Stay-behind
Con l'espressione stay-behind (dalla lingua inglese, traducibile in italiano letteralmente come «rimanere indietro») ci si riferisce a un'organizzazione paramilitare che uno Stato mette in piedi nei propri territori al fine di attivare, in seguito ad una eventuale invasione nemica, la base di un movimento di resistenza all'occupazione, o per condurre operazioni di spionaggio sul suolo occupato dietro le linee nemiche.
Storia
modificaImportanti operazioni stay-behind sono state organizzate durante la seconda guerra mondiale in Unione Sovietica e nel Regno Unito per resistere all'invasione nazista. Altri gruppi paramilitari stay-behind vennero creati clandestinamente (senza cioè il consenso del Parlamento del Paese nel quale operavano) durante la guerra fredda da parte della NATO in Europa (compresa la Svizzera, col P26, nonostante non faccia parte della NATO) in funzione anticomunista, per agire militarmente in risposta ad una eventuale invasione da parte delle forze del Patto di Varsavia.
Descrizione e composizione
modificaLe operazioni stay-behind in tempo di pace consistono nell'organizzazione di una rete segreta (non necessariamente di tipo militare) destinata a rimanere sul posto (stay in inglese), anche in caso di occupazione nemica che obblighi le forze militari regolari ad abbandonare il campo, attivandosi per operare all'interno del proprio Paese dietro le linee nemiche (behind enemy lines in inglese).
La preparazione consiste nella creazione di scorte di armi e nell'addestramento di volontari ritenuti di sicura affidabilità, reclutati nella società civile, pronti ad entrare in azione per compiti quali il recupero di informazioni per motivi di intelligence, la propaganda per rafforzare il senso di resistenza tra la popolazione, il sabotaggio, la preparazione di un attacco a sorpresa, il supporto alle operazioni militari (come per esempio il recupero dei piloti abbattuti), il rapimento o l'eliminazione di persone chiave, il favoreggiamento di insurrezioni fino al colpo di Stato.
Secondo quanto riportato in un suo pamphlet[1], il defunto Generale Amos Spiazzi rivela che l'organizzazione è a tutt'oggi attiva[il pamphlet è del 1995, sono passati quasi tre decenni, questa affermazione è ancora valida?] ed è composta da militari, da agenti dei Servizi Segreti, ed anche da civili (specialmente se abili nell'uso delle armi e degli esplosivi) e da civili che avessero conseguito un punteggio di almeno 15/20 nei test alla scuola di guerra.
Operazioni note
modifica- Auxiliary Units (Regno Unito)
- Werwolf (Germania nazista)
- Organizzazione Gladio (Italia, ed altri paesi)
- O&I (Paesi Bassi)
- Lochos Oreinon Katadromon o LOK (Grecia)
- OWSGV (Austria)
- Plan Bleu, La Rose des Vents ed Arc-en-ciel (Francia)
- ROC (Normandia)
- Rete stay-behind belga SDRA8 e STC/Mob (Belgio)
- Bund Deutscher Jugend - Technischer Dienst o TD BJD (Germania Ovest)
- Piano Nihtilä-Haahti di provvista di armi (Finlandia)
- Projekt-26 (P-26, Svizzera)
- Regional Force Surveillance Units (Australia), unità non-segrete della "Royal Australian Corps of Infantry" con compiti ufficiali di stay-behind.
- Affare Informationsbyrån in Svezia, forse.
Nel mondo
modificaItalia
modificaL'organizzazione Gladio - che operava in ambito NATO come struttura stay-behind, sia pur parzialmente finanziata dalla CIA - fu istituita in Italia, come negli altri Stati dell'Europa occidentale, durante la guerra fredda, con lo scopo di contrastare l'influenza politica e militare dei Paesi comunisti. L'esistenza venne svelata ufficialmente dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti nel 1990 quando, al termine della guerra fredda, la necessità della sua segretezza venne meno.
La scoperta di Gladio diede occasione al Parlamento europeo di esprimere il timore che tale tipologia di reti clandestine "possa aver interferito illegalmente negli affari di politica interna degli Stati membri o possa ancora farlo"[2]. Sin dalla sua scoperta, la sinistra, in Italia, l'ha sempre vista come una potenziale minaccia alla sovranità nazionale, in quanto proiettata ad entrare in funzione anche in caso di vittoria del PCI conquistata in libere elezioni, contestandone pertanto la stessa legittimità in un ordinamento democratico.
Per converso, la Destra si è divisa in ordine alla sua narrativa: da un lato vi è stato chi, in via postuma, ha rivendicato la sua esistenza - e la sua legittimità - come modalità operativa (consensualmente accettata da tutte le forze politiche al governo in Italia durante la guerra fredda) per salvaguardare la conventio ad excludendum che manteneva l'Italia nel campo atlantico: è il caso di Francesco Cossiga, che giunse ad autodenunciarsi per addivenire ad una pronuncia giurisdizionale di liceità dei fatti; ne scaturì una vicenda giudiziaria che si concluse il 3 luglio 2001, con l'assoluzione da parte della Corte d'assise dei vertici dell'organizzazione[3].
«Ho difeso Gladio, ma ne sono forse io il solo o il principale responsabile? O ne è responsabile la maggior parte della classe politica della Democrazia Cristiana?»
Dall'altro lato, vi sono stati approcci riduttivi in ordine alla sua stessa funzione: per Indro Montanelli e Mario Cervi, lo scandalo su Gladio era soltanto una diversione operata in Italia dalla sinistra per distrarre l'opinione pubblica dal crollo del comunismo nell'Europa orientale[5]; esaurita la sua funzione con l'ancoraggio atlantico del PCI, per Montanelli Gladio non sarebbe stata formalmente sciolta solo per il vizio italico di garantire stipendi ai dipendenti di enti ormai divenuti inutili[6].
Note
modifica- ^ Spiazzi Amos di Corte Regia: "Il Mistero della Rosa dei Venti"; 1995; Centro Studi Carlomagno Editore; pp. 38 - 54.
- ^ RESOLUTION on the Gladio affair, item D, su Eur-lex.europa.eu, p. 16.
- ^ Giuliano Gallo, Gladio, assoluzione per l'ex vertice Sismi: «Non hanno mentito», in Corriere della Sera, 4 luglio 2001. URL consultato il 7 luglio 2012.
- ^ Archivio storico del Senato della Repubblica, Fondi federati, FONDAZIONE CRAXI, UNITÀ 3 Democrazia cristiana (luglio 1978 - 23 gennaio 1992), segnatura archivistica: Bettino Craxi, 1.6.1.2.3, p. 73.
- ^ Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di piombo, Milano, Rizzoli, 1991. «La sorpresa ostentata da molte parti politiche per la scoperta di Gladio è del resto poco credibile. Se n'era parlato molto – pur senza specificare il nome dell'organizzazione – negli anni precedenti. Ma a quel punto – estate del 1990 – Gladio divenne un'arma preziosa per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dallo sfascio della ideologia e dei partiti comunisti, e per avvalorare la tesi che l'Italia fosse vissuta in una falsa democrazia, viziata da presenze poliziesche, autoritarie e golpiste.».
- ^ Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia degli anni di fango, Milano, Rizzoli, 1993. «Quanto all'interrogativo angoscioso che scaturisce dal Cassonpensiero (perché mai se non c'era nulla di losco in Stay-behind non lo si abolì quando era ormai superfluo?), interrogativo che, posto a quel modo, sembra comportare una sola risposta (non lo si abolì per covare il golpe) noi azzardiamo una spiegazione più banale e più semplice. Gladio era diventato un ente inutile. E quando mai in Italia si abolisce un ente inutile che comporta uffici, segreterie, auto blu, indennità speciali per chi lo comanda? Il merito d'aver conseguito la soppressione d'un ente inutile – ma solo quello – a Casson va riconosciuto.».
Bibliografia
modifica- Antonino Arconte, L'ultima missione di G-71, Cabras, Arconte, 2002, ISBN 9788894107999.
- William Colby e Peter Forbath, La mia vita nella Cia, Milano, Mursia, 1981, ISBN 978-88-425-3515-7.
- Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale (NATO's Secret Armies: Operation GLADIO and Terrorism in Western Europe), Roma, Fazi, 2005, ISBN 88-8112-638-9.
- (EN) Francis Harry e C. A. G. Simkins, British intelligence in the Second World War: its influence on strategy and operations, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, ISBN 978-0-521-39409-3.
- Daniele Lembo, La guerra nel dopoguerra in Italia. Le operazioni di stay behind della Decima Mas nell'Italia occupata, in guerra e nel dopoguerra... le verità, le mezze verità e le grandi bufale, Maro, 2007.
- Fulvio Martini, Nome in codice: Ulisse. Trent'anni di storia italiana nelle memorie di un protagonista dei servizi segreti, Milano, Rizzoli, 1999, ISBN 88-17-86096-4.
- (FR) Thierry Meyssan, Stay-behind: les réseaux d'ingérence américains, Voltaire, 20 agosto 2001 (articolo su VoltaireNet).
- (FR) François Vitrani, "L'Italie, un Etat de 'souveraineté limitée' ?", in Le Monde diplomatique, dicembre 1990.
- (EN) Tamir Sinai: Eyes on target: ‘Stay-behind’ forces during the Cold War. In: War in History. Vol 28, Nr. 3, July 2021, pp. 681–700. [1]
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikiquote contiene citazioni di o su Stay-behind
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Stay-behind
Collegamenti esterni
modifica- (EN) The Pentagon's 'NATO Option', articolo di Lila Rajiva, 10 febbraio 2005, sul sito Commondreams
- (EN) "Secret Warfare: Operation Gladio and NATO's Stay Behind Armies", research project directed by PhD Daniele Ganser at the Center for Security Studies (CSS) and Swiss Federal Institute of Technology of Zurich (ETH Zurich)[collegamento interrotto] Groups a lot of contributions in various media, including audiofiles from interviews. Documenti in varie lingue, alcuni anche italiano