Stemma del Bahrein
Lo stemma del Bahrein[1][2][3][4][5][6] (in arabo: شعار البحرين) è stato disegnato nel 1932 da un consulente britannico dell'allora Emiro del Bahrein, tale Charles Belgrave. Lo stemma contiene le stesse caratteristiche costruttive della bandiera nazionale. Lo stemma ha subìto lievi modifiche nel 1972 e nel 2002.
Lo stemma è composto da una banda bianca superiore, separata da un'area rossa inferiore con una linea spezzata che forma cinque triangoli bianchi che rappresentano i cinque pilastri dell'Islam.
Storia
modificaIl Trattato generale marittimo del 1820 definì il Bahrein come un protettorato del Regno Unito e stabilì una lunga serie di governatori e consiglieri inglesi degli sceicchi che governavano le isole. Nel 1932, l'allora governatore britannico e consulente dello sceicco, Charles Belgrave, disegnò uno stemma per lo sceicco regnante, Ali ibn Isa Al Khalifa. Lo stemma originale era rosso con un dancetée bianco, coronato da una corona araldica di otto punte.
Dopo che il Regno Unito si ritirò dal Bahrein nel 1971, lo stemma fu usato come simbolo della nazione isolana, con l'aggiunta della fascia bianco sopra la fascia rossa già esistente.
Lo stemma è stato recentemente modificato nel 2002, quando l'emirato si trasformò in regno. Lo scudo rimane rosso, ma il dancetée bianco comprende cinque tacche per rappresentare i cinque pilastri della fede musulmana.
Lo scudo è quasi identico al disegno della bandiera nazionale, l'unica differenza è che l'intera progettazione viene ruotata in modo che il capo dello scudo appaia come il sollevamento della bandiera.
Note
modifica- ^ Cfr. il Manuale interistituzionale di convenzioni redazionali dell'Unione europea, su publications.europa.eu. URL consultato il 4 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2018).
- ^ Nomi di paesi in italiano, su foreignword.com. URL consultato il 4 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 27 gennaio 2013).
- ^ Cfr. in Calendario Atlante De Agostini 2013, Istituto geografico De Agostini, Novara.
- ^ Cfr. al vol. II, pp. 137-138 in Enciclopedia della Geografia, Istituto geografico De Agostini, Novara.
- ^ Cfr. alle pp. 578-579 in Nuova Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse.
- ^ Cfr. sul sito dell'Istituto Geografico Militare Archiviato il 6 giugno 2014 in Internet Archive., ente cartografico ufficiale dello Stato.
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