Giani Stuparich: differenze tra le versioni
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I primi anni dopo il ritorno dal fronte vedono la necessità, da parte dello scrittore, di chiudere i conti con il suo doloroso passato e di placare così il suo senso di colpa per la morte del fratello: ecco quindi che le prime opere sono dedicate proprio a loro, con la pubblicazione degli ''Scritti letterari e critici'' di Slataper e di ''Cose e ombre di uno'' di Carlo prima, e con la stesura della monografia ''Scipio Slataper'' (uscita nel 1922 sui «Quaderni della Voce») e dei tanto sofferti ''Colloqui con mio fratello'' (pubblicati nel 1925) poi. Del 1929 sono invece, per le stampe dei [[Fratelli Buratti Editori|Fratelli Buratti]], i ''Racconti'', pubblicazione resa possibile anche grazie all’intermediazione dell’amico [[Eugenio Montale|Montale]], che ne farà una recensione sulla rivista ''[[Solaria]]''.
La pubblicazione nel 1938 delle [[Leggi razziali fasciste|leggi razziali]] rende il clima insopportabile per l’autore, figlio e marito di ebree, il quale lascia l’insegnamento nell'autunno del 1942, venendo affidato alla Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie di Trieste. La situazione peggiora drasticamente l'8 settembre 1943, con il proclama di armistizio letto in radio da [[Pietro Badoglio]] e con la conseguente occupazione della città di Trieste da parte delle truppe tedesche. In questo clima di tensione e di paura, la notte del 25 agosto 1944 il letterato viene svegliato da un capitano delle S.S. che lo conduce, insieme alla moglie Elody e alla madre Gisella (l’adorata sorella Bianca era morta a novembre dell’anno precedente), alla [[Risiera di San Sabba]], adibita dai nazisti a campo di deportazione e di sterminio; sarà l’intervento del vescovo di Trieste, [[Antonio Santin]], e del prefetto di Trieste, [[Bruno Coceani]], a porre fine a quei sofferti sette giorni di prigionia.
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