1945), figlio di Battista e Lucia Ambrosini, meccanico attrezzista presso la Breda di Sesto San Giovanni dove si trasferisce. Attivo nella formazione partigiana appartenente alla "108ª Brigata Garibaldi", partecipa agli scioperi del marzo 1944. Arrestato in casa dalle SS il 2 marzo, dopo la carcerazione a San Vittore è trasferito alla Caserma Umberto I[14] di Bergamo dal cui Binario 1 della stazione ferroviaria cittadina è deportato nel Terzo Reich con destinazione Mauthausen dove giunge l’8 aprile, immatricolato 61643. Muore nel sottocampo di Gusen l'8 aprile 1945. È seppellito presso il Cimitero militare italiano di Mauthausen.[15]
Via G.Bonomelli, 62

45°31′55.1″N 10°14′31.12″E
 
QUI ABITAVA
EMILIO FALCONI
NATO 1911
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
20.9.1943
ASSASSINATO 8.3.1945
FORBACH CAMPO N 2026
Falconi, Emilio Emilio Falconi (Brescia, 3 agosto 1911 - Stalag_XII-F Forbach, 8 maggio 1945), figlio di Vittorio e Maria Orlandini. Fante nella Guerra d'Etiopia è richiamato alle armi nel 1940. L'8 settembre 1943 lo coglie sul fronte francese. Catturato dai tedeschi è deportato nel Terzo Reich come IMI destinato al lavoro coatto nello Stalag_XII-F Forbach, dove muore in un incidente sul lavoro l'8 maggio 1945. È sepolto nel Cimitero militare italiano di Francoforte.[16]
Viale Venezia 45

45°32′01.89″N 10°14′23.07″E
 
QUI ABITAVA
MARIO BALLERIO
NATO 1918
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 15.4.1944
PRZEMYSL
Ballerio, Mario Mario Ballerio (Redona, 8 luglio 1918 - Przemyśl, 15 aprile 1944).Ingegnere richiamato alle armi nel dicembre 1941, tenente di complemento dal marzo 1943 nel 7º Reggimento di artiglieria della "Divisione Pisa". Catturato alla proclamazione dell'8 settembre 1943 a Lipsia è internato in condizione di IMI nel lager 327N di Przemyśl destinato al lavoro coatto. Muore nell'ospedale della città il 15 aprile 1944. Nel 1957 la salma fu tumulata nel Cimitero militare italiano a Varsavia.[17]
12 gennaio 2015 Contrada del Carmine, 16

45°32′34.57″N 10°13′05.95″E
 
QUI ABITAVA
ALESSANDRO
GENTILINI
NATO 1916
ARRESTATO 6.6.1944
COME POLITICO
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
GUSEN
ASSASSINATO 17.4.1945
Gentilini, Alessandro Alessandro Gentilini (Lonato, 26 agosto 1916 - Gusen, 17 aprile 1945), figlio di Edoardo e Pierina Vialetti, coniugato con Cecilia Signori, due figli. Arrestato il 6 giugno 1944, presumibilmente perché coinvolto nel movimento resistenziale, trasferito nel Carcere di Canton Mombello di Brescia, evade approfittando di un bombardamento sulla città, ma è nuovamente catturato il 16 dicembre. Trasferito dal carcere cittadino a Bolzano prima della deportazione nel Terzo Reich con destinazione Mauthausen dove giunge l'11 gennaio 1945. Matricola n. 115530, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], Muore nel sottocampo di Gusen il 17 aprile 1945.[18]
Via Fratelli Lechi
angolo Largo Torrelunga

45°32′09.1″N 10°13′55.5″E
 
QUI ABITAVA
ROLANDO PETRINI
NATO 1921
ARRESTATO COME POLITICO
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
GUSEN
ASSASSINATO 21.1.1945
Petrini, Rolando Rolando Petrini (Siena, 16 gennaio 1921 - Gusen, 21 gennaio 1945), figlio di Giuseppe e Attilia Cassioli, residente a Brescia, un fratello, Enzo, uno dei primi aderenti alle Fiamme Verdi, la sorella Elda staffetta partigiana. Perito industriale, attivo poi nella FUCI, Arruolato sottotenente d'Artiglieria, immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 è tra i promotori delle prime bande partigiane operanti sui colli bresciani, aderisce alle “Aquile Randagie”, entra nell'O.S.C.A.R.. Ad ottobre 1943 comanda una squadra di Ribelli, sfugge ad un rastrellamento e a Milano collabora con Teresio Olivelli e Carlo Bianchi nell'attività di propaganda antifascista occupandosi anche dei collegamenti tra le Fiamme Verdi della Val Camonica e il comando regionale. È arrestato a Milano sul finire di ottobre e incarcerato a San Vittore quindi trasferito a Fossoli e successivamente a Bolzano prima della deportazione a Mauthausen il 30 agosto 1944. Matricola n. 91479, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], muore nel sottocampo di Gusen il 21 gennaio 1945.[19]
Via Nicola Tartaglia. 47

45°32′38.75″N 10°12′42.96″E
 
QUI ABITAVA
PIETRO PIASTRA
NATO 1891
ARRESTATO 19.10.1944
COME POLITICO
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 10.4.1945
Piatra, Pietro Pietro Piatra (Palermo, 31 gennaio 1891 - Mauthausen, 10 aprile 1945), figlio di Gaetano e Lavinia Cardini, celibe, trasferitosi a Brescia, immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 partecipa alle prime bande di ribelli da cui successivamente si organizzeranno le formazioni delle Fiamme Verdi. È arrestato durante un rastrellamento nella zona di Collio, detenuto dal 26 ottobre presso il carcere di Canton Mombello, sottoposto a sevizie e torture prima del trasferimento a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich il 14 dicembre, con destinazione Mauthausen. Matricola n. 114153, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], muore al campo il 10 aprile 1945.[20]
Via Pila, 37

45°31′21.56″N 10°16′26″E
 
QUI ABITAVA
SILVESTRO ROMANI
NATO 1923
ARRESTATO 18.11.1943
COME POLITICO
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 17.3.1945
Romani, Silvestro Silvestro Romani (Vicenza, 14 settembre 1923 - Mauthausen, 17 marzo 1945), figlio di Giuseppe e Osanna Salamoni, tre fratelli, celibe, muratore. All'indomani dell'8 settembre 1943 si unisce ai primi nuclei di Resistenza in formazione nelle valli bresciane. Catturato il 18 novembre, aderisce alla RSI per disertare il 10 luglio 1944 e unirsi alla nascente "122^ Bgt. Garibaldi". Nuovamente catturato il 26 ottobre è rinchiuso nel Carcere di Canton Mombello quindi trasferito a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich l'8 gennaio 1945, con destinazione Mauthausen. Matricola n. 115702, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], Muore il 17 marzo 1945 nel sottocampo di Gusen.[21]
Vicolo delle Dimesse, 2

45°32′27.42″N 10°12′48.39″E
 
QUI ABITAVA
FEDERICO RINALDINI
NATO 1923
ARRESTATO 19.8.1944
COME POLITICO
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 27.3.1945
Rinaldini, Federico Federico Rinaldini (Brescia, 29 settembre 1923 - Gusen, 27 marzo 1945), figlio di Angelo e Anna Lonati, quattro fratelli, celibe, perito industriale. Dopo l'8 settembre 1943 entra nella Resistenza occupandosi di diffusione di materiale antifascista, tiene i collegamenti tra le varie formazioni partigiane, staffetta partigiana dall'aprile 1944. Il 19 agosto è catturato dalle SS e tradotto nel carcere di Canton Mombello, quindi trasferimento a Bolzano a cui segue, l'8 gennaio 1945, la deportazione nel Terzo Reich con destinazione Mauthausen. Matricola n. 115691, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12]. Il 1º febbraio è al campo di Gusen, dove muore il 27 marzo 1945.[22]
Vicolo dell'Inganno, 1

45°32′27.42″N 10°12′48.39″E
 
QUI ABITAVA
UBALDO MIGLIORATI
NATO 1923
ARRESTATO 27.2.1945
COME POLITICO
DEPORTATO
BUCHENWALD
ASSASSINATO 12.3.1945
Migliorati, Ubaldo Ubaldo Migliorati (Pavone del Mella, 17 luglio 1923 - Buchenwald, 12 marzo 1945), figlio di Riccardo e Maria Segari. Il 14 gennaio 1943 è chiamato alle armi, sergente nel "111º Rgt. Fanteria, Bgt. Piacenza". Dopo l'8 settembre 1943, presumibilmente per sua attività antifascista, è arrestato dai tedeschi il 9 agosto 1944. Deportato nel Terzo Reich, internato inizialmente nello "Stalag IV D Torgau"[23] a cui segue un calvario di ulteriori campi di lavoro fino all'internamento a Buchenwald. Matricola n. 132818, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], muore al campo il 12 marzo 1945.[24]
27 gennaio 2019 Via XX settembre, 22

45°32′02.44″N 10°12′55.28″E
 
QUI ABITAVA
GIULIO ANGELI
NATO 1891
ARRESTATO COME POLITICO
17.7.1944
DEPORTATO
DACHAU
ASSASSINATO 8.2.1945
Angeli, Giulio Giulio Angeli (Muccia, 15 settembre 1891 - Dachau, 8 febbraio 1945), figlio di Giuseppe e Carducci Marianna, coniugato con Ernesta Samueli, ufficiale dei Bersaglieri volontario nella Grande guerra, pluridecorato, nel 1917 è sottoposto a processo dal Tribunale di guerra di cui non si conoscono i capi d’imputazione. Alla fine del conflitto emigra in Francia dal 1920 al 1926, a Marsiglia si iscrive al PNF, ma è sospettato di contatti con antifascisti. Al rientro in Patria si stabilisce a Genova fino al 1938 quindi Brescia, dove risulta iscritto nel Casellario politico centrale. Sorvegliato dal 1941 in quanto "sovversivo", dopo l'8 settembre 1943 è nella Resistenza sostenendo le bande di ribelli e organizzando l'espatrio verso la Svizzera degli ex prigionieri alleati. È arrestato il 28 novembre, condotto nelle Carcere di Canton Mombello subisce sevizie e torture prima del trasferimento a Bolzano il 31 agosto. Il 9 ottobre 1944 è internato nel campo di Dachau, matricola nº 113139, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], muore al campo l'8 febbraio 1945[25]
Via Corsica, 88

45°31′43.7″N 10°12′21.88″E
 
QUI ABITAVA
ORESTE GHIDELLI
NATO 1913
ARRESTATO COME POLITICO
17.7.1944
DEPORTATO
FLOSSENBÜRG
ZWICKAU
ASSASSINATO 1.4.1945
Ghidelli, Oreste Oreste Ghidelli (Brescia, 27 maggio 1913 - Flossenbürg, 1º aprile 1945), figlio di Giacomo e Maria Teresina Viglioli, autista. Arruolato dal 1933 al 1936 nella Regia Marina. Dopo l'8 settembre 1943 si suppone collabori all'assistenza e accompagnamento in Svizzera di ex prigionieri alleati. È arrestato a Milano, rinchiuso a San Vittore, il 18 gennaio è trasferito a Bolzano, quindi deportato, il 19 gennaio 1945, nel Terzo Reich destinato a Flossenbürg. Matricola n. 43652, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], muore al sottocampo di Zwickau[26] il 1º aprile 1945.[27]
Via Don Giacomo Vender, 59

45°33′29.1″N 10°12′05.68″E
 
QUI ABITAVA
GUSTAVO MORELLI
NATO 1893
ARRESTATO COME POLITICO
DEPORTATO
DACHAU
MAJDANEK
ASSASSINATO 19.2.1944
Morelli, Gustavo Gustavo Morelli (Brescia, 18 aprile 1893 - Majdanek, 19 febbraio 1944), figlio di Angelo e Angela Sguassi. Nel corso della Grande guerra è più volte accusato di diserzione, amnistiato al termine del conflitto. Ignota data, causa dell'arresto, causa della deportazione nel Terzo Reich col convoglio partito da Sulmona il 13 ootobre 1943 destinato a Dachau. Matricola nº 56648, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[12], il 3 gennaio 1944 è trasferito a Majdanek dove muore il 19 febbraio 1944.[28]
25 gennaio 2025 via dei mille, 11

45°32′28.39″N 10°12′42.55″E
 
QUI ABITAVA
PIERINO FRANCO
SILLI
NATO 1922
ARRESTATO 9.9.1943
INTERNATO MILITARE
PELPLIN
ASSASSINATO 19.4.1945
Silli, Pierino Franco Pierino Franco Silli (Brescia, 8 luglio 1922 - Pelplin, 19 aprile 1945), figlio di Stefano e Maria Rachele Fostinelli, ultimo di dieci fratelli. Arruolato volontario nel 1940, l'armistizio dell'8 settembre 1943 lo coglie sul fronte jugoslavo. Arrestato è deportato nel Terzo Reich classificato come IMI immatricolato nº 25012 e costretto al lavoro coatto presso il campo di Pelplin dove si spegne per malattia il 19 aprile 1945.[29]
Piazzetta San Giorgio, 2
sul lato destro dell'omonima chiesa

45°32′27.79″N 10°13′15.5″E
 
QUI ABITAVA
LINO BALDASSARI
NATO 1923
ARRESTATO 8.9.1943
INTERNATO MILITARE
HANNOVER
MORTO 3.6.1945
Baldassari, Lino Lino Baldassari (Vestone, 4 gennaio 1923 - Hannover, 3 giugno 19445), figlio di Isidoro, antifascista e Fontana Caterina, è arruolato nel febbraio 1943 come aviere nella Regia Aeronautica. Il giorno stesso della proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 è arrestato e al rifiuto di arruolarsi nelle fila della Wehrmacht come altri 600mila militari italiani, è deportato nel Terzo Reich classificato come IMI destinato al lavoro coatto. Muore di malattia nel sanatorio di Hannover il 3 giugno 19445) a liberazione avvenuta.[30]
contrada del Mangano, 4

45°32′22.89″N 10°13′06.36″E
 
QUI ABITAVA
ANGELO ATTILIO
ARICI
NATO 1914
ARRESTATO 8.9.1943
INTERNATO MILITARE
HAGEN
MORTO 22.5.1945
Arici, Angelo Attilio Angelo Attilio Arici (Brescia, 24 giugno 1914 - Hagen, 22 giugno 1945), figlio di Santo e Maria Botturi, lavoro nel laboratorio di pasticceria della famiglia. Arruolato già dal 1935, nel 1940 è gradia alla frontiera a Vipacco. Sarà sul fronte greco albanese, quindi alla frontiera jugoslava. Il giorno stesso della proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 è arrestato e al rifiuto di arruolarsi nelle fila della Wehrmacht come altri 600mila militari italiani, saranno gli IMI destinati al lavoro coatto come schiavi di Hitler, è deportato nel Terzo Reich. Muore per tubercolosi nel S. Johannes Hospital di Hagen il 22 giugno 1945.[31]

Calvagese della Riviera

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
27 gennaio 2019 Via Ugo de Zinis
Mocasina, Località Basse

45°32′22.16″N 10°26′29.03″E
 
QUI ABITAVA
ASSALONNE NATAN
NATA 1891
ARRESTATAO 12.12.1943
DEPORTATO
AUSCHWITZ
ASSASSINATO
Nathan, Assalonne Assalonne Nathan (Istambul, 11 giugno 1891 - Auschwitz, ???), figlio di Abramo e Malvine Jacar, fratello di Raoul Elia Nathan è arrestato a Bedizzole, insiemem al fratello, il 12 dicembre 1944. Entrambi incarcerati a Brescia, trasferiti poi a Fossoli, sono entrambi deportati nel Reich con destinazione Auschwitz, giungendovi il 26 febbraio 1944. Di Assalone non è nota la data e circostanza della morte.[32][33]
 
QUI ABITAVA
RAOUL ELIA NATAN
NATO 1904
ARRESTATO 12.12.1943
DEPORTATO
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 16.5.1944
Nathan, Raoul Elia Raoul Elia Nathan ( Mons, 10 dicembre 1904 - Auschwitz, 16 maggio 1944), fratello di Assalonne Nathan, coniugato con Rachele Nahoum. Condivide il destino tragico del fratello: arrestato a Bedizzole, il 12 dicembre 1944. Entrambi incarcerati a Brescia, trasferiti poi a Fossoli, sono entrambi deportati nel Reich con destinazione Auschwitz, giungendovi il 26 febbraio 1944, matricola 174535. Muore il 16 maggio 1944.[34][33]

Cedegolo

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
24 gennaio 2025 via Nazionale, 27

46°04′39.77″N 10°20′54.28″E
 
QUI LAVORAVA
GIUSEPPE LUIGI
SPERA
NATO 1895
ARRESTATO COME POLITICO
19.6.1944
DEPORTATO
FLOSSENBÜRG
ASSASSINATO 22.2.1945
HERSBRUCK
Spera, Giuseppe Luigi Giuseppe Luigi Spera (Margherita di Savoia, 31 marzo 1895 - Hersbruck , 22 febbraio 1945), coniugato con Maria Boldini e con lei trasferitosi a Cedegolo come gestori del bar-osteria "Novecento", punto di riferimento per la "54esima Brigata Garibaldi". Arrestato, presumibilmente in seguito a delazione, il 19 giugno 1944, rinchiuso nel carcere di Brescia, torturato prima del trasferimento a Bolzano ed infine deportato nel Terzo Reich col medesimo convoglio di Teresio Olivelli. Destinazione Flossenbürg dove giunge il 7 settembre, classificato "Pol" – (Politisch)[35], quindi Hersbruck, dove muore il 22 febbraio 1945.[36]
Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
17 gennaio 2020 Via Fiume, 2  
QUI ABITAVA
FRANCESCO VINCENTI
NATO 1887
ARRESTATO 11.5.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 31.12.1944
MELK
Vincenti, Francesco Francesco Vincenti (Cevo, 1 febbraio 1887 - Melk, 31 dicembre 1944), partigiano, figlio di Vincenzo e Maria Antonia Zonta, tabaccaio, sposa Margherita Biondi nel 1920. Attivo nelle file della 54ª Brigata Garibaldi operativa in Valsaviore già dal novembre 1943, nome di battaglia "Checo". L’11 maggio 1944 è vittima di un rastrellamento nazifascista e trasferito alle carceri di Canton Mombello, quindi Fossoli a cui segue la deportazione nel Reich il 5 giugno 1944, con destinazione Mauthausen, classificato come "Schutzhäftling", deportato politico. Trasferito a Melk, muore il 31 dicembre 1944.[37]
Via Trento, 8  
QUI ABITAVA
INNOCENZO GOZZI
NATO 1877
ARRESTATO 10.5.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 15.11.1944
Gozzi, Innocenzo Innocenzo Gozzi (Cevo, 1877 - Mauthausen, 15 novembre 1944), mugnaio, padre di sei figli, famiglia di antifascisti. Rastrellato il 10 maggio 1944, dando seguito a precedenti segnalazioni per presunti aiuti e forniture di farina alle formazioni partigiane e precedenti alterchi con i maggiorenti fascisti locali. Carcerato a Brescia, quindi deportato a Mauthausen, matricola 76372, dove muore il 15 novembre 1944.[38]
Via San Vigilio, 124  
QUI ABITAVA
GIOVANNI
BATTISTA MATTI
NATO 1893
ARRESTATO 9.5.1944
DEPORTATO 1944
MAUTHAUSEN
GROSSRAMING, REDEL-ZIPF
MORTO 21.5.1944
GUSEN
Matti, Giovanni Battista Giovanni Battista Matti (Cevo, 17 gennaio 1893 - Gusen, 21 maggio 1945), partigiano, figlio di Domenico e Martina Monella, coniugato con Maria Monella dal dicembre del 1920, due figli. Attivo nella 54ª Brigata Garibaldi operativa in Valsaviore, è catturato il 9 maggio 1944 a Fabrezza nel corso del rastrellamento nazifascista. È trasferito alle carceri di Canton Mombello, quindi Fossoli a cui segue la deportazione nel Reich il 5 giugno 1944, con destinazione Mauthausen, matricola 76441, classificato come "Schutzhäftling", deportato politico. Infine trasferito a luglio a Großraming, quindi, il 25 agosto, ritorno al campo principale. Dal 4 settembre è rinchiuso nel sottocampo di Redl-Zipf (“Schlier “),[39] e dal 26 marzo del 1945 in quello di Gusen, dove muore il 21 maggio 1945.[40]

Collebeato

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
23 novembre 2012 Via Roma, 10

45°35′43.5″N 10°28′50.67″E
 
QUI ABITAVA
ENRICO BROGNOLI
NATO 1923
ARRESTATO COME POLITICO
DICEMBRE 1943
DEPORTATO A BUCHENWALD
ASSASSINATO
7.4.1945
Brognoli, Enrico Enrico Brognoli (Collebeato, 12 novembre 1923 - Buchenwald, 7 aprile 1944), figlio di Luigi e di Angela Marelli, due fratelli. celibe, impiegato. Catturato nel dicembre 1943 dai nazifascisti durante un rastrellamento, l’11 gennaio 1944 è in carcere a Piacenza nella Caserma Sant’Antonio, il 12 aprile trasferito a Verona quindi deportato nel Terzo Reich a Wildflecken, infine internato nel campo di Buchenwald, matricola n° 135495. Muore al campo il 7 dicembre 1945.[41]
Sandro Pertini, l'8 agosto 1984 gli conferisce il "Diploma d’onore al combattente per la libertà d’Italia".

Desenzano

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
6 marzo 2022 Via Anelli, 28

45°28′07.21″N 10°32′34.18″E
 
QUI ABITAVA
DOROTEA GRONICH
NATA 1898
ARRESTATA 24.2.1944
DEPORTATA
AUSCHWITZ
ASSASSINATA
Gronich, Dorotea Dorotea Gronich (Merano, 23 aprile 1898 - Auschwitz, ???), figlia di Wolfgang e Antonia Hersches, nubile, apolide, ebrea. Residente a Bolzano, in conseguenza alle leggi razziali fasciste del 1938, è forzatamente inviata, il 27 gennaio 1940, a Desenzano del Garda in regime di “internamento libero”[42]. Nonostante il generoso aiuto ricevuto da alcuni residenti, non sfugge all'arresto, ad opera dei Carabinieri in data 24 febbraio 1944 e con lei Hulda Garfinkel, trasferite entrambi nel carcere di Canton Mombello, quindi Fossoli da dove, il 5 aprile 1944 sono deportate nel Reich destinate ad Auschwitz. Di Dorotea nulla più è dato di sapere.[43]
Viale Andreis, 4

45°28′10.93″N 10°31′43.79″E
 
QUI ABITAVA
HULDA GARFINKEL
NATA 1873
ARRESTATA 24.2.1944
DEPORTATA
AUSCHWITZ
ASSASSINATA 10.4.1944
Garfinkel, Hulda Hulda Garfinkel (Buchwalde, 5 aprile 1873 - Auschwitz, 10 aprile 1944), figlia di Markos e Giovanna Hirsch, vedova con due figli. Condivide il destino tragico di Dorotea Gronich: anch'essa forzatamente inviata a Desenzano del Garda il 12 febbraio 1940 in regime di “internamento libero”[42], nonostante il generoso aiuto ricevuto da alcuni residenti, non sfugge all'arresto, operato dei Carabinieri in data 24 febbraio 1944. Entrambe trasferite nel carcere di Canton Mombello, quindi Fossoli da dove, il 5 aprile 1944 sono deportate nel Reich destinate ad Auschwitz. Hulda è assassinata il giorno stesso del suo arrivo al campo: 10 aprile 1944.[43]

Gardone Riviera

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Gardone Riviera ospita tre pietre d'inciampo.

Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
18 gennaio 2016 Vicolo Ars, 10

45°37′09.42″N 10°33′35.08″E
 
QUI ABITAVA
ALFREDO RUSSO
NATO 1871
ARRESTATO DIC. 1943
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 26.2.1944
Russo, Alfredo Alfredo Russo (Vienna, 25 settembre 1871 - Auschwitz, 26 febbraio 1944), figlio di Israele e Clara Salom. Di religione evangelica, segnalato come ebreo. Cantante lirico del teatro di Merano, dall’11 settembre del 1939 risiede a Gardone Riviera. Arrestato a Remedello il 20 dicembre 1943 da agenti della Questura, detenuto in un primo momento a Salò quindi carcere di Canton Mombello a cui segue l'internamento a Vo'Vecchio e successivamente Fossoli. Deportato il 22 febbraio 1944 ad Auschwitz, assassinato al suo arrivo al campo il 26 febbraio 1944.[44][45]
20 gennaio 2018 Corso della repubblica, 57

45°37′04.72″N 10°33′33.69″E
 
QUI ABITAVA
UMBERTO SOLIANI
NATO 1916
ARRESTATO 4.2.1944
ROMA
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 15.3.1945
DACHAU
Soliani, Umberto Umberto Soliani (Lugano, 7 febbraio 1916 - Dachau, 15 marzo 1945), figlio di Isacco e Italia Caviglia, cinque fratelli tra cui Arturo Soliani, coniugato con Elvira Terracina (sorella di Lina) dal 1940, due figli, commerciante. Umberto ed il fratello Arturo condividono un tragico destino: trasferitisi da Roma, nel 1938 risultano iscritti all'anagrafe di Gardone Riviera come ebreo, ma nel 1943 fanno ritorno a Roma. Arrestati entrambi nella notte tra il 3 ed il 4 febbraio 1944 da militi italiani, detenuti nelle carceri di "Regina Coeli"[46] quindi Verona a cui segue l'internamento a Fossoli prima della deportazione, il 16 maggio 1944, nel Terzo Reich con destinazione Auschwitz. Umberto Il 17 novembre è trasferito al campo di Dachau, dove muore il 15 marzo 1945.[47][48]
Corso Zanardelli, 7

45°37′07.31″N 10°33′43.43″E
 
QUI ABITAVA
ARTURO SOLIANI
NATO 1912
ARRESTATO 4.2.1944
ROMA
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 1945
FLOSSENBÜRG
Soliani, Arturo Arturo Soliani (Lugano , 9 luglio 1912 - ???, ???), figlio di Isacco e Italia Caviglia, cinque fratelli tra cui Umberto Soliani, coniugato dal 1938 con Lina Terracina (sorella di Elvira), due figli. Arturo ed il fratello Umberto condividono un tragico destino: trasferitisi da Roma, nel 1938 risultano iscritti all'anagrafe di Gardone Riviera come ebreo, ma nel 1943 fanno ritorno a Roma. Arrestati entrambi nella notte tra il 3 ed il 4 febbraio 1944 da militi italiani, detenuti nelle carceri di "Regina Coeli"[49] quindi Verona a cui segue l'internamento a Fossoli prima della deportazione, il 16 maggio 1944, nel Terzo Reich con destinazione Auschwitz. Arturo è trasferito nel campo di Gross-Rosen, quindi il 25 febbraio 1945 in quello di Flossenbürg, ed il 10 marzo in quello di Buchenwald. Non definite data e luogo di morte. Non sopravvive alla Shoah.[50][51]

Gavardo

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A Gavardo sono posate due pietre d'inciampo.[52]

Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
12 gennaio 2015 Via Benecco, 32
località Soprazocco

45°35′43.51″N 10°28′50.65″E
 
QUI ABITAVA
DAVIDE ARDITI
NATO 1883
ARRESTATO 22.12.1943
DEPORTATO
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 26.2.1944
Arditi, Davide Davide Arditi (Varna (Bulgaria), 12 febbraio 1883 - Auschwitz, 26 febbraio 1944), figlio di Beniamino e Visa Danon, coniugato con Rivka Jerochan, un figlio, commerciante. Cittadino italiano di origine ebraica, domiciliato prima a Livorno poi Milano, quindi a Salò. Arrestato il 22 dicembre 1943 con la moglie a Benecco di Sopracozzo dove soggiorna in regime di "internamento libero"[53], rinchiusi nel carcere di Canton Mombello poi trasferiti al campo di Vo'Vecchio, quindi Fossoli prima della deportazione, il 22 febbraio 1944 nel Terzo Reich con destinazione Auschwitz. Assassinato al suo arrivo al campo il 26 febbraio 1944.[54][55]
 
QUI ABITAVA
RIKVA JEROCHAN
NATA 1885
ARRESTATA 22.12.1943
DEPORTATA
AUSCHWITZ
ASSASSINATA
IN LUOGO IGNOTO
Jerochan, Rivka Rivka Jerochan (Pleven (Bulgaria), 3 gennaio 1885 - ???, ???), figlia di Menachem Jerchan, coniugata con Davide Arditi, un figlio. Condivide il tragico destino del marito. Non sopravvive alla Shoah.[55]
Immagine Scritta Indirizzo Biografia
 
A GHEDI ABITAVA
SANTO BORGHETTI
NATO 1917
INTERNATO MILITARE
BERLINO
ASSASSINATO 23.4.1945
Via XX Settembre, 130
Borghetti, Santo Santo Borghetti[56][57]
 
QUI ABITAVA
DOMENICO CONTRATTI
NATO 1923
ARRESTATO 8.9.1943
INTERNATO MILITARE
FALLINGBOSTEL
ASSASSINATO 9.5.1944
Via XXIV Maggio, 18
Contratti, Domenico Domenico Contratti[56][58]
 
QUI ABITAVA
ANGELO DANDER
NATO 1908
INTERNATO MILITARE
BERNHAUSEN
ASSASSINATO 21.2.1945
Via Dante, 8/A
(presso la Casa degli Alpini)
Dander, Angelo Angelo Dander[56][59]
 
QUI ABITAVA
ANGELO MOR
NATO 1911
ARRESTATO 8.9.1943
INTERNATO MILITARE
WILHERING
ASSASSINATO 4.5.1945
Via Dante, 8/A
(presso la Casa degli Alpini)
Mor, Angelo Angelo Mor[56][60]
 
QUI ABITAVA
MARTINO PASINI
NATO 1908
INTERNATO MILITARE
RHEINHAUSEN
ASSASSINATO 25.3.1945
Via Verdi, 52
Pasini, Martino Martino Pasini[56][61]
 
QUI ABITAVA
FRANCESCO PRATINI
NATO 1907
ARRESTATO 8.9.1943
INTERNATO MILITARE
MOSBACH
ASSASSINATO 17.6.1945
Via Verdi, 23
Pratini, Francesco Francesco Pratini[56][62]

Marcheno

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A Marcheno sono posate quattro pietre d'inciampo.[63]

Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
20 gennaio 2025 Via Aleno, 21

45°42′29.51″N 10°12′59.43″E
 
QUI ABITAVA
GIUSEPPE MASSIMO
CONTESSA
NATO 1917
ARRESTATO COME POLITICO
10.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
GUSEN
ASSASSINATO 20.3.1945
Contessa, Giuseppe Massimo Giuseppe Massimo Contessa (Marcheno, 22 luglio 1917 - Gusen, 20 marzo 1945), partigiano, operaio, figlio di Giacomo e Letizia Milesi, celibe, cinque fratelli tra cui Domenico Contessa, nipote di Luigi Bruno Zertolin. Combattente della "122^ Brigata Garibaldi" è catturato insieme al fratello Domenico e allo zio Bruno nel corso del rastrellamento del dicembre 1944. Dal carcere di Canton Mombello è successivamente trasferito a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich. Destinato a Mauthausen, dove giunge il 4 febbraio 1945, matricola 126141, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[64]. Muore nel sottocampo di Gusen il 20 marzo 1945.[65]
 
QUI ABITAVA
DOMENICO CONTESSA
NATO 1920
ARRESTATO COME POLITICO
10.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 2.4.1945
GUSEN
Contessa, Domenico Domenico Contessa (Marcheno, 11 marzo 1920 - Gusen, 2 aprile 1945), partigiano, operaio, figlio di Giacomo e Letizia Milesi, celibe, cinque fratelli tra cui Giuseppe Massimo Contessa, nipote di Luigi Bruno Zertolin. Combattente della "122^ Brigata Garibaldi" è catturato insieme al fratello Giuseppe Massimo e allo zio nel corso del rastrellamento del dicembre 1944. Dal carcere di Canton Mombello è successivamente trasferito a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich. Destinato a Mauthausen, dove giunge il 4 febbraio 1945, matricola 126140, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[64]. Muore nel sottocampo di Gusen il 2 aprile 1945.[66]
 
QUI ABITAVA
LUIGI BTUNO
ZERLOTIN
NATO 1919
ARRESTATO COME POLITICO
10.12.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 24.4.1945
GUSEN
Zerlotin, Luigi Luigi Zerlotin (Castagnaro, 11 ottobre 1919 - Gusen, 24 aprile 1945), partigiano, insegnate elementare, figlio di Temistocle e Enrichetta Todeschini, coniugato con Margherita Ghisla, amichevolmente chiamato "Bruno". Combattente della "122^ Brigata Garibaldi" è Catturato insieme ai fratelli Giuseppe Massimo e Domenico Contessa suoi nipoti, nel corso del rastrellamento del dicembre 1944. Dal carcere di Canton Mombello è successivamente trasferito a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich. Destinato a Mauthausen, dove giunge il 4 febbraio 1945, matricola 126500, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[64]>. Muore nel sottocampo di Gusen il 24 aprile 1945.[67]
Via Marcheno Sopra

45°42′39.17″N 10°13′07.1″E
 
QUI ABITAVA
OTTORINO EMILIO
MORETTI
NATO 1912
ARRESTATO COME POLITICO
17.1.1945
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 5.5.1945
GUSEN
Moretti, Ottorino Emilio Ottorino Emilio Moretti (Marcheno, 16 ottobre 1912 - Gusen, 5 maggio 1945), figlio di Sperandio e Maria Muffolini, coniugato con Valentina Zubani, tre figli. Già sergente degli Alpini, all'armistizio dell'8 settembre 1943, è partigiano tra le fila della "122^ Brigata Garibaldi". Arrestato a Marcheno il 17 gennaio 1945 nel corso del rastrellamento del gennaio 1945, dal carcere di Canton Mombello è successivamente trasferito a Bolzano a cui segue la deportazione nel Terzo Reich. Destinato a Mauthausen, dove giunge il 4 febbraio 1945, matricola 126301, classificato "Schutz" – (Schutzhäftlinge)[64]. Muore nel sottocampo di Gusen il 5 maggio 1945.[68]

Palazzolo sull'Oglio

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A Palazzolo sull'Oglio si trovano 10 pietre d'inciampo, tutte poste il 18 gennaio 2016.[69]

Immagine Scritta Indirizzo Biografia
 
QUI ABITAVA
ANGELO BELOTTI
NATO 1913
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 16.1.1945
OSNABRÜCK
Via Ponte Fusia 2

45°36′04.54″N 9°53′30.88″E

Angelo Belotti (1913-1945) nacque a Palosco (Bg) il 3 settembre del 1913 da Francesco e Barbara Plebani. Cominciò a lavorare presto come garzone presso un barbiere del paese. Nel 1933 partì per il servizio militare. Giurò fedeltà il 24 maggio 1934, e nel maggio 1935 venne congedato. Venne poi assunto dalla ditta “Marzoli” di Palazzolo come operaio meccanico. A 26 anni sposò Caterina Vavassori, da cui ebbe i figli Francesco e Alessio. Il 19 novembre 1942 venne richiamato alle armi nella 467ª Brigata Territoriale – Plotone comando PM168 del 42º Reggimento di Fanteria, dislocato a Tolone. Nel novembre del ‘43 Caterina diede alla luce Barbara, che però morì a soli otto mesi. Con l’armistizio 815.000 soldati italiani vennero catturati dall’esercito tedesco e destinati a diversi lager con la qualifica di I.M.I. (Internati Militari Italiani). Anche Angelo, rifiutatosi di entrare nelle forze armate nazifasciste, venne internato nel lager di Osnabrück in Germania e costretto ai lavori forzati per la ditta Wolfe-Muller, con sede a Stoccarda. Le condizioni di vita nel campo erano insostenibili: la razione di cibo quotidiana consisteva in una zuppa a base di rape, in pochi grammi di pane e di companatico; non c’era la possibilità di lavarsi né di lavare gli indumenti, si soffriva il freddo e i turni di lavoro erano massacranti. Nonostante ciò, Angelo, per non turbare la famiglia, scriveva alla moglie cartoline rassicuranti sulla propria salute. In realtà era stremato dal lavoro forzato e dagli stenti. Il 4 gennaio del ’45 si presentarono i primi sintomi di un’infezione al labbro inferiore. Angelo chiese di essere visitato e ottenne un giorno di riposo; il successivo lavorò nonostante la febbre. Venne poi trasferito in ospedale. Angelo morì il 16 gennaio, a 32 anni. La famiglia venne informata della morte da un altro commilitone, Palazzi, nell’estate del ’45. Egli portò loro gli attrezzi da barbiere di Angelo e un clarinetto ricevuto dai commilitoni in cambio dei suoi servigi di barbiere. In data 31 ottobre 1958 giunse alla famiglia una comunicazione del “Commissariato generale onoranze caduti in guerra” del Ministero della Difesa, con cui veniva informata che “il giorno 14 novembre 1958” sarebbe arrivata “al cimitero di Palazzolo sull’Oglio con furgone militare la salma del vostro congiunto Soldato Belotti Angelo fu Francesco proveniente dalla Germania”. Angelo tornò a casa 13 anni dopo la sua morte.[70]
 
QUI ABITAVA
CELESTINO BOLIS
NATO 1922
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 10.5.1944
Via Lancini 37

45°37′01.1″N 9°55′12.36″E

Celestino Bolis (1922-1944) nacque l’11 febbraio 1922 da Giovanni Bolis e Giuseppina Lancini a San Pancrazio che, a quel tempo, era una frazione comunale suddivisa tra i Comuni bresciani di Adro e di Erbusco. Abitava insieme ai suoi tre fratelli e alle due sorelle. Non svolgeva un lavoro fisso, perché a quel tempo non era facile trovare un’occupazione, ma andava a pescare, tagliava la legna nei boschi, cacciava. Nel 1943 fu arruolato nella Marina Militare. Partì e da allora non si seppe più nulla di lui. Purtroppo non riuscì a dare sue notizie, e né le sorelle né le cugine furono più in grado di rintracciarlo. Si presume che sia stato catturato dai soldati tedeschi l’8 settembre a Genova e deportato in un campo di concentramento in Germania a soli 21 anni. Un elemento molto importante per la ricostruzione della fine della sua vita è legato al ritrovamento di un biglietto infilato in una bottiglia da Celestino e lanciato dal treno in sosta alla stazione di Rovato. Il biglietto, consegnato alla famiglia da un conoscente, informava che prigioniero dei tedeschi era in viaggio per una destinazione ignota. Questa è l’ultima sua notizia giunta ai familiari prima di quella della morte, che risale al 10 maggio 1944, avvenuta in un campo di concentramento tedesco non meglio identificato. Il biglietto venne poi consegnato dai familiari al Comune di Palazzolo affinché si potessero cercare notizie riguardo ai suoi ultimi giorni.[71]
 
QUI ABITAVA
BATTISTA
FUMAGALLI
NATO 1923
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 16.9.1944
HOFFMANNSTHAL
Via Raspina 45 Battista Fumagalli (1923-1944) nasce il 1º marzo 1923 in una cascina sperduta nella campagna palazzolese, ai confini delle terre coltivate di Cologne e di Chiari. È il secondo figlio della famiglia del contadino Giuseppe che coltiva circa 30 piò (unità di misura agricola usata in provincia di Brescia, corrisponde a 3256 m²) di terra. Frequenta le scuole elementari nell’edificio scolastico della Valena, al Mirasole, che accoglie gli alunni delle varie cascine dei dintorni. Dopo la scuola, come quasi tutte le persone nel primo dopoguerra, aiuta la famiglia nel lavoro dei campi. Fa il contadino, ma si prende cura anche dei fratelli minori, in particolare delle due sorelle più piccole. Nel frattempo, infatti, la famiglia aumenta di numero. A Giovanni e Battista si aggiungono Gino, Maria e Rosa. La famiglia vive nella grande cascina Fienilnuovo di via Raspina, insieme ad altre famiglie. La sorella più piccola, la sig.ra Rosa, ricorda il pane cotto sul fuoco, la stufa a legna, la stalla in cui ci si ripara dal freddo, le bombe alleate sul ponte ferroviario, ma non rammenta invece quando a Battista è ordinato di partire militare. L’Italia è in guerra dal 1940, alleata del Terzo Reich. Mentre il primo fratello, Giovanni, partecipa alla campagna di Francia e poi a quella di Russia da cui è reduce, Battista, soldato di leva del 1923, dopo essere stato lasciato in congedo provvisorio il 15 aprile 1942, viene richiamato alle armi. Non ancora ventenne, giunge nel 6º Reggimento Alpini quale predesignato per il Battaglione Vestone il 4 settembre 1942; viene poi assegnato nella Compagnia reclute del Battaglione Val Chiese il 7 dello stesso mese e nel 6º Battaglione Compagnia Alpini Bis il 9 novembre. Il 1º febbraio 1943 viene infine mobilitato. È catturato dai tedeschi a Colle Isarco l’8 settembre 1943, giorno della proclamazione dell’armistizio. Battista, nonostante la giovane età, rifiuta di combattere a fianco delle truppe nazifasciste e di aderire alla Repubblica di Salò. Internato lo stesso giorno finisce in Germania nel campo 1609 Stalag V, muore a Hoffmannsthal in campo di prigionia il 16 settembre 1944. Le circostanze della cattura e il comportamento tenuto durante la prigionia di guerra restano ignote. Per essere stato prigioniero dei tedeschi dall’8 settembre 1943 al 16 settembre 1944 gli viene conferita la Croce al merito di guerra. Dal momento della cattura la famiglia non ha più notizie di Battista. Dopo la morte di mamma Rita, a soli 48 anni, avvenuta in una tragica circostanza il 17 dicembre 1944, la famiglia sollecita notizie del figlio prigioniero. Solo allora un telegramma militare informa che Battista Fumagalli era morto tre mesi prima. Le spoglie del caduto tornano a Palazzolo il 5 agosto 1959, a cura del Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra, accolte dalle autorità cittadine. Ne dà notizia inoltre l'Eco di Bergamo. Lo stesso giorno la bara viene posta nella chiesa di S. Rocco e poi trasportata a spalle dagli alpini palazzolesi lungo le vie del paese fino alla parrocchiale di S. Maria Assunta, dove si celebra la S. Messa per le onoranze funebri. Scortata da un numeroso corteo, la salma è tumulata nella chiesetta del cimitero di Palazzolo, dove giacciono i caduti di guerra.[72]
 
QUI ABITAVA
REMO DEL TON
NATO 1924
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 8.4.1944
FALLINGBOSTEL
Via Mura 73

45°35′54.09″N 9°52′46.26″E

Remo Del Ton (1924-1944) nacque il 9 dicembre 1924 a Viadana, in provincia di Mantova, sulla riva sinistra del fiume Po. Il padre Luigi, commerciante, si trasferì a Palazzolo sull’Oglio per motivi di lavoro seguito dai figli e dalla moglie, Maria Del Bon.Giovane operaio, fu chiamato alle armi durante la calda estate del 1943. Venne arruolato nel IV Reggimento Genio-Scuola, 1ª Compagnia Artieri di Bolzano. Qui i soldati tedeschi lo catturarono l’8 settembre 1943, il giorno dell’annuncio dell’armistizio con gli Alleati. Si rifiutò di entrare nelle formazioni nazifasciste della Repubblica sociale italiana, decisione che gli costò l’internamento in Germania. L’8 aprile 1944, a causa di una grave malattia, forse tubercolosi, contratta durante la prigionia, morì nel Lager di Fallingbostel, in Bassa Sassonia. Non aveva ancora compiuto i vent’anni.[73]
 
QUI ABITAVA
FRANCESCO
GIOVANESSI
NATO 1924
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 17.1.1944
SANDBOSTEL
Via Zanardelli

45°35′53.52″N 9°53′14.64″E

Francesco Giovanessi (1924-1944) nasce a Colombaro di Corte Franca il 2 febbraio del 1924 in una famiglia di due sorelle e di due fratelli. Francesco vive i primi anni a Colombaro e si trasferisce con la famiglia a Palazzolo sull’Oglio in via Zanardelli 5, zona Riva, a seguito della prematura morte del padre. La giovane madre, rimasta vedova con quattro figli in condizioni economiche difficili, trova lavoro come operaia nella vicina fabbrica Lanfranchi ed è costretta ad affidare a due enti caritatevoli la cura e l’educazione di due dei suoi quattro figli. Teresa frequenta fin dai cinque anni l’orfanotrofio femminile delle suore Ancelle della Carità, mentre Francesco a sei anni viene affidato all’orfanotrofio maschile dell’Ente Galignani, dove riceve un’istruzione di base e impara il mestiere di modellista. Intorno ai diciotto anni lascia il Galignani e comincia a lavorare a Palazzolo come operaio modellista presso la fonderia del signor Merati. Francesco viene descritto dai fratelli Teresa e Giovanni come un bravo ragazzo, educato e tranquillo, dal carattere aperto e sincero. Era religioso, frequentava la parrocchia di Santa Maria Assunta e l’oratorio di San Sebastiano, dove incontrava gli amici. Sulla guerra Francesco ha un presentimento negativo. Non vuole partire e quando nel luglio del 1943 arriva la lettera della chiamata alle armi, vive momenti di disperazione e di sconforto. La sua destinazione è Bolzano dove è addestrato nel ruolo di marconista trasmettitore. Durante i due mesi di permanenza a Bolzano Francesco manda una sola lettera alla famiglia, antecedente l’8 settembre del 1943, in cui racconta le attività di addestramento.

L'8 settembre 1943 viene catturato a Bolzano dai soldati tedeschi e, dopo il suo rifiuto a collaborare con le forze nazifasciste, viene incarcerato prima come prigioniero di guerra e poi mandato come internato militare nel lager tedesco di Sandbostel (Bassa Sassonia) dal quale non riuscirà mai a mandare sue notizie alla famiglia. Trascorre a Sandbostel l’autunno e parte dell’inverno del 1943-1944, lavorando in condizioni disumane di sfruttamento e di dura prigionia. Il giovane muore pochi mesi dopo, il 17 gennaio del 1944, ma il telegramma ufficiale di morte arriverà alla famiglia soltanto un anno dopo, nel 1945. Dopo la Liberazione un compagno di prigionia di Francesco, originario di Urago d’Oglio, contatta la famiglia per consegnare la borsa di cuoio appartenuta a Francesco con il suo rasoio e raccontare ciò che sapeva degli ultimi giorni di vita. Era malato e, nonostante la febbre alta, fu costretto a recarsi al lavoro. Durante il trasporto verso il luogo di lavoro, a causa della febbre alta perse l’equilibrio, cadde dal camion e fu investito. Secondo alcuni testimoni morì sul colpo per l’incidente; secondo altri fu portato al lazzaretto del lager dove morì poco dopo.[74]

 
QUI ABITAVA
MARIO GUARIENTI
NATO 1924
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 16.5.1945
LÜBECK
Via Gianbattista Sufflico 7

45°36′04.86″N 9°52′55.65″E

Mario Guarienti (1924-1945) nacque il 17 ottobre del 1924, a Palazzolo sull’Oglio, un ridente e operoso paese dell’ovest bresciano al confine con la provincia di Bergamo. Da ragazzo frequentava spesso l'oratorio di S. Sebastiano. Lavorava come operaio e prestava servizio volontario nei vigili del fuoco quando, nell’estate del 1943, venne chiamato alle armi, aveva 19 anni. Fu arruolato nel 40º Genio Marconisti ed aggregato al III Battaglione misto degli Alpini di stanza a Bolzano. Dopo l'8 settembre del ’43 rifiutò di collaborare con le forze nazifasciste che avevano occupato il Paese, e venne per questo tradotto in prigionia in Germania dove fu internato nel lager di Lübeck e costretto a lavorare per l’industria bellica tedesca. Dopo quasi due anni di fame, stenti e trattamenti disumani, lo colse una grave malattia che lo condusse alla morte il 16 maggio 1945. I suoi resti riposano oggi nel cimitero di Palazzolo, accolti con una toccante cerimonia cinquant’anni dopo la sua morte nel 1995.[75]
 
QUI ABITAVA
CARLO MARELLA
NATO 1924
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 17.2.1944
WARSAW
Cascina Gonzere

45°34′56.04″N 9°51′54.88″E

Carlo Marella (1924-1944) nacque a Pontoglio, un paese della bassa bresciana, sul confine con la provincia di Bergamo, il 21 agosto 1923. Per sostenere la famiglia numerosa – erano ben 11 figli, tra maschi e femmine – aiutava il padre nel duro lavoro dei campi, quando venne chiamato alle armi fu arruolato nel II Reggimento Artiglieria Alpina. Gu arruolato per la campagna di Russia, insieme al fratello Santo che poco tempo dopo sarebbe stato catturato dai sovietici e tradotto in una località dell’Asia dove morì il 31 maggio 1944. Dopo l’8 settembre rifiutò di collaborare e di combattere per le forze neonaziste e perciò venne internato nei pressi di Varsavia, in Polonia, in un campo di lavoro. Le durissime condizioni di vita, a cui venne sottoposto in prigionia, minarono la sua robusta costituzione e gli causarono una grave malattia ai polmoni che lo condusse alla morte il 17 febbraio 1944 nel Lazzaretto, Riserva V di Varsavia. Oggi una lapide nel cimitero di Pontoglio ricorda il suo nome e quello del fratello insieme a tutti coloro che gli vollero bene.[76]
 
QUI ABITAVA
AMELIO REGGIO
NATO 1924
INTERNATO FOSSOLI
DESTINO SCONOSCIUTO
Via Marconi 100
(alla piattaforma della stazione ferroviaria)
Le informazioni relative alla vicenda della deportazione di Amelio Reggio (1924-?) si possono ricavare unicamente dal mattinale della questura di Brescia del 17 febbraio 1944 e dai fogli dell’Ufficio matricole del carcere di Canton Mombello di Brescia. Il suo nome non figura né all’interno degli elenchi dei deportati a Fossoli né in quelli stilati dagli studiosi. Dal primo risulta che Amelio Reggio fu rintracciato e arrestato dai carabinieri di Palazzolo sull’Oglio il 14 febbraio del 1944 e portato al campo di concentramento di Fossoli, medesima destinazione per gli altri ebrei arrestati nel bresciano. Risulta altresì che fosse residente a Milano e impiegato presso la ditta U.B.I. di Palazzolo sull’Oglio, che non si è ancora potuto identificare con precisione. Dalle note dell’Ufficio matricole di Canton Mombello invece, oltre alla conferma delle generalità riportate dal mattinale della questura, si evince che Amelio Reggio fosse padre di due figli e al momento dell’arresto domiciliato a Palazzolo sull’Oglio. Sulle ragioni della presenza di Aurelio Reggio nel borgo bresciano si possono fare solo alcune ipotesi, prendendo in considerazione le sorti di altri due ebrei sfollati a Palazzolo in quei mesi. Forse era dovuta al desiderio di sfuggire ai bombardamenti alleati sulle grandi città e alla speranza di una maggiore sicurezza, come nel caso di Lorenzo Sacerdoti, anch’egli arrestato nella stessa cittadina; oppure a motivi di lavoro, come per Gualtiero Morpurgo, il quale però, appena dopo l’8 settembre 1943 riuscì a scappare e a trovare rifugio in Svizzera. Infatti in quegli anni alcune industrie collocate nei principali centri del nord Italia avevano trasferito a Palazzolo sull’Oglio – già fiorente realtà industriale – parte della loro produzione e della manodopera, proprio per sottrarsi ai bombardamenti. Allora, dei 58.412 ebrei abitanti in Italia 118 vivevano nella provincia di Brescia e tra questi 35 non avevano cittadinanza italiana. Dei 26 ebrei residenti nella provincia di Brescia che furono deportati – individuati dal questore Candrilli, infaticabile nella caccia insieme a tutto l’apparato della Repubblica sociale – solo due riuscirono a sopravvivere. Si presume che Amelio Reggio sia stato arrestato probabilmente grazie alla solerzia del commissario prefettizio del partito fascista repubblicano di Palazzolo sull’Oglio, oppure individuato attraverso la delazione di qualche palazzolese interessato al premio in denaro che la denuncia assicurava. Non avendo trovato alcuna traccia di Reggio che ci permetta di ripercorrere con precisione la sua vicenda dopo l’internamento nel campo di transito di Fossoli, piuttosto che immaginarlo “cenere nel camino”, ci piace pensare che, almeno lui, sia riuscito a fuggire e ad assaporare la salvezza tanto agognata.[77]
 
QUI ABITAVA
MARIO RUGGERI
NATO 1924
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO 8.9.1943
ASSASSINATO 13.1.1945
SCHAUSSEE
Piazza Roma 21
(era precedentemente numero civico 17)

45°35′50.93″N 9°52′56.91″E

Mario Ruggeri (1924-1945) nacque a Palazzolo il 10 febbraio 1924 da Enrico e da Elisabetta Albrici. Viveva in Piazza Roma al numero 17 ed era rimasto figlio unico in seguito alla morte della sorellina in tenera età. Lavorava come operaio presso la ditta Marzoli ed era inoltre pompiere volontario, perché sperava in questo modo di non essere arruolato nell’esercito italiano. Nei primi anni di guerra le armate italiane avevano combattuto su diversi fronti, tra i quali quello russo, dove il VI Reggimento Alpini aveva subito gravissime perdite. Perciò nel maggio del ’43 si avviò la ricostituzione del reggimento: proprio nell’estate di quell’anno, Mario venne chiamato alle armi e collocato in forza nel VI Reggimento Alpini. La chiamata avvenne in un momento molto importante per l’andamento della guerra. Infatti l’8 settembre 1943 fu reso pubblico l’armistizio firmato pochi giorni prima dall’Italia con gli Alleati. I Tedeschi non vennero colti di sorpresa e furono pronti a occupare i punti nevralgici della penisola, fino a Roma, senza trovare resistenza da parte dell’Esercito italiano, lasciato allo sbando e senza ordini precisi dai comandi. I soldati italiani dovevano scegliere se continuare la guerra con i vecchi alleati o se deporre le armi. Il VI Reggimento si sciolse il 10 settembre 1943 a Fortezza (Bz). La bandiera di guerra venne sepolta in un bosco a monte della strada per il Passo Giovo e recuperata a fine guerra. Circa 600.000 uomini italiani in armi non accettarono di continuare la guerra coi nazifascisti e per questo furono disarmati e deportati in diversi campi di concentramento della Germania e costretti a lavorare come schiavi per l’industria bellica tedesca. Mario tentò più volte di scappare ma non riuscì nel suo intento: una sera, dopo un pomeriggio passato a pregare, avrebbe dovuto trovarsi con sette compagni di prigionia per fuggire, ma mancò all’appuntamento e da quel momento non si ebbero più sue notizie. I suoi compagni riuscirono invece a scappare. Le condizioni di vita a Palazzolo per i familiari di Mario erano precarie: all’angoscia per la sorte del figlio dal 1944 si aggiunse il terrore dei bombardamenti Alleati, che miravano a colpire il ponte della ferrovia. Fu un mistero anche la sua morte, probabilmente avvenuta il 13 gennaio 1945. Si pensa che sia morto per denutrizione. La vita nei campi di prigionia, era molto difficile: tutti vivevano di stenti ed era necessario adattarsi a quelle condizioni. Non bisogna escludere che Mario sia morto a causa di malattie non adeguatamente curate. Mario non si sposò; la sua perdita fu dolorosa per la famiglia e tutta la parentela.[78]
 
QUI FU ARRESTATO
3.12.1943

RENZO SACERDOTI
NATO 1885
INTERNATO FOSSOLI
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO
Piazza Vincenzo Rosa Renzo Sacerdoti (1885-1944) nasce il 12 febbraio 1885 a Treviso, in una famiglia di ebrei italiani, come quinto figlio di Moisè Sacerdoti e Maria Antonietta Dal Monte. Si sposa l’11 settembre 1913, con Gilda Aida Zevi, ed insieme vanno a vivere a Venezia. Nel 1914 nasce la prima figlia Wanda Dina. Nel febbraio 1916 viene richiamato come ufficiale e combatte lungo il fronte dell’Isonzo. Nella primavera del 1916 nasce la seconda figlia Alda Bruna, cui seguirà nel 1918 anche la terzogenita Annamaria. Negli anni ‘20, la famiglia di Renzo Sacerdoti si trasferisce a Milano in Via Canova. Renzo, dottore in economia, lavora in banca ed è direttore fino al 1936. Renzo, per la sua origine ebraica è costretto a lasciare l’impiego in banca e trova un lavoro di ripiego presso la Calcografia Carte e Valori di Milano. A causa delle leggi razziali emanate dal fascismo gli ebrei italiani non possono possedere case di lusso e così Renzo e Gilda intestano la loro casa di Milano a un prestanome e vanno ad abitare in via Marcona nº 48 in un appartamento al quinto piano senza ascensore. Nel 1938, nonostante i divieti imposti dalle leggi razziali, Augusto Lovisolo, cattolico e “ariano”, sposa Dina Sacerdoti, la figlia primogenita di Renzo e Gilda; l’8 settembre 1940 nasce Gianfranco Lovisolo. Un amico di famiglia, propone ad Augusto Lovisolo, di assumerlo nella sua fabbrica di Palazzolo dove si costruiscono strumenti per le navi da guerra, così la famiglia nell’estate ’43 lascia Milano seguito dopo breve tempo da Renzo Sacerdoti con la moglie, e la figlia Annamaria.

Il 30 novembre 1943 la RSI decreta l’arresto di tutti gli ebrei e il loro concentramento in campi provinciali. Nel novembre 1943 tra Renzo Sacerdoti e la moglie Gilda iniziano interminabili discussioni: i fratelli di entrambi sono già in Svizzera, ma Renzo non vuole lasciare l’Italia. “Sono un galantuomo”, diceva fiducioso Renzo alla moglie, “ho servito con onore la Patria, questa moda della persecuzione degli ebrei passerà, ma perché mai dovrebbero farmi del male…?”. Alla fine Gilda si arrende: dopo avere invano supplicato Renzo di seguirla, prepara la valigia e tenta la fuga verso la Svizzera con le figlie Bruna e Annamaria. Per varcare il confine Gilda è costretta a cedere l’anello con il brillante ai gendarmi svizzeri, ma passa la frontiera. Le tre donne dapprima sono state recluse nel campo di concentramento di Lugano, poi riescono a sopravvivere andando a servizio. Renzo Sacerdoti con la figlia Dina e la sua famiglia restano dunque a Palazzolo, fiduciosi che nulla sarebbe accaduto. È tranquillo soprattutto Augusto Lovisolo, poiché il governo ha emanato disposizioni che non prevedono persecuzioni per cittadini ebrei coniugati con ariani. La mattina del 3 dicembre 1943, invece, inaspettatamente, Dina Sacerdoti viene arrestata da due carabinieri. Una lettera dell’8 dicembre di Augusto Lovisolo alla moglie in carcere a Brescia, ci informa che a quella data Renzo Sacerdoti era ancora libero (la scheda del Centro di Documentazione Ebraica attesta invece catturato il 3 dicembre). Egli è arrestato a Palazzolo, probabilmente qualche giorno dopo l’8 dicembre e tradotto nelle carceri di Canton Mombello a Brescia (matricola 4258). Dopo il 6 febbraio 1944 Renzo viene quindi trasferito nel carcere di San Vittore a Milano e di qui al campo di raccolta di Fossoli.

Dina Sacerdoti dopo alcuni giorni è rilasciata dal carcere e riesce a tornare alla sua famiglia a Palazzolo. Si rifugia a Foresto Sparso, una località in provincia di Bergamo, a pochi chilometri a nord di Palazzolo, dove rimarrà insieme con il marito Augusto e il piccolo Gianfranco fino alla primavera del 1945.

Renzo invece viene inviato nella primavera del 1944 al campo di concentramento di Fossoli, qui incontra tra gli altri prigionieri il cantante lirico Emilio Jani, che nel suo libro “Mi ha salvato la voce” (1960) lo descriverà come persona assai sensibile, legatissima alla famiglia.

Il 5 aprile 1944 Renzo Sacerdoti costretto a salire su un carro bestiame, chiuso ermeticamente, viene deportato ad Auschwitz, dove arriva il 10 aprile 1944, da quel momento non si ha più alcuna sua notizia.[79]

Immagine Scritta Indirizzo Biografia
 
QUI ABITAVA
MASSIMO LÖWY
NATO 1880
ARRESTATO 2.12.1943
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO
Salò, Via Rive Grandi 13
45°36′48.5″N 10°33′07.95″E
Massimo Löwy nacque a Mährisch-Ostrau il 29 settembre 1888. da Giuseppe Loewy ed Elena Tieder. Cresceva a Francoforte sul Meno ed era battezzato protestante nel 1905.[80] Si sposò con Berta Meyer, nel giugno 1906. Nello stesso anno la coppia si trasferirò a Gardone Riviera. Qui gestiva un negozio di articoli da regalo in corso della Repubblica 59 e la coppia aveva due figlie, Carola (nata il 29 settembre 1914) ed Hélène (nata il 25 febbraio 1916).[81]

Nel 1936 la famiglia si trasferì a Salò, via Barbarano, 84 (ora via Rive grandi, 13) dove gestiva un salone di parrucchiere. Nel 1938, Carola Löwy voleva sposare il bresciano Cesare Profeta, però il matrimonio fu negato in applicazione del R.D.L. 17 novembre 1938/XVII Nº 1726 che vietava i matrimoni misti.[81] Al principio del dicembre 1943 Massimo Löwy e le due figlie venivano arrestati a Barbarano di Salò e detenuti al carcere di Salò. Le due sorelle erano state riconosciute di "discendenza mista di primo grado perché figlie di madre ariana di nazionalità tedesca" e come tali rilasciate il 21 gennaio 1944. In padre invece fu trasferito primo al Carcere di Canton Mombello à Brescia e poi al Campo di Fossoli. Il 22 febbraio 1944 viene deportato con il convoglio n. 8 al Campo di concentramento di Auschwitz. Massimo Löwy fece parte dello stesso convoglio di Primo Levi e 650 altri ebrei e fu eliminato all’arrivo ad Auschwitz il 26 febbraio 1944.[82]

Sarezzo

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Immagine Scritta Indirizzo Biografia
 
QUI ABITAVA
SPARTACO BELLERI
NATO 1920
ARRESTATO COME POLITICO
7.11.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 15.3.1945
Via Marconi 3
45°40′18.2″N 10°11′19.86″E
Spartaco Belleri nacque il 25 febbraio 1920 a Sarezzo da Lorenzo Belleri e Domenica Guerini. Era il primo di tre fratelli. Suo padre era un socialista noto della Valle Trompia. Frequentò il collegio civico di Salò, diplomandosi nel 1940. Fu impiegato ed anche agricoltore. Andò coscritto nel corpo degli alpini. Dopo l'armistizio di Cassibile si unì ai partigiani della Val Trompia partecipando a varie azioni di guerriglia.[83] Il 7 novembre 1944 membri della G.N.R. fecero irruzione nella sua casa e — non trovandolo — arrestarono il padre. Spartaco si fece arrestare per salvare il padre. Venne portato al carcere di Brescia. Fu interrogato e torturato dalle SS. Il 14 novembre 1944 venne deportato nel Campo di transito di Bolzano, dove scriveva un'ultima lettera alla moglie e al figlio. il 14 dicembre, fu trasferito al Campo di concentramento di Mauthausen dove morì il 15 marzo 1945.[84]
 
QUI ABITAVA
GIOVANNI COLOSIO
NATO 1921
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO IN GRECIA
ASSASSINATO 9.4.1945
ZWATEWN OF JENA
Piazza Cesare Battisti 18
45°39′13.95″N 10°12′12.42″E
Giovanni Francesco Colosio nacque il 4 gennaio 1921 a Sarezzo. I suoi genitori erano Angelo Colosio e Antonia Zani. Zoppicava dopo un incidente con una slitta. Il 11 gennaio 1941 fu richiamato alle armi, nonostante la sua disabilità. Dopo l'armistizio di Cassibile non aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, viene arrestato dai Tedeschi e deportato come I.M.I. nel Campo di Kahla in Thuringia, dove i Nazisti costruivano un complesso sotterraneo di fabbriche belliche. Nel campo venivano impiegati 12.000 lavoratori forzati da tutta l'Europa di cui almeno 2.000 rimasero vittime del trattamento ricevuto. Il 9 aprile 1945 morì a Jena.[85]
 
QUI ABITAVA
ANTONIO
PEDERGNAGA
NATO 1918
INTERNATO MILITARE
ARRESTATO SAN CANDIDO
ASSASSINATO 9.5.1944
LEIPZIG
Via Nord 26
45°39′20.28″N 10°12′17.67″E
Antonio Battista Pedergnaga nacque il 16 maggio 1918 da Angelo Pedergnaga e Alceste Marianini. Aveva quattro fratelli. Il 31 marzo 1939 fu chiamato alle armi. Trascorse in suo servizio militare a San Candido nella provincia di Bolzano. Dopo l'armistizio di Cassibile viene arrestato dai tedeschi e deportato come I.M.I. nel Campo di Kahla in Thuringia. Il 9 maggio 1944 viene dichiarato morto a Lipsia.[86]
 
QUI ABITAVA
MARIO POZZI
NATO 1921
ARRESTATO COME POLITICO
7.11.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
MELK
ASSASSINATO 24.3.1945
Via Dante Alighieri 150
45°40′00.43″N 10°11′36.53″E
Mario Pozzi (1921-1945) nacque il 6 giugno 1921 a Sarezzo, da Pozzi Pietro. Mario, che fin da giovane non voleva sposare l’ideologia fascista, si era rifugiato in montagna con lo zio Rodolfo ed il padre Pietro assieme ad altri partigiani. Il 7/11/1944 vennero prelevati con una retata dalle loro abitazioni, pestati a sangue e condotti al campo di concentramento di Bolzano, che serviva da smistamento per le varie destinazioni finali dei deportati. Dopo circa un mese di prigionia, il giorno 14/12/1944 vennero caricati su un treno per il trasporto del bestiame, senza cibo e tutti ammassati uno contro l’altro, senza alcuna possibilità di movimento. Destinazione del viaggio era Mauthausen[87], in Austria, dove arrivarono stremati, dopo un viaggio di 5 giorni in quelle condizioni, il 19/12/1944. Arrivati in Austria, Mario verrà poi mandato nel sottocampo Melk.

Durante la prigionia, così come i compagni, Mario indossava un fazzoletto di stoffa triangolare di colore rosso, che riportava scritta la sua nazionalità ed il codice che lo rappresentava. Mario aveva il n.114072 ed a seguire il padre Pietro con il n.114073 e lo zio Rodolfo il n.114074, poiché vennero proprio immatricolati uno dopo l’altro. Mario morirà qui il 24 marzo 1945.

 
QUI ABITAVA
PIETRO VITTORIO
POZZI
NATO 1892
ARRESTATO COME POLITICO
7.11.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN
MELK
ASSASSINATO 11.3.1945
Via Dante Alighieri 150
45°40′00.43″N 10°11′36.53″E
Pietro Vittorio Pozzi (1892-1945) nacque il 2 agosto 1892 a Brione, in provincia di Brescia. Visse a Sarezzo e il 6 giugno 1921 ebbe un figlio al quale diede il nome di Mario. Il 7 novembre 1944 ci fu una retata e vennero arrestati Pozzi Rodolfo, Pozzi Mario e Pozzi Pietro. Furono portati al castello di Brescia e qui torturati. Segnalati come pericolosi furono internati nel campo di concentramento di Bolzano, presumibilmente intorno al 22 novembre 1944. Tutti e tre insieme da Bolzano il 14 dicembre del 1944 furono deportati verso il campo di Mauthausen, dove arrivarono il giorno 19 dicembre 1944 (dopo ben cinque giorni di viaggio nei carri di bestiame). Pozzi[88] Pietro mori a Melk l’11 marzo del 1945.
 
QUI ABITAVA
RODOLFO LUIGI
POZZI
NATO 1900
ARRESTATO COME POLITICO
7.11.1944
DEPORTATO
MAUTHAUSEN/GUSEN
MAUTHAUSEN
ASSASSINATO 15.3.1945
Via Dante Alighieri 150
45°40′00.43″N 10°11′36.53″E
Rodolfo Luigi Pozzi (1900-1945) nascondeva i partigiani in montagna nella località “Stalo”, insieme al fratello Pietro Vittorio e al nipote Mario, il 7 novembre 1944 li portarono al castello di Brescia dove furono torturati e segnati come soggetti pericolosi. Per questo motivo il 22 novembre 1944 li trasferirono nel campo di concentramento di Bolzano dove furono rinchiusi nel blocco E - insieme a coloro che erano destinati alla deportazione in Germania. Tutti e tre insieme, dopo un lungo viaggio di cinque giorni su carri di bestiame, arrivarono al campo di Mauthausen. Furono immatricolati e a Rodolfo venne tatuato il numero 114074. Nel campo erano obbligati a lavorare per dodici ore al giorno, malnutriti. Pietro e Mario vennero trasferiti nel sottocampo di Melk il 31 gennaio 1944 mentre Rodolfo dovette aspettare il 29 dicembre 1944 per essere trasferito nel sottocampo di Gusen. Il 15 marzo 1945 ritornò a Mauthausen dove morì.[89]

Tignale

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
27 gennaio 2020 Via San Pietro, 24

45°44′18.04″N 10°43′22.88″E
 
QUI FU ARRESTATO
MAURIZIO BENGHIAT
NATO 1881
ARRESTATO 31.12.1943
DEPORTATO 1944
AUSCHWITZ
ASSASSINATO 26.2.1944
Benghiat, Maurizio Maurizio Benghiat (Smirne, 19 gennaio 18812 - Auschwitz, 26 febbraio 1944), ebreo, figlio di Giuseppe e Maria Benore. Domiciliato a Costantinopoli, benestante, celibe, risiede in un primo momento presso la Casa di cura di Gardone Riviera sino alla metà del settembre 1943. Dopo la requisizione della struttura da parte dei nazisti, si ritira prima in una pensione e successivamente presso l’ospedale di Salò. IL 7 ottobre si trasferisce a Tignale dove è arrestato il 31 dicembre da agenti della Questura. Dal carcere di Canton Mombello l’8 febbraio del 1944 è trasferito prima a Vo'Vecchio, quindi a campo di Fossoli prima della deportazione nel Terzo Reich il 22 febbraio 1944, con destinazione Auschwitz. Assassinato al suo arrivo al campo il 26 febbraio 1944.[90]

Vobarno

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Pietra d'inciampo Cenni biografici
Data di posa Luogo di posa Stolpersteine Incisione
29 gennaio 2025 Piazza Ferrari, 1

45°38′46.63″N 10°29′59.16″E
 
A VOBARNO ABITAVA
GIACOMO FIORESI
NATO 1923
ARRESTATO 9.9.1943
DEPORTATO
STALAG II A NEUBRANDENBURG
ASSASSINATO 25.6.1944
MITTELBAU-DORA
Fioresi, Giacomo Giacomo Fioresi (Vobarno, 7 febbraio 1923 - Mittelbau-Dora, 25 giugno 1944).Alpino del 6° Reggimento catturato immediatamente dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 a Colle Isarco. Deportato nel Terzo Reich e internato al campo di Mittelbau-Dora, dove muore il 25 giugno 1944.[91]

Date delle collocazioni

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Le pietre d'inciampo nella provincia di Brescia sono state collocate da Gunter Demnig personalmente nelle seguenti date:

  • 23 novembre 2012: Brescia (Contrada del Carmine 39, Piazza della Vittoria 11, Via delle Battaglie 16 e 50, Via Fratelli Ugoni 6, Via G. Bonomelli 62, Viale Venezia 45), Collebeato
  • 11 gennaio 2014: Sarezzo
  • 12 gennaio 2015[92]: Adro, Brescia (Contrada del Carmine 16, Via Fratelli Lechi/Largo Torrelunga, Via Nicola Tartaglia 47, Via Pila 37, Vicolo delle Dimesse 2, Vicolo dell’Inganno 1), Gavardo
  • 18 gennaio 2016: Gardone Riviera (Vicolo ars, 10), Palazzolo sull'Oglio, Salò
  • 20 gennaio 2018: Gardone Riviera (Corso della Repubblica, 57; Corso Zanardelli, 7)
  • 27 gennaio 2019: Brescia (Via XX Settembre, 22; Via Corsica, 88; Via Don Giacomo Vender, 59), Calvagese della Riviera
  • 17 gennaio 2020: Cevo, Ghedi
  • 27 gennaio 2020: Tignale
  1. ^ Giornata della memoria: la mappa delle pietre d'inciampo, in Giornale di Brescia, 27 gennaio 2020. URL consultato il 27 gennaio 2020.
  2. ^ Pietre d’inciampo:2025, su ccdc.it. URL consultato il 9 febbraio 2025.
  3. ^ Posa di 1 Pietra d’inciampo ad Adro, su ccdc.it. URL consultato il 10 agosto 2023.
  4. ^ Attilio Emilio Mena, su deportatibrescia.it. URL consultato il 10 agosto 2023.
  5. ^ studenti della classe 5ª T del Liceo delle Scienze Umane “Veronica Gambara” di Brescia, anno scolastico 2012-’13, Roberto Carrara, su ccdc.it. URL consultato il 17 gennaio 2018.
  6. ^ Domenico Pertica, su deportatibrescia.it. URL consultato il 9 febbraio 20252018.
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