Società italiana nailon
La Società italiana nailon S.p.A. è stata la controllata della Montefibre (gruppo Montedison) operante nel settore della produzione di fibre poliammidiche in posizione dominante sul mercato italiano.
Società italiana nailon | |
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Stato | Italia |
Forma societaria | Società per azioni |
Fondazione | 1981 a Milano |
Chiusura | 1985 |
Sede principale | Milano |
Settore | Chimico |
Prodotti | fibre poliammidiche (nylon 6,6 e nylon 6) |
Dipendenti | 2.400 |
Storia
modificaOrigini
modificaA sua volta la Montefibre era nata come la concentrazione delle società del gruppo Montedison. Tanto la Rhodiatoce che la Châtillon avevano unità produttive nel settore poliammidico: in particolare la Rhodiatoce aveva da anni il monopolio del nylon 6,6 (conosciuto con il marchio commerciale Nailon), mentre la Châtillon aveva una forte posizione nel nylon 6.
Venuta a crearsi una situazione di grave crisi del settore, la Montefibre decise di ristrutturarsi, alla fine del 1981, divenendo una sorta di holding e creando una serie di società figlie monoprodotto che facevano capo alle precedenti divisioni operative: quella che si doveva occupare del settore delle fibre poliammidiche tessili assunse il nome di Società italiana nailon S.p.A., con un capitale sociale di 15 miliardi di lire e 2.400 dipendenti, che operava insieme alla Taban S.p.A., società specializzata nella produzione di resine poliammidiche e acetato di cellulosa.
Le unità produttive si trovavano a Pallanza (unico stabilimento a produrre nylon 6,6) e a Ivrea (principale produttore di nylon 6), oltre a una consociata francese che nello stabilimento di Remiremont produceva nylon ad alto modulo per pneumatici. Il quadro degli interessi nel settore si completava con un polo produttivo a Castrovillari, (società Inteca ed Andrèe), specializzate nella trasformazione tessile dei filati in filati testurizzati, e in una piccola azienda a Rancio Valcuvia, la Torcitura di Rancio.
Il disinteresse della Montefibre nel settore delle poliammidi
modificaL'operazione, però, si mostrò subito come insostenibile: dopo soli 2 anni (1983) la Montefibre avviò un ulteriore processo di riordino e cedette perfino l'esclusiva sui prodotti, ricevendo in cambio una maggior quota per la produzione delle fibre poliacriliche (settore inquadrato nella Società italiana prodotti acrilici) e delle fibre poliestere (settore inquadrato nella Società italiana poliestere). Ciò portò al blocco delle produzioni nell'autunno del 1983.
La liquidazione della società
modificaIl CIPI (Comitato interministeriale per la politica industriale) aveva ribadito, nel maggio dello stesso anno, che il nylon doveva essere prodotto esclusivamente negli stabilimenti di Pallanza e di Ivrea; ci furono altri tentativi del governo per indurre la Montefibre a ritirare il progetto di disimpegno dal settore in questione, ma tutto cadde nel vuoto e gli stabilimenti vennero dismessi definitivamente, creando problemi occupazionali non indifferenti e oggetto anche di dibattiti parlamentari[1]. La società venne posta definitivamente in liquidazione dalla Montefibre nel 1985.
Strascichi giudiziari
modificaDopo molti anni dalla chiusura dell'attività produttiva la tematica delle malattie professionali per uso di amianto è stata affrontata nelle aule giudiziarie [2]
Note
modifica- ^ Resoconti Parlamentari su camera.it
- ^ Tribunale di Verbania per stabilimento Pallanza (PDF), su penalecontemporaneo.it.