Saletto di Piave
Saletto di Piave (Sałet in veneto[2]) è una frazione del comune italiano di Breda di Piave, in provincia di Treviso.
Saletto di Piave frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Provincia | Treviso |
Comune | Breda di Piave |
Territorio | |
Coordinate | 45°43′34″N 12°23′58″E |
Altitudine | 17 m s.l.m. |
Abitanti | 935[1] |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 31030 |
Prefisso | 0422 |
Fuso orario | UTC+1 |
Patrono | Santa Maria Immacolata |
Cartografia | |
Geografia fisica
modificaSi trova nella zona nordorientale del comune, presso la riva destra del fiume Piave. Confina a sud con San Bartolomeo e a nordovest con Candelù.
I principali corsi d'acqua sono, oltre al Piave, il canale Piavesella e il rio Fossalon.
Storia
modificaPur esistendo diverse testimonianze di epoca romana, i primi riferimenti su Saletto compaiono nel medioevo quando doveva rappresentare un modesto villaggio di casoni[3]. Il toponimo sembra derivare dal latino salicetum "bosco di salici", riferimento a una località palustre e ricca di vegetazione[4].
La storia del paese è segnata dal Piave e dal suo turbolento corso, che ha portato numerosi sconvolgimenti anche in tempi recenti (l'ultima disastrosa alluvione è del 1966). È stato inoltre completamente distrutto dai combattimenti della grande guerra, in particolare durante la battaglia del Solstizio[4].
Monumenti e luoghi d'interesse
modificaChiesa parrocchiale
modificaCitata nella bolla Justis fratrum del 1152 come cappella della pieve di Negrisia (sulla riva opposta), a causa delle difficoltà di comunicazione dovute anche al mutevole corso del fiume, nel 1440 il vescovo di Treviso Ludovico Barbo la dichiarò parrocchiale, unendole però anche Candelù e San Bartolomeo. Se Candelù, qualche decennio dopo, diveniva a sua volta autonoma come filiale di Varago, l'unione con San Bartolomeo perdurò sino a tempi recenti (1939)[4].
Come tutte le chiese della zona, la storia della parrocchiale di Saletto è caratterizzata da una lunga serie di ricostruzioni e distruzioni legate alle terribili piene Piave, ma l'ultima grande devastazione fu dovuta ai combattimenti della prima guerra mondiale. La chiesa originaria era il risultato di una serie di restauri e ampliamenti iniziati dal parroco Nicolò Pavan (1856-1869) e proseguiti dal successore don Giovanni De Faveri (1902-1915). Il primo commissionò un ciclo di affreschi di Sebastiano Santi: l'Assunta attorniata dagli apostoli sul soffitto (descritta dalla Gazzetta Uffiziale di Venezia del 24 agosto 1865 come uno dei suoi lavori migliori), San Valentino e Sant'Eurosia nei riquadri laterali e gli Evangelisti negli intercolumni delle pareti. Il secondo, invece, si premurò di proseguire i lavori strutturali, trascurati sotto don Francesco Greselin (1869-1902): completò il coro, aggiunse le due navate laterali, le ali della facciata e le sacrestie e dotò il campanile di altre tre campane[5].
Di questo edificio restano una statua di Sant'Antonio (ritenuta di scuola brustoloniana), un piviale secentesco, una pianeta settecentesca e un'altra più recente donata da papa Pio X; di origine antica è anche un'acquasantiera proveniente dalla vecchia chiesa di Ponte di Piave e il fonte battesimale, ricavato capovolgendo il tabernacolo della distrutta chiesa di Zenson di Piave. La nuova chiesa fu costruita tra il 1922 e il 1924 su progetto di Antonio Beni (il campanile è di Leonardo Trevisiol) e consacrato nel 1937 dal vescovo Antonio Mantiero. L'esterno è di gusto romanico, con la facciata in mattoni a vista; l'interno, a vaso unico, conserva opere dello stesso Beni, Valentino Canever, Bruno Padovan, Giacomo Caramel, Gino Borsato, Paolo Possamai, Giuseppe Modolo[5].
L'organo, della ditta Mascioni di Cuvio, è stato collaudato il lunedì dell'Angelo del 1927[5].
Trincee
modificaSussistono i resti di alcune trincee della grande guerra, recentemente recuperati e aperti al pubblico[6].
Note
modifica- ^ In assenza di dati ufficiali precisi si è fatto riferimento alla popolazione della parrocchia locale, reperibile nel sito della CEI.
- ^ Simionato, p. 298.
- ^ Storia, su comunebreda.it, Comune di Breda di Piave. URL consultato il 13 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2016).
- ^ a b c Simionato, pp. 279-282.
- ^ a b c Simionato, pp. 287-289.
- ^ Isabella Loschi, Recuperate due nuove trincee lungo il Piave, domenica la visita, in OggiTreviso, 18 maggio 2016. URL consultato il 4 dicembre 2020.
Bibliografia
modifica- Giuliano Simionato, Breda di Piave. Vita e storia di un Comune, Biblioteca Comunale Breda di Piave, 2002.