Silvestro Curotti (Domodossola, 1920Oira, 3 giugno 1944) è stato un militare e partigiano italiano.

Biografia

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Noto sportivo novarese, durante la seconda guerra mondiale Curotti aveva partecipato alle operazioni belliche in Jugoslavia con il I Reggimento d'artiglieria alpina del gruppo "Aosta". Rientrato in Italia, dopo l'armistizio entrò nelle formazioni di Filippo Beltrami, nelle quali divenne responsabile di una squadra volante di arditi-sabotatori. Curotti partecipò con gran coraggio alle battaglie di Gravellona, di Cegli e di Strona. Nel giugno del 1944, incaricato di recuperare con i suoi uomini le armi e gli esplosivi lanciati da aerei degli Alleati nei pressi di Oira, Curotti cadde in un'imboscata tesa da un reparto di un'ottantina di SS tedesche. Avrebbe potuto mettersi in salvo, ma decise di disimpegnare i suoi uomini e di salvare il materiale. Ci riuscì, ma tagliato fuori dai suoi e pressato dai tedeschi, non poté che barricarsi in un casolare disabitato. Per quattro ore tenne testa da solo ai nemici che gli intimavano di arrendersi. Alla fine, sotto il tiro dei mortai che avevano mandato in fiamme il suo ultimo rifugio, terminate le munizioni, lanciate le poche bombe a mano rimaste, per non cadere prigioniero si sparò l'ultimo colpo di pistola. Il suo eroismo impressionò a tal punto i tedeschi, che le SS gli resero l'onore delle armi.

A Curotti è stato intitolato lo stadio di Domodossola.

Onorificenze

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«Subito dopo l’armistizio militava nelle formazioni partigiane dell’Ossola e poi in quelle di Vallestrona distinguendosi per valore e per capacità ed ottenendo il comando di un plotone di arditi sabotatori Sorpreso nel corso di un’azione da un’ottantina di SS. germaniche, con calma e decisione riusciva a disimpegnare i suoi uomini, salvando il prezioso materiale di sabotaggio da poco aviolanciato. Per questo fare si attardava per coprire con il fuoco la ritirata. Tagliato fuori e serrato da presso si chiudeva in un casolare resistendo per quattro ore respingendo ripetuti inviti di resa. In mezzo all’incendio, provocato da nutrito tiro di mortai, lanciava le sue ultime bombe a mano e dopo aver risposto alla reiterata intimazione: « I patrioti muoiono ma non si arrendono », con l’ultimo colpo della sua pistola si dava la morte prima di cadere prigioniero. L’eroico contegno del valoroso partigiano si imponeva anche al feroce nemico che concedeva l’onore delle armi.»
— Oira (Novara), 3 giugno 1944.[1]
  1. ^ Dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 26 maggio 2017.

Collegamenti esterni

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