Rappresentanza politica: differenze tra le versioni

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== Nella scienza politica ==
La "rappresentanza politica" è la rappresentanza di uno [[Stato di democrazia classica]]<ref>Ronchetti Laura, Rappresentanza politica come rappresentanza costituzionale, in Costituzionalismo.it, 2015 fasc. 3, pp. 32 e ss.</ref> e si distingue in autoritaria, democratica e mista.
La "rappresentanza politica", in uno [[Stato di democrazia classica]]<ref>Ronchetti Laura, ''Rappresentanza politica come rappresentanza costituzionale'', in Costituzionalismo.it, 2015 fasc. 3, pp. 32 e ss.</ref>, è quella normalmente vigente nelle democrazie moderne<ref>H. [[Kelsen]] scrive: «Le costituzioni delle democrazie moderne […] solo eccezionalmente conferiscono al corpo elettorale il potere di revocare i funzionari elettivi. Si danno tali eccezioni nelle costituzioni di alcuni Stati membri degli [[Stati Uniti d'America]], quale la Costituzione della [[California]], che all'art. XXIII, sez. 1, stabilisce: "Ogni pubblico ufficiale elettivo dello Stato di California può essere rimosso dal suo ufficio in qualsiasi momento dagli elettori aventi la facoltà di eleggere un successore a tale pubblico ufficiale, mediante il procedimento e nel modo qui previsti, procedimento che andrà sotto il nome di revoca…" [(il [[recall]])].» (H. Kelsen, ''Teoria generale del diritto e dello Stato'', Milano, 1980, p. 295).</ref> e occidentali<ref>Nell'ordinamento giuridico italiano, essa è regolata principalmente dall'art. 67 della [[Costituzione della Repubblica Italiana]], che recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».</ref>.
 
La dottrina politologica sottostante è stata enunciata da [[John Fitzgerald Kennedy]] con le seguenti parole:
{{quote|Democrazia vuol dire molto di più di governo popolare e dominio della maggioranza, molto di più di un sistema di tecniche politiche destinate a lusingare o ingannare potenti blocchi di votanti. (...) La vera democrazia, vivente e operante, pone la sua fede nel popolo; la fede che il popolo non eleggerà semplicemente uomini i quali rappresenteranno le sue opinioni abilmente e coscienziosamente, ma eleggerà anche uomini i quali eserciteranno il proprio giudizio coscienzioso|John Fitzgerald Kennedy, ''[[Ritratti del coraggio]]'', Oaks ed., 2017, p. 293}}
 
[[Hans Kelsen]] ha spiegato che questo carattere del [[parlamentarismo]] "è un compromesso tra l’idea di libertà politica e il principio della divisione differenziale del lavoro e che non solo le libertà, ma anche la divisione dei poteri sono un argine allo sconfinamento del principio democratico oltre il potere legislativo (ed anzi suggerisce l’idea che Montesquieu avesse formulato la nota teoria per salvaguardare uno spazio al sovrano piuttosto che al Parlamento). Ribadisce più volte che la rappresentanza è una finzione (anzi, la chiama anche “crassa finzione”), ma sostiene che la [[democrazia diretta]] è impossibile: l’unica forma di democrazia reale possibile è quella parlamentare"<ref>[[Sabino Cassese]], ''[[Hans Kelsen]]. Tornano due saggi di uno dei padri della giustizia costituzionale. La democrazia reale? È solo parlamentare'', Il Sole 24 ore, 9 settembre 2018.</ref>.
==La critica sociologica==
Proprio partendo da una rilettura delle analisi [[Realismo_(politica)#Nella_storia_delle_idee|realistiche]] di Hans Kelsen<ref>H. Kelsen scrive: «Per stabilire un vero rapporto di rappresentanza, non basta che il rappresentante sia nominato o eletto dal rappresentato. È necessario che il rappresentante sia giuridicamente obbligato ad eseguire la volontà del rappresentato, e che l'adempimento di questo obbligo sia giuridicamente garantito. La garanzia tipica è il potere del rappresentato di revocare il rappresentante, nel caso che l'attività di quest'ultimo non si conformi ai desideri del primo. […]» ... «La formula che il membro del parlamento non è il rappresentante dei suoi elettori ma di tutto il popolo, o, come taluno scrive, di tutto lo Stato, e che perciò non è vincolato da nessuna istruzione dei suoi elettori e non può venire revocato, è una finzione politica.»[…] «Se gli scrittori politici insistono nel definire un organo "rappresentativo" il parlamento della democrazia moderna, nonostante la sua indipendenza giuridica dal corpo elettorale, se taluni scrittori dichiarano persino che il ''mandat imperatif'' è contrario al principio del governo rappresentativo, essi non presentano una teoria scientifica, ma sostengono un'ideologia politica. La funzione di questa ideologia è di nascondere la situazione reale, di mantenere l'illusione che il legislatore sia il popolo nonostante il fatto che, in realtà, la funzione del popolo – o, formulata più esattamente del corpo elettorale – sia limitata alla creazione dell'organo legislativo.» […] «L'indipendenza giuridica del parlamento dal corpo elettorale significa che il principio della democrazia è sostituito, in una certa misura, da quello della divisione del lavoro. Per celare questo passaggio da un principio ad un altro, si ricorre alla finzione secondo la quale il parlamento "rappresenta" il popolo ».(H. Kelsen, ''op. cit.'', pp. 295-297).</ref>, nella [[sociologia politica]] è sorta una critica al concetto moderno-occidentale della rappresentanza politica: essa afferma che tale concetto si è sviluppato essenzialmente secondo due contrapposte teorie, quella per cui la rappresentanza politica vigente nelle democrazie moderne e occidentali dovrebbe avere un carattere autoritario (la "teoria autoritaria") e quella per cui tale rappresentanza dovrebbe avere un carattere "democratico" (la "teoria democratica").
 
Nel distinguere la rappresentanza - secondo il grado di aderenza alla volontà dell'elettorato - in autoritaria, democratica e mista, tale dottrina<ref>https://www.diritto.it/pdf_archive/25977.pdf</ref> attribuisce a ciascuna di tali categorie le caratteristiche che seguono.
 
===Autoritaria===
La "rappresentanza politica autoritaria" è la rappresentanza politica, sul piano sostanziale, "generale" e "di interessi" nonché, sul piano formale, "organica" e "legale".
Da quanto s'è detto, discendono i seguenti corollari:
*sul piano sostanziale, che il rappresentante e il rappresentato consistono, rispettivamente, nel "governante" e nella "totalità dei governati" e che l'atto rappresentativo può prescindere dall'elezione;
*sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono un unico soggetto giuridico e che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un accordo "morale" (regolato cioè da [[norme morali]] - il "[[Democrazia_rappresentativa#Influenza_del_mandato_imperativo|mandato non imperativo]]"): sicché il precetto rappresentativo ha un carattere "morale" e la sanzione rappresentativa non può superare la "mancata conferma".
 
La rappresentanza politica autoritaria pertanto è caratterizzata dal potere del rappresentante politico di disattendere le [[promessa elettorale|promesse elettorali]]<ref>Barbera Augusto, La rappresentanza politica: un mito in declino?, in Quaderni costituzionali, 2008 fasc. 4, pp. 853 - 886.</ref>.
 
Gli autori principali della teoria autoritaria sono G. Jellinek<ref>G. Jellinek scrive: «Nello Stato con costituzione rappresentativa, il popolo, come elemento unitario dello Stato, è nello stesso tempo membro attivo dello Stato, organo collegiale dello Stato: o – per esprimerci ancor più esattamente – quella parte del popolo, alla quale, secondo la Costituzione, compete […] l'esercizio di funzioni statali. Una parte di queste funzioni l'esercita il popolo stesso; l'altre, per mezzo di una deputazione, la quale, come organo del popolo, è nel contempo organo dello Stato stesso. Le rappresentanze popolari, adunque, sono organi secondari, cioè organi di un organo.» (G. Jellinek, ''La dottrina generale del diritto dello Stato'', Milano, 1949, p. 153)</ref>, [[Vittorio Emanuele Orlando]]<ref>V. E. Orlando scrive: «Lungi dal rappresentare la media comune della intelligenza e della cultura del corpo elettorale, si presume che questi corpi siano ad essa grandemente superiori, componendosi degli elementi migliori che, in un dato momento storico, offre l'ambiente politico della nazione. L'eletto può rappresentare un generale indirizzo politico prevalente nel suo corpo elettorale ma, entro questa sfera molto larga (e l'attenervisi è per lui un obbligo morale ma, certamente, non giuridico), egli conserva una piena indipendenza di opinioni e di condotta, o, in altri termini, egli non rappresenta che sé stesso». (V. E. Orlando, ''Principi di diritto costituzionale'', Firenze, 1917, pp. 88-89).</ref>, [[Santi Romano]]<ref>S. Romano scrive: «È però da rilevare che, quando si parla della rappresentanza della nazione o del popolo da parte della Camera o di altra istituzione e, quindi, di una relazione intercedente fra quest'ultima e la collettività rappresentata, alla parola relazione occorre dare un significato che non è quello di rapporto giuridico vero e proprio, in quanto essa non implica dei diritti o doveri della prima verso la seconda o della seconda verso la prima. (S. Romano, ''Principi di diritto costituzionale generale'', Milano, 1947, p. 166.</ref> e [[Vincenzo Miceli]]<ref>V. Miceli scrive: «Il mandato politico secondo lo spirito della rappresentanza moderna] […] implica che la persona scelta debba rappresentare i bisogni e gl'interessi dello stato in genere e debba soprattutto occuparsi del suo generale benessere, quantunque non sia possibile di determinare in che modo e fino a che punto, tanto che se ne possa fare per essa un obbligo certo e preciso. Per questo l'obbligo imposto dal mandato politico al mandatario, non è un obbligo giuridico, ma è un obbligo puramente morale […].» (V. Miceli, ''Il concetto giuridico moderno della rappresentanza politica'', Perugia, 1891, pp. 173 e 174).</ref>, vissuti tra la seconda metà dell'[[XIX secolo|ottocento]] e la prima metà del [[XX secolo|novecento]].
 
La tesi fondamentale della teoria autoritaria è che la rappresentanza politica dovrebbe essere, sul piano sostanziale, generale e di interessi, poiché il massimo bene pubblico possibile consiste nella cura degli interessi universali e oggettivi dello Stato nonché, sul piano formale, organica e legale, poiché la complessità e l'imparzialità di tali interessi richiedono che il rappresentante abbia, rispetto al rappresentato, la titolarità diretta della sovranità (che, di conseguenza, dovrebbe essere unica e indivisibile).
 
===Democratica===
La "rappresentanza politica democratica" è la rappresentanza politica, sul piano sostanziale, speciale e di volontà nonché, sul piano formale, soggettiva e volontaria.
Da quanto s'è detto, discendono i seguenti corollari:
*sul piano sostanziale, che il rappresentante e il rappresentato consistono, rispettivamente, nell'eletto e nella maggioranza degli elettori e che l'atto rappresentativo non può prescindere dall'elezione<ref>Borrelli Gianfranco, ''Come rimediare alla Crisi della rappresentanza politica: nuove soggettivazioni e democrazia partecipativa'', in Rassegna di diritto pubblico europeo, 2014 fasc. 2, pp. 9 - 36.</ref>;
*sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono due soggetti giuridici distinti, sicché, il precetto rappresentativo ha un carattere giuridico. La conclusione ulteriore - che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un accordo giuridico (regolato da [[norme giuridiche]] - il "mandato imperativo") dotato di sanzione, consistente nella revoca - nega però il carattere libero della funzione rappresentativa<ref>Dogliani Mario, ''La rappresentanza politica nello Stato costituzionale'', in Questione Giustizia, 2014 fasc. 4, pp. 11 - 23.</ref> ed è stata affermata soltanto in particolari circostanze storiche (es. [[Mandato_imperativo#Comune_di_Parigi_.281871.29|Comune di Parigi]])<ref>Gemma Gladio, ''"Ratio" della rappresentanza politica: il buongoverno'', in Diritto e società, 2014 fasc. 4, pp. 699 - 734.</ref>.
 
La rappresentanza politica democratica, pertanto, è caratterizzata dall'obbligo di coerenza del rappresentante politico, rispetto agli impegni assunti in sede elettorale: la variabile, in proposito, è quella dipendente dal sistema elettorale, che lo rende responsabile come persona o come componente di un attore collettivo (partito, schieramento, movimento)<ref>Rescigno Giuseppe Ugo, ''Sistemi elettorali, rappresentanza politica, democrazia'', in Lo Stato, 2015 fasc. 4, pp. 199 - 220.</ref>.
 
La tesi fondamentale della teoria democratica è che la rappresentanza politica dovrebbe essere, sul piano sostanziale, speciale e di volontà, poiché il massimo bene pubblico possibile consiste nella cura degli interessi maggioritari e soggettivi dello Stato nonché, sul piano formale, soggettiva e volontaria, poiché la semplicità e la parzialità di tali interessi richiedono che il rappresentante abbia, rispetto al rappresentato, la titolarità indiretta della sovranità (che, di conseguenza, dovrebbe essere molteplice e divisibile).
===Mista===
La "rappresentanza politica mista" è la rappresentanza politica, in tutto o in parte, autoritaria o democratica.
La rappresentanza politica mista pertanto è caratterizzata dalla libertà del rappresentante politico di obbligarsi o meno a rispettare, in tutto o in parte, le promesse elettorali<ref>Stancati Paolo, Il principio di rappresentanza politica tra progressivo decadimento ed esigenze di rivisitazione, in Costituzionalismo.it, 2015 fasc. 1, pp. 114 e ss.</ref>.
 
===La rappresentanza politica vigente nelle democrazie moderne e occidentali===
La "rappresentanza politica", in uno [[Stato di democrazia classica]]<ref>Ronchetti Laura, ''Rappresentanza politica come rappresentanza costituzionale'', in Costituzionalismo.it, 2015 fasc. 3, pp. 32 e ss.</ref>, è quella normalmente vigente nelle democrazie moderne e occidentali<ref>H. [[Kelsen]] scrive: «Le costituzioni delle democrazie moderne […] solo eccezionalmente conferiscono al corpo elettorale il potere di revocare i funzionari elettivi. Si danno tali eccezioni nelle costituzioni di alcuni Stati membri degli [[Stati Uniti d'America]], quale la Costituzione della [[California]], che all'art. XXIII, sez. 1, stabilisce: "Ogni pubblico ufficiale elettivo dello Stato di California può essere rimosso dal suo ufficio in qualsiasi momento dagli elettori aventi la facoltà di eleggere un successore a tale pubblico ufficiale, mediante il procedimento e nel modo qui previsti, procedimento che andrà sotto il nome di revoca…" [(il [[recall]])].» (H. Kelsen, ''Teoria generale del diritto e dello Stato'', Milano, 1980, p. 295).</ref> eha occidentaliun carattere essenzialmente autoritario<ref>NellLa rappresentanza politica, nell'ordinamento giuridico italiano, essa è regolata principalmente dall'art. 67 della [[Costituzione della Repubblica Italiana]], che recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato».</ref>.
 
==La critica sociologica==
===Introduzione===
La critica del concetto moderno-occidentale della rappresentanza politica si è sviluppata essenzialmente secondo due contrapposte teorie, quella per cui la rappresentanza politica vigente nelle democrazie moderne e occidentali dovrebbe avere un carattere autoritario (la "teoria autoritaria") e quella per cui tale rappresentanza dovrebbe avere un carattere "democratico" (la "teoria democratica").
===La teoria autoritaria===
Gli autori principali della teoria autoritaria sono G. Jellinek,<ref>G. Jellinek scrive: «Nello Stato con costituzione rappresentativa, il popolo, come elemento unitario dello Stato, è nello stesso tempo membro attivo dello Stato, organo collegiale dello Stato: o – per esprimerci ancor più esattamente – quella parte del popolo, alla quale, secondo la Costituzione, compete […] l'esercizio di funzioni statali. Una parte di queste funzioni l'esercita il popolo stesso; l'altre, per mezzo di una deputazione, la quale, come organo del popolo, è nel contempo organo dello Stato stesso. Le rappresentanze popolari, adunque, sono organi secondari, cioè organi di un organo.» (G. Jellinek, ''La dottrina generale del diritto dello Stato'', Milano, 1949, p. 153)</ref>, [[Vittorio EmanueleV.E. Orlando]],<ref>V. E. Orlando scrive: «Lungi dal rappresentare la media comune della intelligenza e della cultura del corpo elettorale, si presume che questi corpi siano ad essa grandemente superiori, componendosi degli elementi migliori che, in un dato momento storico, offre l'ambiente politico della nazione. L'eletto può rappresentare un generale indirizzo politico prevalente nel suo corpo elettorale ma, entro questa sfera molto larga (e l'attenervisi è per lui un obbligo morale ma, certamente, non giuridico), egli conserva una piena indipendenza di opinioni e di condotta, o, in altri termini, egli non rappresenta che sé stesso». (V. E. Orlando, ''Principi di diritto costituzionale'', Firenze, 1917, pp. 88-89).</ref>,. [[SantiS. Romano]]<ref>S. Romano scrive: «È però da rilevare che, quando si parla della rappresentanza della nazione o del popolo da parte della Camera o di altra istituzione e, quindi, di una relazione intercedente fra quest'ultima e la collettività rappresentata, alla parola relazione occorre dare un significato che non è quello di rapporto giuridico vero e proprio, in quanto essa non implica dei diritti o doveri della prima verso la seconda o della seconda verso la prima. (S. Romano, ''Principi di diritto costituzionale generale'', Milano, 1947, p. 166.»</ref>. e [[VincenzoV. Miceli]],<ref>V. Miceli scrive: «Il mandato politico secondo lo spirito della rappresentanza moderna] […] implica che la persona scelta debba rappresentare i bisogni e gl'interessi dello stato in genere e debba soprattutto occuparsi del suo generale benessere, quantunque non sia possibile di determinare in che modo e fino a che punto, tanto che se ne possa fare per essa un obbligo certo e preciso. Per questo l'obbligo imposto dal mandato politico al mandatario, non è un obbligo giuridico, ma è un obbligo puramente morale […].» (V. Miceli, ''Il concetto giuridico moderno della rappresentanza politica'', Perugia, 1891, pp. 173 e 174,).</ref>, vissuti tra la seconda metà dell'[[XIX secolo|ottocento]] e la prima metà del [[XX secolo|novecento]].
 
La tesi fondamentale della teoria autoritaria è che la rappresentanza politica dovrebbe essere, sul piano sostanziale, generale e di interessi, poiché il massimo bene pubblico possibile consiste nella cura degli interessi universali e oggettivi dello Stato nonché, sul piano formale, organica e legale, poiché la complessità e l'imparzialità di tali interessi richiedono che il rappresentante abbia, rispetto al rappresentato, la titolarità diretta della sovranità (che, di conseguenza, dovrebbe essere unica e indivisibile).
===La teoria democratica===
L'autore principale della teoria democratica è H. Kelsen, vissuto tra il [[1881]] e il [[1973]].<ref>H. Kelsen scrive: «Per stabilire un vero rapporto di rappresentanza, non basta che il rappresentante sia nominato o eletto dal rappresentato. È necessario che il rappresentante sia giuridicamente obbligato ad eseguire la volontà del rappresentato, e che l'adempimento di questo obbligo sia giuridicamente garantito. La garanzia tipica è il potere del rappresentato di revocare il rappresentante, nel caso che l'attività di quest'ultimo non si conformi ai desideri del primo. […]»
 
«La formula che il membro del parlamento non è il rappresentante dei suoi elettori ma di tutto il popolo, o, come taluno scrive, di tutto lo Stato, e che perciò non è vincolato da nessuna istruzione dei suoi elettori e non può venire revocato, è una finzione politica. […]»
 
«Se gli scrittori politici insistono nel definire un organo "rappresentativo" il parlamento della democrazia moderna, nonostante la sua indipendenza giuridica dal corpo elettorale, se taluni scrittori dichiarano persino che il mandat imperatif è contrario al principio del governo rappresentativo, essi non presentano una teoria scientifica, ma sostengono un'ideologia politica. La funzione di questa ideologia è di nascondere la situazione reale, di mantenere l'illusione che il legislatore sia il popolo nonostante il fatto che, in realtà, la funzione del popolo – o, formulata più esattamente del corpo elettorale – sia limitata alla creazione dell'organo legislativo.»
 
«L'indipendenza giuridica del parlamento dal corpo elettorale significa che il principio della democrazia è sostituito, in una certa misura, da quello della divisione del lavoro. Per celare questo passaggio da un principio ad un altro, si ricorre alla finzione secondo la quale il parlamento "rappresenta" il popolo ».(H. Kelsen, ''op. cit.'', pp. 295-297)</ref>
 
La tesi fondamentale della teoria democratica è che la rappresentanza politica dovrebbe essere, sul piano sostanziale, speciale e di volontà, poiché il massimo bene pubblico possibile consiste nella cura degli interessi maggioritari e soggettivi dello Stato nonché, sul piano formale, soggettiva e volontaria, poiché la semplicità e la parzialità di tali interessi richiedono che il rappresentante abbia, rispetto al rappresentato, la titolarità indiretta della sovranità (che, di conseguenza, dovrebbe essere molteplice e divisibile).
 
===La teoria mista (o della liberalizzazione del [[mandato imperativo]])===
Una teoria è stata affacciata, per conciliare le due esigenze<ref>Cerutti, C., ''La rappresentanza politica nei gruppi del Parlamento europeo. Il divieto di mandato imperativo'', Wolters Kluwer-CEDAM, Milano, 2017, 93 ss.. Dogliani Mario, ''La rappresentanza politica come rappresentanza del 'valore' di uno stato concreto'', in Democrazia e diritto, 2014 fasc. 2, pp. 7 - 26</ref> sottese alla rappresentanza: la rappresentanza politica autoritaria, rispetto alla democratica, ha il vantaggio di garantire un'amministrazione più flessibile, comportando una maggiore libertà del rappresentante<ref>Secondo P. Ardant, ''La rappresentanza politica'', in ''Rivista di diritto costituzionale'', Torino, 1996, 164-167, la rappresentanza politica vigente nelle democrazie moderne e occidentali è una "rappresentanza snaturata", come, tra l'altro, risulterebbe dai seguenti fatti:
*che i [[partito politico|partiti]] mirano al potere piuttosto che alla rappresentanza;
*che i partiti non sono organizzati in modo pienamente democratico;
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*l'aumento dei partiti "pigliatutto", de-ideologizzati o dai programmi vaghi e poco differenziati gli uni dagli altri e dei partiti regionali, ecologisti o corporativistici;
*la moltiplicazione degli elettori fluttuanti.</ref>, mentre la rappresentanza politica democratica, rispetto all'autoritaria, ha il vantaggio di garantire un'amministrazione più rappresentativa, comportando la cura degli interessi della maggioranza degli elettori anziché quella degli interessi personali del rappresentante<ref>V. Miceli scrive: «Egli sa che per essere eletto e quindi per essere confermato nelle elezioni successive, deve accontentare certe esigenze, e certi desideri, deve soddisfare certi interessi, e siccome l'ambizione di occupare quell'ufficio è nella più gran parte degli uomini più forte del desiderio del generale benessere dello stato, egli si deve sentire a preferenza attratto a favorire le aspirazioni dei suoi rappresentanti anziché a tener conto dei bisogni dello stato in genere. Inoltre i bisogni generali dello stato sono troppo complessi per potere essere da tutti compresi in tutta la loro estensione e percepiti in tutta la loro evidenza; mentre gl'interessi locali sono assai più semplici e possono essere facilmente percepiti e compresi e perciò stesso possono assumere maggiore importanza e gravitare con più forza sulla coscienza dei rappresentati, come su quella dei rappresentanti, onde essi anche in buona fede possono diventare a preferenza i campioni di questi ultimi.
Ciò quando le cose si svolgono normalmente e quando non entrano in campo influenze immorali ed interessi sinistri; che quando poi queste seconde cause cominciano ad agire, non sono più i legittimi bisogni e le legittime aspirazioni dei gruppi quelle che a preferenza occupano la mente e dirigono le azioni del rappresentante; sono invece i bisogni egoistici, le aspirazioni ingiuste, le pretese esagerate dei piccoli centri, o di personaggi potenti e di grandi elettori. Questi dominano e tengono come incatenato il rappresentante, che non è se non una loro creatura, e lo fanno agire secondo il loro talento e per il conseguimento dello loro mire.»([[VincenzoV. Miceli]], ''op., cit.'', pp. 147-148).</ref>.
 
La "rappresentanza politica mista" è la rappresentanza politica, in tutto o in parte, autoritaria o democratica. Essa pertanto è caratterizzata dalla libertà del rappresentante politico di obbligarsi o meno a rispettare, in tutto o in parte, le promesse elettorali<ref>Stancati Paolo, Un''Il principio di rappresentanza politica tra progressivo decadimento ed esigenze di rivisitazione'', in Costituzionalismo.it, 2015 fasc. 1, pp. 114 e ss.</ref>. Come ipotesi di conciliazione tra le due istanze, la rappresentanza mista potrebbe essere conseguita consarebbe l'istituzione di un "mandato costituzionale di rappresentanza politica"<ref>L'istituzione di un mandato costituzionale di rappresentanza politica, nell'ordinamento giuridico italiano, potrebbe avvenire, principalmente, tramite l'aggiunta all'art. 67 della [[Costituzione italiana|Costituzione]] dell'inciso «salvo il disposto del mandato costituzionale di rappresentanza politica» (C. Cerutti).</ref>, cioè un [[mandato]] il cui accordo consisterebbe nella candidatura e intercorrerebbe tra lo Stato e il candidato., Lala cui "causa del negozio giuridico" consisterebbe nella rappresentanza politica, mentreil cui l'oggetto consisterebbe nel nucleo essenziale del [[programma elettorale]] e sarebbe sospensivamente condizionato all'elezione. Unae la cui taleforma consisterebbe in una [[legge costituzionale]],. reintroducendoIl una sorta di [[mandato imperativo]],suddetto metterebbe in concorrenza i [[partiti politici]], oltre che sui programmi elettorali, anche sulle conseguenze della mancata realizzazione degli stessi, vincolando maggiormente i rappresentanti politici al rispetto delle promesse elettorali.
 
==Note==