Polenta dolce (primo piatto)
La polenta dolce (localmente conosciuta anche come polenta neccia[1]) è un primo piatto a base di farina di castagne, tipico delle zone appenniniche di Toscana ed Emilia-Romagna e del Monte Amiata, ma comunque conosciuto anche in altre parti d'Italia. Si prepara, inoltre, nell'isola di Corsica (pulenta castagnina).
Polenta dolce | |
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Origini | |
Luogo d'origine | Italia |
Regioni | Toscana Emilia-Romagna |
Diffusione | zone appeniniche di Romagna e Toscana, zona del Monte Amiata |
Dettagli | |
Categoria | primo piatto |
Riconoscimento | P.A.T. |
Ingredienti principali | acqua, farina di castagne |
Descrizione
modificaSi tratta di un piatto tipicamente autunnale, come le altre specialità che si possono preparare con la farina di castagne, come il castagnaccio, i necci, le frittelle, i manafregoli. A differenza dei piatti appena citati, i quali sono considerati di solito dei dessert, la polenta dolce è, in genere, un primo piatto o un piatto unico. Essa ha rappresentato per secoli, per le popolazioni dell'Appennino, l'elemento base della dieta e, in pratica, un vero e proprio “pane”. Si consuma, infatti, accompagnandola con vari altri alimenti, come formaggi (di solito pecorino o raviggiolo[2]), ricotta, salumi, salsicce, costatine di maiale, uova fritte, biroldo, baccalà o aringhe[3].
Si prepara con lo stesso procedimento della più tipica polenta di mais, anche se rispetto a quest'ultima ha una consistenza più morbida. Dopo aver fatto bollire dell'acqua lievemente salata in un paiolo di rame, viene versata la farina di castagne tutta insieme, lasciando cuocere senza mescolare per circa 20 minuti[2].
Trascorso questo tempo, si continua la cottura per altri 10-20 minuti, mescolando energicamente fino ad ottenere un composto fine e senza grumi. Si bagna poi una zuppiera con dell'acqua fredda e vi si versa la polenta che, una volta raffreddata, è pronta per essere servita. Di solito viene rovesciata su una spianatoia e servita a fette tagliate con un filo.
Può essere consumata con svariati companatici, come detto sopra, ma anche da sola. In Romagna, ad esempio, viene versato su di essa un soffritto di pancetta tagliata a dadi e salsiccia sbriciolata, a mo' di condimento. Successivamente, viene tagliata con un filo e servita con formaggio raviggiolo[2]. I metodi di preparazione possono differire da una zona all'altra dell'Appennino.
Riconoscimenti
modifica- Regione Emilia-Romagna
- polenta di farina di castagne (in romagnolo Puleinta ad fareina ad castagne)[5]
Note
modifica- ^ LA CUCINA POVERA DEL FRUTTO DEL CASTAGNO, su unlapescia.it. URL consultato il 4 gennaio 2017.
- ^ a b c Servizio Turismo e Qualità Aree Turistiche della Regione Emilia Romagna. Settore Informazione turistica e servizi turistici in rete, Emilia Romagna I Terra da gustare (PDF), a cura di Maria Antonietta Altamura, Francesco Galli e Elia Milena Tosi, Bologna, CASMA, 2006, p. 49.
- ^ Gli usi della farina di castagne: piatti salati e dolci, su vivodibenessere.it. URL consultato il 4 gennaio 2017.
- ^ LA POLENTA DI CASTAGNE, LA POLENTA DOLCE CHE NON È UN DOLCE, su piciecastagne.it. URL consultato il 4 gennaio 2017.
- ^ Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Ventiduesima revisione dell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali, su politicheagricole.it, p. 22. URL consultato il 25 aprile 2023.
Bibliografia
modifica- Silvestri F.: Civiltà del castagno in montagna pistoiese. Firenze, Luciano Pugliese Editore, 1992.
- Carla Geri Camporesi: Ricette della tradizione di Pistoia. Maria Pacini Fazzi Editrice.
- Dina Mucci Magrini: Quando i necci erano il pane (a cura di Antonella Bartoli). Pistoia, Pacini Editore.
- Alberto Bonelli: Il castagno. Elogio del cibo umile. C&P Adver Effigi Editore, 2007.
- Francesco Mineccia: La coltura del castagno nell'Appennino pistoiese (secc. XVIII-XIX), in "Farestoria", anno IX, n. 14, 1990, pp. 14–20.
- A. Modena: Monografia economico-agraria dell'Appennino pistoiese, Pistoia, 1939.