Storia di San Benedetto del Tronto

Voce principale: San Benedetto del Tronto.

La storia di San Benedetto del Tronto copre un arco temporale plurimillenario le cui origini sono difficili da rintracciare con precisione. Reperti archeologici documentano l'esistenza dell'insediamento fin dall'epoca romana nel contesto della civiltà picena.

La "Rotonda a Mare" con una fontana negli anni 30 (attuale Piazza Carlo Giorgini)

Origine del nome

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Nel corso dei secoli sono stati utilizzati vari toponimi per il centro abitato, da San Benedetto in Albula a San Benedetto nella Marca. Nel 1862, per distinguerla dalle altre località omonime del neonato Regno d'Italia, la città fu denominata ufficialmente San Benedetto del Tronto. Il nome ha origine da un santo, il martire Benedetto. Vissuto al tempo di Diocleziano, Benedetto era un soldato romano dislocato nel presidio militare alla difesa della città di Cupra Marittima.[1] Essendosi rifiutato di abiurare la fede cristiana e di riconoscere gli dei pagani, fu martirizzato sul ponte del torrente Menocchia il 13 Ottobre del 304 d.C.. Dopo essere stato decapitato il suo corpo fu gettato in mare. La leggenda narra che in mare la testa non si sia separata dal corpo, e che le sue membra siano state trasportate verso sud grazie all'aiuto di alcuni delfini, che le hanno trasportate fino ad adagiarle sulle spiagge prospicienti all'odierna San Benedetto. Qui il corpo del martire sarebbe stato trovato da un contadino, che dopo aver chiamato aiuto ha caricato i resti del santo su un carretto trainato da buoi. Questi avrebbero trainato il carro fin sopra un colle poco distante dalla costa, dove Benedetto è stato finalmente sepolto. Sul luogo sarebbero sorte poi una cappella e una Pieve, attorno alla quale si è sviluppato il primo nucleo urbano, fino alla costruzione nel XVIII secolo dell'attuale Abbazia San Benedetto Martire.[2]

Luogo di fondazione

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Villa Marittima

Le prime tracce di insediamento umano nel territorio risalgono all'epoca romana, più precisamente fra la prima metà del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. Il ritrovamento dei resti archeologici di un'antica domus nell'estate 2010 ha infatti retrodatato la formazione del nucleo più antico della città, rappresentato dal vecchio incasato del Paese Alto, che era tradizionalmente fatto risalire al medioevo.[3] L'origine romana di San Benedetto era già stata ipotizzata in precedenza, senza però alcun riscontro concreto: si riteneva che fosse sorta sul sito dell'antica città di Truentum (fondata dal popolo dei Liburni), poi ribattezzata dai romani Castrum Truentinum, che è però stata identificata oggi con il sito archeologico posto alla foce del Tronto, nel comune di Martinsicuro.

La Villa marittima riportata alla luce comprende una zona residenziale, con dei mosaici pavimentali che suggeriscono un utilizzo abitativo o di ricevimento, e una zona di lavorazione e produzione, corrispondente alla moderna Piazza Sacconi. Si ipotizza che le vasche in muratura rinvenute fossero usate per la produzione di vino o garum, identificando l'edificio come un complesso rustico-residenziale posto a breve distanza dal mare[4]. Non è tuttavia noto se gli antichi edifici abbiano effettivamente costituito la base per lo sviluppo del nucleo urbano delle epoche successive.

In attesa di ulteriori studi sui ritrovamenti, si continua ad accreditare l'ipotesi di un nucleo sorto attorno a una chiesa che avrebbe ospitato le spoglie di San Benedetto martire (oggi conservate nella Chiesa abbaziale di San Benedetto Martire), soldato romano martirizzato nel IV secolo nell'antica Cupra (oggi Cupra Marittima).

Basso Medioevo

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Porta da mare, collegava l'antico borgo con la zona marittima

Nel V secolo la pieve del martire Benedetto, pur essendo su una lieve altura, si è trovata completamente esposta alle scorrerie dei popoli barbari. Le città romane poste lungo la costa videro fuggire i loro cittadini, che si rifugiarono sulle alture dell'entroterra. Con la caduta dell'impero, il Piceno e la sua costa caddero sotto il dominio degli Ostrogoti. Con lo scoppio della guerra gotica, l'Italia tornò ad essere teatro di devastazioni, miseria e morte. Il conflitto non ha risparmiato il Piceno: nel 538 il generale bizantino Belisario inviò 2.000 cavalieri a saccheggiare la regione, mettendola a ferro e fuoco. Anche il generale Narsete ha dato il suo contributo all'azione, venendo il supporto del condottiero bizantino e riunendosi con lui a Fermo per un consiglio di guerra. La popolazione locale, già martoriata da anni di guerra, fame e povertà, venne ulteriormente falcidiata dalla diffusione della peste di Giustiniano.

Dopo la vittoria bizantina, la regione viene occupata dai Longobardi; è a questo periodo che risale la definitiva distruzione di Truentum e Castrum Truentinum.

A partire dall'anno 839 si ha notizia di continue scorribande ad opera dei Saraceni, che giungendo dal mare devastano le zone costiere e costringono le popolazioni locali a cingere di mura e torri i centri abitati, ormai concentrati sulla cima delle colline.

Castrum Sancti Benedicti

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Il primo documento che menziona precisamente il nucleo abitativo di San Benedetto risale all'anno 998. Il piccolo centro è citato in un atto relativo all'investitura del beneficio dei SS. Vincenzo e Anastasio in territorio di Acquaviva Picena da parte di Uberto, vescovo di Fermo. L'incasato è indicato con il nome di Castrum Sancti Benedicti, a sua volta edificato con il nome “Plebs Sancti Benedicti in Albula” (Il popolo di San Benedetto in Albula); il toponimo deriva sia dal nome del santo patrono San Benedetto Martire e dell'omonima chiesa, sia dal torrente Albula che tuttora lo attraversa.

Nel 1030 un terreno nei pressi dell'Albula venne concesso al vescovo di Fermo, che incrementava la sua influenza nei territori costieri a nord del Tronto. Dopo la morte del vescovo Uberto, al suo successore Ulderico vengono regalati altri 1.500 moggi di terra e la Torre alla foce del Tronto.

Nel 1105 Papa Pasquale II conferma l'appartenenza del monastero di San Benedetto al Tronto a Oderisio, abate di Montecassino[5], e di nuovo anche nel 1112, con un'altra bolla inviata al nuovo abate cassinense Gerardo[6].

L'arrivo della famiglia Gualtieri

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Torre dei Gualtieri

Il primo significativo mutamento insediativo si ha nel 1145, quando i signori Azzo e Berardo di Gualtiero ottennero l'autorizzazione dal vescovo Liberto di Fermo, con un atto datato 27 gennaio 1146, per realizzare un castrum difensivo sul colle ove sorge la pieve, pur nel rispetto delle pertinenze di questa. Le mura del castrum medievale non sono sopravvissute fino ad oggi, a differenza della torre principale che dai fratelli Gualtieri prende oggi il nome. Il complesso fortificato era posto in una posizione strategica, essendo un ottimo punto d'osservazione per tutta la costa prospicente, e da esso potevano essere diramate indicazioni e segnali a tutti gli altri castelli fermani della costa picena.

I territori compresi tra i fiumi Tronto e Potenza erano soggetti al dominio diretto dei vescovi di Fermo, che ne esercitava il governo. Nel 1190 Fermo si erige a libero comune, ed eredita dunque i possedimenti che il vescovo fermano aveva in queste zone. Tra questi vi è un territorio, citato in un documento dell'Archivio apostolico vaticano, detto campo spoletano compreso fra il Tronto e l'Albula. Nel 1211 Fermo ottenne dall'imperatore Ottone IV di Brunswick il possesso del litorale Adriatico: nessuno poteva costruire case o fortezze senza il permesso diretto della città di Fermo.

Nel 1242 Federico II di Svevia saccheggiò e distrusse Ascoli; per ingraziarsi la città, spingendola a diventare ghibellina e quindi a lui fedele, l'autorizzò a possedere la riva del Tronto fino al castello di San Benedetto in Albula. In questa concessione era però compreso anche il castello di Monte Cretaccio, appartenente all'Abbazia di Farfa e quindi al vescovo di Fermo. I Fermani protestarono vivacemente, fino a che Papa Innocenzo IV non obbligò Ascoli a restituire Monte Cretaccio a Fermo. Nel 1280 le truppe di Ascoli si avventarono contro il castello di San benedetto, che oppose una forte resistenza e costrinse gli assedianti ad andarsene con grande delusione e umiliazione per il loro fallimento. Oltre ciò, dovettero pagare una multa salatissima per non essersi presentati a giudizio per questa azione di guerra. Il 1280 segna dunque la vittoriosa resistenza di San Benedetto aiutato dai fermani contro Ascoli.

Il Quattrocento

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Nel 1440 vi furono liti territoriali con Acquaviva Picena, riguardava un tratto di confine denominato "Campo de lo stampazo", con l'intervento dei Priori di Fermo, dai quali entrambi paesi dipendevano, venne attribuito a Acquaviva. San Benedetto restò per secoli oggetto della rivalità tra le città di Ascoli e Fermo, che se ne contesero aspramente il possesso. Nel 1463 Fermo dette incarico al frate Giacomo della Marca di pronunciarsi quale arbitro nella questione, e risolvere una volta per tutte le secolari controversie fra le due città. Frate Giacomo della Marca il 3 luglio 1463 emise il suo giudizio assegnando i territori meridionali di S. Benedetto, compresi tra il torrente Ragnola e il Tronto, a Monteprandone, garantendo dunque agli ascolani uno sbocco strategico al mare; inoltre annetté alla giurisdizione di Monteprandone il Monte Cretaccio, sotto il quale si sarebbe dovuto costruire l'omonimo porto (Porto d'Ascoli), la cui realizzazione però non avverrà mai. Nel 1492 San Benedetto ebbe divergenze territoriali con Grottammare, in quel periodo San Benedetto aveva un terzo della popolazione di Grottammare, Fermo inviò un emissario per definire i confini dei due castelli.

Sbarchi di Turchi

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Nel 1478 un'epidemia di peste, forse portata da turchi, devastò il territorio di San Benedetto decimando la popolazione; gli effetti furono tanto devastanti che nel 1491, essendo il paese rimasto pressoché disabitato, su iniziativa del municipio di Fermo (che all'epoca ne deteneva la giurisdizione), venne deciso di dare facoltà ad alcuni profughi imolesi di stabilirvisi, concedendo loro terreni in enfiteusi.

Sotto lo Stato pontificio

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San Benedetto del Tronto. Tipico scorcio del vecchio incasato, presso il Paese Alto, a sinistra Palazzo Anelli risalente al 1730

Saccheggi e devastazioni a varie riprese caratterizzano anche il XVI secolo per cui il paese, seppure di importanza strategica, non riuscì a svilupparsi se non dopo aver riacquistato un po' di tranquillità. È del 1615 la testimonianza di una prima espansione fuori dalle mura, verso il mare, con la costruzione di una chiesetta dedicata alla Madonna della Marina in corrispondenza del luogo dove oggi è situata piazza Cesare Battisti, in prossimità del vecchio Palazzo Municipale. Costruita sul litorale appena fuori dalle mura del borgo antico, sulla direttrice che dalla Porta Sud conduceva alla spiaggia nei pressi della via Litoranea, fu stimolo per la popolazione a scendere in marina. Nel Museo di Arte Sacra di San Benedetto del Tronto è conservata un'epigrafe in latino del 1615, a memoria della fondazione dell'antica chiesetta. Fu parzialmente distrutta dall'inondazione del torrente Albula del 6 luglio 1898, e per i danneggiamenti subiti fu chiusa al culto e demolita l'anno seguente. La devozione del popolo sambenedettese alla Madonna del Mare non si spense, e una nuova chiesa (la moderna Cattedrale di Santa Maria della Marina) venne costruita.

Persa la sua storica importanza strategica e militare all'interno del pacificato Stato Pontificio, San Benedetto cominciò a svilupparsi nel XVII e XVIII secolo come borgo di pescatori. Nel giro di pochi anni cominciarono a sorgere dei magazzini rudimentali e casupole in cui i pescatori depositavano gli attrezzi da pesca. Nel 1763 si ha notizia del primo intervento urbanistico, organizzato e realizzato a cura dell'ing. Paglialunga di Fermo.

L'Ottocento

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Chiesa abbaziale di San Benedetto Martire

Lo sviluppo demografico della città di San Benedetto del Tronto non può che rassomigliare a quello di tanti altri centri rivieraschi dell'Adriatico, ove svolgono un ruolo determinante le immigrazioni (rese necessarie per il ripopolamento sul finire del XV secolo e proseguite fino ai giorni nostri in modo significativo), le incursioni e le catture barbaresche, i rapporti con le popolazioni transadriatiche, le epidemie, le successive e massicce emigrazioni in altri luoghi dell'Italia e all'estero, talune con caratteristiche specifiche legate ai mestieri del mare.

San Benedetto, attraverso questi fenomeni, appare come una vera e propria “testa di ponte” ove si approdava con le barche o si giungeva dai paesi dell'interno e ci si stanziava, magari per ripartire per altri lidi, ma sempre lasciando tracce di quegli apporti demografici. Ciò è particolarmente significativo dal XVIII secolo, quando la pesca fa da motivo di attrazione e la viabilità costiera, resa più agevole e sicura, ne fa uno snodo tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli.

Il XVIII secolo è il secolo nel quale la popolazione sambenedettese inizia a uscire dal sovraffollato quartiere Castello, dopo aver del tutto invaso con le nuove costruzioni lo spazio di rispetto delle mura fortificate e talvolta anche avendole scavalcate, costruendo edifici verso i giardini sottostanti. L'espansione urbana è proseguita lungo e al di sotto della strada “Lauretana” (l'odierna statale 16), detta dei "paiarà" (toponimo derivato dal primo insediamento sviluppatosi sulle terre costiere, che deve il proprio significato da quelle case costruite con paglia impastate con argilla). Il restante territorio della marina è ancora inabitabile a causa degli acquitrini che vi si sono formati nei secoli con il ritirarsi della costa, mentre la campagna circostante comprende solo rare case coloniche.

Successivamente, con la progressiva conquista e bonifica delle terre sottratte alla marina, buona parte delle circa 5.000 anime che costituivano la popolazione sambenedettese nel 1850 abitava già in prevalenza nel quartiere Marina, arricchendo la nomenclatura delle contrade portandone il numero da nove a dodici. Sono soprattutto i pescatori, i calafati, gli sciabicotti, i pescivendoli e i facchini di marina che si insediano al di sotto della Strada detta Lauretana, principalmente per una maggiore comodità professionale. Il centro sociale, civile e di conseguenza economico del paese non è più individuabile all'interno delle mura del Castello, dove la maggior parte dei residenti sono ora pochi artigiani con le loro botteghe, i benestanti e alcuni possidenti agricoli. Qualche marinaio abita ancora nel quartiere Castello, ma ciò rappresenta un'eccezione rispetto alla maggioranza che occupa lo spazio sotto le mura orientali.

Epoca napoleonica

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Dipartimento del Tronto
 
Delegazione apostolica di Ascoli

Alla proclamazione della Repubblica Romana, nel 1798-1799 le Marche vengono divise in tre grandi Circoscrizioni che, sull'esempio francese, prendono il nome dai fiumi: il Dipartimento del Metauro con capoluogo Ancona, il Dipartimento del Musone con capoluogo Macerata e il Dipartimento del Tronto con capoluogo Fermo. Il Dipartimento del Tronto comprendeva l'attuale Provincia di Ascoli Piceno, la Provincia di Fermo e parte di quella di Macerata. I Dipartimenti sono divisi in cantoni; San Benedetto è compresa in quello di Offida insieme ad Acquaviva Picena, Monteprandone, Monsampolo del Tronto, Spinetoli, Castorano, Ancarano. In questo periodo si registrano numerosi passaggi di truppe a San benedetto; nella vicina Acquaviva si verifica un feroce assedio da parte degli insorgenti contro i francesi. La Repubblica Romana imposta dai francesi è invisa al popolo; premuta a nord dagli Austriaci e a sud dai Napoletani, il 13 novembre 1799 cadde a seguito dell'occupazione di Ancona, facendo tornare Marche allo Stato Pontificio. Già nel 1808 però Napoleone Bonaparte aggregherà i territori marchigiani al Regno Italico. Nel luglio 1808 Eugenio di Beauharnais, vice Re d'Italia, nomina podestà di San Benedetto Francesco Voltattorni. Nello stesso anno San Benedetto è scelta dai francesi come piazza di scalo dei trasporti militari. Caduto Napoleone, il Dipartimento del Tronto sopravvisse con Gioacchino Murat, che tornando con le truppe nel Regno di Napoli dopo la sconfitta sostò a San Benedetto.

Dopo il congresso di Vienna

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Con il ritorno dello Stato Pontificio, nel luglio 1816 il Dipartimento del Tronto venne diviso da Papa Pio VII: San Benedetto entra a far parte della Delegazione apostolica di Fermo, insieme ad Acquaviva e Monte Aquilino. Nel 1827 San benedetto, che dai primordi della sua storia è stata legata al dominio di Fermo, passa al governo di Montalto delle Marche, che successivamente nel 1831 confluirà nella Delegazione apostolica di Ascoli.

In un censimento svolto nel 1851 dallo Stato Pontificio, San Benedetto registra appena 5.351 abitanti; tra le imbarcazioni possedute dalla sua marineria si contano circa una dozzina di tartane.

Le epidemia di colera

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Nel corso dell'800 San Benedetto è stata esposta a diverse ondate di epidemia di colera. La prima del 1831 non procurò molte vittime, ma la seconda, che si manifestò nel 1854 con una forte recrudescenza nel 1855, arrivò a mietere quasi 400 vittime. Una terza giunse improvvisa nel 1886, in piena stagione balneare, e vide 760 colpiti, con 194 decessi.

Passaggio di Garibaldi, di Pio IX, di Vittorio Emanuele II

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La lapide presso palazzo Neroni

Il 24 gennaio 1849 Giuseppe Garibaldi passa a San Benedetto accompagnato da Nino Bixio, Gaetano Sacchi e da alcuni ufficiali e soldati. Ospitato presso Palazzo Neroni Cancelli, appartenente a Giuseppe Neroni Cancelli, prima di ripartire verso Roma volle rilasciare un biglietto di apprezzamento alla Guardia Civica, conservato dalla Famiglia Neroni. Vi era scritto: "Alla Civica di San Benedetto invia salute e fratellanza il riconoscente Garibaldi". In ricordo, furono apposte due lapidi, una in corso Neroni, l'altra nell'ex Palazzo comunale.[7]

«IL NOME IMMORTALE DI GIUSEPPE GARIBALDI A CURA DEL COMUNE SCOLPITO NEL MARMO RICORDA AI POSTERI CHE QUESTA CASA NEI GIORNI 24-25 GENNAIO 1849

EBBE LA VENTURA DI OSPITARE L'EROE DEI DUE MONDI MENTRE ACCORREVA ALLA DIFESA DELLA REPUBBLICA ROMANA»

Il 18 maggio 1857 Papa Pio IX passa per San Benedetto e benedice la folla accorsa ad osannarlo; una lapide muraria viene posta a ricordo dell'avvenimento.

Nel 1860, dopo la vittoriosa battaglia di Castelfidardo e il successivo assedio di Ancona, il Regno di Sardegna sconfisse lo Stato Pontificio e poté annettere i territori delle delegazioni dell'Umbria e delle Marche: San Benedetto entrava a far parte del neonato Stato Italiano. Essendo Garibaldi ancora impegnato con la sua spedizione del Regno delle Due Sicilie, i piemontesi decisero di intervenire invadendolo a loro volta, passando lo storico confine posto sul fiume Tronto. l 15 ottobre 1860 quindi Re Vittorio Emanuele II alla testa del suo esercito attraversa San Benedetto e viene acclamato dalla folla.[8]

 
Il primo stabilimento balenare cittadino “Stabilimento di Bagni Marini” nel 1865

Pochi anni dopo l'unificazione nazionale, nel 1863, presero il via i lavori di costruzione della linea ferroviaria adriatica, che costituì un passaggio storico per tutto il territorio collegandolo ai principali centri abitati del versante Adriatico. Negli stessi anni, parallelamente allo sviluppo ininterrotto della marineria, aprivano i primi stabilimenti balneari e l'amministrazione del sindaco Secondo Moretti delineò la vocazione turistica della cittadina di San Benedetto.[9]

Nel 1896, a seguito della promulgazione di un apposito Regio Decreto, San Benedetto assume la denominazione del Tronto, per distinguerlo dagli altri San Benedetto del nuovo Regno d'Italia.[10]

L'emigrazione marinara sambenedettese

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Nell 1800 la crisi della marineria pontificia nel periodo post Restaurazione favorì l'emigrazione di barche e di uomini verso altre zone dell'Italia e altri centri dell’Adriatico.[11] Dal 1820 in poi, fino alla seconda metà del XIX secolo, il flusso migratorio fu diretto verso il vicino Abruzzo, nelle comunità di Giulianova, Silvi, Castellamare Adriatico, Pescara, Ortona e Vasto. Nel 1845 decine di pescatori emigrano nel litorale laziale nelle città di Nettuno, Anzio e Civitavecchia.[11]

Verso la fine dell'Ottocento si intensifica il flusso migratorio verso la zone del Golfo della Spezia e dell'alto Tirreno, in particolare nel paese Bocca di Magra, frazione del comune di Ameglia. Altre famiglie si stabilirono nella vicina Viareggio,[11] dove portarono nella città toscana le loro imbarcazioni da pesca, chiamate Trabaccoli,[12] motivo per cui furono denominati dai viareggini i trabaccolari di San Benedetto.[13] I maggiori guadagni, gli approdi più sicuri rispetto alla “spiaggia aperta” della costa medio adriatica e la notevole pescosità di quelle acque determinano lo stanziamento di tanti altri ceppi familiari. L'unione delle due tradizioni marinare è evidente in un piatto tipico della città toscana, la Pasta alla trabaccolara, in onore alla marineria Sambenedettese che emigrò in loco. Ad oggi nella città di Viareggio, i discendenti dei sambenedettesi sono un quinto della popolazione, circa 15.000 individui.[14] Dal 1994, tra le due città è in atto un sentito gemellaggio.[15] Al termine della Prima guerra mondiale alcune famiglie sambenedettesi emigrarono nell’isola di Lussino, nell'arcipelago delle Isole Quarnerine.[11]

Dal 1930 il flusso migratorio si riversò di nuovo sia nel vicino Abruzzo, in particolare verso San Vito Chietino e Vasto, sia nel Molise, nella città di Termoli. Sempre in questo periodo un altro flusso migratorio si concentra nella città di Cesenatico e in altri centri della riviera romagnola.[11] Dalla fine dell'Ottocento a metà del novecento molti sambenedettesi, circa 1.500, emigrarono verso le Americhe: in nord America nella città Chicago Heights, da cui poi molte famiglie mossero in California nelle città di Collinsville, San Francisco e San Diego, dove i marinai sambenedettesi, con i loro motopescherecci oceanici, si spinsero a pescare verso altri mari, giungendo persino fino in Alaska e Groenlandia a caccia del Merluzzo; in sud America invece verso l'Argentina, a Buenos Aires e soprattutto Mar del Plata, con la quale vi è un sentito gemellaggio.[11][16]

Dal 1901 alla Seconda guerra mondiale

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Il varo del motopeschereccio San Marco

Nel 1907 comincia la costruzione del porto peschereccio, il cui ultimo ampliamento è del 2000. Già nel 1773 la marineria locale aveva in dote 20 paranze. Nel 1809 San Benedetto del Tronto contava una cospicua flotta di pescherecci, due dozzine di paranze e una dozzina di battelli e circa 200 pescatori; in quel periodo non c'era una struttura portuale vera e propria, e l'ammaraggio avveniva direttamente sull'arenile.[17] Nei due decenni a seguire, la flotta vide raddoppiare il numero delle imbarcazioni, con i pescatori che erano costretti a spostare le loro imbarcazioni a mano sia durante il varo che nella rimessa a terra. Nel 1912 avviene il varo del primo peschereccio a motore costruito in Italia, il "San Marco", su concezione del monsignor Francesco Sciocchetti.[18]

Nel 1928, con decreto ministeriale, San Benedetto otteneva il riconoscimento di "Stazione di Cura, soggiorno e turismo", prima località balneare delle Marche e di tutta la costa adriatica ad ottenere tale titolo. Il 20 luglio del 1932 viene inaugurato il Lungomare di San Benedetto del Tronto, che ancora oggi mantiene la stessa impostazione originaria. L'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di San Benedetto del Tronto diede l'incarico all'ingegnere modenese Luigi Onorati di progettare una strada che costeggiasse la spiaggia, per migliorare le attrattive turistiche della cittadina che già dal 1865 era una delle prime località marittime dell'Adriatico ad avere inaugurato uno stabilimento balneare, lo Stabilimento Bagni.[19] Nel 1935, dopo molti tentativi avvenuti negli anni precedenti, un decreto regio annette Porto d'Ascoli, fino ad allora frazione di Monteprandone, ai territori della città per motivi di convenienza territoriale: San Benedetto infatti è in piena espansione, e necessita di ulteriore spazio. Nel 1961 Porto d'Ascoli viene ufficialmente incorporata al nucleo urbano di San Benedetto: l'ISTAT, in occasione del X Censimento, la considera infatti parte integrante del capoluogo comunale e non più sua frazione; il suo centro conserva tuttavia una sua specifica identità, come quartiere.

«I due centri di S. Benedetto e Porto d’Ascoli formano un’unica frazione geografica con un unico centro denominato San Benedetto del Tronto, comprendente gli ex centri di S. Benedetto del Tronto e Porto d’Ascoli. Per tali considerazioni è stata soppressa la frazione geografica B Porto d’Ascoli ed il relativo centro di Porto d’Ascoli.»

I bombardamenti su San Benedetto

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Bombardamenti di San Benedetto del Tronto.

L'8 settembre 1943, durante il secondo conflitto mondiale, ci furono i primi bombardamenti alla città da parte degli alleati, a cui seguirono i primi sfollamenti della popolazione per fuggirne. Durante il mese di ottobre, quando i bombardamenti divennero quotidiani, si verificò il quasi totale sfollamento verso i più sicuri paesi dell’entroterra: Acquaviva Picena, Monteprandone, Ripatransone, Offida e le campagne circostanti.[21]

Il vecchio incasato del “Paese Alto” dopo il bombardamento aereo del 27 novembre 1943
Liberazione di San Benedetto, l’entrata in città delle truppe alleate

Il 27 Novembre 1943 il vecchio incasato, come tutta la città di San Benedetto, subì il più pesante bombardamento aereo delle forze alleate: gran parte del Paese Alto venne distrutto (ne è un esempio l'arco di Fiorà, successivamente mai ricostruito), centinaia di cittadini furono feriti e oltre venti persone restarono uccise.[22][23][24]

Le stragi naziste

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Strage di San Benedetto del Tronto.

Il 28 novembre 1943 a bordo di motocarrozzette giunsero a San Benedetto del Tronto cinque soldati tedeschi, che si recarono presso un deposito di beni alimentari per fare razzia di quello che potevano portare via. Il maresciallo maggiore Luciano Nardone affrontò i tedeschi ordinando loro di riconsegnare i viveri. Ne nacque uno scontro armato, nel quale il maresciallo Nardone rimase ucciso; in quegli istanti giunse davanti al deposito il carabiniere Isaia Ceci in aiuto del collega, ma fu ucciso anche lui in seguito ad una raffica che lo colpì a morte.

Il 12 giugno 1944 i tedeschi, a ridosso della ritirata, depredano e saccheggiano la città. In via Madonna della Pietà, nel quartiere Ponterotto di San Benedetto del Tronto, furono uccisi il Brigadiere dei carabinieri Elio Fileni, Neutro Spinozzi e Salvatore Spinozzi.[25]

La liberazione

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Il 18 giugno 1944, dopo 144 bombardamenti aerei e sei cannoneggiamenti navali che hanno devastato la città nella seconda guerra mondiale, San Benedetto viene liberata dal corpo di spedizione polacco.[21][26][27]

Dalla Seconda guerra mondiale ad oggi

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Il lungomare di San Benedetto del Tronto nel 1960

Nel secondo dopoguerra San Benedetto del Tronto ha conosciuto uno sviluppo sostenuto. Nel 1946 in occasione del cambiamento di alcune vie cittadine, deliberato nell’agosto del 1945, il Lungomare Tommaso di Savoia viene intestato a Bruno Buozzi (attuale Viale Bruno Buozzi). Nel 1948 il Ministero dei lavori pubblici stanzia i primi fondi per la definitiva sistemazione del Lungomare sino nella località di Porto d'Ascoli. La città conobbe un forte incremento demografico: i 23 000 abitanti del 1951 diventarono oltre 42 000 nel 1971 per effetto del movimento migratorio dall'entroterra e dal flusso migratorio da varie zone della penisola.[28] Negli anni '60 del miracolo economico italiano, al pari delle altre città costiere italiane e marchigiane, San Benedetto del Tronto è incominciata a essere una delle prime città marchigiane a beneficiare del turismo balneare, e divenne una delle più importanti località turistiche delle Marche e del Medio Adriatico.[29]

La tragedia del Rodi

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Tragedia del Rodi.

Il 23 dicembre 1970 la città e la marineria furono sconvolte dalla Tragedia del Rodi, il naufragio di un motopeschereccio avvenuto nelle acque antistanti la foce del fiume Tronto. Nella tragedia persero la vita tutti i dieci occupanti dell’imbarcazione. Il protrarsi delle operazioni di recupero del relitto provocarono diverse proteste popolari, che sfociarono in una vera e propria rivolta quando, perdurando l’inazione dei soccorsi, un gran numero di abitanti della cittadina occupò la stazione ferroviaria, deponendo grossi oggetti e tronchi d’albero sui binari e occupando fisicamente la sede ferroviaria; fu anche bloccata la Strada statale 16 Adriatica.[30] A seguito della vibrante protesta della città, le operazioni di recupero si sbloccarono e il relitto della nave fu recuperato assieme ad alcuni corpi dei suoi occupanti.

Il disatro ferroviario

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Incidenti ferroviari in Italia.

Il 27 novembre 1982 il Treno Espresso 519 Freccia del Levante, partito da Milano per dirigersi verso Taranto, imbocca la Ferrovia Adriatica a Bologna. Verso le 5 del mattino, mentre stava attraversando la Stazione di San Benedetto del Tronto, su un binario dove sono in corso lavori deraglia rovinosamente uscendo non solo dai binari, ma anche dalla sede ferroviaria, con alcuni vagoni che finirono nel sottostante Viale Secondo Moretti. Nel disastro si contano 3 morti, una donna e due bambini, e 32 feriti.[31]

 
Vista panoramica del litorale sambenedettese

Anni recenti

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Nel 1986 San Benedetto è stata elevata a diocesi.[32] La crescita economica ha raggiunto un buon livello, con turismo, pesca, agricoltura e servizi che hanno beneficiato del "volano" dell'industria, rendendo San Benedetto del Tronto il comune capofila della Riviera delle Palme. Dal 2022 è il comune più popoloso della provincia di Ascoli Piceno, superando proprio il capoluogo, e il quarto a livello regionale con una popolazione di oltre 47 000 abitanti.[33]

  1. ^ Pietro Pompei, Vita di San Benedetto Martire, di Pietro Pompei, in ancoraonline.it, 9 ottobre 2018. URL consultato il 21 maggio 2020.
  2. ^ San Benedetto martire, in web.tiscali.it. URL consultato il 21 maggio 2020.
  3. ^ Il Paese Alto sorse quando Roma era Caput Mundi, su rivieraoggi.it, 27 ottobre 2011. URL consultato il 23 marzo 2024.
  4. ^ Il mare color del vino. La villa marittima romana di San Benedetto del Tronto (PDF), su fedoa.unina.it. URL consultato il 28 marzo 2024.
  5. ^ Anton Ludovico Antinori, Annali degli Abruzzi, VII, Bologna, Forni Editore, 1971, sub anno 1105 sub voce "Casino".
  6. ^ Anton Ludovico Antinori, Annali degli Abruzzi, VII, Bologna, Forni Editore, 1971, sub anno 1112 sub voce "Casino".
  7. ^ Gabriele Vecchioni, Narciso Galiè, Il Viaggio di Garibald nel Piceno la storia scritta sui muri, su cronachepicene.it, 3 novembre 2018. URL consultato il 24 marzo 2024.
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Bibliografia

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  • Enrico Liburdi Storia di San Benedetto del Tronto negli ultimi tre secoli, 1950, Ancona, Edizioni A.T. I. N.A.
  • Ugo Marinangeli Vita politico-amministrativa sambenedettese 1944-1955 tra cronaca e storia, 1981, San Benedetto del Tronto, Banca popolare.
  • Giuseppe Merlini Cholera Morbus del 1855 e del 1886 Cronaca delle epidemie e degli avvenimenti a San Benedetto del Tronto e nel Piceno, 2022, Acquaviva Picena, Fast Edit.
  • Giuseppe Merlini Nel Nome del Pane – Luciano Nardone & Isaia Ceci: eroi dell’Arma, 2003, Ascoli Piceno, Area Grafica.
  • Giuseppe Merlini Nel Nome del Pane – Luciano Nardone & Isaia Ceci: eroi dell’Arma (II Edizione rivista ed ampliata), 2004, Ascoli Piceno, Area Grafica.
  • Giuseppe Merlini Il Nostro mare – Storie, fatiche e passioni, 2004, Acquaviva Picena, Fast Edit.
  • Giuseppe Merlini Sanctus Benedictus Martyr – Pagine a stampa e manoscritte sul Santo martire Benedetto e la sua Chiesa & Inventario del Polidori del 1711, 2004, Acquaviva Picena, Fast Edit.
  • Giuseppe Merlini San Benedetto del Tronto città adriatica d'Europa, 2005, Centobuchi di Monteprandone, Linea Grafica.
  • Giuseppe Merlini Una storia in… divisa – La Polizia Municipale di San Benedetto del Tronto e la sua città: cronaca di un cammino comune, 2007, Acquaviva Picena, Fast Edit.
  • Giuseppe Merlini Il Nostro mare – Storie, fatiche e passioni (II Edizione), 2008, Acquaviva Picena, Fast Edit.
  • Giuseppe Merlini Il Nostro mare – Storie, fatiche e passioni (II Edizione), 2008, Acquaviva Picena, Fast Edit.

Voci correlate

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