Stati siro-ittiti

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Gli Stati siro-ittiti (in precedenza Stati neo-ittiti) furono entità politiche della prima età del ferro di lingua luvia e aramaica. Si svilupparono al confine tra la Siria settentrionale e l'Anatolia meridionale dopo il crollo dell'Impero ittita nel 1180 a.C. e durarono fino al 700 a.C. circa. Il termine "neo-ittita" a volte è riservato specificamente ai principati di lingua luvia, come Arslantepe e Karkemiš. In un senso più ampio, il termine "siro-ittita" è oggi applicato a tutte queste entità, dalle anatoliche Tabal e Quwê, a quelle della Siria settentrionale e costiera.[1][2]

Mappa storica degli Stati siro-ittiti nel 800 a.C. circa. I confini sono ipotetici.

Origine

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Collasso dell'Età del Bronzo.
 
Il vasto Impero ittita alla sua massima espansione nelle terre dell'Anatolia centrale

Il crollo dell'Impero ittita è solitamente associato al graduale declino delle reti commerciali del Mediterraneo orientale e al conseguente crollo di molte importanti città della tarda età del bronzo nel Levante, in Anatolia e nell'Egeo.[3]

All'inizio del XII secolo a.C. Wilusa (Troia) fu distrutta[4]. Poco dopo, l'Impero ittita subì un improvviso e devastante attacco da parte dei Kaska, un'oscura popolazione stanziata intorno alle coste al Mar Nero, che penetrarono nell'Anatolia orientale e continuarono ad espandersi verso sudest sino a scontrarsi con gli Assiri. Il re dell'Assiria, Tiglatpileser I, documentò che nel tardo secolo XII a.C. i Kaska e i loro alleati Mushki erano attivi nella regione centrale di Hatti. Tiglatpileser li sconfisse vicino al Tigri cancellandoli dalla storia[5]. Il passaggio dei Kaska portò alla distruzione della capitale ittita di Hattuša mentre centri importanti di Arzawa, Lidia e Alasiya/Cipro, nonché le città di Ugarit e Alalakh vennero distrutte dai cosiddetti Popoli del Mare.[5]

In seguito a questo crollo delle grandi città, attorno alle quali si organizzava il territorio durante l'età del bronzo, il panorama dei primordi dell'Età del ferro nell'Alta Mesopotamia, in Anatolia e in Siria si frammentò in insediamenti dispersi e ruralizzati, con la comparsa d'un gran numero di frazioni, villaggi e fattorie.[6] Gli stati siro-ittiti emersero nel processo di tale importante trasformazione del paesaggio, sotto forma di entità regionali, con nuove strutture politiche e culturali. È stato possibile tracciare un legame dinastico tra la dinastia imperiale ittita e i "Grandi Re" e i "Signori delle campagne" di Melid e Karkemish della prima età del ferro, dimostrando una continuità ininterrotta tra la tarda età del bronzo e la prima età del ferro in quei siti.[7]

A parte le testimonianze epigrafiche, la continuità culturale ininterrotta degli stati neo-ittiti nella regione, dalla tarda età del bronzo alla prima età del ferro è ulteriormente confermata da recenti scavi archeologici presso il tempio del dio della tempesta nella cittadella di Aleppo[8] e nel tempio di Ain Dara[9] dove gli edifici della tarda età del bronzo continuarono ad essere in uso senza interruzioni nell'età del ferro, con ripetute ricostruzioni.

Sviluppi

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Tra i secoli XI e IX a.C., una situazione politica internazionale abbastanza fluida e priva di stati egemoni permise ai regni siro-ittiti notevole libertà d'esistenza ma, con il crescere della potenza dell'impero neo-assiro, la loro sorte fu segnata. I primi scontri tra i siro-ittiti ed i neo-assiri si registrarono al tempo di Salmanassar III (regno 859-824 a.C.) la cui avanzata lungo il Tigri spinse vari potentati levantini (neo-ittiti, Israeliti e Fenici) a coalizzarsi per fermarlo nella Battaglia di Qarqar (853 a.C.).

Un secolo dopo, la vittoria di Tiglatpileser III sul regno di Urartu (743 a.C.) spalancò agli Assiri l'area neo-ittita e i singoli Stati dovettero capitolare, ridotti a province assire dallo stesso Tiglatpileser e dai suoi successori Salmanassar V e Sargon II tra il 740 e il 710 a.C.[10]

Il nome degli Ittiti fu ancora usato per qualche secolo, con un significato diverso: gli Assiri continuarono a chiamare Hatti la Siria settentrionale e poi estesero il nome a tutta la regione siro-palestinese, e nell'Antico Testamento gli Ittiti figurano come una delle popolazioni che abitavano la Palestina prima della conquista israelitica.

Elenco degli stati siro-ittiti

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Gli stati siro-ittiti sono divisi in due gruppi: un gruppo settentrionale in cui i governanti ittiti rimasero al potere e un gruppo meridionale in cui gli aramei presero il potere dal 1000 a.C. circa. Questi stati erano strutture altamente decentralizzate: alcuni sembrano essere stati solo vaghe confederazioni di sotto-regni.[11][12]

Il gruppo settentrionale comprendeva:

Il gruppo meridionale comprendeva:

  • Palistin la cui capitale era probabilmente Tell Tayinat[13][14]
  • Bit Gabbari con Sam'al
  • Bit-Adini con la città di Til Barsip
  • Bit Bahiani con Guzana
  • Pattin (anche Pattina o Unqi) con la città di Kinalua, forse il moderno Tell Tayinat[15]
  • Ain Dara, un centro religioso
  • Bit Agusi con le città di Arpad, Nampigi e (più tardi) Aleppo
  • Hatarikka-Luhuti la cui capitale era a Hatarikka
  • Hama

Iscrizioni

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Le iscrizioni monumentali luvie nei geroglifici anatolici continuano quasi ininterrottamente dai monumenti imperiali ittiti del XIII secolo a.C. alle iscrizioni siro-ittite della prima età del ferro di Karkemish, Melid, Aleppo e altrove.[16] I geroglifici luvi furono scelti da molti dei regni regionali siro-ittiti per le loro iscrizioni monumentali, che spesso compaiono in iscrizioni bilingue o trilingue con versioni aramaica, fenicia o accadica. La prima età del ferro nella Mesopotamia settentrionale vide anche una graduale diffusione della scrittura alfabetica in aramaico e fenicio. Durante le interazioni culturali sulla costa levantina della Siro-Palestina e della Siria settentrionale tra il X e l'VIII secolo a.C., Greci e Frigi adottarono la scrittura alfabetica dai Fenici.[17]

  1. ^ (EN) Hawkins JD, Neo-Hittite States in Syria and Anatolia, in Cambridge Ancient History, vol. 3.1, 2ª ed., 1982, pp. 372-441.
  2. ^ (EN) Hawkins JD, The Political Geography of North Syria and South-East Anatolia in the Neo-Assyrian Period, in Liverani M (a cura di), Neo-Assyrian Geography, Quaderni di Geografia Storica, vol. 5, Università di Roma “La Sapienza” Dipartimento di Scienze storiche, archeologiche e anthropologiche dell’Antichità, 1995, pp. 87-101.
  3. ^ See Hawkins, John David; 1994. “The end of the Bronze age in Anatolia: new light from recent discoveries,” in Anatolian Iron Ages 3: Proceedings of the Third Anatolian Iron Ages Colloquium, Altan Çilingiroğlu and David H. French (eds.); The British Institute of Archaeology at Ankara Monograph 16: London, 91–94.
  4. ^ C. Mossé (1984). La Grèce archaïcque d'Homère à Eschyle. Editions du Seuil. Paris: p. 35.
  5. ^ a b Gurney, pp. 49-40.
  6. ^ See Wilkinson, Tony J.; 2003. Archaeological landscapes of the Near East. Tucson: The University of Arizona Press.
  7. ^ See "Karkamish" and "Melid" in Hawkins, John David; 2000. Corpus of Hieroglyphic Luwian Inscriptions. (3 vols) De Gruyter: Berlin. Also: Hawkins, John David; 1995b. “Great Kings and Country Lords at Malatya and Karkamis” in Studio Historiae Ardens: Ancient Near Eastern Studies Presented to Philo H.J. Houwink ten Cate, Theo P.J. van den Hout and Johan de Roos (eds.), Istanbul: 75–86.
  8. ^ Kohlmeyer, Kay; 2000a. Der Tempel des Wettergottes von Aleppo. Münster: Rhema.
  9. ^ Abū Assaf, Alī; 1990. Der Tempel von ءAin Dārā. Mainz am Rhein: Verlag Philipp von Zabern.
  10. ^ Giusfredi, 2010:57-60.
  11. ^ Tübinger Bibelatlas / Tübingen Bible Atlas. Siegfried Mittmann, Götz Schmitt (eds.), Stuttgart: Deutsche Bibelgesellschaft, 2001, Map B IV 13-14
  12. ^ Gurney, pp. 39-46.
  13. ^ Bryce, p. 129.
  14. ^ Potts DT, A Companion to the Archaeology of the Ancient Near East, p. 802.
  15. ^ See the Tayinat Website Archiviato il 27 maggio 2014 in Internet Archive. by the Department of Near & Middle Eastern Civilizations at the University of Toronto
  16. ^ Hawkins, John David; 1986b. “Writing in Anatolia: imported and indigenous systems,” WA 17: 363-376; Hawkins; 2000. Corpus of Hieroglyphic Luwian Inscriptions. Volume I, Inscriptions of the Iron Age, De Gruyter, pp. 17-23; Giusfredi; Federico; 2010. Sources for a Socio-Economic History of the Neo-Hittie States, Winter Verlag, pp. 37-44; Simon, Zsolt; 2011. Hethitische Topoi in der hieroglyphen-luwischen Historiographie: Bemerkungen zur Frage der Kontinuität, in M. Hutter and S. Hutter-Braunsar, Hethitische Literatur Überlieferungsprozess,Textstrukturen, Ausdrucksformen Und Nachwirken, Ugarit Verlag, pp. 227-244.
  17. ^ Brixhe, C. and M. Lejeune (1984). Corpus des inscriptions paléo-phrygiennes. Paris.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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