Pietro Lauro: differenze tra le versioni

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=== Giovinezza ===
[[File:Girolamo Tiraboschi.jpg|sinistra|miniaturamin|verticale|[[Girolamo Tiraboschi]] fu la prima persona a cercare di ricostruire la biografia di Lauro]]
Sulla vita di Lauro si hanno scarse notizie e i dati certi della sua biografia risultano essere pochi.<ref name="D119">{{Cita|Dini|p. 119}}.</ref><ref name="M3">{{Cita|Malaguti|p. 3}}.</ref> Si suppone, però, che sia nato intorno al 1510,<ref name="D119" /><ref name="B178">{{Cita|Bombardini|p. 178}}.</ref><ref>{{Cita|Campetella (2018)|p. 22}}.</ref> forse da una famiglia di umili origini.<ref name="M3" /> L'unica menzione sulla sua giovinezza è testimoniata da un'affermazione di [[Lodovico Castelvetro]], suo contemporaneo e conterraneo, riportata poi per iscritto da [[Girolamo Tiraboschi]]:<ref>{{Cita|Malaguti|pp. 3-4}}.</ref><ref name="T76">{{Cita|Tiraboschi|p. 76}}.</ref>
{{Citazione|Io non so certo chi sia o chi possa essere questi, che si fa chiamare Pietro Lauro da Modona; ma mi posso
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=== Primo periodo veneziano (1539-1546) ===
==== Condizione lavorativa ====
[[File:Gabriele Giolito de' Ferrari, by Titian.jpg|miniaturamin|verticale|[[Gabriele Giolito de' Ferrari]], tipografo per cui Lauro curò le traduzioni di molti testi classici]]
Come altri letterati italiani, Lauro fu attratto dall'offerta lavorativa dall'[[Tipografia|industria tipografica]] [[venezia]]na,<ref name="D119" /><ref name="B178" /> stabilendosi nella città lagunare forse all'inizio degli anni Quaranta.<ref name="D119" /><ref name="B178" /> Tuttavia, la sua prima opera, stampata nella medesima città, riporta la data del 1539: si tratta del ''Petri Lauri Mutinensis Preludium ad copiam dicendi, ubi et obiter muliebre ingenium mobile et uarium, porut [sic] copia dicendi potuit, exprimitur'', di cui oggi soppravive, inserito in un volume miscellaneo, un'unica copia conservata alla [[Biblioteca apostolica vaticana|Biblioteca Apostolica vaticana]].<ref>{{Cita|Malaguti|pp. 11-12}}.</ref> Si tratta, per stile ed impostazione, di un testo didattico, forse aggregato nel corso della pratica d’insegnamento;<ref>{{Cita|Malaguti|p. 19}}.</ref> da ciò forse deriva l'affermazione di Castelvetro:<ref name="T76" />
{{Citazione|Costui dunque sosteneva miseramente la sua vita, con tener scuola privata, e insegnando le prime lettere a’ fanciulli in Venezia, [...]}}
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==== Prime traduzioni ====
[[File:De re rustica.tif|sinistra|miniaturamin|verticale|Frontespizio del dodicesimo libro del ''De l'agricoltura'' di [[Lucio Giunio Moderato Columella]], tradotto da Lauro nel 1564.]]
Sebbene il programma editoriale delle officine di stampa fosse sottoposto all'approvazione dei titolari, essi lasciavano ampio spazio alle proposte e ai consigli dei loro collaboratori.<ref name=":0" /> Lauro esordì così come traduttore nel 1542, proponendo e concludendo la prima trasposizione in volgare dell{{'}}''[[Oneirocritica]]'' di [[Artemidoro di Daldi]] per Giolito,<ref name=":0" /> intitolata ''Dell'interpretatione de sogni'', dedicata a [[Diego Hurtado de Mendoza y Pacheco]], [[ambasciatore]] [[Impero spagnolo|spagnolo]] a Venezia. Ancora oggi, alcune edizioni utilizzano questa versione, basandosi sulla ristampa del 1547.<ref name="D120" /> Seguì poco dopo il ''De' notevoli et utilissimi ammaestramenti dell'agricoltura'', traduzione dei ''[[Geoponica]]'', opera [[Impero bizantino|bizantina]] allora attribuita all'imperatore [[Costantino VII Porfirogenito]], oggi a [[Cassiano Basso]],<ref name=":0" /> vissuto tra i [[VI secolo|secoli VI]] e [[VII secolo|VII]]. Dopo questi primi lavori, che come confermano gli esami delle [[Prefazione|prefazioni]] risultano essere frutto di una sua personale iniziativa nella scelta dei testi,<ref name="D120121" /> Lauro venne notato da altri tipografi, come [[Michele Tramezzino]], con cui inizierà a collaborare parallelamente,<ref name=":1">{{Cita|Malaguti|p. 37.}}</ref> che gli affidò la traduzione della ''Chronica'' dell'astronomo tedesco [[Johann Carion]]. Questi testi storico-annalistici ebbero un grande successo all'epoca e Lauro, sempre per Tramezzino, ne tradusse un altro l'anno seguente, ovvero il ''Catalogo de gli anni et Principi de la creatione de l'huomo sin a 1540 dal nascere di Christo'' di [[Valerius Anshelm]].<ref name="D120" />
 
Tra il 1543 e il 1545, Lauro si affermò in diversi campi della letteratura specialistica, traducendo da latino e greco opere di svariati generi. Interessante risulta la pubblicazione volgarizzata della raccolta storica ''Della guerra troiana'': si trattava dell'edizione italiana della fortunata silloge pseudoantica ''Auctores vetustissimi'', pubblicata nel 1498 dal domenicano [[Annio da Viterbo]]; nel 1550 fu riproposta rimaneggiata come ''I cinque libri de le antichità de Beroso sacerdote caldeo''. Quindi vennero attuate anche altre traduzioni da storici greci, come il ''De i fatti del Magno Alessandro re di Macedonia'', risultato della traduzione dell{{'}}''[[Anabasi di Alessandro]]'' di [[Arriano]], a cui seguirono di [[Flavio Giuseppe]] il ''De l'antichità giudaiche'' (''[[Antichità giudaiche]]'') e l{{'}}''Historia d'Egesippo'' di [[San Girolamo]]; ancora con testi di agricoltura, come ''Le herbe, fiori, stirpi, che si piantano ne gli horti'' di [[Charles Estienne]], e un testo di medicina tratto dal ''[[Corpus Hippocraticum]]'', ''Opere utilissime in medicina di Polibio illustre medico''. Del 1546 è invece la traduzione del ''[[De re aedificatoria]]'' di [[Leon Battista Alberti]], intitolata ''I dieci libri de l'architettura''.<ref name="D120" /> Pur essendo quella di Lauro la prima versione volgarizzata dell'opera di Alberti<ref name=":15">{{Cita|A.L.A.I.}}</ref> e godendo essa di una certa popolarità,<ref>{{Cita|Cosentino}}</ref> la traduzione che ricevette più credito all'epoca fu quella di [[Cosimo Bartoli]], pubblicata a [[Firenze]] nel 1550,<ref name=":15" /> che soppiantò completamente quella del modenese nelle edizioni future; non solo la la resa in italiano del testo risulta migliore e meno letterale,<ref name=":16">{{Cita|Lemerle}}</ref> ma anche il confronto tra le qualità tra le due prime edizioni vede quella toscana risultare meglio curata, essendo corredata da un buon numero di immagini (di cui è priva la versione veneta).<ref>{{Cita|Biblioteca Universitaria di Padova}}</ref> Oltre alle lingue classiche, nel primo periodo della sua attività Lauro volgarizzò anche dallo spagnolo. Di queste, le più importanti riguardarono opere letterarie di puro intrattenimento, come la ''Historia del valorosissimo cavallier della Croce'' e ''De l'ufficio del marito, come si debba portare verso la moglie'' di [[Juan Luis Vives]],<ref name="D120">{{Cita|Dini|p. 120}}.</ref> dedicato a [[Eleonora di Toledo]].<ref name=":7" />
[[File:Dedica di Pietro Lauro Bonifacio Bevilacqua.jpg|miniaturamin|verticale|Dedica di Pietro Lauro al conte Bonifacio Bevilacqua ne ''I dieci libri de l'architettura'', sua volgarizzazione del ''[[De re aedificatoria]]'' di [[Leon Battista Alberti]] pubblicata nel 1546]]
Di notevole importanza storica in questo periodo sono i volgarizzamenti di due opere poi messe all'[[Indice dei libri proibiti]]: l'unica traduzione italiana completa del ''De inventoribusrerum'' dell'[[Umanesimo|umanista]] [[Urbino|urbinate]] [[Polidoro Virgili]] (bandito nel 1557),<ref name=":1" /> comparsa come ''De l'origine e de gl'inventori de le leggi, costumi, scientie, arti, et di tutto quello che a l'humano uso conviensi'' e dei ''[[Colloquia familiaria]]'' di [[Erasmo da Rotterdam]].<ref name="D120121">{{Cita|Dini|pp. 120-121}}.</ref>
 
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È grazie a queste lettere se possiamo sapere dei suoi numerosi contatti con alcuni esponenti dell'umanesimo italiano: sia persone residenti a Venezia, come [[Lazzaro Bonamico]], [[Natale Conti]] e [[Sebastiano Erizzo]], sia di altre città della penisola, come [[Luca Contile]]. Altre sono inviate ai suoi editori o a [[Teologo|teologi]], di cui la maggior parte ai [[frati domenicani]] del [[convento]] della [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo (Venezia)|Basilica dei Santi Giovanni e Paolo]], in cui prese i voti anche [[Remigio Nannini]]. Circa la metà delle lettere sono indirizzate a stranieri, la maggior parte tedeschi, che conferma la sua frequentazione di ambienti [[Chiese riformate|riformati]]. I contenuti degli scambi epistolari spaziano da questioni di morale, alla politica, ma anche all'economica, alle arti, alla vita privata e ai comportamenti sociali.<ref name="D121">{{Cita|Dini|p. 121}}.</ref>
[[File:De le lettere di M. Pietro Lauro modonese. Il primo libro. Con la tauola de i summarij di ciascuna lettera.jpg|sinistra|miniaturamin|verticale|Frontespizio del libro ''De le lettere di M. Pietro Lauro modonese'', pubblicato nel 1553]]
 
==== Spagnolo, teologia e libri di cavalleria ====
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== ''Polendo'' ==
[[File:Polendo.jpg|miniaturamin|verticale|[[Frontespizio]] dell'''Historia delle gloriose impresi di Polendo, figliuolo di Palmerino di Oliva, e di Pompide figliuolo di don Duardo re d'Inghilterra'' ]]
{{vedi anche|Polendo}}
''Historia delle gloriose impresi di Polendo, figliuolo di Palmerino di Oliva, e di Pompide figliuolo di don Duardo re d'Inghilterra'', più conosciuto con il titolo abbreviato di ''Polendo'' dal nome di uno dei suoi protagonisti, è un [[poema cavalleresco]] scritto da Lauro e pubblicato nel 1566.<ref>{{Cita|Bombardini|p. 173.}}</ref> Si tratta di una continuazione del ''[[Primaleón]]'' di [[Francisco Vázquez (scrittore)|Francisco Vázquez]], secondo libro tra quelli iberici contenuti nel ciclo dei ''Palmerini'',<ref name=":9" /> oltre che all'ultimo libro in generale del suddetto ciclo.<ref name=":10" /><ref name=":14">{{Cita|Demattè}}</ref>
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== Punti d'incontro con la Riforma ==
[[File:Lucrezia Gonzaga Marchesana.jpg|miniaturamin|verticale|Stampa raffigurante ritratto di [[Lucrezia Gonzaga|Lucrezia Gonzaga di Gazzuolo]]]]
Gli interessi [[Eterodossia|eterodossi]] di Lauro sono probabilmente stati influenzati dal contatto con circoli riformati tedeschi (come intuibile dalle sue lettere), lasciando presagire anche interazioni con quelli dell'[[Italia settentrionale]], confermati dalle deposizioni in alcuni processi per [[eresia]]. [[Ambrogio Cavalli]], già [[elemosiniere]] di [[Renata di Francia]], durante il processo dinanzi l'[[Inquisizione]] di Roma che lo avrebbe portato alla morte nel 1557 affermò:
{{Citazione|Pietro Lauro da Modona […] io l'ho per [[Luteranesimo|lutherano]], ma de audito proprio non ne so niente, et adesso non me ricordo per che causa lo tenghi tale, ma fu a [[Ferrara]] a torre le limosine.}}
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== Giudizio sulle traduzioni ==
[[File:Lodovico Castelvetro 1727 engraving.jpg|sinistra|miniaturamin|[[Incisione]] del 1727 raffigurante [[Lodovico Castelvetro]], [[filologo]] del [[XVI secolo]]]]
Le traduzioni di Lauro hanno suscitato giudizi contrastanti, tant'è che già quando Lauro era ancora in vita vennero alzate numerose critiche nei confronti dei suoi lavori.<ref>{{Cita|Malaguti|p. 26.}}</ref> Castelvetro afferma che egli «ardì di tradurre Columella e altri Latini», nonostante non conoscesse altro che i rudimenti della lingua latina.<ref name="T76" /> Anche lo stesso Tiraboschi nel Settecento, pur cercando di difendere la posizione e l'operato del modenese, ammise che, nonostante la sua vasta produzione, Lauro non dovesse avere una cultura così vasta: lo si intuirebbe sia dagli errori banali compiuti in semplici traduzioni, sia da quelli compiuti nell'esposizione di alcuni concetti.<ref>{{Cita|Tiraboschi|pp. 76-77.}}</ref> Secondo invece [[George Francis Hill]], [[numismatico]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] che catalogò la medaglia su cui è inciso l'unico ritratto a noi disponibile di Lauro, questa sua incapacità sarebbe rappresentata nella medaglia stessa. Infatti, nel retro è presente l'iscrizione:
 
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=== Il lavoro di Lauro oggi ===
[[File:Inscription in a laurel wreath reverse 1957.14.1010.b Pietro Lauro.jpg|miniaturamin|Il retro della medaglia con il volto di Lauro: qui è presente l'iscrizione ''Ceda(n)tur A Morte Inique Lacessentes Lingue Viperibus Similes''. Le maiuscole restituiscono il nome ''Camillus V.'']]
Gli studiosi odierni tendono ad essere più clementi con l'operato di Lauro: egli dovette lavorare il più possibile per poter farsi affidare dagli editori-stampatori dell'epoca più testi possibili, da poter tradurre anche contemporaneamente, con carichi lavorativi estenuanti. I suoi datori, che imponevano scadenze ristrette, richiedevano che la traduzione dei testi seguisse i gusti del pubblico, sorvolando sulla qualità e la revisione di cui un’opera letteraria a tutti gli effetti necessiterebbe. Inoltre, per anni dopo l'[[Stampa a caratteri mobili|invenzione della stampa]] i traduttori non vennero tutelati in alcuna maniera.<ref name=":2" />